Roma, 6 giu. (askanews) – Parigi e Pechino si parlano, si annusano, lavorano sotto traccia per rendere più solida un’ipotesi tuttora vaga di fuoriuscita diplomatica dal conflitto russo-ucraino. Dopo che il presidente francese Emmanuel Macron ha visto a Pechino il leader cinese Xi Jinping e gli ha detto di contare su di lui per riportare Vladimir Putin alla ragione, i contatti non si sono fermati e i due uomini incaricati di tenere aperto il canale sembrano essere Wang Yi, numero uno della politica estera del Partito comunista cinese, e il consigliere diplomatico di Macron, Emmanuel Bonne.
Ieri Wang e Bonne si sono sentiti al telefono. Secondo quanto ha riferito il ministero degli Esteri cinese, i due hanno parlato per “coordinare le loro posizioni” sulla guerra in Ucraina. E, in esito a questo abboccamento, hanno concordato di “accumulare e creare condizioni per l’avvio di un processo di accordo politico”. Come a dire: al momento siamo in una fase embrionale – cosa che appare anche evidente nell’altro tentativo di mediazione attualmente in corso, quello vaticano condotto dal cardinal Zuppi su mandato di papa Francesco – ma bisogna creare argomenti e convergenze perché vengano a determinarsi le condizioni favorevoli alla via diplomatica. Solo pochi giorni fa, l’inviato speciale cinese per gli affari eurasiatici Li Hui ha concluso un lungo tour nelle principalicapitali europee, tra cui Parigi, per promuovere i colloqui di pace. Venerdì scorso, in un briefing con i media, ha affermato che Pechino sta prendendo in considerazione un’altra missione, pur riconoscendo le difficoltà dei negoziati di pace.
In realtà il momento non sembra favorevole. L’Ucraina ha avviato la sua controffensiva, mentre la Russia ha rafforzato i suoi bombardamenti. La guerra, insomma, sembra accendersi ulteriormente, invece di placarsi. Quando Li ha incontrato alti funzionari a Kiev, Mosca, Varsavia, Parigi, Berlino e Bruxelles, ha ammesso che ci sono ancora ancora molte incertezze, ma ha anche affermato che Pechino è “pronta a fare qualsiasi cosa che favorisca l’allentamento delle tensioni e la promozione dei negoziati”.
Macron, dal canto suo, ha incaricato Bonne di stabilire un quadro con Wang per futuri negoziati e i due hanno avuto diverse conversazioni prima che Macron visitasse la Cina ad aprile, con l’Ucraina come argomento chiave di discussione, segnala oggi il South China Morning Post. Per la Cina la posizione di Parigi è fondamentale. Il presidente francese, tra i principali leader europei, sembra quello più disposto a creare collegamenti con la Cina e ad aderire più entusiasticamente all’appello che Pechino lancia incessantemente: l’Europa stabilisca una sua indipendenza strategica (dagli Usa, s’intende). Non a caso, parlando della questione di Taiwan, il presidente francese ha creato un certo scandalo affermando che i paesi europei non dovrebbero essere “vassalli” di Washington.
Durante la telefonata di ieri, Wang “ha espresso apprezzamento” per la dimostrazione di indipendenza diplomatica di Macron in ambito internazionale e per il suo impegno a consolidare i legami tra Pechino e l’Europa. “In quanto forze trainanti di un mondo multipolare, la Cina e l’Europa hanno più interessi comuni che differenze e dovrebbero concentrarsi maggiormente sulla cooperazione che sulla rivalità”, ha affermato, aggiungendo che Cina e Francia possono lavorare per “un partenariato strategico globale”. E’ evidente che la Cina sta puntando molto su Parigi. Negli ultimi mesi, la capitale francese è stata visitata, oltre che da Li Hui, anche dallo stesso Wang Yi e dal ministro degli Esteri Qin Gang. Questa corteggiamento ha inoltre lo scopo di scardinare il concetto posto dal G7 alla testa delle relazioni con la Cina, cioè quello della “risk-reduction” (la riduzione del rischio) che, pur essendo stata presentata all’ultimo summit di Hiroshima, come un’alternativa all’impraticabile “disaccoppiamento” (“decoupling”) strategico ed economico da Pechino, è visto dalla parte cinese come una minaccia e come una conseguenza di una posizione gregaria dell’Europa e del Giappone rispetto a Washington. Ma per avere una maggiore leva in Europa, la Francia da sola non basta. E non a caso Wang Yi ha incontrato giovedì scorso a Pechino il consigliere tedesco per la politica estera e di sicurezza Jens Plotner.