Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Giustizia, Nordio: non accetto che si sospetti un intento punitivo nella riforma

| Redazione StudioNews |

Giustizia, Nordio: non accetto che si sospetti un intento punitivo nella riformaRoma, 22 giu. (askanews) – “Non accetto che si sospetti un’intenzione punitiva” della riforma sulla separazione delle carriere. Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio, nel corso del suo intervento alla XIV edizione del Taormina book festival, nell’ambito del panel “Riforma della giustizia e separazione delle carriere”. Il guardasigilli ha aggiunto: “Non vedo razionalità in un’affermazione del genere: Visto che in tutti i Paesi anglosassoni le carriere sono separate e non per questo la magistratura si sente umiliata”.



Quindi ha sottolineato: “Non ho affatto strumentalizzato le parole del giudice Falcone. Basta leggere le sue parole, che sono di una chiarezza adamantina. Lui è stato il primo a dire che con l’introduzione del processo accusatorio le carriere andavano separate, perché le due funzioni sono completamente diverse. Ricordo però che fu la stessa magistratura a isolarlo e a punirlo quando manifestò queste sue idee”. “Non voglio essere polemico più di tanto, però andatevi a rileggere gli atti dell’epoca quando Falcone fu bocciato in tutta una serie di sue aspirazioni, chi votò contro e chi votò a favore e chi poi lo isolò dandogli del venduto, perché andò a lavorare al ministero sotto la direzione dell’onorevole Martelli, all’epoca ministro della Giustizia. Andiamo a rileggere gli atti e le registrazioni e allora vedremo chi ha ragione”. Così ha detto il ministro Nordio nel corso del suo intervento con il festival in svolgimento a Taormina. Poi ha aggiunto che entro il 2026 “l’organico di 10.500 magistrati, carente del 15 per cento, sarà colmato per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana attraverso quattro concorsi in essere e altri due che a breve verranno banditi”.


In merito al sovraffollamento delle carceri il ministro ha detto che è un problema frutto di una “sedimentazione pluridecennale” e per questo ha nuovamente ribadito di essere contrario alla misura dell’indulto definita “una resa dello Stato”. Piuttosto, ha precisato, bisogna ridurre la carcerazione preventiva, ma anche studiare pene alternative: per gli stranieri, che rappresentano oggi circa la metà della popolazione carceraria, la possibilità di scontarla nel loro Paese; per i tossicodipendenti, l’accesso in strutture di comunità, così come per i minori, siglando accordi con le Regioni.