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Gli astronomi assistono alla nascita di un ammasso di galassie

Gli astronomi assistono alla nascita di un ammasso di galassie


Gli astronomi assistono alla nascita di un ammasso di galassie – askanews.it




Gli astronomi assistono alla nascita di un ammasso di galassie – askanews.it



















Roma, 29 mar. (askanews) – Un team di astronomi guidato dal ricercatore Luca Di Mascolo dell’Università degli Studi di Trieste ha osservato per la prima volta le fasi iniziali di formazione di un ammasso di galassie.

Gli ammassi di galassie sono le strutture cosmiche gravitazionalmente legate più grandi dell’Universo e, come suggerisce il nome, contengono fino a diverse migliaia di galassie, oltre che materia oscura e un alone diffuso di gas caldo, il cosiddetto “Intracluster medium” (ICM). Si tratta di un gas che di fatto ha una massa che supera notevolmente quella delle galassie stesse e ne permea lo spazio tra l’una e l’altra. Lo studio, pubblicato su Nature, ha investigato il protoammasso associato alla galassia Spiderweb, così chiamata perché ricorda un gigantesco ragno cosmico intento a divorare galassie più piccole come mosche catturate in una ragnatela. Spiderweb – spiegano UniTs e Inaf – è destinato a diventare una delle più grandi strutture dell’Universo ed è posto a una distanza che corrisponde a quando l’Universo stesso era 10 miliardi di anni più giovane di adesso. In particolare l’analisi di Luca Di Mascolo ha rivelato, per la prima volta, la grande quantità di gas caldo dell’ICM nella fase “gestazionale” degli oggetti più grandi del cosmo a così grandi distanze.

Lo studio ha osservato il gas nel protoammasso di galassie Spiderweb attraverso il cosiddetto effetto Sunyaev-Zeldovich (SZ) termico. Questo effetto si verifica quando la luce del fondo cosmico a microonde (la radiazione fossile prodotta dal Big Bang) attraversa il gas stesso. Quando questa luce interagisce con gli elettroni in rapido movimento nel gas caldo, il suo colore, o lunghezza d’onda, cambia leggermente. “Alle giuste frequenze, l’effetto SZ da un ammasso di galassie appare come un’ombra sul fondo cosmico a microonde”, spiega Di Mascolo. Misurando queste ombre gli astronomi possono quindi dedurre l’esistenza del gas caldo, stimarne la massa e la pressione e mapparne la struttura. “Grazie alla sua impareggiabile risoluzione e sensibilità, ALMA è l’unico telescopio attualmente in grado di eseguire una misura di questo tipo “, spiega ancora Di Mascolo. ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) è un telescopio modernissimo per studiare l’Universo alle lunghezze d’onda millimetriche collocato sull’altopiano di Chajnantor nelle Ande cilene e gestito dall’ESO (European Southern Observatory, di cui l’Italia è uno stato membro) in collaborazione con i suoi partner internazionali. ALMA è composto da 66 antenne di alta precisione, disseminate a distanze che raggiungono i 16 chilometri e consente la raccolta di dati fondamentali per scoprire i meccanismi che regolano il cosmo.

“Questo studio, uno dei risultati principali ottenuti dal progetto ERC a cui stiamo lavorando, ci permette di capire l’ambiente in cui il protoammasso si sta formando. In un certo senso stiamo osservando il nido della Spiderweb galaxy”, spiega Alex Saro, il ricercatore che ha ideato, proposto e gestito le osservazioni del protoammasso Spiderweb eseguite da ALMA. Tony Mroczkowski, coautore del lavoro e ricercatore dell’ESO, spiega che “Il fenomeno osservato presenta enormi contrasti. Il gas caldo distruggerà gran parte di quello freddo durante l’evoluzione del sistema: stiamo assistendo a una delicata transizione. Questo studio fornisce una conferma osservativa delle previsioni teoriche di lunga data sulla formazione degli oggetti legati gravitazionalmente più grandi dell’Universo”. “Lo studio pubblicato su Nature dimostra come combinando sofisticati metodi di analisi dei dati ricavati dai telescopi più avanzati e le simulazioni ottenute con il calcolo ad alte prestazioni si possano aprire nuove vie alla comprensione della formazione delle strutture cosmiche”, afferma Stefano Borgani che, assieme ad Alex Saro (entrambi Università di Trieste e INAF) ed Elena Rasia (INAF-Trieste), ha svolto le simulazioni numeriche all’interno dello studio.