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I dati del Libro bianco: il 34% dei detenuti entra in carcere per detenzione di droga

| Redazione StudioNews |

I dati del Libro bianco: il 34% dei detenuti entra in carcere per detenzione di drogaRoma, 26 giu. (askanews) – “Il 34 per cento dei detenuti entra in carcere per detenzione di droga. Quasi il doppio della media dei Paesi dell’Unione europea”. Lo si spiega sul Libro bianco realizzato da associazioni e sindacati dove si sottolinea che “oltre il 40 per cento di chi entra in carcere usa droghe. Si tratta di un catastrofico record negli ultimi 17 anni”. E “dopo 32 anni di applicazione del Testo Unico sulle droghe Jervolino-Vassalli, i devastanti effetti penali (dell’articolo 73 in particolare) sono sotto gli occhi di tutti. La legge sulle droghe continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri”.

“Dopo 32 anni di applicazione del Testo Unico sulle droghe Jervolino-Vassalli, i devastanti effetti penali (dell’art. 73 in particolare) sono sotto gli occhi di tutti. La legge sulle droghe continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri”. Così si afferma nel Libro bianco sulle droghe promosso da Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, Cgil, Cnca, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd e Itanpud. Inoltre si spiega che “la legislazione sulle droghe e l’uso che ne viene fatto sono decisivi nella determinazione dei saldi della repressione penale: la decarcerizzazione passa attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti così come le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coattivo si fondano sulla loro criminalizzazione. Basti pensare che in assenza di detenuti per art. 73 o di quelli dichiarati ‘tossicodipendenti’, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento. carcerario, come indicato dalle simulazioni prodotte”. Insomma, per il report delle associazioni: dopo 33 anni di applicazione non si può più considerare questi come effetti collaterali della legislazione antidroga, ma come effetti evidentemente voluti.