In Bulgaria si vota per Ue e le politiche: la sfida del magnate Peevski
In Bulgaria si vota per Ue e le politiche: la sfida del magnate PeevskiRoma, 8 giu. (askanews) – Domani, domenica 9 giugno in Bulgaria si voterà non soltanto per le Europee ma anche, e soprattutto, per le elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento dopo che l’ex premier filo-Ue Nikolay Denkov ad aprile si è dimesso. Il voto è catalizzato dalla figura del magnate dei media, sanzionato da Stati uniti e Gran Bretagna, Delyan Peevski, che è stato descritto dall’ex capo del governo “il più grande male” che si sia abbattuto sulla Bulgaria.
Non c’è da meravigliarsi, quindi, che una delle principali battaglie politiche intorno alle elezioni del 9 giugno sia legata all’influenza di Peevski sui tribunali e sui servizi di sicurezza mentre poco spazio resta per i temi europei. Hristo Ivanov, capo del partito “Sì, Bulgaria”, ha dichiarato che le elezioni devono spezzare la presa di Peevski e ha avvertito che è in gioco il “funzionamento della Repubblica”, scrive Politico. Il dibattito sulle questioni europee, adesione completa a Schengen e all’Eurozona, soccombe di fronte alla crisi politica interna e alle lotte di potere a Sofia. Secondo i sondaggi il Gerb (parte del Ppe), dell’ex primo ministro Boyko Borissov ottiene una percentuale di voti pari al 26-27%, la coalizione liberale PP-DB è seconda (16-17%) ed è composta da partiti legati al PPE e Renew Europe a livello europeo.
Nello scacchiere si inserisce poi il partito di minoranza turco DPS, guidato da Peevski (che fa parte del gruppo europeo ALDE) e l’estrema destra filo-russa Vazrazhdane (ID) con il 14,9% e il 14,8%, percentuali che si avvicinano e non di poco al blocco filo-Ue. Segue poi il più grande partito di sinistra, il BSP (del gruppo S&D), con l’8,5. Si prevede che l’affluenza alle urne per le elezioni anticipate sarà simile a quella delle ultime elezioni generali, con un numero di elettori compreso tra 2,5 e 2,7 milioni che voteranno, circa il 48%. L’affluenza dichiarata alle urne per le elezioni europee è inferiore del 3%.
Intanto, la campagna elettorale si sta giocando tutta sull’influenza sui media del magnate Peevski, che controlla anche magistratura e servizi di sicurezza oltre che pubblicità e affissioni e sulle critiche alla vicinanza dello stesso Borissov al magnate. I due uomini sono visti come politicamente allineati ma la grande domanda è chi di loro sarà veramente al comando e chi guiderà un’eventuale coalizione dopo il voto? La frustrazione pubblica nei confronti della corruzione è profonda e la rabbia contro Borissov e Peevski ha contribuito ad alimentare massicce proteste antimafia nel 2020 ma sia il Gerb che il partito della minoranza turca possono fare affidamento su blocchi elettorali stabili e reti clientelari. Borissov ha spiegato la sua collaborazione con Peevski dichiarando: “Abbiamo sempre lavorato con il DPS nel corso degli anni perché fanno parte del sistema”.
Ma su Peevski, che non scarta l’ipotesi di governare dopo le elezioni, pesano le sanzioni degli Stati Uniti e del Regno Unito che respinge: Washington lo accusa di gestire programmi di corruzione e di esercitare “il controllo su istituzioni e settori chiave della società bulgara”, in base alla legge Magnitsky. L’Ue, al contrario, non ha posto la lente sui casi di corruzione a lui collegati anche se riguardavano in gran parte distrazione o abuso di fondi europei. Mentre la corsa elettorale si avvia verso la fase finale, Borissov sta tentando di dividere i due principali partiti riformisti, suggerendo che lavorerebbe con “Sì, Bulgaria” di Ivanov piuttosto che con il “Continuiamo il cambiamento” di Petkov, accusando quest’ultimo di essere filo-Cremlino.