In Valtellina è tempo di Bitto: ottimismo per l’annata 2024 della Dop
In Valtellina è tempo di Bitto: ottimismo per l’annata 2024 della DopMilano, 5 lug. (askanews) – In Valtellina è tempo di Bitto. Le 3mila mucche, o “vacche da latte” come rivendica da agronomo il presidente del consorzio, Marco Deghi, e le 300 capre sono salite sugli alpeggi dove nei prossimi tre mesi si produrrà l’annata 2024 del Bitto. Una produzione su cui c’è un’ottimistica attesa perché le piogge abbondanti e l’estate fresca hanno ricoperto le montagne dai 1.400 ai 2.300 metri di erba da pascolo, nutrimento per questi animali che fino a settembre vivranno qui. “L’estate che fatica ad arrivare è un punto di forza per gli alpeggi – spiega Deghi in apertura della nuova stagione produttiva – erano anni che non si vedeva un pascolo così rigoglioso”.
Quest’anno sono 45 gli alpeggi coinvolti nella produzione della Dop, un numero che sta calando negli anni – lo scorso anno erano 50 – perché, spiegano dal consorzio, l’attività di alpeggio è molto impegnativa e finchè ci sono le famiglie regge ma quando si deve ricorrere al mercato per cercare forza lavoro diventa insostenibile. Poi ci sono la burocrazia, che in questi casi può essere un forte disincentivo per chi deve portare avanti l’attività, e la produttività stessa delle vacche: a fondo valle la produzione giornaliera per ogni animale è di circa 30 litri di latte al giorno, lo stesso animale in alpeggio ne fa tra i 10 e i 15. Grazie alla rigogliosità dei pascoli, quest’anno la produzione di Bitto dovrebbe mantenersi stabile ma questo è un motivo in più per comunicare ai consumatori la fatica e il lavoro che ci sono dietro ogni forma di formaggio, che nasce entro un’ora dalla mungitura del latte negli alpeggi della provincia di Sondrio e di alcuni comuni dell’Alta Valle Brembana. Un obiettivo a cui lavora da tempo il consorzio che di queste terre tutela anche un’altra dop, quella del Valtellina Casera.
Considerato complementare del Bitto, questo formaggio semigrasso storicamente veniva prodotto a fondo valle nei mesi invernali quando le vacche non erano in alpeggio. Ma oggi la produzione è completamente destagionalizzata e declinata in tre diverse stagionature, dalla più giovane di 70 giorni, passando per i 180 fino a superare i 300 quando il formaggio diventa più intenso nel gusto, persistente nei profumi e friabile nella consistenza. Ed è proprio il Casera, letteralmente casa del lattaio in dialetto locale, a spingere il fatturato. “Bitto e Valtellina Casera sono formaggi radicati fortemente nel territorio, nella montagna e legati alla sua economia: da secoli ne narrano il fascino, ne sono l’espressione ma anche il sostentamento – spiega Deghi, presidente del Consorzio Valtellina Casera e Bitto – Oggi queste due Dop rappresentano 650 posti di lavoro per un fatturato alla produzione di 13,9 milioni e oltre 26,2 milioni di euro di valore al consumo, trainate per l’86% dal Valtellina Casera, che nel 2023 ha messo a segno un +3,4% in export. Numeri positivi che spingono a continuare ad investire in promozione e comunicazione dell’identità di questi formaggi, conosciuti dal 27% degli italiani, con una penetrazione al consumo cresciuta in un anno di 3 e 2 punti percentuali. Il Valtellina Casera, pur essendo il meno conosciuto è il più performante sui mercati del Nord Italia e all’estero. Per quest’ultimo ci aspettiamo un’annata sostanzialmente in linea con il 2023: fino a maggio 2024 sono quasi 100mila le forme marchiate Valtellina Casera Dop con un +7,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”.
Se i risultati li traina il Casera, il Bitto nasconde l’anima più antica e territoriale. Per questo la conoscenza di questi formaggi, così complementari e diversi, si compie fino in fondo entrando nei loro luoghi, imparando a riconoscerne i colori e i profumi così come aiuta a fare la nuova guida “Valtellina Casera e Bitto, una storia di unicità e gusto”, voluta dal Consorzio e realizzata dall’esperto di enogastronomia Marco Bolasco Dai consigli di degustazione in purezza – come creare bastoncini da spezzare a metà e portare al naso per sentirne i profumi, rigorosamente a temperatura ambiente – a pairing e accostamenti inaspettati, come quello con le albicocche fresche o con la birra Pale Ale, dalle curiosità, come le tre stagionature del Valtellina Casera alle ricette la guida è uno strumento nuovo per allargare la conoscenza e, in prospettiva, il mercato di consumo di questi due prodotti, oggi prevalentemente al nord e in misura molto limitata all’estero. “Sono due formaggi unici e fortemente identitari che, chiusi gli occhi, esprimono appieno i profumi del territorio, dalle montagne alla Valle – afferma Marco Bolasco – Chi li conosce riconosce infatti in loro le note dei pascoli e il latte di montagna, del burro e dello yogurt in fase giovane e i sentori sempre più complessi con l’invecchiamento che vanno dal fieno alla frutta secca per il Valtellina Casera, alla pietra focaia per il Bitto. Il Bitto è poi talmente strutturato, nelle sue versioni dai 300 giorni ai 10 anni, da essere adatto come formaggio da meditazione, oppure solo al centro della tavola, magari affiancato ad una mela. Un pasto frugale per valorizzare il Re dei formaggi di Alpeggio, come facevano e fanno ancora i montanari”.
Alla guida si affiancano anche tre nuove ricette dello chef Alessandro Negrini (Il Luogo di Aimo e Nadia, 1 stella Michelin): bucatino croccante con Bitto e pesteda, asparago bianco con polenta furmentùn, salsa di stoccafisso e il Bitto Dop e cannelloni con Valtellina Casera Dop, spinaci selvatici “Paruc” e funghi porcini della Valmalenco. Le proposte, online da oggi sui social del Consorzio, sono una interpretazione della montagna e del mondo delle latterie, i luoghi dove il latte diventa formaggio. “E’ un prodotto a cui sono fortemente legato alla mia infanzia e ai ricordi di mia nonna, con cui andavo alla casèra – racconta Negrini -. Era il semigrasso di latteria che tutti avevano in casa e con cui siamo cresciuti, ingrediente per eccellenza dei pizzoccheri ma non solo, perché le sue diverse stagionature lo rendono versatile e adatto a ricette differenti. Per fare gli sciatt serve un Valtellina Casera giovane, scioglievole e delicato, che si abbina benissimo con il fritto. Per il pizzocchero per dare un tocco di personalità e gusto mi piace usare dueversioni, quella giovane e il 180 giorni”.