La Bce alza ancora i tassi e spazza via l’ipotesi di una “pausa”
La Bce alza ancora i tassi e spazza via l’ipotesi di una “pausa”Roma, 15 giu. (askanews) – La Banca centrale europea tira dritto sui rialzi dei tassi di interesse. Nonostante dati che hanno sancito una caduta in recessione (per ora) “tecnica” dell’eurozona, e nonostante calmieramenti della dinamica inflazionistica, l’istituizione ha operato un nuovo aumento da 25 punti base su tutti i riferimenti. Inoltre, la presidente Christine Lagarde ha spazzato via qualunque ipotesi di “pausa”, dopo quella decisa ieri dalla Federal Reserve americana.
“E’ molto probabile che a luglio continueremo ad alzare i tassi”, ha detto chiaro e tondo nella conferenza stampa a seguito del Consiglio direttivo. Perché alla Bce “siamo determinati” a far abbassare l’inflazione e la manovra rialzista proseguirà “fino a quando non ci sarà un cambiamento materiale” della dinamica. Il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento sale così al 4%, massimo dal luglio del 2007, il tasso sui depositi sale al 3,50%, massimo dal maggio del 2001, e quello sulle operazioni marginali al 4,25%, massimo dall’ottobre del 2007.
Ora, se il rialzo di oggi era ampiamente atteso e scontato, meno lo è questa presa di posizione così esplicita sulle decisioni di luglio. Tanto più che finora la stessa istituzione affermava che avrebbe fatto le sue scelte in base all’evolversi dei dati determinandole “volta per volta”. Eloquente che quest’ultimo aspetto (sulle decisioni riunione per riunione) sia stato omesso stavolta dalla comunicazione. A spiegare questo rinnovato spirito “da falco” della Bce e di Lagarde possono contribuire le nuove previsioni economiche. I tecnici della Bce hanno rivisto al rialzo le attese di inflazione: al 5,4% sul 2023, al 3% sul 2024 e al 2,2% sul 2025. Soprattutto hanno nettamente rivisto al rialzo le attese sull’inflazione di fondo, cioè quella depurata da energia e alimentari: nel 2023 si collocherebbe al 5,1%, per poi ridursi al 3% nel 2024 e al 2,3% nel 2025. Tutti valori superiori all’obiettivo del 2% della Bce.
Parallelamente la Bce ha ritoccato al ribasso le attese di crescita economica su quest’anno e sul prossimo: indicando ora un tasso di crescita dello 0,9% nel 2023, dell’1,5% nel 2024 e dell’1,6% nel 2025. Con l’aumento dei tassi di oggi “abbiamo fatto quello che avevamo detto. Abbiamo finto? – si è chiesta retoricamente Lagarde -: No, non siamo a destinazione. Abbiamo ancora strada da fare? Sì, e posso anche dare una indicazione: è molto probabile che a luglio continueremo ad alzare i tassi”.
Nonostante i calmieramenti l’inflazione è prevista restare “troppo alta per troppo tempo”. E per questo il Consiglio intende portare i tassi “a livelli sufficientemente restrittivi” e poi tenerceli “finché necessario”. La Bce ha anche formalizzato la decisione, su cui si era già orientata, di azzerare a partire da luglio i rinnovi di titoli in scadenza accumulati con il programma di acquisti App. Lagarde non ha invece posto enfasi sulla recente revisione in peggio dei dati sul Pil da parte di Eurostat: con due cali consecutivi dello 0,1%, sul quarto trimestre 2022 e il primo del 2023, l’area è ufficialmente in recessione tecnica. La recessione piena è quando il Pil segna una diminuzione su un intero anno. Secondo la presidente Bce “l’attività economica dell’area euro ha ristagnato negli ultimi mesi” ed è probabile che si mantenga “debole nel breve termine”, ma poi dovrebbe “rafforzarsi nel corso dell’anno con il calo dell’inflazione”. Le preoccupazioni di Francoforte restano tutte sbilanciate sul caro vita. Lagarde ha reiterato i richiami ai governi a ritirare le misure di aiuto contro il caro energia, ora che i prezzi stanno calando. Mentre ha lanciato segnali anche alle parti sociali sulle contrattazioni salariali. “I recenti accordi salariali in alcuni Paesi hanno aggiunto pressioni all’inflazione”. All’opposto, ha aggiunto, la debolezza della domanda interna potrebbe frenare le pressioni sui prezzi. E ha comunque chiarito che al momento la Bce non ravvisa spirali tra prezzi e buste paga. Non vi è traccia nella linea mostrata delle richieste delle “colombe”, che vorrebbero una maggiore prudenza nella conduzione di questa fase finale della stretta monetaria, accordando al rischio di fare troppo sui tassi la stessa attenzione che finora si è data, in maniera prevalente, a quello opposto di fare troppo poco. E secondo alcuni analisti la pretesa di vedere “un materiale cambiamento” della dinamica inflazionistica, prima di interrompere la stretta sui tassi, potrebbe implicare un rialzo anche a settembre. (di Roberto Vozzi)