La Consulta sull’ergastolo: è illegittimo non riconoscere le attenuanti
La Consulta sull’ergastolo: è illegittimo non riconoscere le attenuantiRoma, 12 mag. (askanews) – La pena edittale dell’ergastolo non può risultare “fissa” e “indefettibile” per effetto del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sull’aggravante della recidiva reiterata; divieto, introdotto nel 2005 come deroga alla regola generale secondo cui il giudice può fare l’ordinario bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 94 (redattore Giovanni Amoroso), depositata oggi e anticipata con il comunicato stampa del 18 aprile, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, come modificato dalla legge n. 251 del 2005, nella parte in cui, relativamente ai delitti puniti con la pena edittale dell’ergastolo, prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata.
Più volte la Corte costituzionale ha già dichiarato illegittimo tale divieto con numerose sentenze in riferimento a reati anche molto gravi.In continuità con tali pronunce, la Corte ha ribadito che, nelle ipotesi in cui la differenza tra la pena base e quella risultante dall’applicazione di un’attenuante è molto elevata, l’effetto della recidiva reiterata non può essere tale da comportare il divieto per il giudice di fare ciò che il codice penale prevede in generale quando c’è il concorso di circostanze attenuanti e aggravanti: ossia, valutarle e compararle per stabilire se le prime possano essere, eventualmente, ritenute prevalenti. In questi casi, la necessaria funzione di riequilibrio della pena, svolta dall’attenuante, è compromessa dal divieto di prevalenza.
Questa considerazione vale a maggior ragione nel caso in cui la pena edittale è quella fissa dell’ergastolo, perché la differenza è ancor più marcata di quella esistente nei reati ai quali si riferiscono le precedenti sentenze. Quando ricorre una circostanza attenuante, la pena dell’ergastolo è sostituita da quella della reclusione da venti a ventiquattro anni e quindi la differenza è tra una pena perpetua, di durata indeterminata in quanto potenzialmente “senza fine”, e la reclusione, che è sempre temporanea.La pena “fissa” e “indefettibile” dell’ergastolo, quale effetto del divieto suddetto, si pone, inoltre, in contrasto con il principio di necessaria proporzionalità della sanzione. Il giudice deve poter graduare la pena secondo la maggiore o minore offensività della condotta in concreto, tenuto conto delle circostanze del reato.
La Corte infine ha precisato che, per effetto di tale dichiarazione di illegittimità costituzionale, il giudice, nel determinare il trattamento sanzionatorio in caso di condanna di persona imputata di uno dei delitti puniti con la pena edittale dell’ergastolo, aggravato dalla recidiva reiterata, non ha più il divieto previsto dalla norma suddetta e può operare l’ordinario bilanciamento delle circostanze, come stabilito in generale dal codice penale, e, quindi, può ritenere che le attenuanti siano prevalenti sulla recidiva reiterata e conseguentemente non irrogare l’ergastolo; ma rimane che questa pena può essere inflitta ove il giudice valuti che, invece, le attenuanti non siano prevalenti sulla recidiva.In definitiva, in caso di recidiva reiterata, la pena dell’ergastolo non è più “fissa” e “indefettibile”, ma non è esclusa.