La danza contemporanea, una geopolitica del presente
La danza contemporanea, una geopolitica del presenteVenezia, 28 lug. (askanews) – La danza come forma d’arte in grado di dare una forma e una realtà concreta a un mondo in trasformazione, superando steccati formali e culturali, ribaltando prospettive e diventando un vero agente sociale di comunità. In grado di abbattere le vecchie visioni in un certo senso “imperialiste” per assumere una valenza ben più ampia, complessa e politica. Di questo si occupa il libro “Confini Conflitti Rotte – Geopolitica della danza”, scritto da Elisa Guzzo Vaccarino, storica e giornalista, e presentato anche a Venezia, nei giorni della Biennale Danza. “La danza contemporanea – ha detto l’autrice ad askanews – è un’idea occidentale, l’abbiamo inventata in America, in Europa. Adesso però da altri continenti ci arrivano proposte e negli stessi festival della Biennale di Venezia molti artisti non europei o non nord americani ci portano la loro visione della danza contemporanea che quindi oggi è un fenomeno globale”.
Il libro ripercorre i momenti in cui la, per così dire, rottura del velo si è consumata e analizza spettacoli che hanno lasciato il segno, partendo dal parallelismo sovversivo tra il “Ballo Excelsior” del 1881, impregnato di trionfante colonialismo, e la produzione “Excelsior” del 2018 di Salvo Lombardo, che arriva a ribaltare tutte quelle prospettive in chiave di autoanalisi dell’Europa nel nuovo millennio. Ma nelle pagine del saggio passano anche Saburo Teshigawara, Peter Brook o Maurice Béjart. Storie, in un certo senso, degli “scandali” che hanno dato svolte all’arte e al costume. “Ci sono dei casi già di fusione di culture – ha aggiunto la studiosa – dove, per esempio, con artisti come Shen Wei o TAO, si attinge al teatro classico cinese e quegli elementi, quelle forme riescono a mescolarsi, ma mantenendosi reali, non facendo dell’esotismo, si riesce a mescolarle con le nostre e nasce qualcosa di nuovo”. Un nuovo che diventa il nostro presente, il modo di stare nei nostri corpi, ma anche si ricollega, come ha sottolineato il presidente della Biennale Roberto Cicutto, ai temi che proprio l’istituzione veneziana sta tenacemente e meritoriamente portando avanti da anni: il desiderio, l’inclusione, l’apertura a ciò che ci hanno raccontato come diverso, la postura sociale e un certo necessario radicalismo di fronte alla società e al suo respiro globale. Per poi ricomporsi nel bisogno di danza che, per quanto la si consideri disciplina di nicchia, continuiamo tutti ad avere. “Tutto quello che ci incuriosisce – ha concluso Elisa Guzzo Vaccarino -, che ci fa desiderare di stare con gli altri a teatro e condividere delle esperienze che magari ognuno di noi legge con la sua sensibilità, ma che formano comunità, dopo il Covid, significa molto”.
Così come significa molto stare di fronte alla danza, lasciando che tutti i misteri che riesce a evocare diventino possibili e, magari, poi, ognuno a modo suo, reali. (Leonardo Merlini)