La ricetta di Draghi sulla competitività: riforme anche per l’Ue
La ricetta di Draghi sulla competitività: riforme anche per l’UeRoma, 28 feb. (askanews) – L’Unione europea deve applicare a sé stessa la richiesta di operare delle ‘riforme strutturali’, che rivolge spesso e giustamente agli Stati membri, per poter ritrovare quella capacità di agire collettivamente e per obiettivi comuni che sembra avere perso negli ultimi anni, e per recuperare la competitività della sua economia a livello globale.
E’ quanto ha detto l’ex premier italiano ed ex presidente della Bce Mario Draghi, oggi a Strasburgo, intervenendo alla riunione della Conferenza dei presidenti delle commissioni del Parlamento europeo. L’incontro era destinato a uno scambio di vedute nel quadro della preparazione del rapporto sul futuro della competitività dell’Ue, che è stato chiesto a Draghi dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e che dovrebbe essere pubblicato a fine giugno. Secondo una nota dello staff di Draghi, ‘lo scambio ha dimostrato quanto globale e complessa sia la strada per riconquistare la nostra competitività, in particolare in termini di mobilitazione degli investimenti per le massicce esigenze’ che oggi ha l’Ue.
‘Draghi – riferisce la nota – ha sottolineato la necessità di essere competitivi per mantenere i nostri sistemi di welfare e preservare i nostri valori fondamentali’, e soprattutto ‘ha chiesto riforme strutturali a livello dell’Ue e il ritrovamento della capacità di agire collettivamente per gli interessi collettivi’. Durante il suo discorso introduttivo, Draghi ha ricordato innanzitutto gli ‘importanti risultati’ ottenuti dall’Ue negli ultimi anni, ‘dall’adozione di politiche climatiche e digitali all’avanguardia a livello mondiale, alla definizione degli strumenti che guidano la ripresa dell’Europa dalla pandemia di Covid-19 e alla riduzione della nostra dipendenza dalle importazioni energetiche russe’.
Nonostante questi successi nell’affrontare crisi e shock, ci troviamo oggi, ha sottolineato l’ex premier italiano, ‘in un momento critico’, di fronte a ‘tre tendenze convergenti che ci costringono a considerare come rafforzare la competitività europea nel lungo termine’. ‘In primo luogo – ha spiegato -, la rapida accelerazione della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica continua a migliorare l’organizzazione del lavoro e il suo ruolo nello stimolare la crescita produttiva. Prendiamo ad esempio gli sviluppi compiuti nello sviluppo dell’Intelligenza artificiale generativa, le cui applicazioni pratiche in ambiti quali la sanità e l’istruzione sono di vasta portata’.
‘In secondo luogo – ha continuato Draghi -, il cambiamento climatico sta spingendo il nostro ecosistema naturale a un punto critico, costringendo tutti ad agire per accelerare la transizione verde’. ‘In terzo luogo – ha rilevato -, un contesto geopolitico in rapida evoluzione, caratterizzato da una maggiore tendenza al conflitto, sia in termini economici che militari, sta costringendo l’Ue a riesaminare il proprio approccio alla globalizzazione’. In questo contesto, ‘le pratiche anti concorrenziali di alcuni dei nostri concorrenti continuano a compromettere la parità di condizioni a livello globale e l’autonomia strategica aperta dell’Ue. Ciò richiede una riflessione seria su come ridurre il rischio delle nostre potenziali vulnerabilità. Queste tendenze – ha aggiunto Draghi – sollecitano una riflessione complessiva sulle leve per rilanciare la competitività europea, compresi gli attrezzi e gli strumenti a disposizione delle nostre istituzioni’. L’ex presidente della Bce ha avvertito quindi che ‘ripensare le nostre politiche economiche per aumentare la crescita della produttività e della competitività è essenziale per preservare il modello sociale unico dell’Europa’, e ha posto quindi una serie di domande per alimentare il dibattito con i presidenti delle commissioni europarlamentari. ‘In primo luogo – ha chiesto -, come possono le nostre istituzioni mobilitare una migliore spesa pubblica per sostenere gli investimenti privati negli innovatori che guidano la doppia transizione’, verde e digitale? In secondo luogo – ha proseguito -, cosa possiamo fare per stimolare e accelerare l’innovazione pionieristica?’. La terza domanda, infine, è ‘come possiamo colmare il disallineamento delle competenze in Europa?’. Secondo fonti presenti all’incontro Draghi ha evidenziato come il vero problema che l’industria europea oggi ha in relazione alla forza lavoro non riguardi più i suoi costi (che sono diventati quasi un fattore marginale, non una considerazione primaria), ma piuttosto la mancanza di competenze specifiche e la necessità di formarle. L’industria, ovunque in Europa, ha osservato Draghi, ha problemi di scarsità di manodopera. Due o tre anni fa, se si chiedeva a un economista come affrontare questa questione, dava le classiche risposte sull’aumento dei lavoratori: alzare l’età della pensione, far lavorare più giovani e più donne; ora non è questa la risposta, o almeno non è la sola. Oggi l’altra risposta è quella delle competenze: la scarsità di manodopera è anche un problema di mancanza di competenze. Quindi bisogna promuovere la formazione delle competenze sul terreno. Riguardo ai problemi di competitività, inoltre, un’altra risposta quattro anni fa sarebbe stata quella di guardare al costo del lavoro. Oggi invece non è più questa la questione. Nei calcoli che tutte le industrie fanno, il costo del lavoro è qualcosa che magari non definiscono marginale, ma non è più una considerazione primaria, ha spiegato ancora l’ex premier italiano, aggiungendo poi che l’istruzione è essenziale per creare il retroterra dell’innovazione, per le competenze, per la formazione permanente, e per la riconversione della forza lavoro. Poi c’è il mercato unico europeo che secondo Draghi è ‘altamente imperfetto’, perché ci sono centinaia di direttive che non sono state attuate, o che sono state attuate in modo diversi nei diversi Stati membri, e su questo non è stato fatto molto negli ultimi 15 anni. E c’è il mercato dell’elettricità, un altro fattore importante per la competitività dell’industria: l’Ue non può essere competitiva se, nonostante la riduzione dei prezzi del gas, continua a pagare l’elettricità il triplo di quanto costa negli Usa, e il gas naturale tre, quattro, cinque volte il prezzo che si paga altrove. Un’altra questione di qui tenere conto, naturalmente, è quella del commercio internazionale: come possiamo, ha chiesto Draghi, continuare con i dazi sulle importazioni dalla Cina al 10% quando gli Usa li hanno al 27%, e mentre Donald Trump ha già annunciato che, se sarà eletto, imporrà dai dazi al 67% sulle importazioni cinesi? La Cina negli ultimi 15 anni ha fatto vasti investimenti in molte aree, nei veicoli elettrici, nelle batterie e nelle tecnologie collegate, sussidiando tutti, e ora ha una immensa sovraccapacità con cui fa dumping in Europa. E poi, quando si parla di commercio scopriamo immediatamente che gli interessi fra i diversi produttori nell’Ue non sono allineati. E’ una questione difficile, ma non impossibile da risolvere, e soprattutto dobbiamo farlo, ha avvertito l’ex presidente della Bce. E poi le altre domande di Draghi a cui mancano ancora le risposta: come possiamo mobilitare meglio il risparmio privato e i fondi pubblici pubblici, a livello nazionale ed europeo, magari con dei nuovi ‘fondi dedicati’, per finanziare l’immenso bisogno di investimenti nell’Ue? Come stimoliamo l’innovazione? Negli Stati Uniti due terzi dell’innovazione è finanziata da fondi privati. Nell’Ue sono i fondi pubblici a finanziare per due terzi l’innovazione. Perché i finanziamenti privati sono così scarsi nell’Unione europea? E infine, nelle politiche macroeconomiche, qual è il livello sostenibile del debito pubblico? Quello degli Usa, o il 60% previsto dalle norme Ue? Insomma è piuttosto chiaro che dobbiamo fare una profonda riforma strutturale del modo in cui abbiamo interagito negli ultimi 20 anni, una profonda rivisitazione delle regole europee che abbiamo costruito, ha affermato l’ex premier italiano. Si diceva agli Stati membri che dovevano fare le riforme strutturali, lo si dice ancora adesso, ma adesso questo va fatto al livello europeo. E’ una riforma complessiva a 360 gradi che dobbiamo intraprendere. E tutto questo può essere conseguito solo se abbiamo il consenso dei cittadini. Non c’è una bacchetta magica, ma c’è un minimo comune denominatore della nostra azione: dobbiamo ritrovare le nostre capacità di agire collettivamente e per l’interesse collettivo. Non possiamo continuare a dire ‘no’ a questo e ‘no’ a quest’altro. Bisogna fare qualcosa, scegliere le soluzioni che che si considerano più adeguate, ma agire, ha concluso Draghi.