Le tante foto del presunto killer Mangione: un fenomeno in Rete
Le tante foto del presunto killer Mangione: un fenomeno in ReteTrieste, 12 dic. (askanews) – Il volto di Luigi Mangione è un po’ spavaldo nel primo scatto postato da Diet Prada, ma il commento è fulminante: “Aspettando pazientemente che arrivi la serie di foto segnaletiche di oggi”. Provocatorio come sempre e un po’ ironico – per quanto sia complessa l’ironia su un caso come quello di Mangione – il watchdog group del fashion con 3,4 milioni di follower ha ancora una volta centrato il punto. E questa volta, invece di occuparsi di stilisti, si concentra sul 26enne italoamericano, incriminato per l’omicidio di Brian Thompson, ceo di United Healthcare freddato per strada. Un fatto: Mangione è stato fotografato con una frequenza quasi storica. “In pochi giorni ha più shooting dei modelli” è il commento di una utente. “Mangione stupisce in un nuovo servizio fotografico” sottolinea un altro con un certo sarcasmo. E qualcun altro ancora si chiede come “potrà mai avere un giusto processo” dopo che “gli agenti gli hanno scattato foto al cellulare, facendole uscire sui media… Non ho mai visto così tante foto di un sospetto dopo l’arresto. Una cosa è una foto ufficiale. In che modo questo è legale? Scattare foto personali, probabilmente contro i suoi desideri, sembra selvaggiamente inappropriato. Non vuol dire consegnare al suo avvocato munizioni per sostenere che non può ottenere un processo equo?”, scrive chi si nasconde sotto lo pseudonimo di the.wellness.therapist, ripreso anche lui con enfasi da Diet Prada.
La questione ovviamente è di stretta attualità, e in un certo senso patinata come, non dovrebbe eppure è, la storia di Mangione, le sue urla contro i giornalisti, la spondilolistesi alla schiena, l’operazione fallita, le sue delusioni d’amore e la sua laurea sotto il segno Ivy League: tutto macinato minuziosamente in quel gran calderone che è la comunicazione globale. La stessa che in questi giorni lo ha reso l’italoamericano del quale tutti parlano. “Uccidere qualcuno a sangue freddo lo rende un fenomeno di cultura pop perché (il presunto killer) è bello” scrive un follower dell’account Diet Prada. “Facciamo i meme e compriamo le giacche che indossava l’aggressore e parliamo di quanto sia carino, non importa il crimine, concentriamoci sugli ‘insignificanti’”, aggiunge il follower con una riflessione profonda sui meccanismi agghiaccianti dell’iconografia globale.
D’altra parte è una storia già vista e anche già scritta, che genera strani fenomeni nella cultura dell’immagine dominante, dove continuiamo a vivere muniti di device sempre più raffinati. Ma che ha radici lontane. A partire dal bel John Wilkes Booth, attore teatrale, già considerato dai critici “the handsomest man in America”, ma assurto alla vera notorietà non per qualità istrioniche, ma per avuto il ruolo da protagonista nell’assassinio di Abraham Lincoln. Sino alla reiterata rappresentazione di Lee Harvey Oswald, l’oscuro assassino del bellissimo e affascinante J. F. Kennedy. Ma quello che Lee Harvey Oswald e John Wilkes Booth non avevano è un profilo Instagram. Pochi istanti dopo l’annuncio dell’arresto di Mangione, gli utenti si sono tuffati nella sua traccia digitale. Estranei hanno commentato vecchie foto dalle Hawaii. Nel giro di poche ore, molti dei suoi account social sono stati cancellati. Altri sono rimasti attivi. Su X, l’account del sospettato ora ha persino la spunta blu, a certificare che la fame di immagini e privato ora là si può soddisfare in pace.
(Cristina Giuliano)