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Lo smart working resiste

| Redazione StudioNews |

Lo smart working resisteRoma, 3 nov. (askanews) – Lo smart working resiste. Nonostante lo stop a tutte le misure di lavoro agile il numero di occupati da remoto è sostanzialmente stabile: 3,55 milioni rispetto ai 3,58 milioni del 2023 (-0,8%). Lo smart working cresce nelle grandi imprese, dove coinvolge quasi 2 milioni di lavoratori (1,91 milioni, +1,6% sul 2023), vicino al picco della pandemia, con il 96% delle grandi organizzazioni che oggi hanno consolidato delle iniziative.



Cala invece nelle Pmi, passando a 520mila lavoratori dai 570mila dell’anno scorso, e resta sostanzialmente stabile nelle microimprese (625mila nel 2024, 620mila nel 2023) e nella P.A. (500mila nel 2024, 515mila nel 2023). Si tratta dei risultati di una ricerca dell’osservatorio smart working del Politecnico. Per il 2025 si prevede una crescita del +5%, che porterebbe a toccare 3,75 milioni. A far evolvere le iniziative, in termini di persone coinvolte o di policy, saranno soprattutto le grandi imprese (35%) seguite dalle P.A. (23%) e dal 9% delle Pmi. Tutte le grandi imprese prevedono di mantenere il lavoro agile anche in futuro. Il 35% delle grandi imprese e il 43% delle P.A. prevede un incremento dei lavoratori coinvolti nel prossimo anno, mentre nelle Pmi la direzione è opposta, con solo l’8% che ipotizza un aumento.


Gli smart worker italiani possono lavorare da remoto in media 9 giorni al mese nelle grandi imprese, 7 nella P.A. e 6,6 nelle Pmi. Il lavoro agile è una pratica diffusa e apprezzata a cui ben pochi rinuncerebbero: il 73% dei lavoratori che se ne avvalgono si opporrebbe se la propria azienda eliminasse questa forma di flessibilità. Nello specifico, il 27% penserebbe seriamente di cambiare lavoro, il 46% si impegnerebbe per far cambiare idea al datore di lavoro. Per cercare di compensare almeno in parte la mancata possibilità di lavorare da remoto, secondo i lavoratori, l’azienda dovrebbe offrire una maggiore flessibilità oraria o aumentare lo stipendio di almeno il 20%. Tra chi è tornato in totale presenza dopo aver lavorato da remoto solo il 19% lo ha fatto per scelta personale, perché non ha più la necessità di lavorare da remoto o semplicemente preferisce socializzare con i colleghi in presenza; il 23% ha una nuova mansione non svolgibile da remoto, mentre per la grande maggioranza (58%) è stata una decisione presa dall’azienda.