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Lo sport dopo il trapianto: storie di rinascita per vincere a tutte le età

Lo sport dopo il trapianto: storie di rinascita per vincere a tutte le etàTorino, 11 apr. (askanews) – Sono passati quasi cinquant’anni da quando, nel 1978, il chirurgo cardiaco britannico Maurice Slapak ha dato vita ai World Transplant Games per sottolineare l’importanza di promuovere lo sport tra i trapiantati come parte integrante del loro processo di recupero. Oggi queste competizioni rappresentano un momento eccezionale in cui atleti provenienti da tutto il mondo, trapiantati di organi solidi, cellule staminali emopoietiche e donatori, si riuniscono per competere in varie discipline invernali. A Torino la Fondazione DOT – Donazione Organi e Trapianti” ha promosso un incontro con atleti di diversa età – in occasione della giornata dalle per sensibilizzare sempre più persone alla cultura del dono.



Tra gli atleti che hanno condiviso l’esperienza dell’impegno nell’attività sportiva dopo essere stati sottoposti ad un trapianto c’è Paolo Manera, imprenditore 48enne cuneese che pochi mesi fa ha beneficiato di un trapianto grazie al rene donato dalla moglie Giulia Negri: uno straordinario percorso terapeutico e di coppia che lo ha portato sul gradino più alto del podio nello Slalom Gigante agli ultimi World Transplant Winter Games. “Quella medaglia d’oro è stata un’emozione immensa – ha detto Manera – Nessuno si immaginava che potessi tornare a competere così presto, tanto meno per vincere. Ma su quella pista era come se mia moglie e la mia famiglia gareggiassero con me. Glielo dovevo”. Un’altra testimonianza è stata portata da Marco Borgogno argento nel Super G e nello slalom gigante categoria 70+ nelle stesse gare a Bormio. La sua vita, divisa tra il “prima” e il “dopo” aver ricevuto un nuovo fegato, ha sempre avuto come costante lo sport praticato in montagna. Dopo il trapianto, avvenuto nell’aprile del 2001, Borgogno ha raccontato di aver vissuto con un altro spirito, contrastando il senso di provvisorietà grazie alla scelta di testimoniare, anche attraverso le competizioni sportive, che la donazione serve. “Serve a far vedere che siamo qui, che stiamo bene, che possiamo fare tante cose – ha detto – Pur con la consapevolezza di essere vivi grazie a una persona che purtroppo non c’è più”.


La stessa consapevolezza, in un modo ancora più profondo, accompagna la vita del giovanissimo Emanuele Fiore, 25enne torinese a un passo dalla laurea magistrale in Economia. La sua infanzia e la sua adolescenza sono state scandite dalle cure per due diverse patologie al fegato e all’intestino, peggiorate drasticamente nel 2020, fino a portare altrapianto di fegato nel maggio del 2023. “Quando è arrivata la chiamata dall’ospedale ha raccontato – ho pensato ad un cerchio che si chiudeva. Mio padre, infatti, è morto quando avevo dieci anni donando i suoi organi: un gesto d’amore che, poi, è tornato indietro fino a me”. A rendere ancora più forte la risposta di Fiore è stata la passione per lo sport, e per la pallacanestro in particolare. “Fin da bambino ho sempre giocato a basket – ha aggiunto – e nonostante lo stop per le cure ho sempre saputo che un giorno avrei ripreso: è stato il pensiero a cui mi sono aggrappato per superare i momenti più duri. Non ho mai smesso di fare movimento e questo, insieme all’affetto e al sostegno della mia squadra e della mia famiglia, mi ha permesso di tornare in campo a soli quattro mesi dall’intervento. E di essere qui, oggi, a portare lo stesso messaggio che porto nelle scuole: ieri potevo essere come voi, domani voi potreste essere come me”. L’inattività fisica rappresenta un fattore di rischio nei pazienti trapiantati, nei quali la consapevolezza dell’efficacia della terapia fisica non è diffusa.


“È ormai ben documentato da numerose evidenze raccolte nel corso degli ultimi decenni che, debitamente adattata, sia la semplice attività motoria sia quella dedicata a uno sport porti benefici che possono essere paragonati a quelli di un farmaco per la durata e per la funzione del trapianto -. Ha spiegato Spiega Federico Genzano Besso, direttore del Centro Regionale Trapianti dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino – Non da meno è la percezione del benessere e della qualità della vita: oltre al recupero dell’indipendenza e dell’attività lavorativa, la possibilità di fare sport e persino di competere come agonisti fornisce un ulteriore motivo di recupero della sfera sociale, che consente di raggiungere uno stato di salute sicuro e soddisfacente”. Il 2023 in Piemonte ha visto un aumento considerevole del numero dei trapianti (+30% rispetto al 2022), strettamente correlato all’importante aumento dei donatori di organi (+36%). Questi numeri rappresentano dei valori record per la rete regionale di donazione e trapianto, in linea con il trend dei valori nazionali, che hanno registrato un aumento di donatori del 15,8% rispetto al 2022. “Per quanto riguarda la manifestazione di volontà espressa contestualmente al rinnovo della carta di identità – afferma Anna Guermani, Coordinatrice Regionale delle Donazioni e dei Prelievi di Organi e Tessuti Piemonte e VDA – sono numerose le motivazioni per scegliere di donare i propri organi e tessuti: senso civico, solidarietà, per esercitare un diritto, per sollevare i propri familiari da una decisione difficile in un momento doloroso, ma anche per una forma di assicurazione, perché, aumentando il pool dei potenziali donatori, tutti noi abbiamo più possibilità di cura. Informiamoci e decidiamo, ricordandoci che possiamo sempre cambiare posizione”.


La donazione degli organi consente nuova vita e speranza a chi ne ha disperatamente bisogno. Solo in Piemonte e Valle d’Aosta, a fine 2023, 621 persone sono in attesa di un rene, 81 di un fegato, 117 di un cuore, 55 di un polmone e 2 di pancreas. Per sensibilizzare sempre più persone verso la donazione, in occasione della Giornata Nazionale della Donazione e Trapianto, a Torino la Mole Antonelliana – nella notte tra il 13 e il 14 aprile – sarà illuminata di rosso con l’immagine di un cuore impacchettato.