##Lombardia misura l’effetto Meloni, variabili Moratti e astenuti
##Lombardia misura l’effetto Meloni, variabili Moratti e astenutiMilano, 11 feb. (askanews) – L’onda lunga che ha portato Giorgia Meloni a Palazzo Chigi si farà sentire anche in Lombardia, ma potrebbe avere l’effetto di uno tsunami. Se infatti FdI dovesse doppiare il risultato della Lega e ridimensionare ulteriormente Forza Italia come successo alle politiche di fine settembre, il rischio sarebbe quello di avere, sì, Attilio Fontana rafforzato dalla nuova investitura popolare, ma allo stesso tempo indebolito dalla mancata spinta del suo partito di riferimento e da una coalizione più sbilanciata verso Roma. Per questo la vera sfida delle elezioni regionali lombarde, anche in chiave nazionale e di governo, sembra soprattutto interna al centrodestra, prova di forza tra Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e la stessa Meloni.
Per il candidato di centrosinistra e M5s, Pierfrancesco Majorino, penalizzato in partenza dal fatto di avere alle spalle un Pd in piena stagione congressuale e con un segretario dimissionario, la parte finale delle corsa è stata paradossalmente in discesa, o almeno in piano. Tanto che negli ultimi giorni di campagna elettorale, con il traguardo ormai in vista, ha spinto l’acceleratore sul tema del cosiddetto voto utile: “È chiaro che la sfida è aperta, ed è tra me e Fontana, chi vuole il cambiamento non ha altra scelta” ha ripetuto come un mantra cercando di far convergere su di sè tutti gli insoddisfatti da 28 anni di governi regionali di centrodestra. Il suo risultato sarà anche un test importante per chi vuole a Roma un nuovo “campo largo”, cioè l’alleanza tra dem e pentastellati.
La vera mina vagante di queste elezioni regionali lombarde, oltre all’astensionismo che Berlusconi ha previsto possa affossare l’affluenza fino a un modestissimo 52% degli elettori, è però la presenza in campo di Letizia Moratti, già vice di Fontana fino a novembre, capace sulla carta di togliere consensi tanto al centrodestra quanto al centrosinistra e di rimanere sempre centrale nel confronto quotidiano della campagna elettorale. Una candidatura indubbiamente di peso, il cui risultato può rendere poco affidabile l’asticella del bipolarismo e confermare o meno l’ambizione esplicita del Terzo Polo per le elezioni europee del 2024, cioè quella di diventare il primo partito del Paese.
Quanto a Fontana ha esaltato fino all’ultimo l’unità del centrodestra e assicurato che non ci saranno problemi in caso di pesi ribaltati nel centrodestra. “Abbiamo passato cinque anni in cui c’erano altri rapporti di forza e abbiamo sempre operato senza alcun tipo di frizione. La nostra strategia è quella di parlarci, confrontarci, trovare la soluzione migliore. Nessuno di noi ha mai avuto la volontà di prevaricare gli altri. L’importante sono le idee, non sono i numeri” ha ribadito. Certo è che il partito di Meloni cercherà, in caso di vittoria, di ottenere la poltrona della vice presidenza e soprattutto quella dell’assessorato al Welfare, dalla quale passa un budget di oltre 23 miliardi di euro, pari all’80% del bilancio regionale.