Luigi Ballarin in mostra all’Accademia d’Egitto a Roma dal 22 marzo
Luigi Ballarin in mostra all’Accademia d’Egitto a Roma dal 22 marzo
“Antico Egitto. La vita oltre la vita” fino al primo giugno 2023
Roma, 16 mar. (askanews) – Dopo la mostra di novembre 2021, Luigi Ballarin torna all’Accademia d’Egitto a Roma per la nuova personale “Antico Egitto. La vita oltre la vita”, visitabile dal 22 marzo (vernissage il 21 marzo alle 20:30 dopo una conferenza sui 200 anni dell’Egittologia) al primo giugno 2023. L’esposizione, che abbraccia otto opere di grandi dimensioni, si concentra in particolare sulla bellezza del tempio di Abu Simbel, fortemente voluto e costruito da Ramses II (1303 a.C. – 1212 a.C.) per celebrare la sua vittoria contro gli Ittiti nella battaglia di Kadesh. L’artista ha voluto così ricordare maestosità e significati di questo tempio trovato sepolto dall’archeologo svizzero Johann Ludwig Burckhardt nel 1813. (La mostra sarà aperta dalle 10 alle 16 dal lunedì al venerdì).
Ballarin si ispira alle antiche e tradizionali forme decorative dei tempi egizi per riproporre in chiave moderna, rinnovata, non solo le rappresentazioni, ma anche i suoi messaggi. Grazie alle tecniche miste e all’uso dell’acrilico e dello smalto, rende insolite le sue decorazioni, apparentemente imprecise da vicino, ma perfette da lontano. Ad arricchire le opere, effetti metallici che donano alle opere una grande luminosità, narrando memorie e ricordi, emozioni e racconti, simboli e spiritualità, come nella scena della psicostasia (ossia la pesatura del cuore).
Ballarin reinterpreta anche la complessa e straordinaria concezione filosofica della morte, intesa dagli egizi come “momento di transizione”, dimostrando quanto sia profondo il legame tra passato e presente. Lo fa tramite forme nuove, libere, svincolate da culture ed immagini archetipiche, che ostentano una epidermide di patchwork, memoria viva di antichi manufatti ceramici e tessili. E’ sbagliato, però, guardare queste opere come conseguenza di un decorativismo legato all’arte islamica: si tratta, infatti, del risultato di un gesto creativo, di un rituale strettamente legato alla sacralità della vita, il frutto della continua ricerca stilistica e spirituale dell’artista. L’arte per Luigi Ballarin è uno straordinario veicolo per comunicare valori altri, senza però connotarsi in una chiave politica, di rottura o di avanguardia.
“Gettare ponti tra mondi lontani è ciò che fa l’arte in un incontro felice di pensiero ed emozione – ha spiegato l’artista – Noi ci rinnoviamo ogni volta che siamo di fronte ad opere che sollecitano il nostro interesse ed attivano in noi quel sentire con il cuore e con la mente. L’opera diviene il luogo magico nel quale dialogano realtà diverse che, altrimenti, non si sarebbero mai incontrate. Gli scenari reali ed immaginari dell’arte sono un contributo prezioso all’incontro e alla crescita di un patrimonio condiviso”.
Luigi Ballarin ha avviato la sua carriera negli anni ’90, la sua arte è unione tra Oriente e Occidente, sintetizza in immagini iconiche le suggestioni delle arti minori, che percorrevano i cammini degli scambi commerciali e dei viandanti, e fondevano le diverse tradizioni: le decorazioni delle maioliche, lo smalto delle oreficerie, i ricami dei tessuti preziosi. Oggi espone in diverse città italiane e nel mondo.
Ballarin si ispira alle antiche e tradizionali forme decorative dei tempi egizi per riproporre in chiave moderna, rinnovata, non solo le rappresentazioni, ma anche i suoi messaggi. Grazie alle tecniche miste e all’uso dell’acrilico e dello smalto, rende insolite le sue decorazioni, apparentemente imprecise da vicino, ma perfette da lontano. Ad arricchire le opere, effetti metallici che donano alle opere una grande luminosità, narrando memorie e ricordi, emozioni e racconti, simboli e spiritualità, come nella scena della psicostasia (ossia la pesatura del cuore).
Ballarin reinterpreta anche la complessa e straordinaria concezione filosofica della morte, intesa dagli egizi come “momento di transizione”, dimostrando quanto sia profondo il legame tra passato e presente. Lo fa tramite forme nuove, libere, svincolate da culture ed immagini archetipiche, che ostentano una epidermide di patchwork, memoria viva di antichi manufatti ceramici e tessili. E’ sbagliato, però, guardare queste opere come conseguenza di un decorativismo legato all’arte islamica: si tratta, infatti, del risultato di un gesto creativo, di un rituale strettamente legato alla sacralità della vita, il frutto della continua ricerca stilistica e spirituale dell’artista. L’arte per Luigi Ballarin è uno straordinario veicolo per comunicare valori altri, senza però connotarsi in una chiave politica, di rottura o di avanguardia.
“Gettare ponti tra mondi lontani è ciò che fa l’arte in un incontro felice di pensiero ed emozione – ha spiegato l’artista – Noi ci rinnoviamo ogni volta che siamo di fronte ad opere che sollecitano il nostro interesse ed attivano in noi quel sentire con il cuore e con la mente. L’opera diviene il luogo magico nel quale dialogano realtà diverse che, altrimenti, non si sarebbero mai incontrate. Gli scenari reali ed immaginari dell’arte sono un contributo prezioso all’incontro e alla crescita di un patrimonio condiviso”.
Luigi Ballarin ha avviato la sua carriera negli anni ’90, la sua arte è unione tra Oriente e Occidente, sintetizza in immagini iconiche le suggestioni delle arti minori, che percorrevano i cammini degli scambi commerciali e dei viandanti, e fondevano le diverse tradizioni: le decorazioni delle maioliche, lo smalto delle oreficerie, i ricami dei tessuti preziosi. Oggi espone in diverse città italiane e nel mondo.