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Meloni chiede “referendum” Ue e attacca Schlein: odio da sinistra

Meloni chiede “referendum” Ue e attacca Schlein: odio da sinistraRoma, 1 giu. (askanews) – Un’ora di comizio in cui chiede che il voto sia un “referendum” tra due idee di Europa, attacca la sinistra che sparge “odio e livore” e “fornisce alibi agli estremisti”, e sfida Elly Schlein: “Dica se pensa che io sia una dittatrice, non scappi”. Giorgia Meloni chiude la campagna elettorale di Fdi in piazza del Popolo a Roma perchè, spiega, “non rinunceremo mai alla piazza, che è da dove siamo venuti”.



Di fronte al palco allestito sotto la scalinata del Pincio da cui arrivano i ragazzi di Gioventù nazionale con le sagome di cartone di Elly Schlein, Fabio Fazio, Lucia Annunziata, alcune migliaia di persone – 30 mila per gli organizzatori, ma la piazza non è piena – e tutto lo stato maggiore di Fratelli d’Italia: da Ignazio La Russa (“Qua non sono presidente del Senato”) ai ministri Carlo Nordio, Raffaele Fitto, Nello Musumeci, Andrea Abodi, Gennaro Sangiuliano, Daniela Santanchè, Francesco Lollobrigida fino naturalmente ad Arianna Meloni, che gestisce la “regia” dell’evento con Giovanni Donzelli nelle vesti di presentatore. La premier sale sul palco preceduta dalla proiezione di alcuni spezzoni video (tra cui l’ormai famoso “Sono la stronza della Meloni” pronunciato stringendo la mano al governatore De Luca), manda un “abbraccio” agli alleati Antonio Tajani e Matteo Salvini, “oggi impegnato in un’analoga manifestazione”, e ringrazia i militanti, che le danno “la carica che serve”. E fin dall’inizio batte sul punto che occupa gran parte dell’intervento: l’attacco alla sinistra, in particolare al Pd, che mostra “rabbia e cattiveria”. Una sinistra che, per la premier, non si rassegna alla sconfitta e che usa “trame e sgambetti”, invoca “il soccorso esterno” contro un governo che vuol riformare l’Italia “mattone dopo mattone”. Il caso più eclatante, secondo Meloni, è quello del candidato Pse alla guida Ue Nicolas Schmit, secondo cui “i Conservatori europei sono una forza non democratica. In pratica io, che sono presidente di Ecr e presidente del Consiglio eletto, non sarei una leader democratica. E se sono un dittatore cosa si fa, la lotta armata per depormi? Sono parole deliranti, irresponsabili, gente che per ragranellare qualche voto gioca con il fuoco” perchè magari “qualche fenomeno” potrebbe decidere di “passare alle vie di fatto per ripristinare la democrazia”. Così la sinistra fornisce “alibi agli estremisti per avvelenare le nostre democrazie con l’odio politico”. Elly Schlein, è la sfida, dica “se condivide queste parole e non scappi anche stavolta”. La risposta della leader Dem non si fa attendere: “Faccio fatica a capire che film sta vedendo Meloni e che lingua sta parlando, vede un altro Paese. Mi ha attaccato dicendo che la sinistra cancella l’identità, io ho risposto che lei sta cancellando la libertà”.


La premier non risparmia comunque neanche il leader M5s Giuseppe Conte, diventato presidente del Consiglio “quando gli italiani non sapevano chi fosse”, una cosa che non sarà più possibile se passerà la riforma del premierato, che le opposizioni osteggiano proprio perchè “non gli va giù l’idea che siano i cittadini a eleggere il premier”. In realtà questa riforma, quella “giusta e necessaria” della giustizia e quella dell’autonomia differenziata, sono di “buon senso” e “aiutano ad applicare meglio i principi della nostra Costituzione”. In questo contesto di contrapposizione, il voto della prossima settimana, per Meloni, è “un punto di svolta”, un “referendum” tra due idee di Europa totalmente antitetiche: “Da una parte un’Europa ideologica, sempre più tecnocratica e meno democratica, e dall’altra la nostra Europa coraggiosa, fiera, che non dimentica le sue radici”. Per la premier “l’Unione deve essere un partner degli Stati nazionali, non una sovrastruttura che soffoca gli Stati nazionali”. Al momento invece l’Europa è “protesa a regolamentare” e così facendo “diventa un paradiso per i burocrati e tecnocrati e un inferno per chi fa impresa ed è chiamato a competere su mercati globali che sono sempre più sfidanti”. In poche parole “un gigante burocratico e un nano politico”. Per “cambiare l’Europa dopo aver cambiato l’Italia” l’obiettivo è “costruire il centrodestra” anche a Bruxelles e “mandare all’opposizione le sinistre”, con cui “non governeremo mai” e che “hanno fatto tanti danni”. Un obiettivo, aggiunge, che non sarebbe “lontano” e lo testimonierebbe il nervosismo di chi agita il pericolo delle destre, contro cui – dicono – occorre alzare un “argine”. Una “terapia di gruppo”, ironizza, di chi non ha “visione, idee e programmi”, fake news di chi racconta una “irrilevanza” di Roma che non c’è perchè in realtà l’Italia è oggi “protagonista” sui tavoli internazionali, a cui non si presenta più, a differenza del passato, “con il piattino in mano”.


Meloni non stabilisce soglie, nè anticipa cifre possibili, ma assicura che “dopo aver vinto lo scudetto” ora è possibile “vincere la Champions League”. “Io ho rinunciato a tante cose solo perché non volevo deludervi, vi chiedo in cambio solo di rinunciare a cinque minuti dal vostro tempo per dirmi che siete al mio fianco, perché è l’unica cosa che mi interessa. Perché finché ci siete voi ci sono anche io”, è l’appello finale prima della foto di gruppo sul palco e l’uscita in auto verso il Quirinale.