Meloni e la partita dei dazi, equilibrio difficile tra Trump e Ue
Meloni e la partita dei dazi, equilibrio difficile tra Trump e UeBruxelles, 3 feb. (askanews) – E’ un crinale scivoloso quello su cui cammina Giorgia Meloni nella partita sui possibili dazi americani all’Europa. La premier si è posta l’obiettivo di far da ‘ponte’ tra Bruxelles e Washington, ma rischia di rimanere stretta tra l’aggressività di Donald Trump e l’inevitabile risposta dell’Europa.
Anche se ufficialmente non all’ordine del giorno del ritiro informale di Bruxelles, convocato per parlare di difesa, il tema dei dazi è stato il cuore della discussione della mattinata a Palais d’Egmont. Del resto la questione è urgente, a maggior ragione dopo la mossa del tycoon che ha deciso di incrementare le tariffe sui beni di Messico, Cina e Canada e minacciato nuovamente di voler fare altrettanto con l’Ue. Il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha discusso della questione in una telefonata notturna con il primo ministro canadese Justin Trudeau, che in risposta a Trump ha presentato una lista di prodotti americani che saranno colpiti da dazi al 25% per 107 miliardi di dollari. E poi ha stravolto l’ordine del giorno per affrontare subito la questione. Dal confronto è emersa una prima posizione, comunque molto timida, che è sostanzialmente un appello alla ragionevolezza all’inquilino della Casa Bianca. Fonti europee hanno parlato di un “forte consenso” sul fatto che “i dazi tra Stati Uniti e Ue sarebbero dannosi per entrambe le parti” e che “quando sorgono problemi è necessario trovare soluzioni”. Ben più marcate le posizioni espresse all’arrivo a Bruxelles da molti leader. Kaja Kallas, Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza, assicura che “ci stiamo preparando” a rispondere; per Emmanuel Macron “l’Europa dovrà farsi rispettare e reagire”; Mette Frederiksen, premier danese, auspica una “risposta collettiva e robusta”. La stessa linea di Olaf Scholz, cancelliere di quella Germania che sarebbe uno dei Paesi più colpiti da una guerra commerciale: ricorda a Trump che l’Ue può “reagire alle politiche doganali con politiche doganali. Dobbiamo farlo e lo faremo”.
La speranza a Bruxelles, sottolinea una fonte europea, è che la strategia di Trump sia sparare “una cannonata” per poi raggiungere un accordo (come sta avvenenendo con il Messico e, forse, con il Canada). E qui potrebbe entrare in gioco Meloni come ‘facilitatrice’ del dialogo. La premier, arrivando al summit, è stata una dei pochi tra i capi di Stato e di governo a non fermarsi per il ‘doorstep’. Se sulla difesa la sua linea è chiara (bisogna investire di più, ma servono strumenti nuovi e comuni per finanziare la spesa), sulla questione dazi si sta tenendo in un difficile equilibrio e anche oggi con i partner avrebbe ribadito la necessità di un “dialogo”, che lei potrebbe favorire visto il rapporto privilegiato con Trump cementato dalla visita a Mar-a-Lago e dalla partecipazione all’Inauguration Day, unica leader europea presente. Il primo obiettivo è l’organizzazione di un colloquio telefonico tra il presidente americano e Ursula von der Leyen. Se però il tycoon decidesse di procedere a testa bassa con i dazi (starebbe valutando un 10% di tariffa), Meloni non potrebbe far altro che schierarsi con l’Europa, a meno di una clamorosa rottura del fronte comunitario con iniziative autonome di singoli Paesi per strappare un trattamento più morbido. Proprio questo, la divisione dell’Unione, sarebbe il progetto del presidente americano. Ed è quello che paventa, da Bruxelles, anche la segretaria del Pd Elly Schlein. “Tra essere i primi della classe o quelli con la relazione più amicale ed essere funzionali a un disegno di disgregazione dell’Europa, il passo è breve – ha detto riferendosi alla premier -. Se si vuole fare l’interesse dell’Italia oggi più che mai bisognerebbe puntare all’unità europea”.
Del resto, se anche ci fosse, da parte di Meloni, la tentazione di sfruttare il ‘feeling’ con Trump per evitare o ridurre danni all’Italia, questa difficilmente sarebbe una strategia vincente. L’eventuale risposta Ue a dazi americani, infatti, dovrebbe essere approvata a maggioranza qualificata dei rappresentanti degli Stati membri e quindi opporsi da una parte farebbe sorgere un problema reputazionale; dall’altra rischierebbe di essere comunque inutile, perchè per bloccare le decisioni occorrerebbe una minoranza di blocco, cioè sostanzialmente due Stati grandi e alcuni piccoli (che complessivamente raggiungano il 35% della popolazione e il 45% degli Stati membri).