Mostre, Mauro Camponeschi con “Lune di Pietra” al Museo Crocetti
Mostre, Mauro Camponeschi con “Lune di Pietra” al Museo CrocettiRoma, 15 nov. (askanews) – La presentazione di una Mostra ha la necessità intrinseca di misurare il lavoro fatto con l’intento progettuale che ne ha generato l’esecuzione; per evitare difficili percorsi interpretativi che potrebbero non corrispondere completamente a detti intenti progettuali, l’autore preferisce offrire alcuni chiarimenti sulla modalità del proprio lavoro e sui contenuti della propria pittura, al fine di agevolare la fruizione dell’intero percorso espositivo. Questa scelta non vuole inibire le necessarie letture critiche e le sacrosante differenze che intercorrono fra le diverse funzioni, ma semplicemente vuole presentare il lavoro dal punto di vista della concreta esecuzione, con la consapevolezza che i quadri si raccontano, ma è necessario incontrarli, vederli, osservarli dal vero per poterli vivere da “dentro” e quindi averne piena consapevolezza.
“Lune di pietra” è il ciclo pittorico che raccoglie tutto il lavoro dedicato a Italo Calvino per “Le città Invisibili” e costituisce il nucleo centrale della Personale di Pittura presso il Museo Venanzo Crocetti di Roma. A questo ciclo si associano anche i lavori che caratterizzano l’intera attività pittorica: acquarelli, acrilici, assemblaggi polimaterici, pitture ad olio su tela e su tavola, disegni a china, taccuini e stampe da incisioni. Il disegno, l’equilibrio compositivo e cromatico, l’uso di materiali canonici e non canonici costituiscono un modo concreto di fare la pittura, non solo nel senso di avvicinare, “accarezzare la pittura”, ma essenzialmente di percorrerla come fosse un racconto, storia per immagini. I lavori esposti nella mostra “Lune di pietra” sono il risultato e la sintesi di un percorso e di una ricerca basata essenzialmente sugli elementi strutturali della composizione visiva. Partendo da un approccio progettuale legato alla sperimentazione di materiali, forme e colori, l’intento è anche quello di perseguire, con una puntuale proposta, la capacità narrativa dell’immagine, invitando l’osservatore a costanti viaggi nella memoria e nel proprio mondo interiore. Colore e forma si integrano in composizioni sempre in equilibrio fra paesaggi fantastici e paesaggi reali. Nelle opere, infatti, il tema del “paesaggio”, sia esso costituito da spazi urbani o spazi verdi, si completa in scenari metafisici, creando un costante richiamo sia a frammenti e dettagli propri dell’immaginazione collettiva, sia a scenari, figure e materiali riconducibili alla vita quotidiana.
Tale condizione lascia all’osservatore il tempo per lo stupore, per l’osservazione attenta dei particolari e per il gusto profondo della cura e del dettaglio. Nella costruzione del lavoro e dell’immagine incanto e disincanto si uniscono e convivono in atmosfere sospese senza tempo e senza spazio. In questo gioco di rimandi, rincorrendo la capacità narrativa dell’immagine, ognuno resta libero di individuare un punto di vista, un’inquadratura, il personale ed essenziale distacco, il senso del silenzio, nella speranza di entrare in ascolto del proprio racconto. Tutto questo al fine di alimentare nella pittura, “nella costruzione della pittura”, una atmosfera “magica” e quasi di sogno, che vorrebbe generare nell’osservatore una forma narrante per immagini, in sequenza, come fosse un film. Elemento essenziale di questa modalità pittorica sono i materiali scelti per completare forme, colori e composizioni. In questo senso gli assemblaggi polimaterici non sono soltanto esercizi di stile e ricerca di armonie, ma costituiscono una sorta di magazzino espressivo cui ricorrere per dare concretezza e aspetto formale all’idea, all’immagine e alla composizione. In particolare l’assemblaggio polimaterico, concepito come una tecnica di collage, consente anche di rincorrere la citazione, di recuperare la memoria di un materiale, decontestualizzandolo, ovvero consente di restituire una rinnovata dignità ai materiali logorati dal tempo e dall’usura, scartati dalla produzione, diventati “rifiuti”. E’ in questa ottica che trovano nuova vita i rifili del marmista e del falegname, le carte usate (buste del pane, imballaggi), le cortecce, i legni delle cassette del mercato. I lavori esposti vogliono testimoniare un tipo di ricerca pittorica che invita alla riflessione e allo stesso tempo sollecita l’enunciazione di una “poetica” intrinseca nel frammento: montaggio ragionato di elementi materici che dialogano in un tempo sospeso, in attesa, forse, di ritrovare l’unità perduta. Il “tempo sospeso” e la “proposta dell’attesa” vogliono incoraggiare l’osservatore a curiosare, a cercare una propria soluzione, attraverso la necessaria interpretazione personale; così il piacere di osservare si coniuga con l’immaginario e con il mondo interiore del fruitore, producendo un fantastico gioco di arricchimento.
I 56 lavori presentati, secondo un itinerario anche cronologico (dalle opere del 1976 fino alle opere del 2023), sono tutti attraversati da una voluta ricerca di coerenza formale e stilistica. L’affermazione di una chiara personalità pittorica e di un’originalità compositiva sono testimoniate dal ripetersi di segni, colori e forme, comuni in quasi tutte le opere: i fogli in primo piano che attraversano “volando” la tela; i limoni e gli orologi presenti in molti acquarelli e olii; gli svariati materiali di scarto; soprattutto i colori blu e ocra nelle loro più articolate sfumature. In questo contesto e nell’ambito della mostra dedicata, risultano significativi gli omaggi a Italo Calvino per “Le città invisibili”, a Elsa Morante per “l’Isola di Arturo” e a Venanzo Crocetti per le sue sculture.