Non è solo una questione di innovazione, la transizione digitale deve essere anche culturale
Non è solo una questione di innovazione, la transizione digitale deve essere anche culturaleRoma, 16 giu. (askanews) – Se prima del Covid-19, la transizione digitale poteva essere considerata un’opportunità per le imprese, oggi è una priorità sulla quale investire, a prescindere dalla dimensione aziendale. Ma per poter rendere le imprese 4.0, occorre infatti stabilire una connessione tra sistemi fisici e digitali, definendo nuovi modelli di business in un contesto sempre più fluido ed interconnesso. Il processo non è semplice. Fortunatamente si può contare sull’aiuto di alcune società in grado di promuovere progetti di innovazione di processo e di prodotto, ingegneria e progettazione, finanza agevolata e servizi per le Imprese. Parliamo di professionisti in grado di accompagnare i clienti nel percorso di transizione digitale attraverso soluzioni IT complesse, rivolte sia alla Pubblica amministrazione sia alle aziende private.
“Trasferire e diffondere la sensibilità della transizione digitale è prima di ogni altra cosa un problema culturale più tecnologico”, ammonisce Giovanni Riefoli, fondatore e amministratore unico di Plus Innovation di Bari. “Dipende da come ogni uomo, non per forza l’imprenditore, si pone davanti alle cose con lo sguardo aperto, senza dare nulla per scontato. E’ una visione quasi filosofica. ‘Io so di non sapere’ diceva del resto Socrate. Ma se gli imprenditori, nel 90% dei casi dicono ‘noi abbiamo sempre fatto così’, questo atteggiamento non consente di affrontare il tema dell’innovazione e del cambiamento in maniera adeguata”. Come si può far comprendere loro che si possono tentare strade alternative e soprattutto vincenti? La risposta arriva ancora una volta dal leader della società barese. “Noi svolgiamo un’attività di tipo quasi educativo: andiamo nelle imprese e condividiamo la nostra filosofia. Poi recepiamo le loro obiezioni, considerazioni, idee e soprattutto bisogni che nel 90% sono sconosciuti agli stessi imprenditori. Migliorare l’esperienza del cliente è il fattore discriminante più importante per il rendimento di ogni azienda, incluse le piccole medie imprese, che rappresentano l’ossatura dell’economia italiana”. Ma perché la rivoluzione culturale di cui parla Riefoli è così importante? “Abbiamo una grande sfida da affrontare, il tempo sta accelerando e con esso anche la spinta al cambiamento, fattore insito nella stessa possibilità di mantenersi vivi e non semplicemente di sopravvivere”. L’avvertimento è abbastanza chiaro. Se un’azienda non riesce a evolversi e adeguarsi al nuovo che avanza, può correre il rischio di fallire. “Adottare tecnologie di ultima generazione non basta- incalza il Ceo- Bisogna comprendere realmente l’evoluzione del mercato e acquisire la capacità di ridefinire i processi aziendali, in un’ottica di modularità e riconfigurabilità continua, per garantire il corretto funzionamento di tutta la ‘macchina’, indicando e condividendo mission, valori e obiettivi da raggiungere”. Concetti non proprio chiari ai più. “Per molte Pmi italiane, la gestione del cambiamento è un argomento ancora in stand by, con livelli di adozione dell’Ict di molto al di sotto della media europea, gap che potrebbe determinare la loro estinzione nel prossimo futuro. L’integrazione delle tecnologie digitali al ‘fare impresa’, come nuovo modello produttivo, si basa sull’interconnessione tra diverse componenti produttive e su una vision orientata all’innovazione di prodotto e di processo che include anche concetti di sostenibilità, privacy, trasparenza, green economy. Aspetti che devono necessariamente contribuire alla ridefinizione dell’intero ecosistema socio-economico. Non si tratta di uno scenario futuristico, ma di una realtà che sta investendo la sfera imprenditoriale in maniera esponenziale e trasversale”, sottolinea l’amministratore di Plus Innovation.
Cosa si può fare per condurre la propria azienda verso la Transizione digitale, divenendo una realtà 4.0? Il consiglio di Riefoli non lascia spazio a interpretazioni “intraprendere un cambiamento di questa portata deve partire innanzitutto da una presa di coscienza, in primis a livello manageriale. Questo cambio di paradigma è molto complesso e può richiedere l’assistenza di terzi, non solo per l’implementazione di nuovi strumenti tecnologici, ma anche per strutturare processi interni più snelli ed efficienti, per diffondere una cultura aziendale orientata al rinnovamento che coinvolga tutti gli attori della filiera e, non da ultimo, rispondere alle rinnovate esigenze dei clienti, offrendo soluzioni che generino valore condiviso”. Ma entriamo nel dettaglio per comprendere su cosa lavorano gli esperti. “A noi interessa conoscere i dati aziendali, perché solo in questo modo è possibile essere competitivi e mantenere un livello di efficienza importante”, afferma Riefoli. Tradotto in parole povere, si devono esaminare attentamente i cosiddetti “cigni neri” (pandemia, Guerra in Ucraina, etc;) che da quattro anni a questa parte incidono negativamente sull’andamento economico delle imprese. Quali sono i dati che dovrebbero invece conoscere le aziende? “Noi abbiamo sperimentato che spesso le aziende hanno difficoltà a gestire e verificare, nell’immediato, lo stato di salute dell’azienda. Talora non conoscono i dati base della loro organizzazione (il costo del personale, il costo delle materie prime, i costi dell’energia e in generale i costi indiretti che sostengono mediante terzi). Ebbene, se il mio business si impatta in una filiera, attraverso costi di terzi o viceversa e io devo vendere il prodotto a terzi, tutti questi andamenti dovrei non dico prevenirli (il che sarebbe l’optimum), ma almeno conoscere in tempo reale lo stato attuale della situazione. Ribadisco che il tema fondamentale è conoscere, per competere e per crescere. La transizione digitale dovrebbe iniziare con una dichiarazione del problema, una chiara opportunità o un obiettivo ambizioso. Potrebbe riguardare il miglioramento dell’esperienza del cliente, la riduzione dell’attrito, l’aumento della produttività o l’aumento della redditività, ad esempio, utilizzando tecnologie digitali abilitanti che non erano disponibili anni fa”, continua il manager. Ma quali sono le novità, le innovazioni da portare in un’azienda? “La prima cosa sicuramente è quella di introdurre delle tecnologie di gestione della conoscenza dei fenomeni. Porto qualche esempio reale. Se un addetto vendita di un supermercato ha bisogno di conoscere lo stock e la giacenza di un prodotto sullo scaffale, rivolgere la domanda a un palmare dotato di Intelligenza artificiale e avrà la risposta in tempo reale. O ancora, un nostro cliente assume molti dipendenti. Non si tratta di una società di lavoro interinale, ma di una grossa azienda che lavora su commesse. Il principale problema è rappresentato dalla selezione delle candidature che arrivano sul sito. Noi abbiamo creato un sistema per cui i curriculum pervenuti vengono scaricati e letti in maniera sommaria da una intelligenza artificiale, da un sistema che prende delle parole chiave. In questo modo i CV vengono smistati in liste di appropriatezza rispetto all’incarico che si va a determinare. Ma è anche possibile creare sistemi per la gestione dei resi, del venduto. Lo facciamo per diverse attività commerciali, inclusi i ristoranti. Monitoriamo, cataloghiamo la merce acquistata e calcoliamo il prezzo finale in modo che il nostro cliente possa ottenere profitto e non rimetterci”, conclude. Insomma, la posta in gioco è alta. Accogliere questo cambiamento significa far crescere la propria azienda in linea con una trasformazione inevitabile, a livello globale.