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Perché la figlia di Kim non diventerà leader della Nordcorea

Perché la figlia di Kim non diventerà leader della NordcoreaRoma, 31 mag. (askanews) – Ormai è una presenza fissa al fianco del padre da mesi, con una particolare predilezione per le occasioni pubbliche in cui, con l’augusto genitore, s’ispezionano missili. Ma da questo a dire – come molti osservatori hanno già cominciato a fare – che la giovane figlia di Kim Jong Un, Kim Ju Ae, possa essere una candidata plausibile per la successione al padre, ce ne passa. In primo luogo perché Kim Jong Un è ancora giovane e, prima che lasci il potere, salvo inattesi rovesci, farà passare molta acqua sotto i ponti. In secondo luogo perché la società coreana, e quella nordcoreana in particolare, è fortemente orientata in termini patriarcale.

Jong Un, a quanto ha stabilito l’agenzia spionistica sudcoreana NIS, avrebbe tre figli. Il primo sarebbe un maschio, anche se non esistono prove definitive. “Non abbiamo prove dettagliate che il suo primo figlio sia un maschio. Ma siamo convinti che lo sia, sulla base di notizie che sono state con noi condivise da un’agenzia di intelligence esterna”, ha detto recentemente il parlamentare sudcoreano Yoo Sang-beom, citando un’informativa del NIS. Yoo ha precisato che le voci secondo le quali questo primo figlio sia affetto da problemi fisici e mentali non sono state confermate. La seconda figlia è invece Ju Ae, che ha l’apparente età di 10 anni. Mentre sul terzo (o terza) non ci sono notizie chiare. Il NIS ha segnalato che Ju Ae, al momento, non appare iscritta ad alcuna organizzazione accademica ufficiale e che la sua educazione si starebbe sviluppando in casa, diversamente a quanto accaduto al padre e alla zia – Kim Yo Jong, la potente sorella del leader – che invece studiarono in un esclusivo collegio svizzero. Alla ragazza piacciono il nuoto, lo sci e l’equitazione. Kim padre – secondo le informazioni ottenute da NIS – sarebbe particolarmente orgoglioso delle sue abilità come cavallerizza.

Il ministro dell’Unificazione di Seoul, Kwon Young-se, in un’intervista alla stazione radio locale CBS, ha ricordato che quella della Corea del Nord è una società “molto più patriarcale” di quella del Sud e ha valutato che comunque sia “troppo presto” per ritenere che la giovane figlia di Kim Jong Un l’apparente erede del trono nordcoreano. “Se pure la Corea del Nord cominciasse ora i suoi piani di successione, resta aperta la questione se lei possa mai guidare il regime nordcoreano che è incentrato sui militari”, ha detto Kwon, mostrando perplessità sull’ipotesi che una donna possa essere accettata dalla società nordcoreana come leader. Kim – secondo quanto ha segnalato Kwon – ha “chiaramente dimostrato” di avere l’intento di consegnare il potere alla quarta generazione della sua famiglia, ma è “un po’ troppo presto” per individuare nella piccola Ju Ae il successore. Ju Ae è apparsa sulla scena per la prima volta oltre sei mesi fa, a sorpresa. Da allora in più di un’occasione pubblica importante, il padre l’ha portata con sé. E ha mostrato anche espliciti segni di affetto nei confronti della figlia. L’ultima occasione in cui la si è vista è stato il 16 maggio scorso quando, col padre, ha ispezionato il satellite-spia che è stato lanciato oggi, in un insuccesso oggetto di una rara ammissione di Pyongyang.

La paffuta figlia del leader rappresenta inoltre un’immagine in controtendenza sulla scena internazionale, rispetto alle notizie che danno la Corea del Nord in gravissima crisi economica e alimentare. Quello che suggerisce una possibilità che Ju Ae possa essere vista dal leader come la sua erede è apparentemente solido, a partire dall’onnipresenza della bambina nelle immagini pubbliche. Nel regime nordcoreano le immagini del leader hanno un’importanza fondamentale, un che di sacro. Ci sono regole e vincoli. Se ne accorse sette anni fa, a sue spese, il povero studente statunitense Otto Frederick Warmbier, arrestato per essersi impossessato di un manifesto di propaganda durante la sua vacanza in Nordcorea e in seguito restituito sostanzialmente morto alla famiglia.

Inoltre, depone a favore della giovane figlia di Kim il fatto che la trasmissione del potere nella tradizione nordcoreana sia familiare: la Repubblica democratica popolare di Corea è stata fondata dal nonno di Kim Jong Un, Kim il Sung, e il secondo leader è stato il padre, Kim Jong Il. Nel mondo dei paesi cosiddetti socialisti, la Corea del Nord è l’unica ad aver sviluppato una dinastia regnante. E la pubblicistica di regime ha consolidato questa linea di sangue, creando un’epica che colloca nel sacro monte Paektu la sua origine. Simbolicamente, anche le note immagini di Kim Jong Un su un cavallo bianco nella neve richiamano questa tradizione. Non è chiaro, invece, se – come accaduto per i precedenti leader – il regime abbia ordinato a coloro che portano lo stesso nome proprio della figlia del leader – Ju Ae – di cambiarlo in segno di rispetto. Radio Free Asia ha detto di aver rilevato questo ordine, mentre il NIS sudcoreano ha detto di non avere notizia di un’indicazione del genere.

Invece sono chiari gli ostacoli che rendono assai improbabile la successiojne femminile. Innanzitutto la dottrina di stato attribuita a Kim Il Sung (ma in realtà elaborata da Kim Jong Il), denominata “juche” (autogoverno, autarchia), produce una struttura di potere piramidale incentrata sul Leader, secondo un modello squisitamente patriarcale. E Kim almeno un figlio maschio ce l’ha, anche se stupisce che ancora non sia stato mostrato in pubblico (e questo rafforza le voci sulla possibilità che abbia qualche problema). Per quanto formalmente in Corea del Nord, già dai tempi del fondatore, le donne godano di pari diritti, in realtà tale parità è un principio tutt’altro che praticato. Gli stereotipi di genere sono onnipresenti, come ha segnalato in un rapporto a febbraio l’inviata speciale dell’Onu per la condizione femminile Elizabeth Salmón, e la violenza di genere comune.

Poi c’è un’altra osservazione, come ha notato oggi sul New York Times la giornalista sudcoreana Chun Su-jin. Le donne della dinastia Kim, già dagli anni ’70 del secolo scorso, sono state usate dalla propaganda di regime come simbolo. La nonna di Kim Jong Il, Kang Ban Sok, fu denominata “Madre di tutti i Coreani” e di fatto sacralizzata come simbolo delle virtù femminili. E anche la madre di Kim Jong Il (nonna di Jong Un) Kim Jong Suk fu definita “Madre della Rivoluzione”. Le donne per decenni si sono dovute allineare a questi modelli, anche in termini di stile e apparenza. Però, nessuna di queste grandi personalità è stata mai considerata papabile per la leadership. D’altronde Jong Un ha già mostrato chiaramente di voler fare un uso simile, sia con la sorella Kim Yo Jong (che è impegnata in ruoli diplomatici), sia con la moglie Ri Sol Ju (che viene definita già “Madre dello Stato”).