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Quotazioni grano sempre più giù, persi 50 euro tonn. da gennaio

Quotazioni grano sempre più giù, persi 50 euro tonn. da gennaioRoma, 12 mar. (askanews) – Cinquanta euro a tonnellata persi da inizio anno. Le quotazione del grano duro sono sempre più bassi e i costi di produzione sono vicini alla soglia di non ritorno, ovvero a superare il fatturano delle aziende. A dare l’allarme è Marco Caliceti, vice-presidente di Confagricoltura Bologna, in merito all’ennesimo abbassamento del prezzo riscontrato in Borsa Merci: una contrazione di altri 20 euro rispetto all’ultima quotazione.



“In quei 50 euro alla tonnellata che il grano duro ha perso da gennaio ad oggi c’è la sopravvivenza di tante aziende agricole bolognesi: giovedì scorso alla Borsa Merci di Bologna, il nuovo crollo delle quotazioni dei cereali ha dato l’ennesimo colpo agli agricoltori che lavorano e investono in questo comparto cruciale della filiera agroalimentare – spiega – un crollo determinato dal massiccio ingresso di frumento da Paesi al di fuori dall’Unione Europea che stanno inaspettatamente sopravanzando la tradizionale origine dal Canada, in particolare Turchia e Russia. Per questo è urgente un intervento delle Istituzioni comunitarie e nazionali, per garantire la tutela vitale del mercato interno ed evitare distorsioni sui mercati. La situazione è davvero allarmante”. “Questo succede davanti a una sostanziale stabilità dei costi produttivi per gli agricoltori che, lo ricordiamo, sono aumentati sino a raggiungere livelli record nell’estate 2022, per poi assestarsi su valori elevati, senza particolari cali – argomenta il dirigente di Confagricoltura Bologna – Se a questo sommiamo il fatto che, per quasi tutta l’Italia, il 2023 è stata una delle peggiori annate produttive della storia recente, in termini di rese per ettaro e di qualità, dovuta al pessimo andamento meteo-climatico, ciò si traduce in una marginalità che si è andata via via annullando per diventare ormai negativa”.


Per Confagri Bologna si sta materializzando un contesto di mercato che potrebbe spingere i produttori di grano ad abbandonare questa coltura optando per altre scelte produttive, laddove possibile. Con il risultato di ridurre ulteriormente il tasso di auto-approvvigionamento dei cereali per il nostro Paese. “È ormai del tutto evidente l’assoluta e improcrastinabile necessità di introdurre meccanismi di salvaguardia dei prezzi delle derrate agricole strategiche come il frumento – conclude Caliceti – proprio perché non si capisce da dove venga prodotto a così basso costo, sotto forma di dumping commerciale vero e proprio. Chi trae vantaggio da questa congiuntura schizofrenica?”.