Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Ricerca: metà degli italiani si sente più giovane della propria età

Ricerca: metà degli italiani si sente più giovane della propria etàMilano, 5 dic. (askanews) – Ogni giorno, ciascuna delle nostre scelte e delle nostre abitudini – dall’alimentazione alla qualità del sonno, dall’attività fisica alla serenità mentale – contribuisce a un cammino lungo e affascinante: la longevità. E se, oltre la durata della vita, potessimo anche arricchirne la qualità? Questa domanda è al centro dell’Età senza Età, la 16esima edizione dell’Osservatorio Nestlé nato nel 2009 con il compito di fotografare gli stili di vita e alimentazione degli italiani, attraverso ricerche e studi in collaborazione con Università internazionali ed esperti scientifici in diversi ambiti.



“L’Età senza Età” è un’indagine che abbraccia quattro generazioni, esplorando come giovani, adulti e anziani possono unirsi in un percorso di salute e benessere mentre transitiamo da una società della vecchiaia a una della longevità. È certamente uno sguardo olistico perché, come confermano anche precedenti studi dell’Osservatorio Nestlé, le emozioni influenzano quanto e ciò che scegliamo di mangiare, e il cibo che consumiamo, può nutrire sia il corpo che lo spirito, in un circolo virtuoso in cui salute e benessere si alimentano reciprocamente. Sulla percezione dell’età e dell’invecchiamento che abbiamo noi italiani, analizzando i risultati nasce spontanea la domanda ironica “vecchio a chi?”: il 51% degli italiani si sente infatti più giovane della propria età, con una concentrazione tra i 55-64 anni (58%) e i 65+ anni (69%), segno di un forte desiderio di continuità e vitalità mentale nelle fasce più avanzate. Il 63% dei 55-64 anni si sente mentalmente più giovane, e questa percentuale cresce al 69% tra i 65+. Tuttavia, in termini di efficienza fisica, solo il 40% dei 55-64 anni si sente più giovane, a indicare che il declino fisico viene percepito in modo più marcato rispetto a quello mentale. Per il 36% degli italiani oltre i sessant’anni, la vecchiaia incomincia quando si smette di fare progetti.


Commenta Nic Palmarini, direttore del National Innovation Centre for Ageing (NICA) del Regno Unito, CEO di Voice Italia Social Enterprise e Co-Founder di Edelman Longevity Lab: “L’impegno, la partecipazione, il contribuire a creare un mondo migliore per sé o gli altri, o – semplicemente – avere un obiettivo in grado di sfidarci e collocarci nel futuro rappresenta un driver cruciale. È quello che gli inglesi chiamano ‘purpose’ e che potremmo provare a tradurre con “senso della vita”. Ne parliamo ogni giorno per tenere la nostra mente attiva, per spronarci ad alzarci dal divano o smettere di scrollare Instagram, ma qui è nero su bianco: è quello che stabilisce il confine tra sentirsi o meno vecchi”. Pur sentendoci più giovani rispetto alla nostra età anagrafica, siamo tutti preoccupati dell’avanzare degli anni. E mentre oltre il 45% dei più giovani, 18-34 anni, è in ansia per l’aspetto fisico e i cambiamenti estetici, per il 50% dei 35-45enni e il 55% dei 45-54 anni è il mantenimento della forza fisica ad essere la preoccupazione centrale. Mentre è sugli aspetti legati al senso profondo di dignità che le ansie degli italiani si acuiscono: il timore del declino cognitivo e mentale, e della perdita di autonomia sono sentiti da tutti, diventando una vera e propria preoccupazione per un’alta percentuale delle generazioni 55-64enni e 65+.


A dispetto del concetto di ‘ageismo’ che vede le generazioni come status a sé, diverse sono le cose che accomunano tutte le età, soprattutto la preoccupazione per la solitudine e l’isolamento, più marcate addirittura nelle generazioni più giovani (18-34 anni, 27% e 35-44, 21%), mentre nelle età più avanzate, incide del 19% e addirittura del 17% sugli over 65, quasi a riprova di una ritrovata ‘serendipità’. Spiega Palmarini: “Non esiste un ‘loro’ e ‘noi’. Quegli anziani che pensi siano chissà cosa o chissà chi, assomigliano a qualcuno che conosciamo benissimo. Le cose che temiamo della vecchiaia, ad esempio, sono praticamente le stesse a qualsiasi età. Le potrei riassumere con la parola “dignità”. Vogliamo che ci venga preservata e riconosciuta la nostra dignità di persone – di essere autonomi, di non diventare un oggetto, di avere la possibilità di essere consapevoli delle nostre scelte grazie a una mente che funziona. Viene anche sfatato, finalmente, il mito secondo cui solitudine o isolamento siano paure degli anziani quando chiaramente è una delle cose che preoccupa di più i ragazzi”.


L’alimentazione è, per fortuna, associata al piacere per tutte le fasce d’età, ma solo il 20% della popolazione italiana considera il nutrimento un modo per vivere più a lungo. Tra i 18-34 anni, la fascia di età che può ancora permettersi di ‘sgarrare’ e pasteggiare a patatine e junk food senza sensi di colpa, c’è una percezione maggiore di felicità associata al cibo (oltre il 25%). Circa il 60% dei 55-64enni e 65+ ha ridotto la quantità di cibo consumata e oltre la metà afferma di aver migliorato la qualità e la leggerezza della propria alimentazione riflettendo una crescente attenzione verso un’alimentazione più leggera e sana. Inoltre, 1 italiano su 3 ha aumentato il consumo di integratori e frutta secca negli ultimi anni.