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Saluto romano, Cassazione: si applica la legge Scelba. Reato se c’è pericolo di riorganizzazione del partito fascista

| Redazione StudioNews |

Saluto romano, Cassazione: si applica la legge Scelba. Reato se c’è pericolo di riorganizzazione del partito fascistaRoma, 18 gen. (askanews) – Per il saluto romano bisogna applicare la legge Scelba, la cosiddetta legge Scelba, la legge del 20 giugno 1952, n. 645 contenente norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, la quale vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. Ed è un reato se integra gli estremi dell’articolo 5 della legge Scelba, che punisce le manifestazioni fasciste, ovvero se si configura il pericolo della riorganizzazione del partito fascista. In determinati casi, però può integrare anche il reato punito dall’articolo 2 della legge Mancino, la legge contro i crimini d’odio e l’incitamento all’odio. In sintesi è la decisione che ha preso oggi la Corte di Cassazione, chiamata a decidere sulla condanna in via definitiva di otto persone che avevano risposto alla chiamata del “presente” con il saluto romano durante una commemorazione a Milano del 2016 per Sergio Ramelli, il militante del fronte della gioventù ucciso da esponenti di Avanguardia operaia nel 76. Dal punto di vista formale la Corte ha quindi disposto un nuovo processo di appello per ri-formulare l’esatta contestazione del reato, dal punto di vista del principio ha inquadrato così i termini di punibilità del “saluto romano”.

Nel documento di informazioni provvisoria che è stato diffuso la Suprema Corte si legge infatti che nell’odierna udienza pubblica, “le Sezioni Unite della Corte suprema di cassazione hanno deciso che la condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla ‘chiamata del presente’ e nel c.d. ‘saluto romano’, rituali entrambi evocativi della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il delitto previsto dall’art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea ad integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione”. Hanno inoltre affermato che “a determinate condizioni può configurarsi anche il delitto previsto dall’art. 2 del decreto-legge 26 aprile 1983, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993, n. 205 che vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Hanno poi stabilito che tra i due delitti non sussiste rapporto di specialità e che essi possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge”.

Su queste basi le Sezioni unite della Cassazione hanno annullato la condanna nei confronti di 8 persone che avevano fatto il saluto romano durante un corteo di estrema destra a Milano. Gli ermellini hanno in particolare disposto un nuovo processo di appello. La decisione impugnata aveva ritenuto che i fatti contestati integrassero la fattispecie di reato prevista dall’articolo 2 della cd “legge Mancino”. Le Sezioni Unite penali hanno riqualificato il fatto come violazione dell’art. 5 della “legge Scelba” e hanno annullato con rinvio la sentenza impugnata perché la Corte di appello verifichi se dai fatti accertati sia conseguita la sussistenza del concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista. “La decisione della Cassazione sancisce che il saluto romano non è reato a meno che ci sia il pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista così come previsto dall’articolo 5 della legge Scelba oppure ci siano programmi concreti e attuali di discriminazione razziale o violenza razziale così come previsto dalla legge Mancino”. Lo ha detto l’avvocato Domenico Di Tullio, che assiste due degli 8 imputati per i quali la Cassazione ha annullato la condanna e disposto un processo di appello bis per il saluto romano durante una commemorazione a Milano.

“Se mancano sia il tentativo di ricostituzione o programmi di discriminazione ovviamente non è reato. La cerimonia del Presente quindi si può fare solo quando commemorativo come nel caso specifico – aggiunge – Nel caso di Acca Larentia e nelle migliaia di commemorazione fatte in Italia negli ultimi 70 anno, il saluto romano non è reato. Toccherà alla magistratura dimostrare in concreto, senza fare chiacchiere. Perché in Italia non si puniscono le opinioni”.