
Salvi (Fruitimprese): in 10 anni -80% pere, -75% kiwi, -25% pesche
Salvi (Fruitimprese): in 10 anni -80% pere, -75% kiwi, -25% pescheRoma, 13 mar. (askanews) – Negli ultimi 10 anni l’Italia ha perso l’80% del raccolto di pere, il 75% del raccolto di kiwi e il 25% di quello delle pesche: il nostro paese sta assistendo quindi da anni “ad una inesorabile progressiva riduzione delle produzioni”, tanto che “ormai il nostro problema principale sui mercati internazionali non è collocare il prodotto ad un prezzo remunerativo, ma avere il prodotto da vendere”. Così in una nota Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, l’associazione che riunisce le imprese ortofrutticole italiane.
E i timori per la produzione diventano tanto più significativi quando si pensa agli ultimi dati resi noti da Fruitimprese, che parlano per il 2024 di un nuovo record per l’export di ortofrutta fresca, arrivata a quota oltre 6 miliardi di euro di valore nonostante le crescenti difficoltà che stanno affliggendo gli operatori. La crisi produttiva è così grave, spiega Salvi, che “le aziende più strutturate stanno acquistando aziende agricole e creando joint venture all’estero per poter continuare a presidiare i mercati”.
Salvi sottolinea che la crisi produttiva progressiva è sì dovuta ai cambiamenti climatici, “ma soprattutto alle misure che l’Unione Europea mette in campo per limitare l’uso degli agrofarmaci, senza fornire soluzioni alternative percorribili. Sulle produzioni ortofrutticole è in atto una tempesta perfetta: aumentano le fitopatie e gli attacchi degli insetti e diminuiscono le armi per contrastarle, mentre il futuro della ricerca, rappresentata dalle TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita) è bloccato da oltre un anno perché non ci si accorda sul testo del regolamento comunitario”. “Qualche speranza – conclude Salvi – arriva dal recente discorso di insediamento del Commissario Europeo Hansen, il quale ha dichiarato pubblicamente che la Commissione valuterà attentamente qualsiasi ulteriore divieto di pesticidi qualora non siano ancora disponibili alternative. Al nostro settore non resta che aspettare che alle parole corrispondano i fatti”.