Soldati di Israele dentro l’ospedale Al-Shifa, “cuore pulsante” di Hamas
Soldati di Israele dentro l’ospedale Al-Shifa, “cuore pulsante” di HamasRoma, 15 nov. (askanews) – Le forze di difesa israeliane stanno “effettuando un’operazione precisa e mirata” contro Hamas nell’ospedale di al-Shifa, il più grande di Gaza. Il ministero della Sanità gestito da Hamas, citato dall’agenzia di stampa palestinese Shebab, ha affermato che “dozzine di soldati” sono entrati nell’edificio del pronto soccorso e che i carri armati israeliani hanno fatto irruzione nel complesso, occupando il pronto soccorso e gli edifici di accoglienza. Un testimone all’interno di al-Shifa ha detto alla BBC di aver visto almeno sei tank e più di 100 soldati all’interno del complesso ospedaliero. “Gli spari sono ancora forti e sentiamo esplosioni ovunque”, ha commentato da parte sua Ahmed Mokhallalati, un chirurgo di al-Shifa.
Il complesso ospedaliero potrebbe essere il “cuore pulsante” di Hamas, ha detto alla CNN il portavoce delle forze di difesa israeliane (IDF), tenente colonnello Peter Lerner. “Il nostro obiettivo è cercare Hamas ovunque si nasconda e il complesso ospedaliero è il fulcro centrale delle loro operazioni, forse anche il cuore pulsante e forse anche un centro di gravità”, ha commentato in un’intervista poco dopo l’inizio dell’operazione militare israeliana. “Abbiamo cercato di evacuare l’ospedale, abbiamo comprato carburante per i servizi essenziali, abbiamo provato e riprovato a portare incubatrici mobili per cercare di far uscire alcuni di quei bambinià perché la gente di Gaza non è un nostro nemico, Hamas lo è”, ha aggiunto.Le cifre sulle persone presenti all’ospedale variano da alcune centinaia a migliaia, senza che sia possibile confermarle in maniera indipendente. Domenica, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato il numero in circa 1.500 sfollati, 650 pazienti ricoverati e da 200 a 500 operatori sanitari. Un portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale americano, che ha voluto restare anonimo, ha dichiarato: “Non siamo favorevoli a colpire un ospedale dal cielo e non vogliamo vedere uno scontro a fuoco in un ospedale dove persone innocenti, persone indifese, malati cercano di ottenere le cure mediche che meritano”. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden hanno discusso della guerra tra Israele e Hamas e della ricerca degli ostaggi in mano al movimento estremista palestinese, durante una conversazione telefonica avvenuta nella notte italiana. Hamas ha accusato anche il presidente americano di essere “pienamente responsabile dell’attacco nazista dell’esercito di occupazione al complesso medico di Shifa”. “Per questo crimine brutale contro una struttura sanitaria protetta dalla Quarta Convenzione di Ginevra, i leader dell’occupazione e tutti coloro che hanno collaborato con lui all’uccisione di bambini, pazienti e civili indifesi saranno ritenuti responsabili”, ha riferito il gruppo in un comunicato. “L’adozione da parte della Casa Bianca e del Pentagono di una falsa narrativa secondo cui la resistenza sta utilizzando il Complesso medico Al Shifa per scopi militari è stato il via libera all’occupazione per commettere ulteriori massacri contro i civili e costringerli a migrare forzatamente da nord a Sud”.Funzionari della difesa israeliani hanno affermato intanto di avere accettato di consentire spedizioni di carburante nella Striscia di Gaza per operazioni umanitarie, riferisce l’Associated Press. È la prima volta che Israele consente l’ingresso di carburante nell’enclave palestinese dal 7 ottobre. L’Onu ha affermato che il carburante sarà “utilizzato esclusivamente per far funzionare i camion per la distribuzione degli aiuti umanitari in arrivo” e che “questo rappresenta una frazione del fabbisogno di carburante per le operazioni umanitarie”. Il Consiglio di Sicurezza sta negoziando una nuova risoluzione che richiede “immediate pause umanitarie estese” in tutta la Striscia di Gaza ma non fa menzione di un cessate il fuoco. La risoluzione, redatta da Malta, richiede che “tutte le parti” rispettino i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale.