Roma, 11 apr. (askanews) – Come in tutti i matrimoni quando la discussione si sposta sui soldi le cose sono messe davvero male. Soprattutto quando, fin dall’inizio, è pacifico per entrambe le parti che non è stato un matrimonio d’amore. In effetti, come assicurano, fuori dall’ufficialità, fonti dell’uno e dell’altro partito, quello tra Azione e Italia Viva non ha mai avuto le caratteristiche di un matrimonio d’amore ma di un’unione nata dal “nobile” interesse di radunare i moderati, i liberali, gli europeisti in una casa comune, lontana dal centrodestra ad egemonia meloniana e dal centrosinistra di Elly Schlein sempre più spostato a sinistra.
Ma oggi la tensione tra i due “sposi”, Renzi e Calenda, e le rispettive famiglie è stata così alta da mettere in discussione il percorso verso il partito unico, insieme al sogno e alla sfida di conquistare una percentuale a due cifre alle Europee del 2024. Tutta la giornata è stata un tentativo di ricucire gli strappi che si sono consumati via social e via media.Calenda, dopo i malumori filtrati da Azione, sulla fine della pazienza per i troppi “tatticismi” di Matteo Renzi, ha tentato di ristabilire le priorità e l’orizzonte del progetto politico di cui, dopo il passo indietro dell’ex premier, detiene la leadership in vista del congresso. “Per quanto concerne Azione la prospettiva di un partito dei liberal-democratici aperto e inclusivo resta l’unica utile al paese. Va perseguita seriamente e rapidamente con i soggetti realmente interessati. Polemiche da cortile non ci interessano e non vi prenderemo parte”, ha scritto su Twitter. Ed è lapalissiano notare come il “realmente interessati” contenga tutti i dubbi e le perplessità che si sono diffuse nel partito di Calenda nelle ultime settimane circa le reali intenzioni di Renzi.
Nel frattempo i renziani hanno rispedito al mittente ogni accusa, a cominciare da quella sui tatticismi: “Stiamo aspettando che Calenda convochi il tavolo di lavoro delle regole, stiamo aspettando che Calenda convochi il comitato politico, stiamo aspettando che Calenda spieghi come candidarsi al congresso. I tatticismi sono tutti di Calenda, non di Renzi. Meno male che dal 10 giugno si vota in modo democratico”, ha chiosato il deputato Davide Faraone.E poi la questione più spinosa: i soldi. A metà pomeriggio in una nota del tesoriere di Italia viva Francesco Bonifazi, uno da sempre molto vicino a Renzi, si è puntualizzato come Italia Viva abbia partecipato in “modo paritetico” alle spese di tutte le campagne elettorali, non mancando di osservare che “la scelta di come destinare i soldi è stata presa dal senatore Carlo Calenda che ha optato nella stragrande maggioranza dei casi per affissioni recanti il suo volto e il suo nome”. Una risposta netta a uno dei dubbi circolati dalle parti di Azione e riferiti a mezza bocca da più di un esponente sul fatto che Matteo Renzi non sia veramente convinto di sciogliere Italia Viva dentro il contenitore del partito unico, perdendo così le risorse del 2 per mille. “Italia Viva ha contribuito al momento per oltre 1 milione e 200000 euro. Quanto al futuro 2 per 1000 andrà ovviamente alla struttura legittimata dal congresso democratico”, ha concluso Bonifazi.
Se l’idea di un arretramento di Italia Viva rispetto al partito unico viene bollata da dirigenti del partito di Renzi come una “sciocchezza”, una cosa “strumentale” tutti concordano però sul fatto che la goccia che ha fatto traboccare il vaso nei rapporti tra i due partiti e in quelli – dialettici fin dai tempi in cui il segretario di Azione era ministro del governo del senatore toscano – tra i due leader, Renzi e Calenda, sia stata la questione della direzione del quotidiano Il Riformista, annunciata da Renzi pochi giorni fa. Un fulmine a ciel sereno per Azione dove, a quanto pare, si è diffuso il timore che Renzi intenda, in realtà, organizzare un controcanto continuo alla leadership di Calenda. Difatti Matteo Richetti, deputato di Azione – che solo pochi giorni fa nel dare gli auguri di Pasqua e di compleanno a Calenda parlava di lui come di “un amico speciale, di quelli che non si dicono pronti al sacrificio ma lo fanno” – ha chiesto a Renzi di decidere se voglia fare politica o informazione.C’è, poi, la questione dell’eredità del bacino di elettori moderati, di cui prima interprete è proprio Forza Italia chiamata proprio in questi giorni, per le complicate condizioni di salute del suo fondatore, a ripensare la propria mission. Così la battuta social diretta al Terzo Polo da qualche osservatore malizioso (“smettetela di dividervi tra di voi o finiranno per pensare che siete di sinistra”) mette in luce un altro aspetto della vicenda. Appena sono venute alla luce le tensioni tra Iv e Azione si sono accese le sirene del centrodestra con un effetto a dir poco paradossale: dopo mesi in cui gli elettori moderati, azzurri in testa, sono stati corteggiati dal Terzo Polo e dalle sue “politiche di buon senso” contro “tutti i populismi di destra e di sinistra” oggi sono stati esponenti dei moderati a mandare messaggi a Calenda e a Renzi. “Noi siamo molto simili al Terzo Polo, almeno nei ragionamenti di partenza; ma stiamo vedendo che più si va avanti e più, in un sistema bipolare, un terzo polo sia ininfluente. Io spero che il Terzo Polo scelga di stare con noi e costruire il Paese”, ha detto Pino Bicchielli, vice capogruppo di Noi Moderati,
Come finirà? Intanto, la trincea più interessata alla pace tra Calenda e Renzi è quella europea dove i due deputati del Terzo Polo sono già dentro il gruppo macroniano di Renew Europe. sia Nicola Danti, vice presidente di Renew, che Giosi Ferrandino spingono per riprendere il cammino unitario. Pena, l’irrilevanza.