Suicidio assistito, morta in Svizzera la traduttrice Margherita Botto. Era malata di cancro
Suicidio assistito, morta in Svizzera la traduttrice Margherita Botto. Era malata di cancroRoma, 28 nov. (askanews) – E’ deceduta in Svizzera la professoressa Margherita Botto, nota traduttrice letteraria, affetta da adenocarcinoma al terzo stadio. La morte è arrivata in seguito ad una procedura di suicidio assistito. A rendere nota la vicenda è l’associazione Luca Coscioni. Domani il fratello della donna, Paolo, si autodenuncerà insieme a Cinzia Fornero, iscritta a “Soccorso Civile”. L’appuntamento si annuncia è alle ore 11.15 a Milano, alla stazione dei carabinieri di Via Fosse Ardeatine, 4. Sarà presente anche Marco Cappato dell’associazione Luca Coscioni e responsabile legale dell’associazione Soccorso Civile. “La pena prevista per l’aiuto al suicidio è da 5 a 12 anni di carcere”.
Margherita Botto, professoressa universitaria di lingua e letteratura francese e stimata traduttrice letteraria, è morta questa mattina in Svizzera, dopo aver avuto accesso al cosiddetto suicidio medicalmente assistito. La donna era affetta da adenocarcinoma al terzo stadio e aveva espresso consapevolmente la volontà di porre fine alla sua vita in modo dignitoso, senza ulteriori sofferenze fisiche e psicologiche. In una lettera all’organizzazione svizzera dove Margherita aveva potuto ottenere l’aiuto richiesto, ha spiegato: “L’oncologo mi ha chiaramente spiegato che il protocollo di cura ha lo scopo di ottenere un ‘contenimento del tumore’. Quindi non una guarigione. Le mie speranze di giungere alla guarigione e di poter ritornare ad una qualità della vita non dico soddisfacente, ma almeno accettabile sono molto ridotte o nulle. Il proseguimento del protocollo di cura mi esporrebbe a ulteriori sofferenze per almeno un anno o più, senza molte probabilità di successo. In questa situazione intendo liberamente ed autonomamente porre fine al protocollo di cure, affrontandone consapevolmente le infauste conseguenze. A seguito di questa decisione, mi rivolgo quindi alla vostra organizzazione affinché mi aiuti a porre fine alla mia vita in modo dignitoso e senza ulteriori sofferenze fisiche e psicologiche”.
Ad accompagnare la professoressa Botto in Svizzera, e ad occuparsi dei rapporti con la clinica, dell’organizzazione del viaggio in Svizzera, sono stati il fratello della docente, Paolo Botto, insieme a Cinzia Fornero, 52 anni, guardaparco in Provincia di Torino, iscritta all’associazione Soccorso Civile, che fornisce l’assistenza diretta alle persone che hanno deciso di porre fine alle proprie sofferenze all’estero. L’associazione di cui è presidente e responsabile legale Marco Cappato. Tutti e tre sono assistiti dall’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Luca Coscioni, e si autodenunceranno domani negli Uffici della stazione carabinieri Compagnia Milano “Duomo Principale”, Via Fosse Ardeatine, 4. “È la seconda volta che un familiare della persona che decide di andare in Svizzera per porre fine alla propria vita decide di autodenunciarsi assumendosi il rischio di conseguenze penali. L’altro recente caso è stato quello del figlio della donna romana Sibilla Barbieri, paziente oncologica, morta in Svizzera a inizio novembre”.