Trent’anni fa finì la Dc, al centro cresce voglia Balena bianca
Trent’anni fa finì la Dc, al centro cresce voglia Balena biancaRoma, 18 gen. (askanews) – La guerra sul simbolo che di tanto in tanto si riattizza, la lotta per il nome, la disputa sull’eredità politica, il fiorire, in trent’anni, di numerosi esperimenti di rassemblement – tutti finiti male – ispirati alla “Balena bianca”: la storia della Democrazia cristiana, sciolta il 18 gennaio 1994, è la storia dell’Italia. Tanto da continuare ad esserlo perfino dopo che la Dc ha smesso ufficialmente di esistere.
Non è, infatti, questione di “cespugli”, frammenti del vecchio partito, spesso in cerca d’autore, per i quali, nella seconda Repubblica, l’allora potente Francesco Storace aveva auspicato “il diserbante”, ma di una vocazione mai doma a rappresentare il centro moderato e riformatore. Vocazione di cui molti si sono fatti interpreti fino all’autodistruzione. Ultimo caso, ben noto alle cronache, il fallimento del Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Eppure, un po paradossalmente, nel trentesimo anniversario dello scioglimento della Dc, confluita nel Partito Popolare ad opera del suo ultimo segretario Mino Martinazzoli, torna quanto mai attuale il motto di un vero comunista, Mao Tse-tung: “Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”. Propizia, insomma. Anche se la modernità sembra declinarsi sempre più ferocemente in un rigido manicheismo in politica e nella società (“I social – scriveva giorni fa lo scrittore Jonathan Bazzi – sono l’arte della guerra. Tu sei il male, io il bene. E più questo meccanismo si inasprisce, più aumentano i like”) la voglia di “Balena bianca”, ovvero di un corpo enorme capace di tenere tutto dentro, cresce. Sarà per questo che proprio oggi Gianfranco Rotondi, eletto con Fratelli d’Italia, ha annunciato la rinascita della Dc: si chiamerà “Democrazia cristiana con Rotondi”, il tesseramento è aperto, non avrà nel simbolo lo scudocrociato – già appannaggio dell’Udc -, ma una balena bianca, omaggio all’ultimo segretario Arnaldo Forlani, recentemente scomparso, che fece propria, nel discorso dopo la sua elezione, l’espressione coniata dal giornalista Giampaolo Pansa.
Primo banco di prova le elezioni regionali in Sardegna, mentre per le Europee ci si dovrà confrontare con Giorgia Meloni. Perché, ha sottolineato Rotondi, nonostante i tentativi di “riscrivere la storiografia di una Dc tutta a sinistra la maggioranza dei suoi dirigenti erano moderati, anticomunisti”. Con Meloni, dunque, “la cui idea di destra popolare è il prodotto più vicino alla Dc”, ha chiosato. Ma non basta. Beppe Fioroni, uscito mesi fa dal Pd schleineriano ha chiesto, in un’intervista di pochi giorni fa ad Avvenire, di tornare ad abitare il centro visto che il Pd va a sinistra e proprio su questa linea sabato prossimo si ritrovano a Roma varie associazioni, sotto la regia di Piattaforma popolare coordinata dall’ex senatore Ivo Tarolli. Obiettivo immediato: mettere in campo alle prossime elezioni Europee una lista unica che raccolga “tradizioni popolari, civiche, riformatrici e liberaldemocratiche, cristianamente ispirate”. Obiettivo finale: dare vita “a un partito nuovo di ispirazione cristiana, laico, aperto a credenti e non” superando il bipolarismo italiano.
L’ennesimo sogno? “No, guardi che questa nostra di sabato è la cosa più strutturata e organica che mai sia stata messa in campo – spiega Tarolli -, non è un semplice ritrovarsi: abbiamo fatto un centro studi con decine di docenti di dieci università italiane, abbiamo fatto il tavolo paritario, discusso sul territorio con decine di incontri. Arriviamo al rassemblement con un pensiero unico e condiviso”. E con una prospettiva a due cifre: messa insieme la galassia del mondo cattolico arriva “alla ragionevole ipotesi del 10-12%. Significa: 60-80 parlamentari, c’è spazio per tutti – osserva Tarolli – a condizione che si accetti un processo politico nuovo” di cui sabato si dovrebbe sottoscrivere l’atto di indirizzo alla presenza di vari rappresentanti di quest’area tra cui Raffaele Bonanni, Elena Bonetti, Ettore Rosato, Mariastella Gelmini, tutta gente che “se nel rassemblement ci fosse la Bonino non ci sarebbero più loro”. Tanto per capire i confini della cosa. A cui guardano, comunque, anche socialisti da una vita come l’ex ministro Claudio Signorile. “Per quasi 50 anni democristiani e socialisti hanno governato insieme non malissimo direi, quindi – afferma -, senza proporsi cose assurde, senza pensare di fare governi, ci sono le condizioni per fare politica insieme, non credo nello spazio politico del centro ma credo ai progetti. Lo spazio oggi è quello dei riformatori, non dei riformisti. Il leader? I leader non si fanno prima, si fanno durante i processi politici. Se un leader c’è prima, di solito fa una brutta fine”.
Renzi e Calenda sono interlocutori naturali per questa creatura anche se “hanno sbagliato non perchè il Terzo Polo non abbia spazio ma perchè hanno pensato a un partito del leader e non hanno fatto altro che azzuffarsi, mentre si deve partire da un’identità di comunità”. Insomma, tira le fila Tarolli, “nel centro ci stanno potenzialmente Renzi, Calenda, Forza Italia, il punto di arrivo è il popolarismo internazionale”. Rotondi? “Chiarisca a se stesso – conclude – se intende fare il gregario o portare la cultura cristiano popolare ad essere uno degli attori della scena internazionale”. Quindi, osserva Giuseppe Matulli, ex deputato e studioso del pensiero di Aldo Moro: “Le europee potrebbero essere un banco di prova se si avesse il coraggio di sperimentare finalmente partiti transnazionali, dopo aver espresso valori ed obiettivi”.