Venezia, 28 mar. (askanews) – Un nuovo spazio espositivo per la fotografia sull’isola di San Giorgio a Venezia, che inaugura con una mostra poderosa su Ugo Mulas e una storia veneziana affidata al lavoro di Alessandra Chemollo. Le Stanze della Fotografia nascono dalla collaborazione tra Marsilio Arte e la Fondazione Giorgio Cini, che ha messo a disposizione anche il proprio enorme archivio di immagini, oltre che offrire fisicamente l’ospitalità negli spazi affacciati sulla Laguna. Il progetto delle Stanze segue quello portato avanti negli anni passati dalla Casa dei Tre Oci e in un certo senso ne amplia e arricchisce ulteriormente la portata, si a livello degli spazi fisici, sia a livello di ricerca sulla fotografia.
All’inaugurazione hanno preso parte molti soggetti istituzionali: il presidente della Fondazione Cini Giovanni Bazoli ha spiegato che “l’apertura delle Stanze della Fotografia qui sull’Isola di San Giorgio Maggiore rappresenta quindi un nuovo tassello che va ad arricchire la già ampia e variegata offerta culturale della Fondazione”. “Quando abbiamo inaugurato – ha aggiunto Emanuela Bassetti, presidente di Marsilio Arte – la mostra di Sabine Weiss un anno fa, rassegna che concludeva la nostra esperienza alla Casa dei Tre Oci, avevamo detto che questo non avrebbe significato la fine del percorso Marsilio ‘fotografia a Venezia’, che andava ben oltre un edificio. A distanza di un anno siamo felici di inaugurare la nostra nuova “casa” all’Isola di San Giorgio, dando avvio in partenariato con Fondazione Giorgio Cini a un ambizioso progetto culturale internazionale di ricerca e di memoria”. Le Sale del Convitto che ospitano Le Stanze della Fotografia, che constano di circa 1850 metri quadrati disposti su due livelli, sono state oggetto di un importante lavoro di riallestimento e restauro finalizzato all’ampliamento e valorizzazione degli spazi, realizzato dallo Studio di Architetti Pedron / La Tegola con la speciale partecipazione del Teatro La Fenice di Venezia, che ha permesso l’installazione di pareti leggere e movibili che, come quinte teatrali, saranno rimodulabili per i diversi allestimenti espositivi, nell’ottica di una sostenibilità dell’impresa culturale. Allestimento che, nella sua flessibilità, è uno degli aspetti che più colpiscono il visitatore: anche in assenza di luce naturale l’illuminazione delle fotografie funziona molto bene, restituisce alle immagini una loro presenza reale nello spazio e una più piena fruibilità.
Se poi si tratta del lavoro di un maestro assoluto come Ugo Mulas, ecco che spazio e mostra risuonano reciprocamente, si amplificano l’un l’altra e generano una sensazione che si può definire di meraviglia. La parola è esattamente questa. Curata da Denis Curti, direttore artistico delle Stanze, insieme ad Alberto Salvadori, direttore dell’Archivio Ugo Mulas, l’esposizione “L’operazione fotografica” offre probabilmente la panoramica più completa sul fotografo, che viene raccontato in tutte le fasi della sua pur breve carriera artistica. “Volevano sottolineare l’attenzione alla fotografia italiana – ha detto Curti – e abbiamo scelto di farlo partendo dal numero uno, con un progetto molto vasto che espone circa 330 immagini, che pure sono solo il 3% del totale delle stampe positive di Mulas”. “Come per Stanley Kubrick – ha aggiunto Salvadori – di cui dicamo che ogni film rappresenta un genere cinematografico, lo stesso possiamo dirlo per Mulas, che è stato il fotografo della scena dell’arte, ma anche delle città; è stato fotografo di moda, di teatro e concettuale; paesaggista e reporter”. E nella mostra tutte queste diverse fasi sono rappresentate, e ciascuna brilla per il valore delle opere e dello sguardo, che in fondo diventa anche lo sguardo dell’arte contemporanea grazie alla relazione profonda del fotografo con Marcel Duchamp, il padre di tutto il contemporaneo. E in Mulas si trova a un certo punto la possibilità di raccontare il “processo” dell’arte, che è una parola chiave di tutte le pratiche artistiche più recenti. “Come l’artista Emilio Isgrò voleva salvare le parole – ha detto ancora Denis Curti citando una considerazione di Ferdinando Scianna – così Ugo Mulas ha salvato la fotografia”. Al piano superiore delle Stanze della Fotografia, poi, una mostra su Venezia, sulla sua anima, sulla possibilità stessa di fotografare di nuovo la città più fotografata al mondo. Si tratta del lavoro di Alessandra Chemollo, che con “Venezia alter mundus” propone 60 fotografie di dedicate allo spazio sospeso di una città unica e alle sue incredibili architetture. Il programma espositivo, poi, proseguirà con altri due grandi nomi come quelli di Paolo Pellegrin ed Helmut Newton tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024.
(Leonardo Merlini)