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Vino, Mastroberardino (Federvini): serve far crescere percezione valore

Vino, Mastroberardino (Federvini): serve far crescere percezione valoreMilano, 27 mag. (askanews) – Piero Mastroberardino ha appena compiuto 58 anni e rappresenta la decima generazione alla guida dell’azienda di famiglia, Cantina baluardo delle viticultura autoctona in Irpinia. Docente universitario di Business Management, dal 2015 a capo dell’Istituto Grandi Marchi, Mastroberardino è un imprenditore determinato con grande esperienza e conoscenza del comparto vitivinicolo, oltre che un liberista convinto, sostenitore ‘dello straordinario potenziale competitivo del nostro Paese, che corre sulle gambe di piccoli e medi imprenditori e che la parte pubblica continua invece a rallentare’. Askanews lo ha incontrato in qualità di vicepresidente di Federvini, l’associazione nazionale che raccoglie gli imprenditori del settore vitivinicolo, degli spirit e degli aceti di cui in passato è stato anche presidente.



Il tema del valore è centrale per il vino italiano: negli ultimi anni è cresciuto tanto ma molto c’è ancora da fare. Quali sono le strategie da mettere in campo? ‘Ristrutturazione dei vigneti, riqualificazione produttiva, elevare il più possibile la qualità media dell’output della nostra filiera ed evitare operazioni a livello aggregato che incentivano la distruzione di questo patrimonio. Da imprenditore voglio che la filiera riesca a portare valore nel suo insieme, non ho mai creduto nella Politica agricola comune che sostiene che per regolare armonicamente il rapporto fra domanda e offerta, serve tagliare quest’ultima’ ha spiegato Mastroberardino, aggiungendo che ‘dato che il mercato e l’offerta del vino sono fortemente segmentati, bisogna consentire di crescere a territori che ne hanno le potenzialità, non penso che la soluzione sia chiudere il rubinetto così c’è meno prodotto e cresce il valore. Lavoriamo con il marketing strategico, facciamo in modo che ciò che realizziamo faccia percepire che qui c’è valore, serve un’operazione di sistema che faccia crescere la percezione di valore’. Nel settore vitivinicolo il mondo cooperativo ha un peso molto rilevante, che ruolo può giocare sul fronte del valore del prodotto? ‘L’auspicio è che all’interno di questa realtà prevalga chi è impegnato a creare branding. Ce ne sono, tanto è vero che anche al nostro tavolo siedono alcuni player del mondo della cooperazione che sono quelli che da tempo hanno scelto di costruire brand, e quindi lavorano come un ombrello sotto il quale ci sono tanti marchi come farebbe una grande impresa privata, o con un singolo brand come lavora la piccola impresa privata’ ha continuato il vicepresidente, precisando che ‘il tema è lavorare tutti insieme per elevare il valore della filiera attraverso la percezione del suo output, che è la bottiglia di vino, perché questo è l’unico modo che abbiamo per alimentare il flusso di nostri investimenti a monte, nella fase produttiva, dove negli anni abbiamo fatto passi molto importanti rispetto ai nostri competitor: gli investimenti che sono stati fatti in viticoltura in Italia, in Francia non sono stati fatti’.


Tra i modelli del vino che vengono evocati oggi, c’è quello di piccoli territori estremamente vocati come ad esempio Montalcino. ‘Non credo che alcuna Denominazione con il potenziale produttivo di Montalcino abbia intenzione di scegliere solo un posizionamento altissimo, tutte hanno bisogno di avere una base che vada su un segmento di mercato un pochino più ‘comodo’. Il posizionamento non lo fanno i territori ma le imprese, quindi questa cosa compete all’imprenditore e non, ad esempio, al Consorzio che per legge mette allo stesso tavolo visioni diverse del prodotto’ ha replicato Mastroberardino, ricordando che ‘i Disciplinari di produzione, per quanto li si voglia stringere, hanno maglie larghe e alle fine è il mercato che seleziona l’offerta: è l’imprenditore che deve sapere come posizionare il suo prodotto non certo delegarlo al direttore del Consorzio’. Nel nostro Paese lo stock di vino invenduto supera i 50 milioni di ettolitri e periodicamente si torna a parlare di eradicare i vigneti. ‘La posizione di Federvini è sempre la stessa, bisogna fare un’analisi seria del potenziale produttivo del vigneto da uva da vino, cosa che non è mai stata fatta per una serie di resistenze dei vari mondi che compongono la filiera. Se si fa questo, il problema si risolve perché tu sai da dove proviene l’uva, sai che quella è uva da vino, sai che viene vinificata e quel’è il potenziale di offerta’.


Altro tema che torna ciclicamente è quello della riduzione delle oltre 520 Denominazioni del vino italiano. ‘Ho iniziato a lavorare in questo settore con il 930 (Decreto del 1963 che dava il via alla legislazione moderna sul vino, ndr), ho visto la 164 (Legge del 1992 che disciplinava le Denominazioni d’origine, ndr) e poi, dopo altre peripezie, siamo arrivati nel 2016 al cosiddetto Testo unico: la normativa sul vino ha al suo interno tutte le risposte ma non sono mai state applicate’ ha sottolineato il vicepresidente di Federvini, spiegando che ‘se ci sono delle Denominazioni fantasma prendiamone atto e facciamo in modo di accorparle, ma la stragrande maggioranza ha dietro un’economia produttiva del territorio e quindi penso che sia dovere degli operatori cimentarsi con la propria capacità di creare valore, di elevare il valore del proprio prodotto. Il sistema del posizionamento funziona se tutti vanno in maniera congruente verso un obiettivo compatibile – ha proseguito – e questo succede quando ci si aggrega su base spontanea, mentre è difficile che succede ad un tavolo consortile dove, ad esempio, può passare la proposta di introdurre il ‘bag-in-box’ con il rischio di compromettere l’immagine della Denominazione’. Un argomento caldo in questi mesi è quello dei vini ‘low e no alcol’, segmenti considerati ovunque in forte ascesa e per i quali il mercato italiano chiede una normativa specifica, dato che oggi la produzione di dealcolati non è possibile. ‘Al nostro interno abbiamo sensibilità diverse: ci sono operatori che sono poco fiduciosi nei risultati organolettici dei prodotti che sono stati attualmente sperimentati, mentre altri sostengono che abbiamo il dovere di esplorare degli spazi di mercato soprattutto se si rivolgono ad un segmento, magari giovanile, che in questo momento sta perdendo qualche colpo nell’avvicinamento ai vini di pregio’ ha messo in luce Mastroberardino, secondo cui ‘il tema va declinato più nel dettaglio: primo, bisogna aprire il confronto, serve discuterne e sperimentare, secondo, bisogna scegliere la soluzione tecnica che ci consenta di avere un output il più possibile vicino alla nostra idea estetica del vino, nei suoi canoni edonistici, perché il tema del prodotto a basso o a zero tenore alcolico sono argomenti molto diversi tra loro. Per quanto riguarda l’alcol zero – ha puntualizzato – in giro ci sono prodotti pieni di zucchero e noi si può fare fare la guerra all’alcol per poi avere lo zucchero che abbiamo bandito dalla nostra dieta: se facciamo il dealcolato non fermentando, quindi con tutti gli zuccheri dentro, abbiamo un prodotto pesante, poco digeribile, senza il vettore dei profumi: così è meglio non farlo’.


‘Ma ci sono altre soluzioni – ha ricordato il vicepresidente della Federazione – per esempio ragionando su un prodotto a più basso tenore alcolico, ottenuto anticipando la raccolta e puntando su maggiore acidità e freschezza: la scommessa è riuscire a trovare un nuovo equilibrio gustativo diverso da quello che oggi riteniamo ottimale per un vino di pregio, magari tirando fuori cose diverse da quelle oggi degustiamo ma non così distanti. Non nascondo che nella nostra Cantina, ad esempio, sto lavorando insieme con le mie figlie che hanno poco più di vent’anni, a delle soluzioni che ci consentano di ricercare nuovi equilibri su un segmento diverso’. A Verona il mese scorso è andata in scena la 56esima edizione di Vinitaly, un’edizione in cui si è respirato un’aria molto positiva. ‘Il bilancio è buono, la fiera ha funzionato e abbiamo rivisto operatori delle Americhe, dell’Asia e dell’Australia. Per il sistema vino italiano, Vinitaly resta un riferimento importante, che quest’anno ha potuto anche godere di un momento di grande euforia, dell’aria di smobilitazione che si è respirata a Prowien e del fatto che Wine Paris non riesce ad essere un vero evento internazionale perché mantiene una forte vocazione nazionale’ ha rimarcato Mastroberardino, rimarcando che ‘questa fase è da cavalcare, non dobbiamo rinunciare a nulla della nostra strategia di sistema Paese, e quindi è urgentissimo che l’ente fiera di Verona si sieda al tavolo con le amministrazioni e risolva problemi annosi: il ragionamento sugli aspetti infrastrutturali non è più differibile’.