Vino, Uiv-Vinitaly: in Usa consumi -7,5%, Italia sopra a media: -3,2%
Vino, Uiv-Vinitaly: in Usa consumi -7,5%, Italia sopra a media: -3,2%Milano, 23 ott. (askanews) – Anche alla prova dei consumi effettivi, si conferma la difficile stagione del vino negli Stati Uniti, primo Paese al mondo sia per import, con 7,3 miliardi di dollari nello scorso anno, che per enoappassionati, con 4,5 miliardi di bottiglie stappate l’anno. Secondo l’Osservatorio di di Unione italiana vini (Uiv) e Vinitaly, che in occasione della fiera Vinitaly-International Wine Expo (Iwe) di Chicago (22-23 ottobre) ha elaborato i dati relativi alle vendite nel “fuori casa” (on-trade), oltre che in Gdo e retail (off-trade), nei primi 8 mesi di quest’anno il gap tendenziale dei volumi consumati segna un calo del 7,5%, frutto in particolare delle difficoltà riscontrate nell’off-trade (-8,3%), solo parzialmente moderate dal risultato nella ristorazione e nei locali (-2,1%).
Dall’analisi dell’Osservatorio a base SipSource (che monitora oltre il 75% delle vendite presso gli esercizi commerciali)emergono molte differenze sui trend di consumo di vino da parte degli “user” statunitensi. Per i vini locali, che si confermano nettamente in testa con il 71% dei consumi totali, la contrazione (-8,2%) è leggermente superiore alla media. Seguono a distanza i vini italiani, che rappresentano il 10,2% della domanda complessiva e il 35% dei vini d’importazione: in questo caso il bicchiere è mezzo pieno, se si considera che la perdita non supera il 3,2% e che nell’on-trade (quindi il canale a maggior valore aggiunto) segna addirittura +1,2%. E se anche i vini cileni contengono l’impasse a un secco -3%, la Nuova Zelanda conferma il proprio crescente alto gradimento con gli enoappassionati statunitensi: +2% il dato evidenziato nei primi 8 mesi, grazie soprattutto all’exploit nella ristorazione (+7,6%), complice un Sauvignon Blanc considerato sempre più trendy nel panorama bianchista Usa. L’abbrivio neozelandese, sempre secondo l’Osservatorio, fa scalare di una posizione l’Australia (-4,9%) e allontana, almeno nelle quantità commercializzate, il market leader a valore, la Francia, in forte difficoltà (-14,5%) sia nell’off-trade (-16,8%) che nell’on-trade (-8,1%).
Per l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, inflazione, costo delle materie prime e destoccaggio stanno mettendo in difficoltà le esportazioni delle imprese italiane verso gli Stati Uniti, ma, segmentando i dati e guardando ai consumi effettivi in volume, emerge come alla prova dei consumi gli americani rinuncino con maggior fatica al made in Italy, sia rispetto ai vini a stelle e strisce che a quelli di altri importanti Paesi produttori. In particolare, il canale horeca (segmento più rappresentato tra i 350 buyer dell’Iwe) nei primi otto mesi di quest’anno ha visto una presenza tricolore nell’on-trade Usa pari a quasi il 44% del totale dei vini d’importazione, di gran lunga superiore allo share dei prodotti francesi, 13,8%, e neozelandesi, al 10,7%”.