Xi rilancia la Via della Seta, riunendo l’Asia centrale
Xi rilancia la Via della Seta, riunendo l’Asia centraleRoma, 19 mag. (askanews) – Mentre i leader del G7 si vedevano in Giappone nell’annuale summit, la Cina riuniva a Xian – antica capitale e punto di partenza della Via della Seta – i cinque paesi dell’Asia centrale, buttando così un ponte verso l’Europa e segnalando una sua vitalità geopolitica oltre e forse nonostante la Russia, impegnata nella sua guerra in Ucraina.
Ieri sera il presidente Xi Jinping e sua moglie, Peng Liyuan, hanno accolto cinque leader dell’Asia centrale per un vertice in un contesto altamente spettacolare, con grandi onori. Il summit Cina-Asia centrale, il primo di questo genere in presenza (e con l’assenza della Russia) ha sottolineato la centralità euroasiatica della Cina (Zhongguo, il suo nome in mandarino, vuol dire appunto “Paese del Centro”) in un momento cruciale della storia. Non è un caso che Xi abbia voluto accogliere i leader dell’Asia centrale con spettacoli e banchetti ispirati alla Dinastia Tang, che regnò tra il 618 e il 917 dispiegando una proiezione commerciale, politica e culturale verso le steppe, verso i popoli che fanno da cerniera con l’estremo opposto dell’Eurasia.
“Lo Shaanxi (provincia dove si trova Xian, ndr.), come punto di partenza orientale dell’antica Via della Seta, è stato testimone della profonda amicizia tra la Cina e i paesi dell’Asia centrale per oltre duemila anni”, ha detto Xi, secondo quanto ha riferito l’agenzia di stampa statale Xinhua. “Nel corso dei secoli, i popoli della Cina e dell’Asia centrale si sono impegnati in ampi scambi, apprendimento reciproco e hanno creato lo splendore dell’antica Via della Seta, lasciando un capitolo glorioso nella storia della civiltà umana e dello scambio culturale”. Oggi, nel suo discorso programmatico, il presidente cinese è stato più aderente all’attualità, ma il senso è stato lo stesso. “Il mondo ha bisogno di un’Asia centrale armoniosa. La fratellanza è meglio di ogni ricchezza”, ha detto. “I conflitti etnici, i conflitti religiosi e le divisioni culturali non sono il tema principale dell’Asia centrale. Unità, tolleranza e armonia sono ciò che cerca il popolo dell’Asia centrale”, ha continuato, aggiungendo che “nessuno ha il diritto di creare discordia e scontro in Asia centrale, figuriamoci cercare una speculazione politica”.
“La sovranità, la sicurezza, l’indipendenza e l’integrità territoriale dei paesi dell’Asia centrale – ha detto ancora Xi – devono essere salvaguardati, il percorso di sviluppo scelto autonomamente dal popolo dell’Asia centrale deve essere rispettato e gli sforzi della regione dell’Asia centrale per lavorare per la pace, l’armonia e la tranquillità devono essere supportati”. L’Asia centrale – ha sottolineato il leader di Pechino – ha un “vantaggio geografico unico”, che le consentirà di “diventare un importante hub di interconnessione in Asia ed Europa”. In una riproposizione dei principi della sua Iniziativa Belt and Road, per una nuova Via della Seta terrestre, Xi si è impegnato ad espandere la cooperazione commerciale ed economica con la regione e ha affermato che Pechino approfondirà la connettività e amplierà la cooperazione energetica.
I leader di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan hanno ascoltato queste parole, che rappresentano un modo per indicare a questi paesi che esiste un’alternativa sia alle strategie e ai dollari degli Stati uniti, che cercano di contenere la Cina, ma anche alla tradizionale dipendenza da Mosca. Non è un caso che questi paesi abbiano mantenuto una posizione simile a quella della Cina nella sede delle Nazioni unite quando si è trattato di votare la condanna dell’invasione russa dell’Ucraina: tutti si sono astenuti, tranne il Turkmenistan che si è dato assente. Ma il messaggio è anche per l’Europa. I funzionari di Pechino non perdono occasione per chiedere ai partner europei di mantenere un’autonomia strategica (ovviamente dagli Stati uniti). E un certo ascolto, Pechino ce l’ha, a giudicare dalle recenti dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron che, di ritorno dalla Cina, ha detto che sulla questione di Taiwan l’Europa non deve essere “vassalla” degli Usa. Affermazioni, queste, che hanno creato diversi mal di pancia, ma che sono indicative di un sentimento.
L’Europa deve tuttavia ancora capire quale strada prendere e, come spesso accade, finisce per parlare con più voci, spesso tra loro dissonanti, mantenendo una posizione non chiara.
Oggi il presidente del Consiglio europeo, dal summit di Hiroshima, ha detto che “un rapporto costruttivo e stabile con la Cina serve i nostri interessi comuni” e che “la Cina ha una responsabilità speciale nella comunità internazionale e deve rispettare le regole internazionali”. Inoltre ha auspicato un impegno cinese nel riportare Mosca a più miti consigli sull’Ucraina.
Dal canto suo, la presidente della Commissione europea ha detto: “Le nostre politiche nei confronti della Cina devono cambiare perché la Cina è cambiata. E’ passata da ‘riforma e apertura’ a ‘sicurezza e controllo’. La Cina è diventata più repressiva in patria e più assertiva all’estero, in particolare nel suo vicinato. E ha stretto una ‘amicizia illimitata’ con la Russia alla vigilia della brutale invasione dell’Ucraina. Allo stesso tempo, il disaccoppiamento dalla Cina non è né praticabile né nel nostro interesse”. Quindi – ha proseguito – “dovremmo mantenere linee di comunicazione aperte e lavorare con la Cina in aree come il cambiamento climatico, la preparazione alla pandemia, la stabilità finanziaria o la proliferazione nucleare. Allo stesso tempo dobbiamo ridurre le nostre vulnerabilità nelle nostre relazioni economiche”.
Questo ha una ricaduta anche sulle politiche nazionali. L’Italia ne sa qualcosa: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha recentemente detto di non aver ancora deciso se rinnovare o meno il memorandum d’intesa sull’Iniziativa Belt and Road che scade con l’inizio del 2024. L’Italia è tuttora l’unico paese del G7 ad averlo sottoscritto ed è stato il primo paese Ue. Su questo, il messaggio lanciato da von der Leyen sembra prospettare scenari lontani: “Dovremmo intensificare il nostro lavoro con gli altri per creare un’alternativa a Belt and Road”, l’accordo sulla Via della Seta su cui Xi è tornato a spingere proprio col summit Cina-Asia centrale.