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Autore: Redazione StudioNews

Ciclismo, Tirreno-Adriatico: tappa al belga Philipsen, Ganna azzurro

Ciclismo, Tirreno-Adriatico: tappa al belga Philipsen, Ganna azzurroRoma, 8 mar. (askanews) – Il belga Jasper Philipsen, con il tempo di in 5h19’08”, ha vinto la 3/a tappa della 58/a Tirreno-Adriatico di ciclismo, da Follonica (Grosseto) a Foligno (Perugia) e lunga 216 chilometri.
Phlipseno, al termine di uno sprint innescato dall’olandese Mathieu Van der Poel, ha preceduto il tedesco Phil Bauhaus, secondo, e l’eritreo Biniam Girmay, terzo. Quarto Matteo Moschetti e quinto Simone Consonni. Filippo Ganna ha conservato la maglia azzurra di leader della classifica generale.
“Vincere è sempre bello – le parole del vincitore di oggi – farlo dopo questo splendido lavoro di squadra è ancora meglio. I miei compagni mi avevano preavvisato che ci sarebbero potuti essere ventagli nel finale quindi mi sono portato davanti. E’ la prima vittoria del team in stagione, una grande soddisfazione. Mathieu Van der Poel ha fatto un grande lavoro, rendendomi tutto più facile”.
La Maglia Azzurra Filippo Ganna, subito dopo l’arrivo, ha detto: “Avevo perso per un attimo la testa del gruppo durante i ventagli ma i miei compagni di squadra sono riusciti a farmi rientrare. Sono ancora leader della generale fortunatamente. Vedremo come andrà domani”.

Inflazione e pandemia, italiani sempre più preoccupati per spesa alimentare

Inflazione e pandemia, italiani sempre più preoccupati per spesa alimentareRoma, 8 mar. (askanews) – Kellogg, in collaborazione con l’Istituto di ricerca di mercato SPARK – The International Insights and Research Agency, ha condotto una ricerca sulle conseguenze della pandemia e dell’attuale contesto economico sulle abitudini e sul potere d’acquisto degli italiani, evidenziando il rischio di povertà alimentare soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione.
L’indagine, svolta su un campione di 1.000 persone in tutta Italia , ha rilevato che il 25% degli intervistati è preoccupato per il budget che deve dedicare all’acquisto di beni alimentari (una tendenza in aumento del 10% dagli ultimi sei anni) e che il 32% risparmia sulle bollette di gas ed elettricità per avere a disposizione una somma maggiore da destinare al proprio carrello della spesa. Il 53% del campione, infatti, ha visto una riduzione della disponibilità di reddito a causa del carovita. In particolare, chi appartiene alla fascia low income (con un reddito inferiore a 20.000 euro annui) dichiara di aver cambiato le proprie abitudini alimentari a causa delle preoccupazioni finanziarie (23%) e di avere difficoltà nello sfamare la propria famiglia (33%).
SPARK ha intervistato anche 243 insegnanti , testimoni dell’impatto del contesto attuale sull’alimentazione dei più piccoli. Quasi il 50% dei docenti intervistati, infatti, conferma che i bambini che frequentano la loro classe arrivano a scuola mostrando appetito, fattore che hanno visto accentuarsi nell’ultimo anno e che deriva, secondo loro, dalle difficoltà economiche delle famiglie (50%) e dalla poca attenzione dei genitori in merito al fabbisogno nutrizionale dei figli (30%).
Il 40% degli insegnanti ritiene che il problema di non aver accesso alla colazione sia significativo per gli studenti. Non consumare il primo pasto della giornata o non fare una colazione nutriente e bilanciata, infatti, contribuisce a generare stanchezza durante le lezioni (secondo il 62% degli insegnanti), difficoltà a concentrarsi (63%) e a partecipare attivamente (40%), oltre ad influenzare negativamente la performance scolastica complessiva (16%).
In questo contesto risultano, perciò, sempre più importanti i progetti e le iniziative promosse da aziende private per contribuire a contrastare la povertà alimentare. Kellogg Italia, insieme a Croce Rossa Italiana, rafforza il suo impegno per il Breakfast Club, un’iniziativa unica volta a donare il primo pasto della giornata ai bambini delle scuole elementari che arrivano in classe senza aver fatto colazione. Un progetto che intende promuovere uno stile di vita sano, offrendo agli studenti una prima colazione nutriente e bilanciata, e sensibilizzandoli all’adozione di corrette abitudini alimentari da poter seguire anche al di fuori della vita scolastica.
Dal 2017 – anno in cui è partito il progetto – al 2022, l’iniziativa ha coinvolto circa 1.700 bambini e famiglie appartenenti alle fasce più vulnerabili della popolazione, distribuendo più di 110.000 colazioni a titolo gratuito. Per l’anno scolastico in corso, l’azienda distribuirà 50.000 colazioni a 500 bambini, incrementando il numero dei Breakfast Club in Italia a 10.
“Nell’attuale contesto economico è ancora più urgente per le aziende contribuire ad alleviare la povertà alimentare e supportare le fasce più fragili della popolazione. Sono molto orgoglioso di quanto fatto sino ad oggi e, insieme a Croce Rossa Italiana, continueremo ad essere vicini ad un numero sempre maggiore di bambini, promuovendo abitudini alimentari corrette attraverso i Breakfast Club” ha commentato Giuseppe Riccardi, General Manager di Kellogg Italia. “Sono felice di confermare che il progetto, presente in 8 regioni Italiane, coinvolge istituti scolastici nelle città di Milano, Torino, Pontedassio, Isernia, Caserta, Ercolano, Gioia del Colle, Vibo Valentia, Catania e Caltanissetta”.
Gli istituti scolastici coinvolti nel progetto per l’anno scolastico 2021/22 hanno testimoniato, attraverso un questionario di valutazione promosso da Croce Rossa Italiana, che l’impatto del Breakfast Club non è solo quantitativo, ma soprattutto qualitativo. Da un punto di vista nutrizionale e di educazione alla corretta alimentazione, assicurando l’accesso ad uno dei pasti più importanti della giornata, contribuisce a migliorare le abitudini alimentari degli studenti (secondo il 50% degli intervistati) . A livello educativo e sociale favorisce il miglioramento della puntualità e della concentrazione degli studenti a scuola (secondo il 28% degli intervistati), il comportamento e la partecipazione in classe (36%) e la frequenza (quasi il 25%), oltre a favorire i livelli di interazione tra gli studenti (54%) e con gli adulti stessi della scuola (52%) .
“Ringrazio Kellogg Italia per questa collaborazione di lungo periodo che ci permette di essere incisivi nel promuovere un’alimentazione sana e adeguata. Per noi è importante – ha ribadito Matteo Camporeale, Vicepresidente e Rappresentante dei Giovani della Croce Rossa Italiana – dare continuità a progetti come i Breakfast Club che ci permettono di incidere positivamente sulle abitudini alimentari dei giovani, con risultati concreti sulla vita di tutti i giorni e risvolti positivi dal punto di vista educativo e sociale”.
I Breakfast Club sono parte integrante della strategia ESG Kellogg’s Better Days® con cui l’azienda si impegna a creare un futuro migliore per 3 miliardi di persone entro la fine del 2030.

Roma, prevenzione tumore polmonare con diagnosi precoce in XII Municipio

Roma, prevenzione tumore polmonare con diagnosi precoce in XII Municipio

Iniziativa promossa da Consigliere e Presidente Commissione Politiche Sociali, Alessandro Alongi

Roma, 8 mar. (askanews) – Nuova iniziativa di prevenzione e diagnosi precoce delle malattie, così da ridurre l’incidenza delle stesse e la conseguente mortalità nella popolazione del territorio, promossa dal Consigliere Alessandro Alongi (Roma Capitale – XII Municipio). Già lo scorso anno, sempre su iniziativa del Presidente della Commissione Politiche sociali di Roma XII, era stata approvata una specifica mozione per promuovere la salute sul territorio. Quest’oggi, invece, il Consiglio di via Fabiola ha dato il via libera ad un ulteriore atto, grazie al quale si incentiverà la divulgazione di buone pratiche in tema di prevenzione del tumore polmonare, originato in gran parte dal fumo di sigaretta.
“Il tumore del polmone è responsabile del maggior numero di decessi oncologici in Italia, 34.000 nel 2021. Ogni anno, in Italia, 32.800 cittadini (circa l’80% dei casi) ricevono la diagnosi di tumore del polmone in fase avanzata, quando la malattia non è più operabile e la prognosi è peggiore”, afferma il Consigliere Alessandro Alongi. “Studi clinici hanno dimostrato che l’utilizzo della TAC spirale a basso dosaggio può ridurre di circa il 20% la mortalità per questa neoplasia nei forti fumatori. Per questo, come Municipio, sosteniamo il Programma R.I.S.P., e invitiamo tutti i cittadini che ne abbiano i requisiti a partecipare”.
Il Programma R.I.S.P., finanziato dal Ministero della Salute, ha previsto la partecipazione di 18 Centri in tutta Italia, con l’obiettivo di reclutare almeno 10.000 persone per una ricerca scientifica finalizzata a porre le basi per l’inserimento dello screening polmonare all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), alla stregua dei programmi di prevenzione del cancro mammario, colorettale e cervicale. Per la regione Lazio è stato identificato come unico Centro partecipante l’IFO (Istituti Fisioterapici Ospitalieri) – IRCCS Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) con l’obiettivo di reclutare almeno 760 persone su Roma.
“Tutti coloro i quali abbiano un’età compresa fra 55 e 75 anni e fumano un pacchetto di sigarette al giorno da più di 30 anni (o sono stati forti fumatori che hanno smesso da meno di 15 anni) possono partecipare al programma di prevenzione, che prevede una TAC di ultima generazione a basso dosaggio volta proprio a verificare lo stato di benessere dei polmoni dopo tanti anni di fumo”, precisa Alongi, che ha continuato: “L’abitudine tabagica è una vera e propria dipendenza. Nel nostro Paese si contano circa 12 milioni di fumatori, il 20% consuma più di 20 sigarette al giorno. Per questo è importante sottoporsi a visite periodiche, e il programma R.I.S.P. rappresenta un ottimo appuntamento con la salute”.
Per chi lo vorrà, inoltre, sarà possibile intraprendere un percorso di disassuefazione dal fumo di sigaretta. Per partecipare allo studio la persona interessata, con i requisiti richiesti, deve collegarsi al portale nazionale https://programmarisp.it/; successivamente un operatore dell’IFO-IRE contatterà la persona per fissare un appuntamento con uno pneumologo.
“Ritengo personalmente che nei forti o ex fumatori del nostro territorio, la disponibilità di uno screening periodico rappresenti una grande opportunità, garantendo potenzialmente il riscontro precoce di malattia e quindi la sua tempestiva presa in carico con maggiori possibilità di cura e guarigione”, ha concluso Alongi.
Tra gli ulteriori argomenti su cui la Commissione del Presidente Alongi sta lavorando c’è anche quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul diritto all’oblio oncologico, materia sulla quale in questi giorni il CNEL sta elaborando un disegno di legge sotto la spinta del Presidente Tiziano Treu e del Consigliere Francesco Riva.

Milano, inaugurato il nuovo “parco 8 marzo” a Porta Vittoria

Milano, inaugurato il nuovo “parco 8 marzo” a Porta VittoriaMilano, 8 mar. (askanews) – Apre alla città il nuovo “Parco 8 Marzo”, inserito nell’asse di verde attrezzato che dallo storico Parco Formentano in largo Marinai d’Italia si sviluppa a est fino a oltre viale Mugello e comprende l’area dove è previsto venga realizzata la Nuova Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. Avanza così il processo di rinascita del quartiere di Porta Vittoria che, con la riattivazione delle funzioni urbane e l’attuazione della Beic, proseguirà anche grazie alla rigenerazione dell’Ex Macello e del complesso dei Mercati Generali.
All’inaugurazione, avvenuta oggi, hanno preso parte il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, Laura Gatti, progettista architettonica, paesaggistica e agronomica, Riccardo Serrini, amministratore delegato del Gruppo Prelios che con Prelios Sgr è soggetto attuatore per conto del Fondo Niche, e l’attrice Elisabetta Vergani, che ha letto due testi della poetessa Antonia Pozzi. Presenti anche gli assessori Elena Grandi (Verde), Tommaso Sacchi (Cultura), Giancarlo Tancredi (Rigenerazione urbana) e la delegata del Comune alle Pari opportunità di genere Elena Lattuada. Nel corso della cerimonia è stata svelata la targa di intitolazione, che vuole essere una dedica a tutte le donne.
“Quest’area, per anni una ferita nel territorio milanese, viene finalmente restituita alla città arricchita di un importante spazio verde, un parco su cui affaccerà un altro nuovo intervento urbano, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura – commenta il sindaco Giuseppe Sala -. Nonostante le difficoltà del momento, quindi, i progetti di rigenerazione, ricucitura e abbellimento non si fermano, nell’ottica di una città vivace, dinamica e capace di offrire ai suoi abitanti una sempre migliore qualità della vita”.
In una superficie complessiva di circa 28mila mq, sono stati piantati 400 alberi di diverse specie che si aggiungono alla quercia spontanea già presente, quasi 2.500 rose e oltre 4.800 arbusti da fiore e sempreverdi. Colombo Costruzioni ha agito quale general contractor nella realizzazione del Parco. L’idea di progetto è quella di uno slowpark, ossia un parco che inviti alla lentezza e favorisca la temporanea astrazione dalla frenesia cittadina. Non quindi un parco tradizionale, altamente infrastrutturato, bensì un luogo pensato per la libera fruizione dello spazio aperto dove i percorsi sono suggeriti ma non prestabiliti.
L’area lettura restituisce l’immagine di una grande tastiera di computer dove i tasti divengono maxi sedute su cui ritrovarsi, lasciare, prendere e godersi i libri. Nell’area nord-est del Parco, ci sono poi i Green cubes: con misure variabili e contornati da ‘pareti’ formate da vegetazione in blocchi monospecifici di altezza diversa, sono pensati per ospitare svariate funzioni ed attività o installazioni artistiche, performance ed eventi. L’area giochi, situata al centro in una zona in rilievo, è lambita dai percorsi principali ma protetta da flussi di attraversamento. Un’unica struttura inclusiva, adatta a tutti i bambini e le bambine in età scolare, contiene scivoli e reti di arrampicata.

Intelligence Usa: Cina minaccia competitività tecnologica Occidente

Intelligence Usa: Cina minaccia competitività tecnologica OccidenteRoma, 8 mar. (askanews) – La Cina è centrale nelle catene di approvvigionamento tecnologico globale e, quindi, rappresenta la “principale minaccia per la competitività tecnologica” degli Stati uniti e dell’Occidente. Lo sostiene il rapporto annuale di valutazione delle minacce redatto dalla comunità d’intelligence Usa e diffuso oggi dall’Ufficio del Direttore dell’Intelligence nazionale americana.
Pechino “rimarrà la principale minaccia per la competitività tecnologica degli Stati Uniti, poiché ha nel mirino in settori chiave delle tecnologie commerciali e militare proprietaria di società e istituzioni statunitensi e alleate. Il governo cinese sta raddoppiando gli sforzi per promuovere l’innovazione locale e diventare autosufficiente”, secondo quanto afferma la valutazione.
“La Cina utilizza l’accesso al suo vasto mercato e il controllo sulle catene di approvvigionamento critiche come strumenti per forzare società estere e costringere i paesi stranieri a consentire il trasferimento di tecnologie e proprietà intellettuali”, continua il rapporto.
“Pechino è fondamentale per le catene di approvvigionamento globali in una vasta gamma di settori tecnologici, tra cui semiconduttori, minerali critici, batterie, pannelli solari e prodotti farmaceutici”, afferma ancora la comunità d’intelligence, ricordando che in un discorso dell’aprile 2020 il presidente cinese Xi Jinping ha dato conto della sua intenzione di aumentare la centralità dalla Cina nelle catene di approvvigionamento chiave, in modo da essere in grado di “utilizzare tale dipendenza nella catena di approvvigionamento per minacciare e tagliare fuori i paesi stranieri durante una crisi”.
Il dominio della Cina in questi mercati – scrivono ancora i servizi americani – “potrebbe rappresentare un rischio significativo per i settori manifatturiero e di consumo degli Stati uniti e dell’Occidente, se il governo cinese fosse in grado di sfruttare abilmente il proprio dominio per ottenere vantaggi politici o economici”.

Eso, con Alma tracciate le origini dell’acqua nel Sistema solare

Eso, con Alma tracciate le origini dell’acqua nel Sistema solareRoma, 8 mar. (askanews) – Alcuni astronomi, utilizzando ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), hanno rilevato acqua in forma gassosa nel disco di formazione planetaria intorno alla stella V883 Orionis. Quest’acqua porta una firma chimica che ne traccia il viaggio dalle nubi di gas che formano stelle fino ai pianeti e dà supporto all’idea che l’acqua sulla Terra sia persino più antica del Sole.
“Oggi possiamo tracciare le origini dell’acqua nel Sistema Solare fino a prima della formazione del Sole”, afferma John J. Tobin, astronomo del National Radio Astronomy Observatory, USA e autore principale dello studio pubblicato oggi su Nature. La scoperta è stata realizzata studiando la composizione dell’acqua in V883 Orionis, un disco di formazione planetaria a circa 1300 anni luce dalla Terra. Quando una nube di gas e polvere collassa, forma una stella al centro. Intorno alla stella, il materiale della nube forma anche un disco. Nel corso di pochi milioni di anni, la materia nel disco si aggrega a formare comete, asteroidi e infine pianeti. Tobin e il suo gruppo – informa l’ESO – hanno usato ALMA, di cui l’Osservatorio Europeo Australe è partner, per misurare le firme chimiche dell’acqua e il suo percorso dalla nube di formazione stellare ai pianeti.
L’acqua di solito è formata da un atomo di ossigeno e due atomi di idrogeno. Il gruppo di Tobin ha studiato una versione leggermente più pesante dell’acqua in cui uno degli atomi di idrogeno viene sostituito con il deuterio, un isotopo pesante dell’idrogeno. Poiché l’acqua semplice e quella pesante si formano in condizioni diverse, il loro rapporto può essere utilizzato per tracciare quando e dove l’acqua si è formata. Per esempio, è stato dimostrato che in alcune comete del Sistema Solare questo rapporto è simile a quello dell’acqua sulla Terra, suggerendo che le comete potrebbero aver fornito acqua alla Terra.
Il viaggio dell’acqua, prima dalle nubi alle giovani stelle e poi dalle comete ai pianeti, è già stato osservato in precedenza, ma finora mancava il collegamento tra le giovani stelle e le comete. “V883 Orionis è l’anello mancante in questo caso”, afferma Tobin. “La composizione dell’acqua nel disco è molto simile a quella delle comete nel Sistema Solare. Questa è la conferma dell’idea che l’acqua nei sistemi planetari si sia formata miliardi di anni fa, prima del Sole, nello spazio interstellare, e sia stata ereditata sia dalle comete che dalla Terra, relativamente immutata”.
Ma osservare l’acqua si è rivelato complicato. “La maggior parte dell’acqua nei dischi che formano i pianeti è congelata, sotto forma di ghiaccio, quindi di solito è nascosta alla nostra vista”, afferma la coautrice Margot Leemker, una studentessa di dottorato presso l’Osservatorio di Leida nei Paesi Bassi. L’acqua sotto forma gassosa (vapor acqueo) può essere rilevata grazie alla radiazione emessa dalle molecole mentre ruotano e vibrano, ma questo è più complicato quando l’acqua è ghiacciata e il movimento delle molecole è più limitato. L’acqua gassosa si trova verso il centro dei dischi, vicino alla stella, dove fa più caldo. Tuttavia, queste regioni interne sono nascoste dallo stesso disco di polvere e sono anche troppo piccole per essere riprese con i nostri telescopi. Fortunatamente, in un recente studio è stato dimostrato che il disco di V883 Orionis è insolitamente caldo. Una intensa emissione di energia dalla stella riscalda il disco, “fino a una temperatura in cui l’acqua non è più sotto forma di ghiaccio, ma di gas, permettendoci di rilevarla”, dice Tobin.
Il gruppo di lavoro ha utilizzato ALMA, una schiera di radiotelescopi nel nord del Cile, per osservare l’acqua gassosa in V883 Orionis. Grazie alla sensibilità e capacità di discernere piccoli dettagli dello strumento hanno potuto rilevare l’acqua e determinarne la composizione e inoltre mapparne la distribuzione all’interno del disco. Dalle osservazioni, hanno scoperto che questo disco contiene almeno 1200 volte la quantità di acqua presente in tutti gli oceani della Terra.
In futuro, gli autori sperano di utilizzare il futuro telescopio ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO con lo strumento di prima generazione METIS. Questo strumento nel medio infrarosso sarà in grado di risolvere la fase gassosa dell’acqua nei dischi di questo tipo, rafforzando i vari collegamenti che permetteno il percorso dell’acqua dalle nubi di formazione stellare ai sistemi stellari e planetari. “Così avremo una visione molto più completa del ghiaccio e del gas nei dischi che formano i pianeti”, conclude Leemker.

Vino, nasce il progetto “Gli Svitati”: gli ambasciatori del tappo a vite

Vino, nasce il progetto “Gli Svitati”: gli ambasciatori del tappo a viteMilano, 8 mar. (askanews) – Nasce il progetto “Gli Svitati”, gruppo fondato da cinque storici, vignaioli italiani del calibro del piemontese Walter Massa, del friulano Silvio Jermann, del veneto Graziano Prà, del trentino Mario Pojer e degli altoatesini Franz Haas Jr e Maria Luisa Manna, figlio e moglie di Franz Haas, scomparso l’anno scorso. Insomma uno spaccato del meglio della nostra enologia che si è messo insieme per promuovere la chiusura delle bottiglie di vino con il tappo a vite, da anni una loro sfrontata caratteristica.
Cinque amici, cinque ragazzi degli anni Cinquanta, che si sono messi insieme per dire che essere “svitati” oggi non significa essere né dei matti, né dei visionari e nemmeno dei rivoluzionari come furono allora ma, al contrario, persone con i piedi ben piantati nel vigneto, forti di una storia avvi(t)ata da diversi decenni e di dati scientifici “incontestabili”. Il loro punto di partenza è molto semplice: il sughero non è un materiale né inerte né neutro e, nonostante i grandi miglioramenti degli ultimi anni, non garantisce il perfetto mantenimento delle qualità organolettiche del vino cercate in vigna e valorizzate in cantina, la corretta evoluzione nel tempo e l’omogeneità qualitativa in tutte le bottiglie. A differenza di quanto accade invece con il tappo a vite, che a una sessantina d’anni dalla sua nascita è diventato complice e fidato alleato del vignaiolo che ama far invecchiare i suoi vini.
Un dato difficile da contestare, come dimostrano diverse ricerche internazionali che a Villa Sorio di Gambellara, nel Vicentino, dove “Gli Svitati” si sono presentati alla stampa, sono state illustrate con grande perizia da Fulvio Mattivi, già ordinario di Chimica degli alimenti all’Università di Trento e collaboratore della Fondazione Edmund Mach. “A distanza di anni, il vino sia bianco che rosso in tutte le bottiglie con il tappo a vite – ha chiosato Mattivi – aveva un colore ancora brillante e presentava delle caratteristiche organolettiche ideali, uguali a quello delle migliori bottiglie chiuse con il sughero”. Ribaltando il concetto, si può dire che in assenza di difetti il tappo tradizinale dà lo stesso ottimo risultato del tappo a vite, che ha il vantaggio di avere “una permeabilità all’ossigeno molto più bassa ma costante e regolabile a seconda del rivestimento utilizzato al suo interno”. “Ma soprattutto garantisce di non trasmettere al vino né odori, né sapori – ha evidenziato Jermann che con il tappo a vite chiude anche il suo famosissimo “Vintage Tunina” – né tantomeno rischia di ingessarlo grazie ad un’evoluzione lenta ma costante”.
Da anni nessuno dei vignaioli di cui sopra ha più problemi a vendere i suoi vini, ma va detto che si tratta di produttori affermati e autorevoli, e che la stragrande maggioranza delle loro bottiglie prende la via dell’estero. Perché è inutile negare che, soprattutto in Italia, il pregiudizio e lo stigma verso la sofisticata e tecnologica capsula di alluminio è dura a morire. Il sughero naturale (molto meno il suo clone sintetico) è ancora associato al vino di qualità “da enoteca”, mentre il suo “moderno” rivale al vino di fascia economica in vendita al discount. Poi c’è il rituale dell’apertura, condito dall’immaginario del sommelier che, dopo aver sfilato il “verme”, porta il tappo al naso per decifrare eventuali disastri avvenuti in bottiglia: cerimoniali tradizionali ed evocativi spazzati via da una chiusura oggettivamente più prosaica ma “molto più efficace e sicura”.
Dire quindi che in Italia si va verso una generazione senza cavatappi è al momento azzardato, ma i segnali vanno lentamente in questa direzione se si pensa che nel 2020 in Italia il 20% delle bottiglie di vino (304 milioni) sono state chiuse così e che nell’altrettanta tradizionalista Europa Occidentale la quota è arrivata al 34%. Ancora più evidente se si guarda al dato mondiale, dove (sempre secondo Stelvin e Guala Closures, i maggiori player sul mercato) oggi quasi quattro bottiglie su dieci sono imbottigliate con i tappi a vite (+9% sul 2015). Si parla di trenta miliardi di chiusure per il vino fermo e frizzante vendute principalmente in Australia e Nuova Zelanda (dove sono il 77% del mercato locale), nell’Asia Pacifico (il 54%) e nel Nord America (il 42%). E poi c’è il tema della sostenibilità (l’alluminio è completamente riciclabile) che potrebbe aiutare a convincere le nuove generazioni di consumatori consapevoli.
Insomma segnali incoraggianti per gli “Svitati” che da anni, ognuno nella sua cantina, cercano di ribaltare la narrazione che vuole il tappo a vite esclusivo appannaggio dei vini bianchi di pronta e facile beva. Lo fanno imbottigliando anche i rossi importanti e i loro cru più noti, le loro strepitose punte di diamante che sul mercato si collocano nelle fasce di prezzo “premium” e “super premium”. Ci mettono insomma il loro vino, e cioè la loro faccia, ma soprattutto sottolineano il patto stipulato con i loro clienti che devono poter bere sempre il vino che hanno comprato, senza trovare bottiglie diverse e che rischiano di sapere di tappo o sono state rovinate da muffe, batteri, ossidazioni e via dicendo. “Il vino è una cosa seria, è la visione del vignaiolo che lo produce – ha sintetizzato Massa da Monleale, padre del Timorasso – e se non è buono deve essere per colpa mia e non per il tappo”.
Massa, Jermann, Prà, Pojer e Haas al momento non pensano di costituirsi in associazione (il che non esclude avere una sede), puntando piuttosto ad un movimento: vignaioli agitatori e aggregatori di altri produttori che guardano lontano. Svitati appunto ma, una volta di più, concreti come solo l’avanguardia sa essere.

Btp Italia: raccolta retail boom a quota 8,56 miliardi

Btp Italia: raccolta retail boom a quota 8,56 miliardiMilano, 8 mar. (askanews) – Raccolta boom per la diciannovesima emissione del Btp Italia che, al termine della terza e ultima giornata riservata agli investitori retail, raggiunge quota 8,56 miliardi di euro. Lo si apprende da fonti finanziarie. Nella giornata odierna sono giunte richieste per circa 1,99 miliardi, che si aggiungono ai circa 6,55 miliardi di domande arrivate nei due giorni precedenti.
Le adesioni sono ampiamente superiori ai 7,28 miliardi segnati nella fase retail in occasione della precedente emissione di novembre scorso (la domanda complessiva sfiorò poi i 12 miliardi). Domani mattina il collocamento sarà riservato agli investitori istituzionali.
Il titolo, con godimento 14 marzo 2023 e scadenza 14 marzo 2028, è un Btp indicizzato al tasso di inflazione italiana, con cedole corrisposte ogni sei mesi insieme alla rivalutazione del capitale per effetto dell’inflazione dello stesso semestre. Per gli investitori retail che hanno sottoscritto il titolo in questa fase, e lo deterranno fino a scadenza, è previsto un premio fedeltà pari allo 0,8% del capitale investito. La cedola annua minima è fissata al 2%, la cedola definitiva sarà stabilita all’apertura della quarta giornata di emissione, giovedì 9 marzo.
Intesa Sanpaolo e UniCredit sono i dealer dell’operazione, Banca Akros e Crédit Agricole Corp.Inv. Bank co-dealer.

Migranti, Emiliano: tragedia Cutro assolutamente evitabile

Migranti, Emiliano: tragedia Cutro assolutamente evitabileRoma, 8 mar. (askanews) – “Stiamo vivendo questa tragedia avvenuta a Cutro, una tragedia assolutamente evitabile e vorrei dedicare questa giornata a tutte le donne che erano su quella barca, ai loro bambini, a tutte le donne che in questo momento combattono per i loro diritti in ogni parte del mondo e sono costrette da una cultura patriarcale a sopportare l’insopportabile e mi chiedo quanto ancora il mondo civile avrà pazienza nei confronti di tutti quelli che costringono le donne in ruoli inaccettabili, a partire anche dalla nostra società che deve fare un grande salto di qualità”. Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, a margine della presentazione del programma generale del Bifest 2023, Bari International Film-Tv Festival, che si terrà dal 24 marzo al 1° aprile.
“Quindi questa giornata del Bifest non si guarda l’ombelico, ma guarda un orizzonte larghissimo che cerca di dare alla Puglia quel respiro, quella civiltà e quella dolcezza che alle volte è più importante di qualunque altra cosa”, ha aggiunto.

Felicetti, la pasta che ha vinto la sfida (e un posto) nell’alta cucina

Felicetti, la pasta che ha vinto la sfida (e un posto) nell’alta cucinaMolina di Femme, 8 mar. (askanews) – C’è stato un tempo, non molti anni fa, in cui la pasta secca non aveva posto nei menù dell’alta ristorazione italiana. Un po’ perché associata all’idea di una cucina semplice, casalinga, buona tutt’al più per le trattorie, un po’ perché “rischiosa” secondo l’esperienza degli stessi chef. Fatto sta che, salvo rare eccezioni, era quasi scomparsa. Ma da qualche anno a questa parte è tornata orgogliosamente a proporsi anche su queste tavole. E questo grazie al sodalizio coraggioso tra qualche cuoco e alcune aziende che hanno scommesso, studiato e insistito perché questo prodotto simbolo della nostra cultura alimentare tornasse a rappresentarci anche nelle cucine più blasonate.
Tra queste aziende pioniere c’è sicuramente il pastificio Felicetti, l’azienda trentina che con i suoi due stabilimenti, lo storico a Predazzo e il nuovo a Molina di Fiemme, produce ogni anno 30 milioni di chili di pasta, di cui il 55% finisce all’estero, per un fatturato complessivo al 2022 di 54 milioni di euro. L’ultimo impegno, in ordine di tempo, a favore della diffusione della pasta secca nell’alta ristorazione è stato quello con gli chef dell’associazione Ambasciatori del gusto che in occasione di Futura 2023, l’evento organizzato a Cavalese, hanno potuto visitare il nuovo pastificio e partecipare alla masterclass “”La pasta come ingrediente” curata da Alessandro Gilmozzi, chef ambassador di Pastificio Felicetti e presidente dell’associazione. Al centro di questo appuntamento proprio le nuove prospettive di utilizzo della pasta nelle cucine dell’alta ristorazione, un tema chiave per valorizzare al meglio il prodotto in sé e il territorio in cui nasce, come nel caso dei pastifici Felicetti immersi nella Val di Fiemme.
Ma come è stata possibile questa progressiva riscoperta della pasta secca nell’alta ristorazione? Di sicuro dietro ci sono l’innovazione e la ricerca su un prodotto estremamente semplice, fatto di due soli ingredienti, semola di grano duro e acqua. Qui in particolare, in questi due pastifici incorniciati dalle Dolomiti, ricerca e innovazione hanno assunto forme e sapori fino a quel momento inesplorati che consentono agli chef di sperimentare cotture e proposte innovative. Basti pensare che pastificio Felicetti gestisce oltre 40 tipi di materie prime differenti, sia per la varietà dei grani utilizzati (tutti di origine italiana a eccezione del Kamut da grano Khorasan che proviene dal nord America) sia per tipologie di macinazione differenti. La scelta stessa di produrre paste “monograno”, ottenute da semole biologiche monorigine coltivate su terreni ben precisi, nasce proprio dalla volontà di diversificare le tipologie di prodotto finale sia per utilizzo che per gusto. Ne risultano circa un centinaio di formati di pasta per 250 referenze.
L’innovazione e la ricerca però non hanno sacrificato l’artigianalità, anzi. Grazie a un impianto ad “alta intensità tecnologica” come quello di Molina di Fiemme, inaugurato meno di un anno fa, si sono capovolti gli schemi “adattando le macchine alle materie prime che utilizziamo” e lasciando il pastaio al centro del processo produttivo. “Abbiamo la più alta tecnologia disponibile per la pasta ma il pastaio resta fondamentale perché per noi l’artigianalità è sapere e conoscenza”, hanno spiegato durante la visita. E in effetti la manodopera è ridotta al minimo, ci lavorano solo 30 persone in questo pastificio (in tutto con quello di Predazzo i dipendenti sono 117) ma la maggior parte sono operatori specializzati che seguono e gestiscono il processo produttivo di 70mila chili di pasta al giorno, che raddoppiano di fatto la produzione dell’impianto di Predazzo.
L’idea di innovare un prodotto ad alto tasso di tradizionalità come la pasta sembrava di difficile immaginazione fino a non molti anni fa, ma osservando le linee di produzione di questo stabilimento, la maniacale cura con cui viene prodotta la pasta delle Dolomiti, ascoltando la meticolosità del processo di selezione delle materie prime, non solo si possono intravedere le potenzialità di questo prodotto ma si capisce come sia riuscito a prendersi la rivincita nell’alta ristorazione.