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Clima: ghiacciai austriaci a rischio, nel 2022 record di fusione

Clima: ghiacciai austriaci a rischio, nel 2022 record di fusioneRoma, 6 set. (askanews) – Come i ghiacciai alpini italiani, anche i ghiacciai austriaci negli ultimi due decenni sono in piena emorragia, tanto che gli esperti ipotizzano che entro il XXI secolo potrebbero ridursi significativamente o scomparire del tutto. Secondo i dati del Club Alpino Austriaco i ghiacciai delle Alpi austriache hanno raggiunto nel 2022 il record di fusione, perdendo in media circa 29 metri di lunghezza, 2,6 volte l’arretramento registrato nel 2021.

A diffondere i dati è Legambiente che per la quinta tappa della Carovana dei ghiacciai – campagna promossa dall’associazione con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) – ha assunto una dimensione internazionale con la collaborazione con CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) e dal 4 al 10 settembre è in Austria focalizzandosi sui ghiacciai del gruppo del Silvretta e in particolare sul Ghiacciaio Ochsentaler nel Vorarlberg che, dal 1850 ad oggi, è arretrato di circa 2400 metri (World Glaciers Monitory Service) e ha registrato dei ritiri particolarmente drammatici negli anni del 2018/2019 (-86,7 Metri) e 2021/2022 (-42,8 Metri) secondo i dati del Club Alpino Austriaco. In generale, dal 1850 ad oggi, la superficie complessiva di tutti i 49 ghiacciai del gruppo del Silvretta si è ridotta del 68% passando da 40,94 km² al 13,13 km² (dati elaborati da Andrea Fischer, Bernd Seiser, Martin Stocker-Waldhuber, Institute for Interdisciplinary Mountain Research, Austrian Academy of Sciences, Innsbruck, Austria). Di questo gruppo i tre ghiacciai più grandi per estensione – Ochsentaler, Vermunt e Jamtalferner – tra il 2015 e il 2020 hanno registrato una perdita media di spessore tra i 6 e i 7 metri (fonte World Glaciers Monitory Service) e una regressione superiore ai 2 km dal 1850 ad oggi.

“La crisi climatica non conosce confini, specie se si parla dei ghiacciai alpini, loro sentinella principale – dichiara Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente CIPRA Italia – . Per la quarta edizione della ‘Carovana dei ghiacciai’ ci siamo per la prima volta spinti oltreconfine, in Austria e poi in Svizzera. Una decisione ambiziosa, per verificare lo stato di salute anche dei ghiacciai svizzeri e austriaci che, come per il versante italiano, sono in forte sofferenza e sempre più sotto scacco della crisi climatica. Da qui lanciamo la necessità di una governance europea condivisa per tutelare e proteggere i nostri ghiacciai, mettendo in campo politiche climatiche più ambiziose, interventi di mitigazione e adattamento e replicando quelle buone pratiche già in atto in alcuni territori. Una partita per il futuro del Pianeta che, se giocata insieme, crediamo di poter vincere”. La protezione del clima e dei ghiacciai ha riunito il team della Carovana dei Ghiacciai composto da ricercatori, esperti e volontari con il gruppo di giovani attivisti del progetto “Alpine Climate Camps” di CIPRA International che coniuga gli sport di montagna con la mitigazione della crisi climatica. I giovani hanno percorso un tour in bicicletta dal Lago di Costanza al ghiacciaio dell’Ochsental, per trarre energia dalla straordinaria natura delle Alpi, praticare sport di montagna sostenibili e verificare in loco gli effetti del cambiamento climatico.

“Copertura detritica, perdita delle lingue vallive e innalzamento delle fronti – commenta Federico Cazorzi, Comitato Glaciologico Italiano -. Queste le caratteristiche che hanno accumunato i ghiacciai oggetto dei monitoraggi di ‘Carovana dei Ghiacciai’ in Italia con quelli condotti in Austria, con il prezioso contributo della professoressa Andrea Fischer. Il Ghiacciaio dell’Ochsentaler, in particolare, per via dell’importante arretramento frontale sta perdendo la sua caratteristica di ghiacciaio vallivo”. La tappa ha incluso anche un incontro pubblico con gli amministratori locali per promuovere la “Carta di Budoia per l’adattamento locale ai cambiamenti climatici”, dichiarazione volontaria dei comuni alpini promossa dalla Delegazione italiana in Convenzione delle Alpi e dal Network di comuni Alleanza nelle Alpi in Italia che ha l’obiettivo di fare delle Alpi un territorio esemplare nel settore della prevenzione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Un’occasione per chiedere di raccontare lo straordinario lavoro che gli amministratori e le amministratrici del Vorarlberg hanno fatto soprattutto nel campo dell’efficienza energetica, regione pioniera su questo tema, per trasferire in Italia queste esperienze virtuose.

La campagna, che si pone l’obiettivo di monitorare il drammatico ritiro dei ghiacciai a causa dei cambiamenti climatici, ha già fatto tappa sul Ghiacciaio del Rutor (Valle D’Aosta), Belvedere (Piemonte), Dosdè (Lombardia) e Mandrone (Trentino-Alto-Adige) e concluderà il suo viaggio il 10 settembre in Svizzera, a Grigioni, sul Ghiacciaio del Morteratsch.

Clima, Green Building Council Italia: imbarazzante il negazionismo

Clima, Green Building Council Italia: imbarazzante il negazionismoMilano, 2 ago. (askanews) – Il negazionismo climatico oscilla in Europa tra l’1 e il 2% (dati European Social Survey), ma si arriva all’8% includendo la quota di coloro che pensano che il cambiamento climatico non sia frutto del comportamento umano. In Italia, il negazionismo climatico si attesta invece su una percentuale del 16% (Rapporto ItalCommunications-Censis). “Imbarazzante, dal mio punto di vista, anche se fosse una percentuale ad una sola cifra, specie alla luce delle ultime inconfutabili, quanto violente, manifestazioni dello squilibrio climatico che hanno travolto il Paese”, commenta Fabrizio Capaccioli, amministratore delegato di Asacert e presidente del Green Building Council Italia.

“L’Italia sta facendo la sua parte – la riflessione di Capaccioli – ciò nonostante, la comunità internazionale, senza distinguo, dovrebbe apportare il proprio contributo, ben più significativo degli sforzi e dei risultati – in termini planetari – che il nostro Paese può produrre”. Un’azione globale che deve partire anche una considerazione: “Il fenomeno che nega il cambiamento climatico e la sua origine antropogenica continua a trovare adepti e spazi, alimentati dalla ricerca di un consenso che cavalca l’onda del: ‘la crisi climatica è una bufala per mettere le mani nelle tasche della povera gente’ – prosegue Capaccioli – Il tema ‘clima’ deve, dunque, essere affrontato a partire dalle disuguaglianze, perché la povertà esiste esattamente come il cambiamento climatico, ma se non si affronta la prima, il secondo non avrà soluzione. I cambiamenti, quelli che producono davvero effetti significativi, cominciano dal basso, ne sono convinto. Non si può più pensare di ‘vincere facile’ – come recitava un fortunato claim di una pubblicità di qualche anno fa – coinvolgendo solo quei pochi che possono permettersi un approccio di vita votato al benessere sostenibile”. “Dobbiamo concentrarci sul concetto di giusta transizione che risiede anche nella nostra capacità e responsabilità, così come dei decisori pubblici – a tutti i livelli – di mettere le persone socialmente più vulnerabili in condizione di affrontare un cambio di stile di vita repentinamente, perché questo è quanto è necessario fare – afferma l’imprenditore e presidente del Green Building Council Italia – Gli strumenti, a partire dall’edilizia sostenibile ci sono, occorre metterli a disposizione di tutti i cittadini, cominciando proprio dalle fasce meno abbienti”.

“La sfida dei prossimi anni – conclude Capaccioli – è, perciò, recuperare dalla rete negazionista, che pesca di frodo nel mare della disinformazione e della paura, prede spaventate sì dal problema del cambiamento climatico, ma soprattutto dal timore che le soluzioni, i costi, gli sconvolgimenti sociali, possano essere peggiori dei benefici di una giusta ed assistita transizione green”.

Clima, da Enea le mappe delle aree costiere a rischio inondazione

Clima, da Enea le mappe delle aree costiere a rischio inondazioneRoma, 31 lug. (askanews) – Enea ha sviluppato un nuovo servizio in grado di mappare le aree costiere a rischio inondazione per il cambiamento climatico che abbina modelli ad alta risoluzione, tecnologie satellitari e rilievi sul campo. Il nuovo servizio climatico è stato messo a punto da un team di ricercatori composto da climatologi, esperti GIS, oceanografi e geologi ed è stato presentato al XXI Congresso International Union for Quaternary Research (INQUA), una delle più importanti conferenze internazionali sulle scienze del Quaternario che si è svolta di recente a Roma. Ad oggi, sono state completate le mappe di Follonica-Piombino e Marina Di Campo in Toscana, Fertilia-Alghero in Sardegna e Parco Nazionale del Circeo (Latina-Sabaudia) nel Lazio, mentre sono in via di definizione quelle dei litorali della Spezia, Roma, Napoli, Brindisi, Taranto e Cagliari.

Il nuovo servizio di mappatura – si legge nella notizia pubblicata sull’ultimo numero in italiano del settimanale ENEAinform@ – intende fornire a decisori pubblici e pubbliche amministrazioni centrali e locali le tendenze evolutive del territorio, in modo da pianificare le strategie di adattamento al cambiamento climatico. “I risultati dei nostri studi hanno dimostrato che entro la fine del secolo, i beni maggiormente esposti al rischio di inondazione sono le zone umide, le aree di retrospiaggia e retroduna e alcune infrastrutture marittime”, sottolinea Sergio Cappucci del Laboratorio Enea di Tecnologie per la dinamica delle strutture e la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico. “Per ciò che riguarda le zone umide e le aree di retrospiaggia – aggiunge – il rischio di inondazione rispetto all’attuale livello medio del mare è dovuto alla bassa quota e alla subsidenza, mentre per le infrastrutture costiere come porti, opere di difesa, moli, casse di colmata, la causa sembra riconducibile al naturale affondamento sul fondo marino”.

Nello specifico, l’approccio innovativo si compone di tre fasi: nella prima, grazie all’utilizzo dei modelli digitali del terreno di alcune delle piattaforme nazionali ed europee (come il Portale Cartografico Nazionale per i modelli digitali e il programma Copernicus per i movimenti verticali della superficie terrestre), vengono individuate le aree costiere che nei prossimi decenni saranno più vulnerabili alle variazioni del livello del mare. La seconda fase riguarda la valutazione approfondita delle categorie di beni più esposte alle inondazioni. “Grazie alla disponibilità di Modelli Digitali Terrestri (DTM) del periodo 2008-2012 con dati ad altissima risoluzione per quasi tutto il territorio nazionale (da 5x5m fino a 1x1m), siamo in grado di effettuare analisi preliminari su vaste porzioni di territorio, in tempi relativamente brevi”, spiegano Gaia Righini e Lorenzo Moretti della Divisione Enea di Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali.

“Nelle proiezioni di aumento del livello del mare dell’IPCC mancano i dettagli regionali che sono fondamentali per lo studio di un’area così ‘speciale’ come quella del Mediterraneo”, evidenzia Roberto Iacono, del Laboratorio Enea di Modellistica climatica. “In questo contesto la messa a punto del nuovo approccio consente di valorizzare gli sforzi che la comunità scientifica ed europea stanno facendo per condividere piattaforme di dati e informazioni ambientali e per realizzare un servizio climatico open access ad alta risoluzione, con scenari sempre più affidabili e realistici, al fine di valutare gli impatti futuri del cambiamento climatico e pianificare opportune strategie di prevenzione e adattamento”. La terza fase consiste nei rilievi sul campo. Misure, campionamenti, datazioni e rilievi geologici consentono, infatti, di migliorare la qualità dei dati e dei modelli digitali della superficie terrestre, ma anche di individuare le diverse componenti che contribuiscono agli scenari indicati nelle mappe di inondazione e che i satelliti non sono ancora in grado di rilevare singolarmente, vale a dire tettonica, subsidenza, carico e compattazione dei sedimenti litosferici, aggiustamento glaciale e variazioni delle falde acquifere conseguenti allo sfruttamento delle risorse idriche.

“Come ricorda il titolo ‘Time for change’ del Congresso INQUA 2023, è tempo di cambiare e, grazie a questo nuovo approccio, Enea può fornire in tempi rapidi un contributo a un inevitabile cambio di passo rispetto alle metodologie utilizzate fino ad oggi. Ad esempio, attraverso valutazioni e calibrazioni in tutto il territorio nazionale che consentirebbero di arrivare a una più puntuale definizione di quelle aree in cui la probabilità di inondazione deve essere considerata in dettaglio al fine di evitare rischi per le popolazioni e gli insediamenti produttivi”, conclude Sergio Cappucci.

Amato: sulla crisi del clima serve una voce politica concorde

Amato: sulla crisi del clima serve una voce politica concordeMilano, 31 lug. (askanews) – “Davanti al terrorismo del clima serve una voce politica concorde, così come solo nella concordia riuscimmo a sconfiggere il terrorismo politico cinquant’anni fa”. Lo ha detto a La Repubblica Giuliano Amato, presidente emerito della Corte costituzionale ed ex presidente del Consiglio, che vede nella crisi climatica la sfida più importante e ritiene che il vero tema del futuro sia “come fare in modo che la politica si adoperi a convincere le persone che è meglio rinunciare a qualche produzione agricola piuttosto che perdere completamente la terra”. Amato è anche convinto che in Italia “non c’è più tempo per una transizione ecologica graduale”.

“Più del negazionismo – ha aggiunto Amato – mi preoccupa la rimozione dovuta a opportunismo politico. La transizione ecologica comporta un cambiamento radicale nelle abitudini, nelle case che abitiamo, nelle automobili con cui ci muoviamo, nelle pratiche agricole, nei metodi di allevamento e pesca. Questo suscita la protesta immediata di chi vede lesi i propri interessi. E la destra tende a farsene istintivamente paladina. Basta seguire con attenzione i telegiornali d’area, con le costanti proteste contro le misure europee della Coldiretti e dei pescatori a strascico. Ma per evitare di perdere del tutto la tua terra, non ti conviene cambiare qualcosa di quello che oggi ci fai? O la politica è in grado non di echeggiare, ma di convincere chi resiste, oppure ci avviamo verso un autentico disastro”.

Studio, ondate di calore impossibili senza cambiamento climatico

Studio, ondate di calore impossibili senza cambiamento climaticoRoma, 25 lug. (askanews) – Le ondate di calore di luglio in Europa e Nord America sarebbero state pressoché impossibili senza il cambiamento climatico. É quanto sostiene uno studio della collaborazione accademica World Weather Attribution (Wwa) – che studia l’attribuzione degli eventi estremi, calcola cioè la probabilità che il verificarsi, l’intensità e la durata dell’evento siano dovuti al cambiamento climatico – citato dal Wwf.

Tali eventi non sono più insoliti a causa del riscaldamento globale provocato dall’uso di combustibili fossili, dalla deforestazione e da altre attività umane. Lo studio – riporta il Wwf – ha anche evidenziato che il cambiamento climatico ha reso l’ondata di calore in Cina almeno 50 volte più probabile. Secondo gli scienziali, le emissioni di gas serra hanno anche fatto sì che le ondate di calore fossero più calde di quanto sarebbero state altrimenti: l’ondata di calore europea è stata più calda di 2,5°C, quella nordamericana di 2°C e quella cinese di 1°C a causa del cambiamento climatico. Sebbene i ricercatori rilevino che lo sviluppo di El Niño, un fenomeno climatico naturale, abbia probabilmente contribuito con calore aggiuntivo alle ondate di calore in alcune regioni, l’aumento delle temperature globali dovuto alla combustione di combustibili fossili è la ragione principale per cui le ondate di calore sono così gravi.

Secondo il Wwf l’analisi dovrebbe porre fine al triste e inutile dibattito (non scientifico) fomentato da coloro, soprattutto lobbisti, che in questi giorni hanno posto in dubbio la stessa gravità degli eventi in corso. Si conferma invece che è interesse precipuo del nostro Paese che l’azione climatica sia accelerata. É infatti noto da anni – evieenzia l’associazione – che il Mediterraneo costituisce un hot spot climatico, esposto a eventi climatici sempre più estremi e ripetuti in presenza di un aumento globale delle temperature medie: gli scienziati prevedono che in futuro ondate di calore come quelle di quest’anno diventeranno ancora più frequenti e potrebbero verificarsi ogni 2-5 anni. Per il Wwf il Governo e il Parlamento devono assumere la crisi climatica come una priorità e dedicarsi ad accelerare l’abbattimento delle emissioni climalteranti e a perseguire il contenimento del riscaldamento globale entro 1,5°C. “I prossimi banchi di prova saranno il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia Clima) e il varo del Piano di Adattamento – ha sottolineato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia – Nel caso del PNIEC, bisogna mostrare molto più coraggio e cambiare strada davvero, andando verso l’uscita rapida da tutti i combustibili fossili e il 100% energia rinnovabile, abbiamo dimostrato che nel settore elettrico è possibile farlo entro dieci anni. Per il Piano di Adattamento, servono scelte precise e risorse: dobbiamo preparare il sistema a gestire le conseguenze su persone ed ecosistemi in ogni ambito. Le città devono avere una pianificazione volta a prevenire il caldo e le isole di calore, per esempio: è proprio un cambiamento di mentalità e di approccio.

Il Wwf, insieme a Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club e Transport&Environment, chiede anche l’approvazione di una Legge sul Clima che renda strutturale e sistemica la lotta alla crisi climatica, ne assicuri la governance, fissi l’obiettivo della neutralità climatica prima della metà del secolo e gli obiettivi intermedi, stabilisca un budget di carbonio anche per i singoli settori produttivi e istituisca un Consiglio Scientifico per il Clima.

Clima, 712 eventi meteo estremi su aree costiere dal 2010 a oggi

Clima, 712 eventi meteo estremi su aree costiere dal 2010 a oggiRoma, 25 lug. (askanews) – Dal 2010 al giugno 2023, secondo l’Osservatorio Città Clima di Legambiente, sono 712 gli eventi meteo estremi, su 1.732 eventi totali, avvenuti in 240 dei 643 comuni costieri (pari al 37,3%). Le vittime sono state 186 su un totale di 331 in tutta Italia.

Sono alcuni dei dati contenuti nel report di Legambiente “Spiagge 2023. La situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane” diffuso oggi nel giorno del tavolo tecnico interministeriale sulle concessioni demaniali convocato dal Governo Meloni, in cui l’associazione indica all’esecutivo anche un pacchetto di sette interventi da mettere in campo. Spiagge e aree costiere – evidenzia l’associazione – sono tra le zone più fragili e in sofferenza della Penisola. A pesare in primis gli impatti della crisi climatica, il riscaldamento delle acque del mare, e soprattutto gli eventi meteo estremi che colpiscono sempre di più i comuni costieri. Crisi climatica, erosione, consumo di suolo, concessioni balneari, aree a rischio inondazione, inaccessibilità alle spiagge per motivi di illegalità e di mare inquinato sono i sei indicatori al centro del report per misurare gli impatti sui lidi.

Nel dettaglio, si sono verificati 254 allagamenti da piogge intense, 199 danni da trombe d’aria e raffiche di vento, 84 danni alle infrastrutture da piogge intense, 64 danni da mareggiate, 46 esondazioni fluviali, 21 frane da piogge intense, 19 danni da grandinate, 10 danni da siccità prolungata, 9 danni al patrimonio storico da piogge intense e 6 casi di temperature record. Dal 2010 le regioni più colpite sono state la Sicilia, con ben 154 eventi estremi, la Puglia con 96, la Calabria (77) e la Campania (73). Tra i comuni più colpiti: Bari, con 43 casi, Agrigento con 32, Genova con 27, Palermo e Napoli entrambe con 23 casi e Ancona con 22.

Maltempo, Legambiente: grandinate e nubifragi? E’ la crisi climatica

Maltempo, Legambiente: grandinate e nubifragi? E’ la crisi climaticaMilano, 22 lug. (askanews) – Ciò che sta accadendo in Italia, colpita da caldo torrido, ondate di calore, grandinate e bombe d’acqua, ha un altro nome e si chiama crisi climatica. È quanto torna a denunciare Legambiente che oggi diffonde un nuovo focus realizzato dal suo Osservatorio Città Clima con dati inediti sui danni da grandinate. Nei primi sei mesi del 2023, da inizio anno a giugno, nella Penisola sono stati 19 i danni dovuti da grandinate. Con questo ritmo si rischia a fine anno di superare i “bollettini” degli anni precedenti: 29 danni da grandinate nel 2022, 14 nel 2021, 9 nel 2020. Preoccupante anche il bilancio che va dal 2010 ad oggi (giugno 2023) e che conta ben 106 danni dovuti da grandinate. In questi anni le regioni più colpite sono state quelle del Nord e dell’area padana: Veneto (con 16 casi), Emilia-Romagna (13), Piemonte (12).

“Le immagini delle grandinate e del violento nubifragio che hanno colpito diverse regioni del Nord Italia causando danni e feriti – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – unite a quelle del caldo record che sta attraverso a più riprese la Penisola ci ricordano che non c’è più tempo da perdere. Non si tratta solo di maltempo ma sono gli effetti della crisi climatica a cui bisogna rispondere con interventi e politiche climatiche più lungimiranti, come ha ricordato anche la stessa Ipcc. Il Governo Meloni esca dal suo silenzio e ci dica quanto intende approvare il Piano di adattamento al clima, al momento fermo dopo la fase di Vas, Valutazione ambientale strategica, e quanto intende definire i punti chiave necessari per elaborare i Piani urbani di adattamento al clima e vincolare le risorse finanziare necessarie”. Legambiente ricorda che una recente ricerca di Cnr-Isac, pubblicata su Remote Sensing, ha accertato che per tutti gli eventi di grandine registrati nel Mediterraneo la tendenza è in crescita di circa il 30% nell’ultimo decennio. I fenomeni sono stati raggruppati in due categorie di severità: grandinate intense (caratterizzate da chicchi con diametro variabile da 2 a 10 cm) e grandinate estreme (associate alla formazione di aggregati ghiacciati con diametro superiore a 10 cm). Lo studio sottolinea il legame tra questi fenomeni estremi e il riscaldamento globale, in particolare quello del bacino Mediterraneo, incluse le acque del suo mare.

Sempre in tema di crisi climatica, Legambiente martedì 25 luglio, in occasione del tavolo tecnico interministeriale sulle concessioni demaniali, diffonderà anche i nuovi dati del Report Spiagge 2023 con un focus interamente dedicato agli eventi climatici estremi nelle aree costiere.

Eurobarometro, clima problema molto serio per 83% degli italiani

Eurobarometro, clima problema molto serio per 83% degli italianiRoma, 21 lug. (askanews) – Il cambiamento climatico è un problema “molto serio” per l’83% degli italiani e per il 77% degli europei, percentuali che salgono rispettivamente al 96% e al 93% comprendendo anche quanti in Italia e in Europa lo ritengono un problema “piuttosto serio”. Guardando a una serie di problemi che il mondo si trova ad affrontare – come povertà e fame, conflitti armati, cambiamento climatico, situazione economica, deterioramento della natura, diffusione di malattie infettive, ecc. – a preoccupare di più gli italiani sono le guerre (53%) e la situazione economica (52%). Sono alcuni dei dati emersi da una nuova indagine Eurobarometro sul cambiamento climatico pubblicata il 20 luglio.

Più della metà degli europei (58%) crede che la transizione verso un’economia verde andrebbe accelerata, soprattutto alla luce delle impennate dei prezzi dell’energia e delle preoccupazioni per gli approvvigionamenti del gas originate dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Dal punto di vista economico, il 73% degli europei concorda sul fatto che i costi dei danni causati dai cambiamenti climatici siano molto superiori agli investimenti necessari per la transizione verde. Tre quarti degli intervistati in Europa (75%) pensano che la lotta ai cambiamenti climatici favorirà l’innovazione e la pensa così l’87% degli italiani. L’88% degli europei e il 92% degli italiani sono completamente o piuttosto d’accordo sulla necessità di ridurre al minimo le emissioni di gas a effetto serra e di compensare allo stesso tempo le emissioni residue per far sì che l’UE raggiunga la neutralità climatica entro il 2050. Quasi nove europei su dieci (87%) credono che sia importante che l’Ue fissi obiettivi ambiziosi per aumentare il ricorso alle energie rinnovabili e una percentuale analoga (85%) ritiene altrettanto cruciale che l’UE intervenga per migliorare l’efficienza energetica, ad esempio incoraggiando i cittadini a isolare le abitazioni, installare pannelli solari o acquistare automobili elettriche.

Sette intervistati su dieci (70%) credono che ridurre le importazioni di combustibili fossili possa aumentare la sicurezza energetica e avvantaggiare economicamente l’UE. Il 63% degli europei ha intrapreso azioni concrete per contribuire ad affrontare l’emergenza climatica, sotto la media gli italiani con il 52%. Tuttavia, quando è stato chiesto loro chi debba farsi carico della lotta ai cambiamenti climatici, i cittadini europei hanno evidenziato la necessità di altre riforme che accompagnino l’azione individuale, segnalando anche la responsabilità dei governi nazionali (56%), dell’UE (56%), delle imprese e dell’industria (53%). Per il 74% degli intervistati in Italia il governo non sta facendo abbastanza per affrontare il cambiamento climatico. I cittadini europei percepiscono inoltre i cambiamenti climatici come una minaccia anche nella vita quotidiana. In media, oltre un terzo degli europei si sente personalmente esposto ai rischi e alle minacce ambientali, una preoccupazione che in 7 Stati membri è condivisa da più della metà dei cittadini, soprattutto nei paesi dell’Europa meridionale, ma anche in Polonia e Ungheria.

L’84% degli europei (l’89% degli italiani) concorda sul fatto che gli interventi per combattere i cambiamenti climatici e risolvere le questioni ambientali dovrebbero essere una priorità anche per migliorare la salute pubblica, mentre il 63% degli europei ritiene che prepararsi agli effetti dei cambiamenti climatici possa avere conseguenze positive per i cittadini dell’UE, percentuale che scende al 56% tra gli italiani.

”Agricoltura, risorse idriche, emergenza clima”: convegno a Roma

”Agricoltura, risorse idriche, emergenza clima”: convegno a RomaRoma, 16 giu. (askanews) – L’85% degli italiani considera l’agricoltura multifunzionale un importante settore di sviluppo dell’economia italiana. Una rivoluzione che dalla legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo (D.Lgs n. 228 del 18 maggio 2001), firmata dall’allora Ministro delle Politiche Agricole Alfonso Pecoraro Scanio, ha permesso di liberare la vitalità delle aziende multifunzionali, quelle cioè che svolgono attività connesse all’agricoltura, nonché di allargare i confini dell’imprenditorialità, aprendo nuove opportunità occupazionali nel settore agroalimentare.

Tuttavia a livello mondiale, l’impiego di acque dolci in agricoltura ha ormai raggiunto il 72%. Una maggiore attenzione alla governance dell’acqua, ai relativi dati e all’informatica di supporto per l’agricoltura e la sicurezza alimentare è fondamentale per affrontare le sfide legate alla gestione dell’acqua in un clima che cambia. Fondazione UniVerde, Coldiretti, con il supporto di UNESCO WWAP – World Water Assessment Programme, in collaborazione con Noto Sondaggi, Fondazione Campagna Amica, ANBI – Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue e il magazine Innovazione.PA, promuovono il convegno “Agricoltura e risorse idriche: le sfide dell’emergenza climatica” che si svolgerà a Roma, giovedì 22 giugno, ore 9.00, presso la Sala delle Statue di Palazzo Rospigliosi, sede nazionale di Coldiretti, e in diretta streaming su Radio Radicale. Event Partners: G.M.T., Menowatt Ge, E.P.M., AVR federata Anima Confindustria, AlmavivA. Media Partners: Radio Radicale, Askanews, Italpress, La Notizia, TeleAmbiente, Opera2030, SOS Terra Onlus.

In occasione dell’evento sarà presentato il XIII Rapporto “Gli italiani e l’agricoltura”, con focus su I Mercati contadini, le vacanze green e l’importanza dell’enogastronomia a chilometri zero per salvare biodiversità, lavoro ed economia locale. L’indagine, che conferma l’agricoltura italiana come la più green d’Europa, è realizzata da Fondazione UniVerde e Noto Sondaggi, in collaborazione con Coldiretti e Campagna Amica. Un ulteriore spazio di dibattito sarà aperto intorno ai dati del Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2023 con focus su “Partenariati e cooperazione per l’acqua”, la cui traduzione ufficiale in italiano, curata dalla Fondazione UniVerde in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi delle Politiche Ambientali (IISPA), con il supporto di UNESCO WWAP – World Water Assessment Programme, e con il sostegno di Menowatt Ge, G.M.T., E.P.M. e AVR affiliata Anima, è stata presentata in prima mondiale il 22 marzo scorso a New York al seminario “Water and cultural heritage in Italy”, nell’ambito della 2° Conferenza Mondiale sull’Acqua delle Nazioni Unite.

IL PROGRAMMA – Dopo i saluti introduttivi di Vincenzo Gesmundo (Segretario Generale Coldiretti) e di Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente Fondazione UniVerde), seguirà la presentazione a cura di Antonio Noto (Direttore Noto Sondaggi) del XIII Rapporto “Gli italiani e l’agricoltura”. Sarà la volta del panel su “Agricoltura e cambiamento climatico” con gli interventi di: Gian Marco Centinaio (Vicepresidente del Senato della Repubblica), Francesco Lollobrigida (Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste), Maurizio Martina (Vicedirettore Generale della FAO), Stefano Vaccari (Direttore Generale CREA), Ilaria Fontana (Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, Camera dei Deputati). Coordina: Valerio Imperatori (Direttore Editoriale di InnovazionePA).

A seguire (ore 11.00) si svolgerà la presentazione, a cura di Michela Miletto (Direttore UNESCO WWAP, World Water Assessment Programme), della traduzione ufficiale in italiano del Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2023. Con il coordinamento di Gianni Todini (Direttore Askanews), si proseguirà con il panel “La corretta gestione delle risorse idriche” con gli interventi di: Maria Elisabetta Alberti Casellati (Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa), Laura D’Aprile (Capo Dipartimento per lo Sviluppo Sostenibile, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), Andrea Guerrini (Componente del Collegio ARERA e Presidente WAREG, European Water Regulators), Francesco Vincenzi (Presidente ANBI), Maurizio Montalto (Presidente IISPA). Farà seguito la “Presentazione delle best practice per la corretta gestione delle risorse idriche e partner della traduzione ufficiale del WWDR2023 – UNESCO WWAP”, con gli interventi di: Emanuele Giglio (Responsabile reparto R&D, G.M.T.), Adriano Maroni (Fondatore Menowatt GE), Carmine Esposito (Consigliere delegato di E.P.M.), Alessandro Durante (Segretario Generale AVR – Associazione italiana costruttori Valvole e Rubinetteria, ANIMA Confindustria), Massimiliano Evangelista (Sales Strategic Lead Ambiente e Territorio, AlmavivA). Le conclusioni saranno affidate a Ettore Prandini (Presidente Coldiretti) e ad Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente Fondazione UniVerde). Si terrà infine la presentazione dell’annullo filatelico di Poste Italiane celebrativo del 15° anniversario della Fondazione UniVerde.

Greenpeace: italiani preoccupati per il cambiamento climatico

Greenpeace: italiani preoccupati per il cambiamento climaticoMilano, 1 giu. (askanews) – Quale emergenza ambientale preoccupa di più gli italiani? Al primo posto inequivocabile la paura dei cambiamenti climatici (20,9%) e dei loro effetti più evidenti come siccità e inondazioni (17,4%), due voci che insieme riguardano quasi 4 italiani su 10, seguite dall’inquinamento dell’aria (10,8%) e dell’acqua (8,9%). È quanto si evince dall’indagine “Le emergenze ambientali e il rischio di estinzione secondo gli italiani”, effettuata da AstraRicerche per Greenpeace Italia tra il 19 e il 21 maggio 2023, su un campione di 800 italiani di età compresa tra i 15 e i 70 anni.

Dal 1971 Greenpeace difende l’ambiente da ogni genere di minaccia: inquinamento, cambiamenti climatici, sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Nelle tante battaglie ambientali che l’associazione porta avanti, la protezione del mare e degli oceani ha avuto e avrà sempre un’attenzione specifica, essendo il mare uno degli elementi più a rischio e da cui dipende la nostra vita sul Pianeta. Nella campagna “C’è di mezzo il mare” appena partita, l’0rganizzazione sottolinea come anche l’ecosistema e la biodiversità marini siano in pericolo e fa pressione sul Governo affinché venga ratificato dall’Italia il Trattato per la Protezione degli Oceani, siglato sotto l’egida delle Nazioni Unite, e venga Istituita una rete di aree marine protette nelle acque di sua giurisdizione. Dall’indagine di AstraRicerche per Greenpeace Italia emerge il quadro di una società “multi allarmata”, dove tutte le minacce all’ecosistema e alla salute del Pianeta e dell’uomo fanno paura. Secondo lo studio, gli italiani temono anche mancanza di accesso all’acqua potabile (8,5%), impatto delle sostanze chimiche su salute e ambiente (7%), aumento della quantità di rifiuti (6,7%), agricoltura non sostenibile e allevamenti intensivi (5,3%), deforestazione (4,3%), necessità di proteggere le specie e gli ecosistemi (4,1%), erosione del suolo (2,9%).

Sebbene siano i più giovani a lanciare in modo più clamoroso l’allarme per la salute del Pianeta, la ricerca mostra che ad essere più preoccupato per la crisi climatica in atto è chi appartiene alla generazione dei baby boomer, vive nell’Italia Centro-settentrionale e in città medio-grandi. La ricerca conferma comunque anche la consapevolezza e il coinvolgimento della Gen Z: per i ragazzi nati dal 1997 in poi, le prime quattro fonti di preoccupazione (cambiamenti climatici, siccità/inondazioni, inquinamento aria e acqua) sono sostanzialmente equiparabili, collocandosi tutte in un range tra il 15% e il 13%. In questo quadro si evidenzia anche come i più giovani, rispetto alle altre generazioni, esprimano una preoccupazione più marcata per l’inquinamento di aria (13,6%) e acqua (12,6%). La protezione del mare e degli oceani è una delle priorità di Greenpeace. Il riscaldamento globale sta causando un aumento delle temperature delle acque superficiali e profonde, con gravi conseguenze sul mantenimento della loro biodiversità, particolarmente evidenti in un bacino semi chiuso come il Mediterraneo, che negli ultimi 50 anni ha perso circa il 41% dei mammiferi marini che ne facevano parte. La scorsa estate sono state registrate anomalie termiche, positive di circa 2 gradi Centigradi, sia a Portofino che sul versante settentrionale dell’Isola d’Elba, con temperature superficiali che hanno raggiunto, e in alcuni casi superato, i 27 gradi. Sono i dati allarmanti che Greenpeace Italia ha raccolto nell’ambito del progetto Mare Caldo