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Spazio, al via accordo per rafforzare collaborazione Italia-Egitto

Spazio, al via accordo per rafforzare collaborazione Italia-EgittoMilano, 23 apr. (askanews) – Il rafforzamento della collaborazione nel settore spaziale tra Italia ed Egitto per favorire investimenti e partnership a lungo termine. E’ il principale obiettivo del un Memorandum of Understanding siglato oggi al Cairo tra l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), rappresentata dal presidente Teodoro Valente, e l’Agenzia Spaziale Egiziana (EgSa), rappresentata dal ceo Sherif Mohamed Sedky. La collaborazione tra l’Asi e l’EgSa, sancita nel quadro della visita di Stato in Egitto del ministro delle Industrie e del Made in Italy Adolfo Urso, faciliterà gli investimenti nel settore spaziale anche da parte delle industrie del settore, che insieme alle agenzie spaziali, potrebbero sviluppare progetti e iniziative di comune interesse a livello mediterraneo, in Africa e a livello internazionale.


“L’accordo firmato oggi – ha affermato il presidente dell’Asi Valente – rappresenta un ponte tra Europa e Africa, un corridoio tra Italia ed Egitto in ambito spaziale. L’Asi prosegue in questo modo il proprio impegno nel consolidare rapporti privilegiati con i Paesi africani che si affacciano al settore, nel quadro delle iniziative promosse dal Governo italiano per il Piano Mattei per l’Africa”. L’Egitto è uno dei paesi africani che stanno consolidando la propria politica spaziale: la nascita nel 2019 dell’EgSa testimonia l’interesse del suo governo per un ampliamento dell’interesse nel settore, che per diversi anni si è concentrato soprattutto in attività di scienza e telerilevamento. Il Memorandum of Understanding evidenzia l’intenzione di Italia ed Egitto di intensificare la cooperazione nelle scienze e nelle tecnologie spaziali e di promuovere la collaborazione tra le università, gli istituti di ricerca e le imprese dei due paesi.


Ulteriori aree di cooperazione potranno essere l’Osservazione della terra e il Remote Sensing, le applicazioni spaziali, progetti di capacity building e iniziative di formazione specialistica. Proprio l’Osservazione della Terra, con riferimento al monitoraggio delle variabili e degli effetti del cambiamento climatico sulla società e sull’economia nazionale, potrà costituire un ambito di potenziali collaborazioni e progetti comuni in grado di coinvolgere imprese italiane che possono vantare una expertise specifica.

La Sardegna nello spazio, depositato un brevetto internazionale

La Sardegna nello spazio, depositato un brevetto internazionaleRoma, 23 apr. (askanews) – L’Università degli Studi di Sassari, il Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna (CRS4), il Distretto AeroSpaziale della Sardegna (DASS), l’Università degli Studi di Cagliari e l’azienda Tolo Green hanno depositato la domanda di un brevetto internazionale innovativo che contribuirà, grazie alle potenzialità dell’alga spirulina, ad ampliare la portata delle ricerche nel campo dell’astrobiologia, fino a immaginare un futuro in cui l’uomo possa arrivare su Marte. È lo scenario che si prefigura nell’ambito del contributo che la Sardegna può fornire per l’esplorazione dello spazio: tre anni dopo il percorso brevettuale in Italia, arriva la decisione di sbarcare in campo internazionale, depositando la domanda in Europa, Stati Uniti, Russia, Cina, Giappone e India.


LA SPIRULINA PROSPERA IN ASSENZA DI GRAVITÀ E DI OSSIGENO – Grazie a un lungo e paziente lavoro di squadra che ha coinvolto ricercatori, ricercatrici e dottorandi degli atenei e degli enti di ricerca interessati, è stato possibile mettere a punto un terreno di coltura fertile per l’alga spirulina, il nuovo “oro verde”, che cresce in condizioni di vita extraterrestri. A gravità quasi pari a zero, raggiunta tramite un apposito strumento chiamato clinostato equipaggiato per simulare l’atmosfera marziana, l’alga prospera come dimostrano gli esperimenti condotti presso il laboratorio della professoressa Antonella Pantaleo del dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Sassari. Dal 2006 il CRS4 e l’Università di Cagliari, come pure altri soci del DASS, stanno sviluppando, sotto la guida del professor Giacomo Cao, importanti ricerche sulle microalghe che potranno consentire agli astronauti di sopravvivere sul pianeta rosso. L’alga spirulina, infatti, in ambiente extraterrestre può servire al duplice scopo di nutrire gli astronauti e generare ossigeno, utilizzando l’atmosfera marziana satura di CO2. IL BREVETTO – Oggetto del brevetto è un kit composto da un clinostato e da una camera con atmosfera di CO2, che può riprodurre le condizioni extraterrestri come quelle marziane. Scopo di questo strumento è quello di consentire la crescita di microalghe in assenza di gravità, nonché valutare il comportamento in tali condizioni di cellule umane, vegetali e animali anche in atmosfera marziana simulata. L’innovazione consentirebbe la limitazione del materiale da trasportare nel tragitto Terra-Marte utilizzando elementi disponibili in loco quali la CO2 atmosferica, il suolo marziano e l’urina degli astronauti per il sostentamento di missioni umane sul pianeta rosso. Infatti, utilizzando queste risorse sarebbe possibile coltivare su Marte alghe utili sia per la produzione di ossigeno sia per il sostentamento alimentare degli astronauti.


“Il deposito della domanda di brevetto a livello internazionale – sostiene Giacomo Cao, amministratore unico CRS4 e presidente DASS – dimostra ancora una volta il ruolo importante e significativo che la Sardegna può giocare nel settore aerospaziale attraverso un prezioso gioco di squadra che coinvolge le istituzioni scientifiche e le imprese. In particolare, la domanda di brevetto fa riferimento a una tecnologia che consente di simulare sulla Terra le condizioni ambientali che si possono trovare su diversi corpi celesti con particolare riferimento alla Luna e Marte, permettendo in tal modo lo sviluppo a costi sopportabili di nuovi processi che si innestano a pieno titolo sul tema dell’esplorazione dello spazio, molto rilevante dal punto di vista finanziario ed economico”. Per Gavino Mariotti, rettore dell’Università di Sassari, “il brevetto internazionale è il coronamento di una lunga attività di ricerca che ha avuto nel Dipartimento di Scienze Biomediche un teatro privilegiato. Siamo orgogliosi di poter contribuire con le nostre competenze scientifiche alla crescita del territorio. Mi sembra ancora doveroso, a otto anni dalla sua scomparsa, ricordare il professor Proto Pippia che si è adoperato per la ricerca in astrobiologia nel nostro ateneo”.


“È motivo di soddisfazione per il nostro Ateneo aver contribuito alla realizzazione di un progetto di portata internazionale”, commenta Francesco Mola, rettore dell’Università di Cagliari: “Fare parte di un team che vede protagoniste aziende leader del settore high tech e istituzioni pubbliche e private, conferma l’importanza delle competenze trasversali che di fatto possono rappresentare un volano per la crescita del nostro territorio”.

Individuato il luogo di sepoltura del filosofo greco Platone

Individuato il luogo di sepoltura del filosofo greco PlatoneMilano, 23 apr. (askanews) – Il filosofo greco Platone fu sepolto nel giardino a lui riservato (un’area privata destinata alla scuola platonica) dell’Academia ad Atene, vicino al cosiddetto Museion o sacello sacro alle Muse. Finora era solo noto che egli era sepolto genericamente nell’Academia. E’ una delle principali novità emerse dall’analisi del papiro ercolanese carbonizzato contenente la Storia dell’Accademia di Filodemo di Gadara (110-dopo il 40 a.C.) effettuata nell’ambito del progetto di ricerca “GreekSchools”: grazie allo “sguardo” tecnologico di innovative metodologie di studio, gli esperti hanno estrapolato oltre mille parole, corrispondenti al 30% del testo del papiro andato a fuoco a seguito dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C.


Il progetto, presentato alla Biblioteca “Vittorio Emanuele III” di Napoli, ha ricevuto un finanziamento ERC (Consiglio Europeo della Ricerca) pari a 2.498.356 euro, era iniziato nel 2021 ed è della durata di 5 anni e otto mesi. A coordinare la ricerca è Graziano Ranocchia, dell’Università di Pisa, in collaborazione con l’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (ISPC) e l’Istituto di Linguistica Computazionale “Antonio Zampolli” (ILC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e la Biblioteca Nazionale di Napoli dove il papiro è conservato insieme a molti altri. Sempre a proposito del filosofo Platone è emerso che egli fu venduto come schiavo sull’isola di Egina già forse nel 404 a.C., quando gli Spartani conquistarono l’isola o, in alternativa nel 399 a.C., subito dopo la morte di Socrate. Fino ad ora si era creduto che Platone fosse stato venduto come schiavo nel 387 a.C. durante il suo soggiorno in Sicilia alla corte di Dionisio I di Siracusa. In un altro passaggio, in un dialogo tra personaggi, Platone si esprime in modo sprezzante sulle capacità musicali e ritmiche di una musicista barbara originaria della Tracia.


Il progetto, oltre all’indagine sullo stato di conservazione di tali manufatti, ha l’obiettivo di pubblicare un’edizione aggiornata – grazie all’applicazione di tecniche di imaging e di metodi filologici – della Rassegna dei filosofi di Filodemo, la più antica storia della filosofia greca in nostro possesso. Di essa fa parte appunto la Storia dell’Accademia, che racchiude molte informazioni esclusive su Platone e sullo sviluppo dell’Accademia sotto i suoi successori. “Rispetto alle edizioni precedenti, ora c’è un testo quasi radicalmente cambiato, che implica una serie di fatti nuovi e concreti su vari filosofi accademici. Attraverso la nuova edizione e la sua contestualizzazione, gli studiosi sono arrivati a deduzioni inaspettate di portata interdisciplinare per la filosofia antica, la biografia e la letteratura greche e la storia del libro”, commenta Graziano Ranocchia. “Alcune integrazioni precedenti sono state sostituite, alcuni passaggi precedentemente frammentari sono stati integrati o riletti. L’aumento del testo corrisponde all’incirca alla scoperta di dieci nuovi frammenti di papiro di media grandezza. Le nuove letture attingono spesso a fatti nuovi e concreti sull’Accademia di Platone, sulla letteratura ellenistica, su Filodemo di Gadara e la storia antica in generale”, aggiunge Kilian Fleischer, editore di questo prezioso papiro nell’ambito del progetto GreekSchools.


“Il progetto GreekSchools ha anche lo scopo di sviluppare metodi di indagine dei manoscritti applicando le più avanzate tecniche di diagnostica per immagini oggi a disposizione (imaging ottico nell’infrarosso e nell’ultravioletto, imaging molecolare ed elementale, imaging termico, tomografie, microscopia ottica digitale, ecc.)”, precisa Costanza Miliani del CNR-ISPC.

Roberto Ragazzoni è il nuovo presidente dell’Inaf

Roberto Ragazzoni è il nuovo presidente dell’InafRoma, 5 apr. (askanews) – La nuova guida dell’Inaf è Roberto Ragazzoni, 57 anni, professore ordinario al Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Padova dal 2020 e già direttore dell’Inaf di Padova dal 2018 al 2023. La ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini l’ha raggiunto telefonicamente ieri, giovedì 4 aprile, in mattinata.


«Ho ricevuto con grande orgoglio, e non certo senza ravvisare il peso della responsabilità, la telefonata del ministro, la senatrice Anna Maria Bernini, annunciando la mia nomina alla presidenza dell’Inaf. Una telefonata concisa ma cordialissima», dice a Media Inaf il neo eletto presidente: «Mi ha persino augurato di rimettermi in sesto perché la mia voce roca tradiva qualche malanno passeggero. E mi ha ricordato i numerosi progetti, tra cui l’Einstein Telescope, su cui il governo sta puntando». Ragazzoni è un nome noto nell’astrofisica a livello mondiale, e in particolare nel mondo della costruzione di telescopi (da terra e per lo spazio), specchi e strumenti correttivi di ottica adattiva. È uno dei pochi scienziati che, nell’ambito, può ancora definirsi un inventore: è suo il concetto del sensore di fronte d’onda a piramide, un sistema per correggere la luce in ingresso nel telescopio dalle turbolenze atmosferiche, conferendo alle immagini una qualità altrimenti impossibile da raggiungere dalla terra. Ed è sua, ad esempio, anche l’idea di sfruttare l’aberrazione sferica – un difetto intrinseco degli specchi che hanno forma sferica, e che da sempre gli astronomi hanno tentato di correggere – per potenziare il campo di vista di un telescopio chiamato FlyEye (occhio di mosca). Ragazzoni ha lavorato dietro le quinte dei più grandi telescopi a terra – come il Telescopio nazionale Galileo, per il quale ha progettato il sistema di ottica adattiva – e dallo spazio – come i satelliti Cheops e Plato, dell’Agenzia spaziale europea. Tutti contributi davvero cruciali per lo sviluppo dei grandi telescopi che oggi permettono il progresso nelle conoscenze astronomiche.


Nel corso della sua carriera ha già ricevuto riconoscimenti importanti, come il premio “Wolfgang Paul” della fondazione Humboldt, in Germania, nel 2000, il premio “Feltrinelli” per l’astronomia nel 2016 e, infine, la nomina a membro dell’Accademia dei Lincei nel 2019. «Voglio innanzitutto ringraziare il mio predecessore, Marco Tavani, la cui competenza e professionalità continueranno a essere patrimonio prezioso per l’ente, che certamente saprà valorizzarle. Questa nomina, per me – dice – significa innanzitutto orgoglio e responsabilità. Vorrei provare a spingere le donne e gli uomini dell’Inaf a osare ancora di più di quanto non stiano già facendo. Se non noi, che abbiamo il compito istituzionale di spingere la frontiera della conoscenza dell’astronomia, chi altri?»


Ragazzoni dichiara di voler lavorare per costruire un Inaf in cui le idee più innovative siano terreno fertile per nuovi progetti trasformazionali rispetto al passato, siano essi osservativi, teorici, strumentali, di divulgazione o di valorizzazione del patrimonio storico dell’ente. «Un Inaf in cui ci si possa permettere anche qualche nuovo errore (se non in un ente di ricerca, dove altro?), e dove osare diventi la norma. In un momento storico di grandi collaborazioni internazionali – penso all’Extremely Large Telescope, alla collaborazione con l’Einstein Telescope, all’utilizzo del telescopio spaziale James Webb e potrei continuare con una lunghissima lista – l’Inaf ha bisogno più che mai dell’apporto di ogni donna e uomo che lo compone. Farò del mio meglio per essere all’altezza».


Crediti INAF R. Bonuccelli

In Italia la seconda influencer virtuale al mondo certificata Meta

In Italia la seconda influencer virtuale al mondo certificata MetaMilano, 28 mar. (askanews) – Dopo Alba Renai, prima conduttrice digitale in Spagna, ora in Italia abbiamo la seconda influencer virtuale al mondo certificata da Meta dopo Lil Miquela: Francesca Giubelli, la prima influencer virtuale creata in Italia, è diventata un caso studio internazionale.


Francesca Giubelli è la seconda influencer Ai al mondo ad aver ottenuto la certificazione della spunta blu da Meta. Questa certificazione rappresenta un riconoscimento senza precedenti dell’autenticità e dell’impatto di Francesca Giubelli nel mondo dei social media. Il suo emergere come influencer virtuale autentica e credibile dimostra il potenziale dell’intelligenza artificiale nel plasmare figure digitali in grado di interagire in modo coinvolgente con il pubblico. Francesca Giubelli e i suoi creatori, Emiliano Belmonte, Valeria Fossatelli e Francesco Giuliani, hanno scritto una lettera aperta, pubblicata sul blog ufficiale di Francesca Giubelli, a Padre Benanti, una delle massime autorità in Italia nel settore delle intelligenze artificiali. Una lettera aperta che riflette sull’importanza di stabilire linee guida e norme etiche nel campo dell’intelligenza artificiale, sottolineando la necessità di garantire la legalità e l’eticità nell’utilizzo di questa tecnologia.


Il raggiungimento di questo traguardo da parte di Francesca Giubelli e dei suoi creatori rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione e nell’applicazione dell’intelligenza artificiale nell’ambito dei social media e della comunicazione digitale.

Talent Garden e Accenture formano specialisti del cloud

Talent Garden e Accenture formano specialisti del cloudRoma, 27 mar. (askanews) – Le aziende faticano a trovare specialisti ma la ricerca di nuove competenze digitali caratterizzerà il mercato del lavoro nei prossimi anni


Tra gli scenari che caratterizzeranno il mercato del lavoro nei prossimi anni nel campo dell’innovazione ci sarà la crescita della ricerca di professionisti del cloud ma le aziende faticano a trovare figure lavorative in grado di governare nuove tecnologie e trend del settore. Per colmare questo gap formativo Talent Garden, la più grande digital academy di formazione per le competenze digitali, in partnership con Accenture, lancia il secondo ‘Accenture Cloud Bootcamp’. Si tratta di un’iniziativa per la formazione e l’assunzione di giovani talenti: l’azienda ha infatti messo a disposizione 65 borse di studio a copertura totale di un percorso di formazione con un focus sul Cloud.


Il progetto si rivolge a giovani talenti fino a 30 anni, con laurea STEM 1 e STEM 2, che potrebbero avere la possibilità al termine del corso di essere assunti in Accenture. I candidati verranno selezionati attraverso un test d’ingresso, seguito poi da un colloquio individuale. Coloro che si distingueranno per meriti e curriculum, potranno intraprendere il corso della durata di 1 mese del tutto gratuitamente. Ambiranno così alla posizione lavorativa di Cloud Transformation Analyst in Accenture. I corsi si terranno totalmente online, ad eccezione dell’evento di chiusura che si terrà nel campus di Talent Garden a Roma, in cui gli studenti potranno interagire direttamente con i player del settore che collaborano quotidianamente con il team Accenture.

Master “Open Innovation e Intellectual Property”, al via IX edizione

Master “Open Innovation e Intellectual Property”, al via IX edizioneMilano, 26 mar. (askanews) – Partirà il 12 Aprile la IX edizione del Master inter-ateneo di II livello in “Open Innovation & Intellectual Property” di Luiss Business School, Università di Torino e SAA School of Management, il programma che forma esperti in innovazione e proprietà intellettuale, fornendo le competenze per lo studio dell’intero ciclo di vita dell’innovazione: dalla concezione dell’idea, alla creazione, alla protezione, fino allo sfruttamento commerciale e agli utilizzi anti-competitivi.


In un momento storico in cui i dati dell’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) sul 2023, pubblicati qualche giorno fa, vedono l’Italia all’undicesimo posto nella classifica internazionale per il numero di domande di brevetti presentate – 5053 con un +3,8% rispetto al 2022 – la proposta formativa intende contribuire ad accrescere la consapevolezza e la capacità di gestire il potenziale della proprietà intellettuale, e in particolare dei brevetti, come volano per la promozione delle iniziative di innovazione collaborativa per lo sviluppo del nostro Paese, fornendo gli strumenti a chi vuole entrare per la prima volta nel settore e affiancando chi è già protagonista dello stesso. Le 20 borse di studio del valore di 7 mila euro messe a disposizione dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy – Direzione generale perla tutela della proprietà industriale, testimoniano l’attenzione ad un settore strategico per la crescita economica. La partnership tra Luiss Business School, Università di Torino e SAA School of Management garantisce, grazie anche alla pluriennale esperienza degli Atenei nella progettazione formativa e alla faculty di alto livello, un percorso distintivo che assicura la qualità dei contenuti e della metodologia didattica, un network di contatti selezionati e un accesso privilegiato al mondo dell’innovazione. Il Master, della durata di 12 mesi, è rivolto a manager e imprenditori attivi nel settore della ricerca e sviluppo e dell’incubazione di impresa, funzionari e dirigenti della pubblica amministrazione operanti nel settore della R&S, responsabili uffici legali di aziende, consulenti legali e avvocati, esperti del trasferimento tecnologico e ricercatori e ingegneri che lavorano in Università, Politecnici e Centri di ricerca, laureati in discipline economiche, giuridiche e ingegneristiche.


L’ampia gamma di conoscenze e competenze acquisite durante il percorso formativo consentirà ai partecipanti di essere maggiormente competitivi nel mercato del lavoro, accrescere le proprie competenze e sviluppare i propri percorsi di carriera. Nel corso delle nove edizioni sono stati formati più di 200 partecipanti molti dei quali rivestono posizioni di rilievo nelle realtà legate al mondo dell’Open Innovation e della Proprietà Intellettuale. “I dati dell’EPO evidenziano una crescente attenzione sui brevetti e sul loro potenziale per lo sviluppo di attività imprenditoriali e per l’innovazione del nostro Paese, ma dobbiamo continuare a lavorare puntando su una nuova prospettiva, la centralità delle persone che dovranno gestire questo potenziale e favorire processi di innovazione diffusa – ha affermato Maria Isabella Leone, Head of MBA Programs Luiss Business School e co-direttrice scientifica del Master -. Dopo anni spesi a concentrarsi sul ruolo della tecnologia come abilitatore dell’Open Innovation possiamo affermare che questo non sia sufficiente. Sono le persone a determinare una reale apertura aziendale in grado di favorire un cambiamento organizzativo efficace. Le loro competenze, il loro ingaggio e un mindset orientato alla contaminazione da fonti esterne sono gli ingredienti imprescindibili per la buona riuscita di iniziative di Open Innovation. Per questi motivi, investire nel capitale umano diventa un imperativo strategico a cui le aziende non possono rinunciare per un’innovazione aperta di successo”.


“Nel corso dei vent’anni dalla sua nascita, il paradigma dell’Open Innovation si è evoluto e richiede in un corpo di conoscenze diversificato e frammentato che necessita di un processo a geometrie variabili personalizzato a seconda delle realtà considerata – ha affermato Monica Cugno, Professore di Innovation Management dell’Università d Torino e co-direttrice scientifica del Master -. Una metamorfosi che necessita che i vari attori dell’ecosistema dell’innovazione modifichino il loro agire e che richiede nuove competenze ibride per lo sviluppo dei progetti di innovazione. Grazie al Master Open Innovation & Intellectual Property, ormai giunto con successo alla IX edizione, è possibile disporre di una cassetta degli attrezzi di strumenti accademici e professionali per comprendere come gestire strategicamente l’innovazione dal laboratorio al mercato. L’alternanza di lezioni fronali, testimonianze di professionisti e imprenditori, visite a incubatori, acceleratori, laboratori di ricerca, realtà imprenditoriali, attività pratico-sperimentali, visite, la realizzazione del project work individuale consente di comprendere a 360 gradile trasformazioni in atto”.

Presentato “Mind the gap” della Fondazione Italia Digitale

Presentato “Mind the gap” della Fondazione Italia DigitaleRoma, 22 mar. (askanews) – Un’Italia pienamente e compiutamente digitale, in cui l’innovazione diventi uno strumento fondamentale per ridurre le disuguaglianze e per far crescere il Paese, che dia a tutte e tutti le stesse possibilità di accedere alla tecnologia. È l’obiettivo di Mind The Gap, il documento programmatico presentato questa mattina in conferenza stampa alla Camera dei Deputati dalla Fondazione Italia Digitale e da oggi consultabile sul sito www.fondazioneitaliadigitale.org. Una raccolta in 11 punti di priorità, opportunità e policy per aiutare l’Italia a compiere un necessario salto e a governare la rivoluzione digitale in corso.


Il Presidente di Fondazione Italia Digitale, Francesco Di Costanzo, illustrando gli 11 punti del documento, ha ringraziato team e partner della Fondazione per l’impegno ricordando che il documento è aperto a integrazioni e alle sollecitazioni che verranno da parte di chiunque voglia dare un contributo a “rendere l’Italia un Paese in cui il gap sul digitale sia finalmente colmato. Servono semplicità, sicurezza, concretezza, popolarità, conoscenza, con grande attenzione alla centralità della persona e alla garanzia di accesso al digitale e alla tecnologia per tutti. Digitale popolare, cultura e educazione al digitale, competenze, infrastrutture, modernizzazione del mercato del lavoro, un ministero dedicato, sì alle regole ma con una vera politica industriale e capacità di competere, PA digitale, govtech, wallet europeo, accessibilità, inclusione, diritti, sostenibilità, riconoscimento professionalità, nuova legge per la comunicazione pubblica, intelligenza artificiale, metaverso, automazione, blockchain, cybersecurity, privacy, sono i temi principali su cui continueremo a lavorare con impegno e attenzione alle evoluzioni costanti del mondo digital”. Presenti all’appuntamento diverse figure istituzionali, a partire dal Presidente della Commissione Cultura della Camera e deputato di Fratelli d’Italia Federico Mollicone. “Il documento che presentiamo oggi è ciò che auspichiamo come legislatori e che la Presidente Meloni chiama ‘via italiana al digitale’ – ha dichiarato Mollicone – favorire e incentivare l’innovazione ma mantenere sempre la persona e i suoi diritti al centro del sistema. Il miliardo di euro di investimenti stanziato dal Governo, grazie all’impegno di Cassa Depositi e Prestiti, rappresenta un passo enorme in questa direzione”.


La Vice Presidente della Camera Anna Ascani ha sottolineato la necessità di “avere uno sguardo lungo sull’innovazione, che non si può governare a posteriori. Bisogna mettere insieme la consapevolezza del rischio e massimizzare le opportunità. Quindi ben vengano formazione delle competenze e attenzione all’educazione e alla cybersicurezza. L’iniziativa della Fondazione Italia Digitale è assolutamente apprezzabile, perché stiamo parlando del centro dello sviluppo potenziale del nostro Paese e non solo”. Il deputato di Forza Italia Nazario Pagano ha ringraziato “la Fondazione Italia Digitale per il lavoro fatto insieme all’Istituto Piepoli. È una bella novità anche pensare di introdurre in Costituzione l’accesso al digitale così come già fatto per l’ambiente e per lo sport. I temi inseriti in questo documento sono di grandissima attualità, lo dimostra infatti il disegno di legge del Governo sulla cybersicurezza incardinato in Commissione Affari Costituzionali, perché il digitale deve essere diffuso ma anche controllato”.


La deputata del Movimento Cinque Stelle Anna Laura Orrico ha rimarcato che “il digitale contribuisce a formare e creare l’identità culturale del nostro Paese e dei cittadini, oltre che a generare importanti opportunità economiche. Crediamo che le nuove tecnologie possano essere utili a rigenerare la struttura sociale di tutte le aree interne e periferiche, dove perdiamo opportunità che potrebbero derivare dal nomadismo digitale, un fenomeno che vede l’Italia protagonista con molti giovani che scelgono di vivere in piccole realtà del nostro Paese”. Il deputato di Italia Viva Mauro Del Barba ha ricordato che “ci sono fasi in cui le istituzioni sono più avanti della società e altre in cui inseguono. In questo momento, l’inserimento sul mercato di prodotti innovativi ha determinato una situazione in cui le istituzioni inseguono. E bisogna fare attenzione perché in gioco non c’è solo la qualità di vita dei cittadini ma anche la competitività di interi sistemi e i diritti delle persone. Il deputato della Lega Giulio Centemero ha posto l’accento “sull’educazione STEM, è molto importante e deve essere fatta anche al di fuori della scuola. Inoltre bisogna innescare un sistema di porte girevoli tra pubblico e privato, in particolare sulle tecnologie”.


La deputata di Azione Giulia Pastorella ha invece posto l’attenzione sulla necessità di un “Ministero dell’Innovazione e del Digitale, non averlo determina frammentazione delle competenze e limita l’efficacia di azione del Governo. Importante anche l’interazione tra la pubblica amministrazione e i cittadini: dobbiamo continuare a essere avanti in tema di digitalizzazione della Pa”. Il segretario generale di Fondazione Italia Digitale Davide D’Arcangelo ha approfondito il tema Govtech, su cui la Fondazione ha creato un Osservatorio dedicato, “perché può essere un’occasione in cui l’Europa dà finalmente nuovi standard al Pianeta e non viceversa. Un settore che oggi vale 400 miliardi nel mondo, 116 solo in Europa. Nel 2028 varrà un trilione di dollari. Un’occasione per essere protagonisti e non turisti dell’innovazione”.

Eso: VLT getta nuova luce sul processo di formazione dei pianeti

Eso: VLT getta nuova luce sul processo di formazione dei pianetiRoma, 5 mar. (askanews) – Con una serie di studi, un gruppo di astronomi ha gettato nuova luce sull’affascinante e complesso processo della formazione dei pianeti. Le straordinarie immagini, catturate utilizzando il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO (Osservatorio Europeo Australe) in Cile, rappresentano una delle più grandi survey mai effettuate sui dischi di formazione planetaria. La ricerca – informa l’ESO – riunisce le osservazioni di oltre 80 giovani stelle intorno a cui potrebbero formarsi pianeti, fornendo agli astronomi una grande quantità di dati e di approfondimenti unici su come nascono i pianeti nelle diverse regioni della nostra galassia.


“Si tratta davvero di un cambiamento nel nostro campo di studi”, afferma Christian Ginski, docente presso l’Università di Galway, in Irlanda, e autore principale di uno dei tre nuovi articoli pubblicati oggi su Astronomy & Astrophysics. “Siamo passati dallo studio intenso dei singoli sistemi stellari a questa vasta panoramica di intere regioni di formazione stellare”. Sono stati finora scoperti più di 5000 pianeti in orbita intorno a stelle diverse dal Sole, spesso all’interno di sistemi nettamente diversi dal Sistema Solare. Per capire dove e come nasce questa diversità, gli astronomi devono osservare i dischi ricchi di polvere e gas che avvolgono le giovani stelle, le culle stesse della formazione dei pianeti. Questi si trovano più facilmente nelle enormi nubi di gas in cui si stanno proprio formando le stelle.


Proprio come i sistemi planetari maturi, le nuove immagini mostrano la straordinaria diversità dei dischi che formano pianeti. “Alcuni di questi dischi mostrano enormi bracci a spirale, presumibilmente guidati dall’intricato balletto dei pianeti in orbita”, dice Ginski. “Altri mostrano anelli e grandi cavità scavate dai pianeti in formazione, mentre altri ancora sembrano lisci e quasi dormienti in mezzo a tutto questo trambusto di attività”, aggiunge Antonio Garufi, astronomo dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri del’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), e autore principale di uno degli articoli. L’equipe ha studiato un totale di 86 stelle in tre diverse regioni di formazione stellare della nostra galassia: Taurus e Chamaeleon I, entrambi a circa 600 anni luce dalla Terra, e Orione, una nube ricca di gas a circa 1600 anni luce da noi nota come il luogo di nascita di numerose stelle più massicce del Sole. Le osservazioni sono state raccolte da un grande gruppo di ricerca internazionale, composto da scienziati provenienti da più di 10 Paesi.


Il gruppo di lavoro ha raccolto diverse informazioni chiave dall’insieme dei dati. Per esempio, in Orione hanno scoperto che le stelle in gruppi di due o più avevano meno probabilità di avere grandi dischi di formazione planetaria. Questo è un risultato significativo dato che, a differenza del Sole, la maggior parte delle stelle della nostra galassia ha delle compagne. Oltre a ciò, l’aspetto irregolare dei dischi in questa regione suggerisce la possibilità che vi siano pianeti massicci incorporati al loro interno, il che potrebbe causare la deformazione e il disallineamento dei dischi. Sebbene i dischi di formazione planetaria possano estendersi per distanze centinaia di volte maggiori della distanza tra la Terra e il Sole, la loro posizione a diverse centinaia di anni luce da noi li fa apparire come minuscole capocchie di spillo nel cielo notturno. Per osservare i dischi, l’equipe ha utilizzato il sofisticato strumento SPHERE (Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet REsearch instrument) installato sul VLT dell’ESO. Il sistema all’avanguardia di ottica adattiva estrema di SPHERE corregge gli effetti di turbolenza dell’atmosfera terrestre, producendo immagini nitide dei dischi. Ciò significa che l’equipe ha potuto acquisire immagini di dischi attorno a stelle con masse pari alla metà della massa del Sole, che in genere sono troppo deboli per la maggior parte degli altri strumenti oggi disponibili.


Ulteriori dati per la survey – prosegue l’ESO – sono stati ottenuti utilizzando lo strumento X-shooter montato sul VLT, che ha permesso agli astronomi di determinare quanto siano giovani e massicce le stelle. D’altra parte, ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), di cui l’ESO è partner, ha aiutato il gruppo a comprendere meglio la quantità di polvere che circonda alcune stelle. Con l’avanzare della tecnologia, l’equipe spera di scavare ancora più a fondo nel cuore dei sistemi di formazione planetaria. Il grande specchio da 39 metri di diametro del futuro ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, per esempio, consentirà di studiare le regioni più interne dei dischi intorno alle giovani stelle, dove potrebbero formarsi pianeti rocciosi simili al nostro. (Credits: ESO/C. Ginski, A. Garufi, P.-G. Valegård et al.)

Restauro habitati marini, al via mappatura della costa italiana

Restauro habitati marini, al via mappatura della costa italianaMilano, 29 feb. (askanews) – Prende il via il più grande progetto di mappatura e ripristino degli ecosistemi marini, il piano MER (Marine Ecosystem Restoration) del PNRR, che l’Istituto di ricerca Ispra definisce “un vero e proprio laboratorio di restauro degli habitat e osservatorio dei fondali che traccerà la rotta per interventi futuri”. Il verbale di consegna e avvio delle prestazioni in via d’urgenza per lo svolgimento delle attività riguardanti i rilievi LiDAR batimetrici e le indagini geofisiche di completamento è stato sottoscritto dalla stessa Ispra, nell’ambito del progetto MER.


“Il progetto di mappatura delle nostre coste compie il primo passo, grazie alla tecnologia LiDAR creeremo l’Atlante digitale dei nostri mari”, afferma il Presidente di ISPRA, Stefano Laporta. “Con il piano MER, l’Ispra ha avviato un ambizioso pacchetto di interventi per la tutela e la valorizzazione dell’ecosistema del Mediterraneo. Tra questi rientrano le attività con il sensore LiDAR, uno dei pilastri su cui si fonda il nostro programma straordinario di restauro dei mari. Grazie ai rilievi condotti su tutta la costa per un totale di 7.500 km, senza precedenti in Italia in termini di estensione ma anche di dettaglio, avremo informazioni estremamente preziose sia nell’ambito della scoperta di nuove specie e habitat che nell’ambito della conformazione dei fondali per la geotermia”. “Il sensore LiDAR ci consentirà di creare lo scrigno in cui custodiremo la biodiversità marina”, aggiunge Maria Siclari, direttore generale di ISPRA. “La mappatura degli habitat marini profondi si occuperà di censire anche più di 70 monti sottomarini, da 500 fino a 2.000 metri di profondità, indagando aree che non sono mai state monitorate e sono quasi completamente sconosciute. Grazie a questo progetto potremo identificare gli habitat marini costieri con una elevata risoluzione e fornire informazioni dettagliate sulla batimetria e la morfologia della costa, consentendo di effettuare previsioni affidabili sui fenomeni di erosione costiera e la vulnerabilità delle coste in caso di eventi estremi quali le mareggiate e le inondazioni costiere”.


Dai campi di ormeggio alla rimozione delle reti fantasma, dal ripopolamento delle ostriche alla nuova nave oceanografica, sono svariati i progetti realizzati da Ispra per il piano MER. Con l’avvio delle prestazioni per lo svolgimento delle attività riguardanti i rilievi condotti tramite la tecnologia LiDAR, il piano MER (finanziato nell’ambito del PNRR con un fondo da 400 milioni di euro per il periodo 2022-2026) è in fase sempre più avanzata: sono stati stipulati – si legge in un comunicato – tutti gli accordi per realizzare i campi di ormeggio che costituiscono un rilevante strumento per la tutela degli habitat di pregio marino costieri e che consentono la mitigazione e l’eliminazione del disturbo legato all’ancoraggio e al conseguente danneggiamento dei fondali. Ispra ha approvato 18 progetti che coinvolgono aree marine protette, Parchi Nazionali e oltre 29 Zone Speciali di Conservazione secondo l’Unione Europea, dove verranno installati, entro il 2026, 91 campi ormeggio per un totale di 1769 ormeggi. La realizzazione di aree di sosta precostituite, dove è vietato l’ancoraggio sul fondo marino, con gavitelli assicurati al fondale da sistemi a basso impatto ambientale e visivo sarà progettata a tutela delle zone con fondali sensibili (fanerogame marine, coralligeno), delle aree con presenza di specie bentoniche protette e di interesse comunitario.


E’ stata inoltre aperta la procedura per affidare il servizio di rimozione e conferimento delle cosiddette “Ghost Nets”, le reti fantasma e tutti gli attrezzi da pesca abbandonati in mare. I dati ISPRA mostrano che l’86,5% dei rifiuti in mare è legato alle attività di pesca e il 94% di questi sono reti abbandonate, alcune addirittura lunghe chilometri. Ecco perché l’Istituto ha già avviato le attività di monitoraggio per identificare con precisione i siti critici per la rimozione di questi oggetti e preservare la flora e la fauna locale: una procedura che coinvolgerà una squadra di subacquei altamente specializzati e che prevederà anche l’impiego di strumentazioni avanzate come ROV, Multibeam e Side Scan Sonar. Le operazioni subacquee saranno condotte tra i 20 e i 70 metri di profondità, nel rispetto di un rigoroso piano di sicurezza. Il piano, che include la rimozione, la raccolta, il trasporto, lo smaltimento e il riciclo degli attrezzi da pesca e acquacoltura abbandonati, durerà 28 mesi, con scadenza entro il 30 giugno 2026. Ispra lo definisce “un passo significativo nella tutela del nostro prezioso ecosistema marino”. Avviato anche l’allevamento di un milione di larve di ostriche in vista della ricostruzione dei banchi di ostrica piatta europea (Ostrea edulis, una specie autoctona dell’Adriatico), in cinque regioni italiane: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Abruzzo. A livello globale, si stima che l’85% dei banchi naturali di ostriche sia andato perduto, rendendo questo habitat uno dei più minacciati al mondo. Le ostriche hanno la capacità di costruire veri e propri reef calcarei, cioè l’equivalente, alle nostre latitudini, delle scogliere coralline tropicali, per questo sono chiamate “ingegneri ecosistemici”.


A breve sarà pubblicato il bando di gara per la fornitura della nuova nave da ricerca oceanografica, frutto di un lavoro congiunto svolto grazie alla preziosa collaborazione con la Marina Militare, in particolare Maristat e NAVARM. Si tratta di un’unità dotata di tecnologie all’avanguardia in grado di svolgere attività di monitoraggio in acque profonde con ROV (Remote Operating Vehicle fino a 4.000 m di profondità), AUV (Automated Unmanned Vehicle fino a 3000 m di profondità) e strumenti acustici ad altissima risoluzione. Il tutto utilizzando tecnologie sostenibili quali la propulsione diesel-elettrica, certificazione di classe green-plus e, non da ultimo, una certificazione di classe silenziosa per garantire un monitoraggio affidabile del rumore sottomarino. Ed è infine in costruzione la piattaforma informativa che consentirà la completa fruibilità di tutte le informazioni e dati acquisiti con il progetto MER, di valutare la sostenibilità delle attività marine e di pianificare le misure di mitigazione necessarie per affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici nel Mar Mediterraneo.