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Ispra: nel 2022 più che dimezzati ecosistemi boschivi in fiamme

Ispra: nel 2022 più che dimezzati ecosistemi boschivi in fiammeRoma, 10 lug. (askanews) – Nel 2022 il nostro territorio è stato interessato da incendi di medie e grandi estensioni (superiori all’ettaro) per più di 68.500 ettari, superficie pari quasi all’estensione del Parco Nazionale Gran Paradiso. Anche se questa superficie rappresenta meno della metà di quanto bruciato l’anno precedente (169.482 ettari), il dato è comunque superiore al valore medio delle aree bruciate annualmente in Italia negli ultimi 10 anni, tra il 2012 e il 2021 (55.000 ettari). Di quanto bruciato nel 2022, oltre il 20% consisteva in ecosistemi forestali, in particolare latifoglie decidue (querceti e faggete, circa 6.800 ettari), latifoglie sempreverdi (leccete e macchia mediterranea, circa 4.700 ettari) e aghifoglie sempreverdi, (pinete mediterranee, quasi 2.700 ettari). Eccezionalmente nel 2022 è stata interessata anche una porzione boschiva ad aghifoglie decidue alpine (lariceti, 16 ettari).

È quanto emerge dalle attività di Ispra nell’ambito delle osservazioni e monitoraggi degli impatti degli incendi di medie e grandi dimensioni sugli ecosistemi. Lo scopo è quello di fornire ogni anno un dettaglio informativo a supporto delle politiche nazionali e regionali e per il ripristino e la conservazione degli ecosistemi terrestri a scala nazionale e locale. I dati relativi agli incendi – informa Ispra – sono forniti dal sistema European Forest Fires Information System del programma europeo Copernicus Emergency, ed elaborati da Ispra con sistemi di machine learning per il riconoscimento degli ecosistemi coinvolti negli incendi. Il rapporto tra la superficie complessiva percorsa da incendio (dato EFFIS) e la superficie forestale coinvolta (dato Ispra) è rimasto non troppo distante dal 20% negli ultimi cinque anni. A livello regionale, in Sicilia oltre il 50% del totale nazionale di territorio incendiato (più di 35.000 ettari), ed è risultata anche la regione che ha subito più danni in termini di superficie bruciata forestale (4.437 ettari). Sono state interessate coperture boschive anche in Calabria (più di 1.800 ettari), Lazio (più di 1.300 ettari), Campania e Toscana (quasi 1.100 ettari), Piemonte e Friuli-Venezia Giulia (circa 1.000 ettari). Rispetto al 2021, la superficie interessata da incendi è complessivamente diminuita nelle regioni del Centro-Sud, Sud e nelle isole maggiori, mentre è aumentata nelle regioni del Centro-Nord e Nord.

Il 38% degli ecosistemi forestali colpiti da incendio ricade all’interno del sistema nazionale delle aree protette terrestri. Nel 2022 le aree protette maggiormente interessate da incendi sono state: la Zona Speciale di Conservazione (ZSC) “Boschi di Piazza Armerina” nella provincia di Enna in Sicilia, già significativamente colpita da incendi anche nel 2021 (quasi 900 ettari di cui circa 500 pinete), la Riserva Naturale Regionale “Riserva naturale orientata Rossomanno-Grottascura-Bellia” sempre nella provincia di Enna (anche qui quasi 900 ettari, principalmente pinete). Sono state inoltre colpite la Zona Speciale di Conservazione “Carso Triestino e Goriziano” (circa 400 ettari quasi interamente latifoglie decidue), la ZSC “Complesso Monte Bosco e Scorace” in provincia di Trapani (circa 400 ettari). Gli eventi principali, in termini di estensione in aree boschive, – segnala Ispra – si sono verificati nei primi giorni di luglio in provincia di Enna (comuni di Aidone, Piazza Armerina – più di 900 ettari), nella terza decade di luglio in provincia di Lucca (Camaiore, Massarosa, Lucca, 750 ettari) e in provincia di Gorizia e Carso triestino-sloveno (Doberdò del Lago, Duino, Monfalcone, più di 400 ettari), nella metà di agosto in provincia di Trapani (Buseto Palizzolo, Castellammare di Stabia, circa 450 ettari). Nella seconda metà di marzo è avvenuto un episodio in provincia di Belluno (comuni di Longarone e Ponte nelle Alpi) che ha interessato poco più di 400 ettari.

Politecnico Mi: da impianti eolici offshore vantaggi per ambiente

Politecnico Mi: da impianti eolici offshore vantaggi per ambienteRoma, 6 lug. (askanews) – Gli impianti eolici offshore portano vantaggi ambientali per tutto il loro ciclo di vita. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Sustainable Production and Consumption in cui i ricercatori del Politecnico di Milano hanno analizzato i potenziali impatti ambientali di un impianto eolico offshore galleggiante in fase di autorizzazione al largo della Sicilia.

“Dai risultati emerge che gli impatti ambientali del parco eolico offshore con turbine galleggianti sono principalmente associati al ciclo di vita della turbina eolica e della struttura galleggiante, e in particolare alla produzione di acciaio – spiega Mario Grosso, docente di Gestione e Trattamento Rifiuti al Politecnico di Milano -. Le altre fasi del ciclo di vita, invece, hanno contributi nettamente più ridotti rispetto alla fase di approvvigionamento”. Nell’analisi sono state incluse le fasi di approvvigionamento dei materiali, trasporto dei componenti, assemblaggio e installazione con imbarcazioni specializzate, manutenzione durante la fase operativa, smontaggio e fine vita. “L’analisi include anche gli altri componenti necessari alla realizzazione di un parco eolico in mare, con particolare attenzione per il sistema elettrico necessario per la trasmissione dell’energia prodotta, al fine di valutare quanto la complessità del sistema da implementare per installazioni lontane dalla costa, contribuisca ad aumentare gli impatti complessivi dell’impianto” spiega Lucia Rigamonti, docente di Metodologie per il life cycle thinking. Dal confronto dei risultati, per 1 GWh di energia prodotta dal parco eolico con la medesima quantità di energia prelevata dalla rete elettrica nazionale, gli impatti complessivi dell’eolico risultano significativamente ridotti per quasi la totalità delle categorie di impatto analizzate: rispetto alla categoria “cambiamento climatico” il beneficio è pari ad una riduzione degli impatti del 92%, mentre si osserva un peggioramento solo per la categoria “esaurimento delle risorse abiotiche” (+95%). Inoltre, i risultati dimostrano che gli investimenti in termini di emissioni di gas a effetto serra ed energia verrebbero ripagati velocemente dall’evitata generazione di energia da fonti fossili, rispettivamente in 2 e 3 anni. “Complessivamente, i risultati dell’analisi forniscono un’indicazione di massima, utile a prendere consapevolezza sui carichi ambientali di un sistema di generazione di elettricità da fonte rinnovabile e confrontarlo con altre fonti energetiche- spiega Gaia Brussa, ricercatrice al Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’ateneo milanese- tuttavia, deve essere tenuto in considerazione il fatto che, attualmente, si tratta una stima preliminare basata sulle scelte progettuali presentate per la fase di scoping (verifica preliminare) della Valutazione di Impatto Ambientale”. La letteratura scientifica è ancora carente quando si tratta di analisi del ciclo di vita (LCA) di parchi eolici offshore, con turbine di grande taglia (oltre 15 MW) installate su strutture galleggianti, che rispecchiano i recenti sviluppi del settore e le attuali tendenze di mercato. Tuttavia, per valutarne la reale sostenibilità ambientale, è significativo analizzare le tecnologie di generazione elettrica da fonti rinnovabili anche in ottica di ciclo di vita.

X edizione Ecoforum: Economia circolare lavori in Corso

X edizione Ecoforum: Economia circolare lavori in CorsoRoma, 4 lug. (askanews) – In Italia l’economia circolare e i green jobs rappresentano la strada del futuro. Ne è convinta la gran parte dei cittadini sempre più informata sul tema, attenta alle questioni ambientali e convinta che l’Italia debba procedere e accelerare in questa direzione. Nel 2023 cresce, infatti, sia la quota dei conoscitori dell’economia circolare che arriva al 45% (segnando un incremento del +5% rispetto a cinque anni fa); sia il numero dei cittadini – ben il 60% – secondo i quali i ‘green jobs’ aumenteranno in futuro (+12% rispetto al 2022). È fondamentale però una maggiore consapevolezza della leadership italiana nel settore visto che il 43% dei cittadini non sa e non ritiene credibile che l’Italia abbia la percentuale più alta in Europa sul riciclo dei rifiuti. Idee chiare e grande consapevolezza invece sulla crisi climatica: il 63% dei cittadini ritiene i disastri (siccità, alluvioni e trombe d’aria, etc.) la prima conseguenza dei cambiamenti climatici che generano a cascata conseguenze economiche per gli individui (aumento del costo dei prodotti alimentari e della vita più in generale). Le azioni di protesta come imbrattare monumenti e opere d’arte sono ritenute necessarie e comprensibili dal 20% degli intervistati, mentre sono bocciate dal 49%, che le considera gesti irresponsabili e incomprensibili.

A tracciare questo quadro è la X edizione dell’Ecoforum 2023, la conferenza nazionale sull’economia circolare organizzata dal 4 al 6 luglio a Roma da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club con il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica e della Regione Lazio, e che si è aperta oggi con la presentazione del sondaggio Ipsos ‘L’Italia e l’economia circolare’. Economia circolare, green jobs, crisi climatica e ambiente i quattro temi al centro della ricerca realizzata a cura di CONOU, Legambiente, Editoriale Nuova Ecologia e che rappresentano i pilastri su cui il Paese deve lavorare attraverso politiche più lungimiranti e interventi concreti. In particolare l’Italia deve accelerare il passo sull’economia circolare, superando i tanti ostacoli burocratici e tecnologici che ancora frenano lo sviluppo di questo nuovo modello di sviluppo economico. Al tempo stesso deve colmare anche i gravi ritardi sulla qualità della raccolta differenziata, a partire da quella dell’organico. Ad oggi solo in un impianto su quattro lo scarto della frazione organica è inferiore al 2,5%, quantità massima ottimale per ottenere compost di qualità in uscita dagli impianti. Nell’organico raccolto ancora ci sono percentuali significative di materiali non compostabili (MNC) che compromettono la qualità e sono un problema per chi gestisce gli impianti. Stando ai dati elaborati da Legambiente attraverso un’indagine diretta e mirata agli impianti di trattamento della frazione organica, sacchetti di plastica non compostabile (4,2%), seguiti da ‘plastica in film, imballaggi in plastica e altra plastica’ (2,2%), sono i materiali più trovati. Le modalità di raccolta incidono molto sulla qualità: con la raccolta differenziata mista (stradale + porta a porta) la percentuale di scarti è del 15%, mentre con le raccolte domiciliari la percentuale di materiali estranei diminuisce al 3,4%. Riciclo e sviluppo delle filiere dell’economia circolare, su questo si basano le 5 priorità che Legambiente e Kyoto Club indirizzano al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin presente alla prima giornata dell’Ecoforum:

1) Implementare la capacità impiantistica di riciclo e riuso, a partire dalle filiere più urgenti, quali l’organico, colmando il divario tra nord e centro sud del Paese e fermando il turismo dei rifiuti verso le regioni più infrastrutturate, perseguendo la strategia ‘Rifiuti zero, impianti mille’. 2) Applicare il principio ‘chi inquina paga’ per disincentivare lo smaltimento in discarica e favorire la prevenzione e il riciclo dei rifiuti. 3) Attivare politiche industriali strutturate a supporto delle imprese che già investono o che vogliono investire in questa direzione. 4) Supportare dal livello centrale gli enti locali destinatari dei finanziamenti del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza. 5) Costruire una filiera nazionale di approvvigionamento delle materie prime critiche per evitare di alimentare future dipendenze da paesi esteri, dando massima priorità all’economia circolare dai RAEE. ‘Nonostante in Italia l’economia circolare abbia trovato da molti anni un terreno fertile – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – come dimostrano le tante esperienze virtuose di comuni, consorzi, aziende pubbliche e private, sono ancora diversi gli ostacoli da rimuovere e i ritardi da colmare. Norme farraginose, autorizzazioni lente, controlli pubblici a macchia di leopardo, progetti calati dall’alto non aiutano a far decollare l’economia circolare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Servono mille nuovi impianti di economia circolare e progetti innovativi che vadano nella giusta direzione, come quelli che stiamo raccontando e visitando dal Nord al Sud della Penisola con la nostra campagna nazionale sui cantieri della transizione ecologica. È fondamentale anche rivendicare la nostra leadership sull’economia circolare in Europa, per rafforzare ulteriormente il Green Deal, al centro di polemiche strumentali, davvero incomprensibili, che non fanno altro che isolare l’Italia e il suo sistema produttivo nel percorso verso la decarbonizzazione del vecchio Continente entro il 2050’.

‘L’Italia vanta molti record sull’economia circolare – dichiara Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club – ci sono però due problemi. Il primo è che spesso non ce ne rendiamo nemmeno conto e non li valorizziamo abbastanza. Il secondo è che sono record ottenuti dal vitale sistema economico italiano senza essere appoggiati da una visione politica generale lungimirante. Ciò mette a rischio quegli stessi record: dobbiamo avere più coraggio nello spingere su innovazione e sostenibilità a partire dalle risorse messe a disposizione dall’Europa sul green deal e invece troppo spesso assistiamo a frenate incomprensibili su questi temi da parte della politica e delle classi dirigenti’. Sondaggio Ipsos, focus materiali riciclabili: tra gli altri dati, per i cittadini la plastica, gli olii esausti ed i RAEE sono i materiali ritenuti più pericolosi per l’ambiente, in particolare la plastica dura. I materiali riconosciuti come più facilmente rigenerabili sono quelli percepiti come meno pericolosi per l’ambiente: il vetro e la carta. Per quel che riguarda l’olio minerale esausto, quasi metà del campione sa che viene raccolto (+2% dal 2022). Una volta informati i cittadini che non ne sono a conoscenza che l’olio minerale esausto raccolto può essere completamente rigenerato e riutilizzato, quasi 1 italiano su 2 vede in questa pratica un supporto all’indipendenza energetica del Paese.

‘C’è ancora molto lavoro da fare perché in Italia si diffonda una piena contezza dell’importanza e necessità dell’economia circolare per l’ambiente e lo sviluppo, ma è incoraggiante che in un solo anno il numero delle persone consapevoli dell’urgenza di questa sfida sia cresciuto con all’avanguardia i più giovani. L’economia circolare è un cambio di approccio ‘totale’ che dovrà pervadere tutta l’economia, ma, soprattutto, il nostro sistema culturale e valoriale. Spiace peraltro che gli Italiani non abbiano consapevolezza di come il nostro Paese abbia dimostrato, nell’Economia Circolare, una eccellenza di risultati e di modello organizzativo – I Consorzi – senza pari in Europa. L’esperienza del CONOU, che rigenera tutto (98%) l’olio minerale usato, dimostra non solo che l’economia circolare non è un’utopia, ma anche che è una leva in grado di apportare benefici concreti: nel solo 2022, grazie al lavoro delle imprese del CONOU, si è evitata l’immissione in atmosfera di 64 mila tonnellate di CO2 e di una serie di innumerevoli inquinanti, ma anche si sono risparmiati circa 130 milioni di euro di importazioni di greggio. Il futuro dunque è già qui, ma non può prescindere dalla collaborazione sinergica di tutti – Istituzioni, imprese, cittadini – per accelerare verso la transizione circolare’, commenta Riccardo Piunti, Presidente del CONOU. ‘L’Italia ha un sistema di raccolta differenziata e riciclo che funziona, e che ha costi inferiori rispetto agli altri Paesi. Oggi, infatti, da noi più di sette imballaggi su dieci trovano una seconda vita, superando ampiamente la percentuale di riciclo degli imballaggi chiesta dall’Europa entro il 2025. Un sistema di cui andare orgogliosi, da valorizzare e difendere. È importante ora continuare a impegnarsi perché la raccolta cresca in qualità, e non solo in quantità, e che i risultati migliorino in tutte le aree del Paese, incluse quelle di alcune Regioni del Mezzogiorno in cui ancora mancano impianti per il recupero dei rifiuti. Ricordando sempre che l’obiettivo finale del nostro lavoro è il riciclo: in un Paese povero di materie prime come l’Italia, recuperare gli imballaggi e trasformarli in nuova materia è prioritario. Sempre più cittadini se ne rendono conto. Da uno studio che abbiamo appena commissionato a IPSOS, infatti, emerge come il 79% degli italiani di norma preferisca acquistare prodotti imballati in confezioni riciclabili, e il 74% sia normalmente attento a scegliere packaging che riportino in etichetta indicazioni sulla corretta raccolta differenziata’, dichiara Ignazio Capuano presidente CONAI Italia indietro sulla qualità della raccolta differenziata, a partire da quella dell’organico. I dati. La FORSU (La Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) rappresentata il 39% dei rifiuti differenziati (7,4 milioni di tonnellate nel 2021) e viene raccolta in maniera differenziata nel 96% dei comuni italiani. Secondo i dati forniti da Ispra e rielaborati da Legambiente, nel 2021 sono stati trattati 8,3 milioni di tonnellate di materiale di materiale organico e di queste ben il 17% (1,4 milioni di tonnellate) è risultato essere un materiale di scarto. Negli impianti, nell’11% dei casi è arrivato materiale con una percentuale di scarto superiore al 50%, nel 57% gli scarti hanno rappresentato tra il 5 e il 50%. Solo in un impianto su quattro lo scarto della frazione organica è stato inferiore al 2,5%, quantità massima ottimale che permette di ottenere compost di qualità in uscita dagli impianti.

Diritto acqua, Pecoraro Scanio (UniVerde): urgente una soluzione

Diritto acqua, Pecoraro Scanio (UniVerde): urgente una soluzioneMilano, 28 giu. (askanews) – “Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua potabile e di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del mare, la Fondazione UniVerde e Marevivo hanno da sempre coinvolto le istituzioni per ottenere norme adeguate. Si tratta di una questione urgente di carattere sanitario e ambientale che deve trovare una soluzione”. Lo ha detto Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione UniVerde, intervenendo ieri a Roma al convegno “Agenda 2030 e il diritto all’acqua delle Isole minori. Le alternative sostenibili per un rifornimento idrico di qualità e amico del mare” realizzato da Fondazione UniVerde, Marevivo, Città Metropolitana di Roma Capitale, con il patrocinio di Ancim – Associazione Nazionale Comuni Isole Minori.

“Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua potabile e di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del mare, la Fondazione UniVerde e Marevivo hanno da sempre coinvolto le istituzioni per ottenere norme adeguate – ha aggiunto Pecoraro Scanio -. Si tratta di una questione urgente di carattere sanitario e ambientale che deve trovare una soluzione. Occorre una regolamentazione chiara e univoca sulla diffusione e sulla gestione dei dissalatori a terra e direttive più stringenti sugli scarichi di salamoia sulla costa, altamente inquinanti. L’ipotesi di adottare dissalatori mobili marini rappresenta una valida risposta sia al consumo di suolo da parte degli impianti fissi che alla necessità di tutelare flora e fauna marina. Questo è il senso dell’iniziativa di oggi e dell’appello che rivolgiamo a Governo e Parlamento per una efficace funzione di indirizzo, realizzando una Valutazione Ambientale Strategica ma anche per sostenere un’innovazione tecnologica ‘made in Italy’”, ha concluso il presidente della Fondazione Univerde.

Ambiente, Pichetto: dissalatori mobili marini? Attenti sul tema

Ambiente, Pichetto: dissalatori mobili marini? Attenti sul temaMilano, 28 giu. (askanews) – Attenzione e impegno nell’affrontare il tema della dissalazione, le sue implicazioni e l’alternativa rappresentata dai dissalatori mobili per il rifornimento delle isole minori. E’ quanto ha assicurato Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, intervenendo ieri in collegamento video al convegno “Agenda 2030 e il diritto all’acqua delle Isole minori. Le alternative sostenibili per un rifornimento idrico di qualità e amico del mare” realizzato da Fondazione UniVerde, Marevivo, Città Metropolitana di Roma Capitale, con il patrocinio di Ancim – Associazione Nazionale Comuni Isole Minori.

Più in generale, il Ministro ha posto l’accento sulla necessità di create le giuste condizioni per ottimali infrastrutture idriche, al fine di “trovare un punto di equilibro, la via giusta”, a un tema importante e urgente come quello della gestione della risorsa idrica.

Fondazione UniVerde e Marevivo: puntare su dissalatori marini mobili

Fondazione UniVerde e Marevivo: puntare su dissalatori marini mobiliMilano, 28 giu. (askanews) – Gli impianti di dissalazione a terra sono costosi sia da costruire che da manutenere, energivori e impattanti tanto sulle coste, che li ospitano o dovranno ospitarli con tempi di realizzazione lunghi e incerti, quanto su flora e fauna marine locali per via degli scarichi di salamoia. È quanto emerge dalle relazioni di Roberto Di Vincenzo (già dirigente dell’allora ministero della Marina mercantile) e Giuseppe Taverna (già dirigente per il servizio idrico integrato e l’approvvigionamento idrico delle Isole minori della Regione Siciliana) che pur partendo disgiuntamente giungono alle medesime conclusioni fornendo uno spaccato inquietante sul case study delle Isole minori della Sicilia dove risiedono stabilmente circa 33 mila abitanti (che nei periodi estivi decuplicano) e l’approvvigionamento di acqua potabile è affidato proprio a questa tipologia di impianti di dissalazione che, in alcuni casi, sono talmente obsoleti e malandati da rendere insostenibile, economicamente ed ambientalmente, soddisfare il 70% del fabbisogno idrico valutato dal P.R.G.A della Regione Siciliana in 5.140.000 mc (abbondantemente superato con la presenza turistica).

Data l’origine vulcanica di varie isole siciliane, alcune ancora interessate da fenomeni eruttivi, considerata la morfologia dei loro territori che complica gli sviluppi progettuali su terra, la mancanza di interconnessione della rete, peraltro interessata da perdite di carico che superano il 50%, considerato poi il pregio naturalistico di molte isole che ha portato, per citarne alcune, a costituire il Parco nazionale di Pantelleria, le Aree marine protette delle Egadi, di Ustica e delle Pelagie o ancora a iscrivere le Eolie nel Patrimonio dell’Umanità, il coro degli interventi aperti dalla relazione introduttiva di Giuseppe Nerio Carugno (Segretario generale della Fondazione UniVerde) è stato pressocché unanime sulla necessità di garantire il diritto all’acqua potabile e di qualità ai cittadini delle isole minori italiane senza pregiudicare il patrimonio naturale. In questo preoccupante scenario i dissalatori mobili marini si affermano con ancora più forza come valida alternativa, sostenibile ed economica, agli impianti fissi e consentono di ottimizzare la gestione dei piani di sicurezza e di fornitura dell’acqua potabile alle isole minori anche in caso di crisi, emergenze e maggiore richiesta idrica nella stagione turistica. Di questi temi si è parlato ieri al convegno moderato da Alessio Falconio (Direttore di Radio Radicale), “Agenda 2030 e il diritto all’acqua delle Isole minori. Le alternative sostenibili per un rifornimento idrico di qualità e amico del mare” realizzato da Fondazione UniVerde, Marevivo, Città Metropolitana di Roma Capitale, con il patrocinio di Ancim – Associazione Nazionale Comuni Isole Minori, che si è svolto presso Sala Di Liegro di Palazzo Valentini in Roma. Il convegno è stato aperto dal saluto di benvenuto di Rocco Ferraro (Consigliere della Città Metropolitana di Roma Capitale delegato alla transizione ecologica, ambiente, aree protette e tutela degli animali) che ha fatto i complimenti alla Fondazione UniVerde e a Marevivo e assicurato il massimo appoggio all’iniziativa poiché “il tema dell’acqua è fondamentale e urgente da affrontare”, oltre che “cruciale per le piccole realtà locali come le isole minori”.

“Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua potabile e di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del mare, la Fondazione UniVerde e Marevivo hanno da sempre coinvolto le istituzioni per ottenere norme adeguate. Si tratta di una questione urgente di carattere sanitario e ambientale che deve trovare una soluzione – osserva Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione UniVerde -. Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua potabile e di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del mare, la Fondazione UniVerde e Marevivo hanno da sempre coinvolto le istituzioni per ottenere norme adeguate. Si tratta di una questione urgente di carattere sanitario e ambientale che deve trovare una soluzione. Occorre una regolamentazione chiara e univoca sulla diffusione e sulla gestione dei dissalatori a terra e direttive più stringenti sugli scarichi di salamoia sulla costa, altamente inquinanti. L’ipotesi di adottare dissalatori mobili marini rappresenta una valida risposta sia al consumo di suolo da parte degli impianti fissi che alla necessità di tutelare flora e fauna marina. Questo è il senso dell’iniziativa di oggi e dell’appello che rivolgiamo a Governo e Parlamento per una efficace funzione di indirizzo, realizzando una VAS (valutazione ambientale strategica) ma anche per sostenere un’innovazione tecnologica ‘made in Italy’”.. “È da 38 anni che ci battiamo perché il mare sia ‘vivo’ e tra le tante attività abbiamo accolto anche le problematiche delle isole italiane minori riguardo il tema dei dissalatori. Per un anno, ci siamo riuniti assiduamente intorno a un tavolo insieme al Ministero, cercando delle linee guida da attuare per una corretta dissalazione, linee guida che sono state inserite anche all’interno della Legge Salvamare, che speriamo diventi subito attiva. Sappiamo tutti che la nostra salute dipende dalla salute del mare, quindi se il mare avrà problemi, anche noi non staremo bene”, evidenzia Carmen Di Penta, Direttore Generale di Marevivo.

Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, in collegamento video, ha assicurato attenzione e impegno nell’affrontare il tema della dissalazione, le sue implicazioni e l’alternativa rappresentata dai dissalatori mobili per il rifornimento delle isole minori. Più in generale, il Ministro ha posto l’accento sulla necessità di create le giuste condizioni per ottimali infrastrutture idriche, al fine di “trovare un punto di equilibro, la via giusta”, a un tema importante e urgente come quello della gestione della risorsa idrica. Patty L’Abbate, Vicepresidente della Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei Deputati, ha sottolineato l’importanza di proseguire l’iter legislativo sulla proposta di Legge quadro per lo sviluppo delle isole minori marine, lagunari e lacustri, che prevede di garantire il rifornimento idrico con l’uso di tecniche a basso consumo energetico, nonché con il recupero delle acque piovane con micro e fitodepurazione e il riutilizzo di acque reflue, opportunamente trattate, per essere usate in sicurezza in agricoltura, nell’ottica dell’economia circolare. Occorre programmare azioni chiare nel breve e lungo periodo, effettuare prevenzione e scegliere tecnologie adeguate considerando i metodi di valutazione degli impatti ambientali e le fragilità dei territori.

In rappresentanza dell’Associazione Nazionale Comuni Isole Minori è intervenuta Gian Piera Usai (Segretaria nazionale Ancim) che ha indicato la necessità di dare risposta ai temi del riuso dell’acqua e contro le perdite dalle condotte. Per contribuire a ridurre il rischio di alluvioni, la soluzione proposta dall’Associazione nazionale è quella di creare invasi per imbrigliare le acque torrenziali, oltre al rimboschimento di aree per arginare le frane e la perdita di suolo, senza dimenticare l’esigenza di regole edilizie più mirate. Per uno sviluppo integrato, che sia condizione per la realizzazione di progetti di efficientamento, ha rilanciato la proposta di un piano idrico nazionale per tutte le isole minori. A seguire, è stato proiettato il video del dissalatore mobile marino realizzato da Marnavi. Elasticità di impiego, qualità dell’acqua trattata – più pulita poiché presa al largo e in profondità -, difesa del paesaggio e delle fasce costiere in assenza di consumo di suolo, difesa del mare e degli ecosistemi in assenza del devastante impatto salino dovuto allo scarico concentrato di salamoia in un singolo punto – tipico degli impianti fissi – in quanto la riversa e disperde gradualmente in mare, anche sfruttando l’elica, durante la navigazione. Sono solo alcuni dei vantaggi derivanti dall’uso di dissalatori mobili marini rispetto ai dissalatori di terra che peraltro, in caso di fermo impianto, di improvvisi fabbisogni o di emergenza idrica, richiedono il ricorso al trasporto via mare di acqua potabile, ovvero un costo ulteriore. Senza considerare che l’iter autorizzativo per i dissalatori di terra richiede quasi sempre anni. Giuseppe Cavuoti (Dirigente Struttura di Missione per le Politiche del Mare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri), sottolineando che il diritto all’acqua rappresenta una estensione del diritto alla vita, ha rilanciato il primo Piano del mare, alla cui elaborazione e approvazione dovrà adempiere il Cipom. Il documento sarà pubblicato entro luglio e conterrà – per la prima volta nella storia del Paese – gli indirizzi strategici, per il prossimo triennio, in materia di tutela e valorizzazione della “risorsa mare” dal punto di vista energetico, ambientale, logistico, economico e delle relazioni istituzionali. Nello stesso, ha evidenziato Cavuoti, è previsto un intero capitolo dedicato al “sistema delle isole minori”. Nel corso del convegno sono state illustrate le relazioni tecniche di esperti e docenti di diverse Università italiane. Luca Lucentini (Direttore Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque, Istituto Superiore di Sanità) ha confermato il rispetto degli standard di qualità dell’acqua potabile prodotta dai dissalatori mobili marini. Francesco Aliberti (Professore Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Napoli Federico II) ha rimarcato gli impatti dello scarico dei dissalatori a terra nell’ambiente marino e i limiti per un reale monitoraggio, pre e post captazione, della qualità delle acque lungo la costa; nonché dei potenziali impatti sanitari dell’acqua potabile prodotta da impianti a terra. Roberto Danovaro (Professore ordinario presso l’Università Politecnica delle Marche) giudica utilissimo l’approvvigionamento di acqua potabile con i dissalatori mobili affermando nettamente la migliore qualità delle acque prelevate al largo. Danila Iacovelli (Docente Cattedra Unesco, Polimi – Sede di Mantova e Ricercatrice in Diritto amministrativo presso il Politecnico di Milano) ha sollecitato una riflessione sulle nuove teorie geocostituzionaliste che, pur minoritarie, mirano a riconoscere la priorità della natura, approdando all’idea di un rimodellamento dell’assetto costituzionale in funzione della tutela dell’ambiente, con conseguente assoggettamento del potere politico al rispetto della natura.

GASGAS punta a 10mila colonnine elettriche entro il 2030

GASGAS punta a 10mila colonnine elettriche entro il 2030Roma, 27 giu. (askanews) – GASGAS brucia le tappe. Sono stati infatti superati con sei mesi di anticipo gli obiettivi 2023. E ora si punta alle 10mila colonnine entro il 2030. Fondata nel 2021 da Alessandro Vigilanti, Stefania Menguzzato e Francesco Zorgno, la PMI innovativa ha completato due campagne di equity crowdfunding (sulla piattaforma CrowdFundMe) che le hanno permesso di raccogliere oltre 2 milioni di euro e intraprendere un percorso di crescita senza precedenti nel mercato italiano.

“I risultati di GASGAS vanno oltre le più rosee aspettative. Merito di un team affiatato, che ha saputo cogliere le opportunità e affrontare le sfide di un mercato in rapidissima evoluzione. Ad oggi abbiamo oltre 750 punti di ricarica in portafoglio su tutto il territorio nazionale, ma la nostra espansione continua. Abbiamo messo a punto un modello vincente e rodato che ci permette di essere estremamente efficienti e scalabili. Opportunamente finanziata, oggi GASGAS è in grado di sviluppare un portafoglio con 10mila punti di ricarica entro il 2030”, dice Alessandro Vigilanti, co-founder e Ceo di GASGAS. “Sono tantissime le richieste di collaborazione che riceviamo ogni mese e questo ci inorgoglisce, perché testimonia che il mercato ha imparato ad avere fiducia nel nostro lavoro. Nonostante i formidabili risultati ottenuti, siamo consapevoli che c’è ancora tanto da fare e siamo pronti ad accettare qualunque sfida, supportati dal fatto che il nostro lavoro non rappresenta solo lo sviluppo di un business, ma anche un impegno importante nel cammino che porta a un mondo più sostenibile e pulito”, ha spiegato Stefania Menguzzato, General Manager di GASGAS. Tra i Comuni che hanno scelto GASGAS nelle ultime settimane, Novara, San Gimignano e la Maddalena in Sardegna.

Edilizia, Asacert accreditato presso Concrete Sustainability Council

Edilizia, Asacert accreditato presso Concrete Sustainability CouncilRoma, 23 giu. (askanews) – Un passo avanti verso la sostenibilità certificata della filiera edile. Asacert annuncia l’accreditamento presso il Concrete Sustainaility Council (CSC), diventando Ente di Certificazione accreditato per l’Italia. Asacert è un Organismo di Certificazione e Ispezione specializzato nel settore delle costruzioni, con più di 20 anni di presenza sul mercato e specifiche competenze settoriali, sottoposte a continui e costanti aggiornamenti in relazione alle nuove metodologie e tecniche di auditing, all’evoluzione della normativa di settore e all’introduzione di nuovi schemi di certificazione, con l’obiettivo di garantire valutazioni tecniche sempre affidabili e aggiornate. Il Concrete Sustainability Council (CSC), è un sistema globale di certificazione per il calcestruzzo proveniente da fonti responsabili, progettato per aiutare le aziende ad ottenere informazioni sul livello a cui le aziende di calcestruzzo, cemento e aggregati operano dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. La certificazione include l’intera catena di fornitura del calcestruzzo: produttori di cemento, fornitori di aggregati e produttori di calcestruzzo. L’obiettivo del CSC è dimostrare come gli operatori stiano minimizzando gli impatti attraverso un approvvigionamento responsabile, essere riconosciuti dai principali sistemi internazionali per la valutazione della sostenibilità degli edifici (BREEAM, DGNB, LEED, OGNI) e valutati finanziariamente nelle politiche pubbliche di appalti verdi. Il calcestruzzo resta il materiale da costruzione più utilizzato al mondo ed è senza dubbio il più durevole, basti pensare al Pantheon o al Colosseo, esempi senza tempo della sua solidità. Creando un sistema di certificazione, il CSC promuove e diffonde consapevolezza sul calcestruzzo come materiale da costruzione sostenibile, per un futuro sicuro, duraturo e resiliente. ASACERT, come Organismo di Certificazione accreditato, entra a far parte di una community di partner dell’industria del calcestruzzo europei, statunitensi, sudamericani e asiatici e avrà l’opportunità dialogare sui temi della sostenibilità con clienti e Comitato Tecnico, partecipare alle Tavole Rotonde degli Organismi di Certificazione e all’Assemblea Generale di CSC, sviluppando un’influenza mondiale nel settore. “Vogliamo essere un valore aggiunto per le aziende. In questo senso la sostenibilità, uno dei capisaldi dell’attività di ASACERT, è ancora una volta la nostra missione ispiratrice. Essere un Organismo di Certificazione per il CSC è un ulteriore passo verso l’affermarsi dei tre pilastri della sostenibilità  – Environmental, Social, Governance – in linea con i principi di sviluppo sostenibile riconosciuti dalla comunità internazionale. Siamo convinti che l’edilizia debba fare la sua parte per garantire un futuro di benessere per le persone e per il pianeta”, è il commento di Fabrizio Capaccioli AD di Asacert. “Nuove azioni a tutela dell’ambiente, secondo criteri e rating oggettivi e comuni, affidati al vaglio di enti terzi. Questo segnerà il passo, farà la differenza tra ciò che è stato fino a ieri e ciò che dovrà necessariamente essere da oggi in poi. L’adesione al Concrete Sustainability Council rappresenta un riconoscimento per ASACERT da parte di una delle organizzazioni più influenti ed accreditate su questi temi, oltre che un ampliamento dei servizi che siamo in grado di offrire al mercato italiano”, conclude Capaccioli. 

Tempo di condizionatori, i consigli Enea per un uso efficiente

Tempo di condizionatori, i consigli Enea per un uso efficienteRoma, 23 giu. (askanews) – Il caldo si fa sentire e i condizionatori rappresentano un modo per rinfrescare le abitazioni. Importante però – evidenzia l’Enea – usarli in modo efficiente per migliorare il comfort, risparmiare in bolletta e salvaguardare l’ambiente.

“Il climatizzatore è tra gli elettrodomestici che incide maggiormente sulla bolletta, per questo è fondamentale in primo luogo verificarne l’efficienza, controllando che i filtri siano in perfette condizioni d’uso. Infatti, oltre a batteri, muffe e pollini, nei filtri si accumulano polveri che, ostruendo il flusso dell’aria, rendono più difficoltoso e dispendioso raggiungere la temperatura richiesta”, raccomanda Nicolandrea Calabrese, responsabile Laboratorio ENEA di Efficienza energetica negli edifici e sviluppo urbano. “Senza la giusta manutenzione – aggiunge – tutti i climatizzatori tendono a lavorare sotto sforzo, consumando fino al 30% in più di energia elettrica rispetto ai parametri di fabbrica. Oltre ai consumi più alti, il climatizzatore non manutenuto subisce un’usura maggiore, con un rischio più elevato di danneggiamento e necessità di ricorrere a interventi di manutenzione straordinaria”. Di seguito alcuni accorgimenti suggeriti da Enea per ottenere benefici ambientali e risparmi fino al 7% sul totale della bolletta elettrica.

Attenzione alla corretta manutenzione – Come qualsiasi altro elettrodomestico, anche il condizionatore richiede una pulizia e una manutenzione minima per funzionare correttamente per molto più tempo. Inoltre, è importante controllare la tenuta del circuito del gas. Enea ricorda che la normativa prevede l’obbligo del libretto impianto e di controlli periodici per gli impianti con una potenza superiore a 10 kW per quelli invernali e a 12 kW per quelli estivi. Oltre all’aspetto energetico, è importante sottolineare che è nei filtri dell’aria e nelle ventole il luogo dove più di frequente si annidano muffe e batteri dannosi per la salute, tra i quali il batterio della legionella che può essere mortale. Attenzione alla classe energetica – La scelta del condizionatore rappresenta un requisito chiave per diminuire i consumi ed evitare brutte sorprese in bolletta. Indipendentemente dalla tecnologia, sono sempre da preferire i modelli in classe energetica superiore alla A, in quanto, oltre a una riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, consumano molto di meno. Il consumo energetico annuo indicato sull’etichetta energetica è relativo a 1.400 ore di funzionamento in modalità riscaldamento e 350 in modalità raffrescamento, a cui è sommato il consumo di energia in altre modalità quali lo standby. Ad esempio, un modello in classe A+++ consumerà fino al 40% in meno di elettricità rispetto a uno di classe B.

Scegliere la tecnologia inverter – In un condizionatore con sistema di controllo inverter, la velocità di rotazione del compressore viene regolata costantemente e questo permette di avere prestazioni ottimali in qualsiasi condizioni di impiego, adeguando la potenza frigorifera e termica erogata all’effettiva necessità. Questi modelli, particolarmente funzionali quando si prevede di tenere accesa l’aria condizionata per molte ore di seguito, costano di più rispetto a quelli dotati di tecnologia on-off ma il consumo energetico e la rumorosità sono minori, a fronte di un maggior comfort all’interno degli ambienti serviti. Occhio agli incentivi – La legge di bilancio 2023 ha riconfermato anche per quest’anno l’agevolazione: per gli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 2023, il “bonus condizionatore” permette di beneficiare di una detrazione fiscale del 50% oppure del 65% a seconda dell’intervento realizzato e della tipologia di apparecchiatura acquistata: detrazione fiscale del 50% per l’acquisto di condizionatori effettuato nell’ambito di opere edilizie per ristrutturazione o manutenzione straordinaria; del 65% per l’acquisto di condizionatori a pompa di calore ad alta efficienza in sostituzione di uno di classe inferiore.

Attenzione alla posizione – In fase di installazione è importante collocare il climatizzatore nella parte alta della parete: l’aria fredda tende infatti a scendere e si mescolerà più facilmente con quella calda che invece tende a salire. Occorre evitare di posizionare il climatizzatore dietro divani o tende: l’effetto-barriera blocca la diffusione dell’aria fresca. Chiudere le persiane durante le ore più calde – È abitudine comune lasciare le persiane aperte anche quando non si è in casa, permettendo al calore di entrare attraverso gli infissi. Attivando il climatizzatore al rientro in casa, questo si trova a dover soddisfare un elevato fabbisogno di energia per raffrescare gli ambienti. Chiudere le persiane, abbassare le tapparelle o comunque schermare i serramenti nelle ore centrali delle giornate estive consente di ridurre gli apporti solari in ingresso all’abitazione e, conseguentemente, l’energia richiesta dai climatizzatori. Non raffreddare troppo l’ambiente e attenzione all’umidità – La normativa prevede che durante la stagione estiva la temperatura interna non deve scendere sotto i 24-26 gradi centigradi ma, il più delle volte, due o tre gradi in meno rispetto alla temperatura esterna sono già sufficienti. Spesso per scongiurare la sensazione di caldo opprimente può bastare l’attivazione della funzione “deumidificazione”, in quanto l’umidità presente nell’aria fa percepire una temperatura ben più elevata di quella reale. Ogni stanza ha bisogno del suo climatizzatore – Installare un condizionatore potente in corridoio sperando che rinfreschi l’intera abitazione è inutile: l’unico risultato sarà quello di prendersi un colpo di freddo ogni volta che si attraversa il corridoio andando da una stanza all’altra, in quanto sarà l’unico ambiente ad essere raffrescato. Non lasciare porte e finestre aperte – Il climatizzatore raffresca e deumidifica l’ambiente in cui è installato trasferendo il calore e l’umidità all’esterno. L’ingresso nella stanza di “nuova” aria calda obbliga l’apparecchiatura a compiere un lavoro supplementare per riportare la temperatura e l’umidità ai livelli richiesti, con un conseguente dispendio di energia. Coibentare i tubi del circuito refrigerante all’esterno dell’abitazione – Per evitare inutili dispersioni è necessario isolare termicamente i tubi del circuito refrigerante presenti all’esterno dell’abitazione. È inoltre opportuno assicurarsi che la parte esterna del climatizzatore non sia esposta al sole e alle intemperie. Usare il timer e la funzione ‘notte’ – Grazie a queste funzioni è possibile ridurre al minimo il tempo di accensione dell’apparecchio e aumentare il comfort. Inoltre, consentono di accendere e spegnere il climatizzatore anche a distanza e di tenerlo in funzione per il solo periodo di tempo in cui se ne ha realmente bisogno. La funzione “notte” o “sleep” regola, nelle ore notturne, la temperatura ambiente in modo da rispondere alla variazione della temperatura corporea. Fare un check-up alla propria casa – Chiedere a un tecnico di effettuare una diagnosi energetica dell’edificio è il primo passo utile per valutare lo stato dell’isolamento termico di pareti e finestre e l’efficienza degli impianti di climatizzazione. La diagnosi suggerirà gli interventi da realizzare valutandone il rapporto costi-benefici. Oltre ad abbattere i costi per la climatizzazione estiva degli ambienti anche fino al 40%, gli interventi sono ancora più convenienti se si usufruisce delle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici.

Agenda 2030 e il diritto all’acqua delle Isole minori

Agenda 2030 e il diritto all’acqua delle Isole minoriRoma, 23 giu. (askanews) – Anche le tecnologie della dissalazione evolvono. L’approvvigionamento idrico sicuro e sostenibile dei dissalatori mobili marini consente di tutelare gli ecosistemi delle isole minori e anche di risparmiare. Questi i principali punti di confronto che verranno approfonditi al convegno “Agenda 2030 e il diritto all’acqua delle Isole minori. Le alternative sostenibili per un rifornimento idrico di qualità e amico del mare” realizzato da Fondazione UniVerde e Marevivo in collaborazione con la Città Metropolitana di Roma Capitale e con il patrocinio di ANCIM – Associazione Nazionale Comuni Isole Minori, che si svolgerà martedì 27 giugno, ore 10:30, presso Sala Di Liegro di Palazzo Valentini in Roma (Via IV Novembre 119/A) e trasmesso in diretta streaming su Radio Radicale.

L’evento, promosso con la media partnership di Radio Radicale, Askanews, Italpress, TeleAmbiente, Opera2030, SOS Terra, rappresenta un’occasione di confronto con il nuovo Governo e Parlamento per valutare scenari alternativi all’utilizzo dei dissalatori a terra sulle isole minori, in particolare concentrando l’attenzione sui dissalatori mobili come innovativa risposta, efficace e sostenibile sia dal punto di vista ambientale che economica, alla domanda idrica delle isole minori, anche nei periodi di alta stagione o in caso di emergenza. Dopo il saluto di benvenuto di Pierluigi Sanna (Vicesindaco della Città Metropolitana di Roma Capitale) seguiranno le introduzioni a cura di Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente della Fondazione UniVerde) e Carmen Di Penta (Direttore Generale Marevivo). Sarà proiettato il video del dissalatore mobile marino realizzato da Marnavi.

Alla relazione introduttiva di Giuseppe Nerio Carugno (Segretario Generale della Fondazione UniVerde) faranno seguito gli interventi di: Gilberto Pichetto Fratin (Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica), Federico Cafiero de Raho (Vicepresidente Commissione “Giustizia”, Camera dei Deputati), Patty L’Abbate (Vicepresidente Commissione “Ambiente, territorio e lavori pubblici”, Camera dei Deputati), Giuseppe Cavuoti (Dirigente Struttura di Missione per le politiche del mare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri), Gian Piera Usai (Segretaria Nazionale ANCIM), Luca Lucentini (Direttore Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque, Istituto Superiore di Sanità), Francesco Aliberti (Professore Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Napoli Federico II), Roberto Danovaro (Professore ordinario presso l’Università Politecnica delle Marche), Danila Iacovelli (Docente Cattedra Unesco, Polimi – Sede di Mantova e Ricercatrice in Diritto amministrativo presso il Politecnico di Milano). Modera Alessio Falconio (Direttore di Radio Radicale). All’iniziativa sono invitati i Sindaci dei Comuni delle Isole Minori.