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Lo stress dei pesci segnala la qualità dell’ambiente acquatico

Lo stress dei pesci segnala la qualità dell’ambiente acquaticoRoma, 3 ott. (askanews) – È possibile comprendere lo stato di un ambiente acquatico misurando il livello di stress subìto dai pesci? Un gruppo di ricerca congiunto dell’Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche ha messo a punto un metodo analitico per individuare nell’epidermide e nelle scaglie dei pesci le molecole legate allo stress, come cortisolo e cortisone. Il risultato è stato pubblicato dalla rivista scientifica “Science of the Total Environment”.

Il “check-up” diventa ancora più interessante quando riguarda specie fragili, che richiedono specifiche condizioni ambientali per la sopravvivenza e che quindi possono essere messe a rischio da stress eccessivi. Tra queste specie, classificate dalla Direttiva Habitat del 1992, – informa Ca’ Foscari – c’è un piccolo pesce privo di rilevanza commerciale e presente nella Laguna di Venezia, Aphanius fasciatus. Le ricercatrici e i ricercatori hanno analizzato alcuni esemplari di questo pesce “sentinella”. “La presenza di questo pesce e le sue condizioni fisiologiche possono essere considerate sentinelle di variazioni di condizioni ambientali anche dovute all’attività antropica”, spiega Luca Altavilla, dottorando in Scienze ambientali e coautore dello studio. I livelli di cortisolo e il cortisone presenti nel film di epidermide che ricopre le scaglie permettono di studiare lo stress acuto, cioè come il pesce reagisce a stimoli improvvisi. La concentrazione degli stessi ormoni nelle scaglie, invece, può dare informazioni sullo stato cronico, quindi sulle condizioni ambientali in cui ha vissuto il pesce.

“Per la prima volta abbiamo misurato cortisolo e cortisone in Aphanius fasciatus – spiega Giovanna Mazzi, dottoranda in Scienze ambientali e coautrice dello studio – possiamo quindi dire che oggi è possibile osservare, separatamente, lo stress acuto e lo stress cronico dei pesci come misura per comprendere la qualità e i cambiamenti dell’ambiente acquatico locale. Il metodo che abbiamo sviluppato si può replicare per altre specie”. Il metodo prevede l’utilizzo della cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa tandem (HPLC-MS/MS), che permette analisi quantitative di bassissime concentrazioni con elevata precisione e accuratezza. Tra le innovazioni del nuovo metodo rispetto a quelli tradizionali, infatti, c’è anche la piccola quantità di materiale richiesto per l’analisi (50 mg), le bassissime concentrazioni che possono essere misurate nei campioni (ng/mg) e un completo processo di validazione del metodo analitico.

Lo studio, condotto nel Dipartimento di Scienze Ambientali Informatica e Statistica di Ca’ Foscari, nasce dalla collaborazione tra il gruppo di Chimica Analitica Ambientale coordinato dal professor Andrea Gambaro (con il ricercatore Matteo Feltracco, le dottorande Giovanna Mazzi e Marta Bortolini, e la laureanda Agata Alterio), il gruppo di Zoologia con il professor Stefano Malavasi e il dottorando Luca Altavilla e l’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche con la ricercatrice Elena Barbaro. La ricerca continua per meglio identificare il nesso tra condizioni ambientali e stress, ad esempio nel caso di attività umane che possono creare disturbo alla fauna ittica o presenza di particolari inquinanti o, ancora, stress termico dovuto anche ai cambiamenti climatici.

Ispra, rifiuti nei fiumi italiani: primeggia la plastica (85%)

Ispra, rifiuti nei fiumi italiani: primeggia la plastica (85%)Roma, 28 set. (askanews) – I rifiuti non risparmiano i fiumi italiani in cui galleggiano soprattutto oggetti in plastica che costituiscono l’85% dei rifiuti rilevati, per il 35% si tratta di plastica monouso.

É quanto emerge dai risultati di un’attività di monitoraggio – durata 12 mesi e svolta da Ispra in collaborazione con la Fondazione Sviluppo Sostenibile e Nauta srl – dei macro rifiuti galleggianti di grandezza maggiore di 2,5 cm su 12 fiumi in Italia: Adige, Agri, Magra, Misa, Neto, Ombrone, Pescara, Po, Reno, Sarno, Simeto e Tevere. I risultati preliminari, presentati oggi presso l’Ispra, evidenziano che i fattori che più influenzano la presenza dei rifiuti dispersi negli ambienti fluviali derivano da insediamenti urbani. L’attività è inserita all’interno dell’Accordo Operativo tra il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e Ispra nell’ambito dei monitoraggi per la Direttiva Quadro sulla Strategia Marina, e ha l’obiettivo di aumentare le conoscenze sull’origine e le modalità di arrivo dei rifiuti in mare, arricchendo l’esperienza già maturata da Ispra in 8 anni di monitoraggio dei rifiuti fluviali alla foce del Tevere.

Per un anno, seguendo un protocollo di ricerca sistematico, sono stati raccolti dati relativi al trasporto di macro litter da parte dei fiumi da postazioni fisse su ponti, localizzati in prossimità della foce. Sono state inoltre studiate le dinamiche di spostamento degli oggetti nei fiumi prima del loro arrivo al mare, rilevando il percorso e la velocità media, grazie all’utilizzo di tracciatori GPS inseriti in contenitori che simulano il comportamento di plastiche galleggianti trasportate dall’acqua. La larga maggioranza (circa l’85%) degli oggetti avvistati sono costituiti da materiali di plastica, seguiti dagli oggetti di carta (circa 5%) e di metallo (3%). Inverno e primavera le stagioni con il maggior numero di oggetti avvistati. La maggior parte dei rifiuti deriva da attività legate alla produzione e consumo di alimenti, anche se per molti oggetti non è stato possibile identificarne l’uso originale a causa della dimensione estremamente ridotta dei frammenti rilevati.

I tracciatori rilasciati nei fiumi hanno invece evidenziato come lo spostamento sia quasi sempre intermittente, con un forte effetto di intrappolamento lungo il corso del fiume. I rifiuti vengono nuovamente mobilizzati da significative variazioni di portata, ma generalmente compiono percorsi brevi, fermandosi in numerose aree di accumulo differenti prima di giungere a mare. I monitoraggi proseguiranno, anche con il coinvolgimento del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e permetteranno di avere i trend dei quantitativi di rifiuti dispersi nei fiumi, per modulare le misure per la loro riduzione.

Stili di vita sostenibili? Ecco la web app che li misura

Stili di vita sostenibili? Ecco la web app che li misuraRoma, 25 set. (askanews) – La sostenibilità degli stili di vita si può misurare ora con un test. Il progetto Horizon PSLifestyle, che ha tra i suoi partners la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, ha varato un nuovo test per aiutare i cittadini europei ad assumere comportamenti più sani e sostenibili, riducendo così il proprio impatto ambientale. Il test, sotto forma di web-app completamente gratuita, è stato appena lanciato in otto Paesi europei: Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Slovenia e Turchia. Si tratta ancora di una versione preliminare, che potrà essere migliorata nei prossimi mesi anche grazie ai suggerimenti degli utenti. L’obiettivo finale di PSLifestyle è che la web app sia utilizzata da almeno 5 milioni di cittadini europei. Sottoponendosi al test, le persone possono rendersi conto del loro impatto quotidiano sull’ambiente e trarre ispirazione da consigli personalizzati e puntuali basati sulle loro scelte di vita. La web app punta molto sulla semplicità di utilizzo e sulla facilità comunicativa: ciascuno potrà costruire il proprio piano personale, comprendere gli effetti di alcune scelte sull’ambiente, e monitorare i propri progressi. Le informazioni derivanti dalle risposte e dalle indicazioni individuali confluiranno inoltre in un pool di dati anonimi che aiuteranno ricercatori, amministratori e decisori politici a implementare strategie e iniziative utili a facilitare una maggiore diffusione di comportamenti green. “Ognuno di noi – ha affermato Markus Terho, responsabile del progetto PSLifestyle e direttore del progetto presso il Fondo Finlandese per l’Innovazione – Sitra – può trovare il proprio modo di vivere una vita positiva e sostenibile. Siamo davvero entusiasti di presentare un nuovo test sullo stile di vita che è stato sviluppato congiuntamente in otto Paesi europei. Mitigare il cambiamento climatico è una sfida globale di enorme portata ed è necessario il contributo di tutti”. “I laboratori – ha osservato Giuseppe Dodaro, responsabile del progetto per la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – sono stati estremamente utili, fornendo a noi tecnici indicazioni preziose su come veicolare informazioni complesse e su quali sono gli ostacoli, talvolta apparentemente banali, che impediscono a un normale cittadino di assumere comportamenti più rispettosi dell’ambiente. Gli obiettivi di neutralità climatica della UE non possono essere raggiunti solo attraverso la definizione di politiche di lungo periodo, è necessario incrementare da subito il contributo dei singoli, aumentando il livello di consapevolezza sulla crisi climatica e mostrando con chiarezza l’importanza anche di piccoli gesti quotidiani”. Il nuovo test sullo stile di vita del progetto PSLifestyle è stato co-creato negli ultimi due anni, attraverso una serie di Living Labs organizzati in tutti i Paesi partners. I partecipanti si sono confrontati e hanno potuto contribuire alla progettazione del test sugli stili di vita valutandone le caratteristiche e suggerendo implementazioni e miglioramenti, anche relativi alla grafica e alla semplicità di utilizzo. Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (https://www.fondazionesvilupposostenibile.org/) e GreenApes (https://www.greenapes.com), unici partners italiani del progetto, hanno realizzato Living Labs in diversi contesti, coinvolgendo imprese, amministratori, cittadini. Il progetto PSLifestyle continuerà il suo percorso verso la co-creazione di stili di vita positivi e sostenibili e prevede la realizzazione di altri workshop e ulteriori iniziative di partecipazione nel corso del 2024. L’obiettivo è quello di rendere ancora più accurato lo strumento e di raccogliere spunti e soluzioni innovative per migliorare la personalizzazione e incrementare la diffusione in tutta la UE. Il test è disponibile su Lifestyletest.eu. Per saperne di più sul progetto PSLifestyle, si può visitare il sito pslifestyle.eu, seguire gli aggiornamenti su Twitter e Linkedin e rivolgersi al responsabile Markus Terho (SITRA) all’indirizzo info@pslifestyle.eu.

Energia, Enea-Cti: migliorano prestazioni immobili certificati

Energia, Enea-Cti: migliorano prestazioni immobili certificatiRoma, 22 set. (askanews) – Migliorano ancora e in maniera significativa le prestazioni energetiche del parco edilizio nazionale certificato. È quanto emerge dal IV Rapporto annuale sulla certificazione energetica degli edifici realizzato da Enea e Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente (Cti) sulla base di circa 1,3 milioni di attestati di prestazione energetica (Ape) registrati nel Siape (Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica) ed emessi nel 2022 da 17 Regioni e 2 Province Autonome.

Il report – informa una nota – evidenzia una diminuzione percentuale degli immobili nelle classi energetiche peggiori F e G (-3,7%), a fronte di uno speculare aumento di quelli nelle classi più performanti A4-B (+3,7%). Tuttavia, la distribuzione per classe energetica conferma che circa il 55% dei casi censiti sono caratterizzati da prestazioni energetiche basse (classi F-G). In particolare, la quota più consistente di attestati è stata emessa dalla regione Lombardia (20,5%), seguita da Lazio (9,6%) e Veneto (8,4%). Gli Ape collegati a passaggi di proprietà e locazioni risultano in lieve flessione, pur continuando a rappresentare oltre l’80% del campione analizzato. Aumentano in percentuale le riqualificazioni energetiche e le ristrutturazioni profonde, che rappresentano rispettivamente il 5,7% e il 4,1% degli Ape emessi nel 2022 (+1,5% per entrambe rispetto al 2021); stati oltre 17 mila gli Ape registrati nel Siape nella categoria Edifici a energia quasi zero (NZEB – Nearly Zero-Energy Buildings) tra il 2015 e il 2022.

La principale novità di questa edizione è la sezione del rapporto dedicata a nuovi strumenti e metodi di analisi per il miglioramento della qualità degli Ape, in particolare per il potenziamento delle metodologie di controllo da parte del certificatore sia durante la fase di predisposizione dell’Ape che in quella successiva. Sono stati approfonditi, inoltre, i temi relativi all’implementazione del Catasto Energetico Unico (CEU) regionale, il ruolo del Portale nazionale per la Prestazione Energetica degli Edifici (PnPE2) e delle altre applicazioni informatiche predisposte da Enea. La digitalizzazione degli Ape risulta fondamentale per individuare le aree con maggiore necessità di intervento, in funzione delle diverse realtà territoriali, e per offrire al cittadino un set più completo di informazioni, grazie anche all’ausilio di sportelli unici digitalizzati (one stop shop).

Il rapporto, infine, analizza i risultati di un questionario somministrato a un campione di circa 80 soggetti, tra associazioni, consorzi e ordini professionali, che hanno espresso il loro punto di vista su diversi aspetti del sistema di certificazione energetica nazionale, soprattutto in merito alle proposte di revisione della Direttiva EPBD sulla prestazione energetica degli edifici. “Il significativo aumento dei costi energetici e la crisi climatica in atto rappresentano problematiche sempre più stringenti che rendono ancora più necessari gli interventi per il miglioramento energetico degli edifici”, sottolinea il presidente Enea, Gilberto Dialuce. “In questo contesto il Rapporto rappresenta un ulteriore sforzo congiunto di Enea e Cti per migliorare la qualità del quadro d’insieme del patrimonio immobiliare privato e pubblico, anche alla luce delle decisioni sulla nuova Direttiva EPBD che a breve verranno prese in sede Ue. Una sinergia indispensabile anche per la definizione delle strategie di intervento nel settore a livello nazionale e territoriale, e per un orientamento più mirato e stabile nel tempo degli investimenti necessari e dei relativi sistemi di incentivazione”, conclude Dialuce.

“La nuova edizione del Rapporto vuole rappresentare uno strumento di lavoro sempre aggiornato e in continua evoluzione per supportare chi deve o vuole definire strategie, misure e azioni sul parco edilizio nazionale in linea con gli sfidanti obiettivi che ci impongono la transizione energetica e la decarbonizzazione”, evidenzia il Presidente del Cti, Cesare Boffa. “Questo nuovo capitolo della collaborazione tra Enea e Cti mette in luce il processo di miglioramento continuo delle informazioni che possono essere raccolte, analizzate e trasmesse alla Pubblica Amministrazione e agli operatori interessati”, conclude Boffa.

Rinoceronti, Wwf: minacciati dal bracconaggio, ma anche dal clima

Rinoceronti, Wwf: minacciati dal bracconaggio, ma anche dal climaRoma, 22 set. (askanews) – Oggi si celebra la Giornata mondiale del rinoceronte, di cui si contano oggi in tutto 26.000 esemplari con tre specie su cinque classificate “in pericolo critico” e tutte minacciate dal bracconaggio in aumento in diverse regioni.

In Namibia, che ospita il maggior numero di rinoceronti neri al mondo, , – segnala il Wwf – si è registrato un devastante aumento del bracconaggio. Nel 2022, 87 rinoceronti sono stati uccisi in Namibia per i loro corni (61 appartenevano alla specie più rara, il rinoceronte nero), un sorprendente aumento del 93% rispetto alla cifra del 2021, quando ne furono uccisi 45 (fonte: Ministero dell’Ambiente, delle Foreste e del Turismo (MEFT). Dei rinoceronti uccisi nel 2022, 46 si trovavano nel famoso Etosha National Park, che vanta la presenza di squadre anti-bracconaggio finanziate dal governo. Dopo il 2015, a quando furono uccisi 101 esemplari, sembrava che il bracconaggio fosse sotto controllo. Anche il Sudafrica continua a lottare contro le devastanti perdite causate dal bracconaggio ai rinoceronti bianchi all’interno delle riserve. Nemmeno i grandi parchi nazionali di questo paese – come il Kruger National Park – sono al sicuro. In Sudafrica la popolazione di rinoceronte nero conta oggi circa 2.000 individui, 6.000 in tutto il continente africano (erano circa 100mila all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso). Per permettere al rinoceronte nero di espandere il suo areale il Wwf ha realizzato negli anni scorsi vere e proprie “traslocazioni”, con l’obiettivo di spostare alcuni individui in altre aree e creare così le condizioni per la nascita di nuove popolazioni vitali. Dal 2003 sono 234 i rinoceronti neri “traslocati” nei nuovi siti di progetto e 15 le nuove popolazioni create in Sudafrica, su oltre 340.000 ettari. Dal 2019 alcuni individui sono stati traslocati anche in Malawi, nel Liwonde National Park.

Nonostante tutto, – prosegue il Wwf – secondo l’ultima valutazione dello “State the Rhino 2023” pubblicato da International Rhino Foundation, il rinoceronte nero e il rinoceronte indiano mostrano un trend positivo (ovvero un aumento del numero di individui) grazie probabilmente ad una più stringente applicazione delle leggi contro i crimini verso la fauna promosse anche dal WWF. Il rinoceronte bianco e quello di Sumatra stanno registrando invece un preoccupante calo, mentre il trend della popolazione di rinoceronte di Giava appare stabile, seppure questa specie risulti ancora in pericolo critico di estinzione. Le minacce principali alla base del declino di queste specie sono il bracconaggio per il prezioso corno (molti rinoceronti vengono ancora uccisi illegalmente per il commercio del corno nel mercato nero) e la perdita di habitat, ma oggi anche il cambiamento climatico pesa in maniera preoccupante sul futuro di questi animali. Siccità e carenza d’acqua ne mettono a rischio la sopravvivenza, anche per la competizione per le sempre più scarse risorse idriche che si instaura tra i grandi erbivori e le comunità umane. Inoltre, la povertà derivante dalla perdita dei raccolti (sempre dovuta alla siccità) può portare ad una crescita esponenziale del bracconaggio, che vede nel commercio illegale del corno una drammatica fonte alternativa di reddito.

Incrementare gli sforzi per il controllo del territorio e dei crimini contro questa specie, garantire ai rinoceronti un habitat integro e lavorare per una pacifica coesistenza tra questi animali e le comunità locali sono le sfide che dobbiamo vincere per non perdere queste specie iconiche simbolo della biodiversità di Africa e Asia.

Incendi, ricerca Cnr sulla resilienza degli ecosistemi

Incendi, ricerca Cnr sulla resilienza degli ecosistemiRoma, 21 set. (askanews) – Possiamo determinare la resilienza agli incendi di diversi tipi di ecosistemi a partire dalle caratteristiche delle piante che li compongono? Quale ruolo giocano gli adattamenti che le piante hanno sviluppato? A questi interrogativi ha risposto, in una ricerca pubblicata su The American Naturalist, un gruppo internazionale composto da ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche – con l’Istituto di geoscienze e georisorse di Pisa (Cnr-Igg) e l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima di Torino (Cnr-Isac), e le Università di Reading (Regno Unito) e Uned (Madrid).

I ricercatori partono dall’analisi di un fattore fondamentale per determinare la resilienza agli incendi di boschi, foreste e praterie: la capacità delle piante di ricrescere dopo un incendio. Quanto più la risposta delle piante è “forte”, infatti, tanto più le foreste saranno resilienti: tuttavia, il cambiamento climatico in atto potrebbe avere un impatto significativo su queste dinamiche. “Gli incendi boschivi -che specie in estate devastano vaste porzioni di territorio- sono, in realtà, fenomeni che hanno giocato un ruolo fondamentale nell’evoluzione delle piante, in oltre 400 milioni di anni”, spiega Mara Baudena, ricercatrice del Cnr-Isac e autrice senior del lavoro. “Alcune piante hanno sviluppato particolari adattamenti che permettono loro di sussistere in ambienti incendiabili e di approfittare degli incendi per proliferare. Per esempio, i lecci mediterranei – e come loro anche molte altre specie di alberi- possono ricrescere dalle loro radici dopo la combustione totale del fusto; le pigne di alcuni pini si aprono soltanto dopo un incendio, stimolate dalla combustione. Tutte queste caratteristiche, che una pianta può o meno possedere, regolano la sua risposta agli incendi. In passato diversi tipi di risposta hanno permesso alle piante di sopravvivere al fuoco, ma le regole del gioco stanno cambiando per via del cambiamento climatico”.

Nello studio è stato sviluppato un modello matematico che ha permesso di riprodurre le interazioni fondamentali tra piante ed incendi in diverse aree del mondo: “Le simulazioni fatte con questo modello hanno mostrato che la resilienza delle foreste boreali, mediterranee e tropicali dipende dalla capacità delle piante dominanti di rispondere agli incendi. Se queste possiedono scarse capacità di risposta all’incendio, come nel caso delle foreste pluviali, anche un solo incendio potrebbe essere sufficiente per prevenire la ricrescita di questi alberi, portando ad un cambiamento radicale dell’ecosistema. Viceversa, quando la risposta agli incendi della pianta dominante è forte, come nelle nostre leccete mediterranee, le foreste sono molto resilienti: una caratteristica, questa, oggi messa a dura prova dagli stravolgimenti climatici, che rendono la capacità di risposta meno efficiente”, continua Marta Magnani ricercatrice del Cnr-Igg e prima autrice del lavoro. La ricerca ha implicazioni pratiche per quanto attiene alla gestione delle foreste: secondo gli autori, infatti, tenere conto della capacità di risposta agli incendi degli alberi diventa particolarmente strategico per scegliere le specie più adatte ai rimboschimenti: l’albero “giusto” può garantire la ripresa dell’ecosistema anche in relazione ai sempre più frequenti incendi del nostro Paese.

Lo studio, inoltre, indaga anche le relazioni tra incendi e biodiversità osservando che, in alcuni ecosistemi come le savane africane, gli incendi possono addirittura avere ricadute positive sulla biodiversità, perché favoriscono il ricambio e la diversificazione della vegetazione. Questo studio fornisce un tassello fondamentale per la comprensione delle relazioni che esistono tra incendi e biodiversità, argomento di uno dei tavoli di lavoro avviato nel contesto del centro nazionale per la biodiversità, un progetto del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Ambiente, censiti 25.051 rifiuti in 57 parchi urbani e 7 fiumi

Ambiente, censiti 25.051 rifiuti in 57 parchi urbani e 7 fiumiRoma, 20 set. (askanews) – Rifiuti abbandonati di ogni tipo e forma sono la piaga che affligge sempre di più parchi urbani e fiumi italiani. A scattare la fotografia con dati e numeri è la doppia indagine, “Park e River Litter 2023”, realizzata da Legambiente in vista del week end di mobilitazione di Puliamo il Mondo 2023 – in programma dal 22 al 24 settembre – e della giornata mondiale dei fiumi.

Sono ben 25.051 i rifiuti totali censiti in 57 parchi urbani della Penisola e sulle sponde di 7 fiumi monitorati dai volontari dell’associazione ambientalista. Un dato preoccupante che si traduce per le 57 aree verdi urbane di 15 città – Ancona, Bari, Cagliari, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Pescara, Pineto (TE), Potenza, Pozzuoli (NA), Sasso di Castalda (PZ), Torino, Trivento (CB), Verona – in 22.442 rifiuti raccolti e catalogati in un’area di circa 7.000 mq equivalente a 27 campi da tennis, con una media di circa 3 rifiuti ogni metro quadrato, e per i corsi d’acqua una media di 326 rifiuti ogni 100 metri lineari in un’area campionata totale di circa 8.600 mq (un’area pari a 33 campi da tennis). In entrambi i casi, il materiale più trovato è la plastica (che si attesta rispettivamente al 62% e 61%). Tra i rifiuti a farla da padrone sono soprattutto i mozziconi di sigaretta, prodotti usa e getta e imballaggi e frammenti di plastica. Di fronte a questa fotografia Legambiente torna a ribadire l’importanza di adottare comportamenti corretti, a partire da una corretta separazione e raccolta differenziata, e invita tutti a partecipare al week-end di mobilitazione della 31esima edizione di “Puliamo il mondo”, in programma il 22, 23 e 24 settembre in tutta la Penisola al motto “Per un clima di pace”. Edizione italiana di Clean up the World, che Legambiente organizza dal 1993, anche quest’anno la tre giorni di Puliamo il mondo vedrà in azione dal nord al sud del Paese centinaia di migliaia volontari – tra studenti, associazioni, comitati e amministrazioni locali – ripulire strade, piazze, aree verdi, ma anche spiagge e sponde dei fiumi dai rifiuti abbandonati. (Tutte le info sugli appuntamenti su www.puliamoilmondo.it).

Nei 57 parchi pubblici monitorati da Legambiente per l’indagine Park litter sono stati effettuati un totale di 70 transetti di monitoraggio di 100 metri quadrati ciascuno, per un totale di 7.000 mq. Il tutto è stato possibile grazie a 362 volontari appartenenti a 17 circoli o regionali di Legambiente. La maggior parte dei rifiuti rinvenuti, oltre alla categoria dei rifiuti da fumo (43% del totale dei rifiuti monitorati) in cui ricadono i mozziconi di sigaretta, c’è quella riconducibile ai prodotti “usa e getta” (piatti, posate e bicchieri di plastica ma anche cannucce, contenitori per cibo e fazzoletti) e quelle degli “imballaggi” (bottiglie di plastiche e vetro, tappi e linguette di latine, sacchetti di dolciumi) che rappresentano rispettivamente il 16% (3.648 pezzi) e il 24% del totale (con 5.363 pezzi). L’indagine River Litter offre i dati degli 8 campionamenti effettuati su 7 fiumi italiani (due in Abruzzo, uno sul Vomano e uno sul Sangro; due in Campania sul lago d’Averno; uno in Lombardia sul Lambro; uno nelle Marche sull’Esino; uno in Piemonte sul Tanaro; uno in Veneto sull’Adige). Il materiale più trovato è la plastica (61%) seguita a lunga distanza da vetro/ceramica (12%), tessili (10%), metallo (7%), carta/cartone (6%), gomma (3%).

Per quanto riguarda invece la top 5 dei rifiuti più trovati: al primo posto ci sono i mozziconi di sigarette (15 %) trovati in tutti i transetti monitorati. A seguire: i frammenti di plastica (12%), rifiuti tessili (9%), materiale da attività di costruzione e demolizione (8%). Al quinto posto frammenti di polistirolo con dimensioni inferiori a 50 cm (7%). In nessuna delle aree monitorate sono presenti cestini. Come punti principali di accumulo di rifiuti sono stati identificati le sponde stesse dei fiumi e in 3 casi sono state segnalate discariche abusive (Vomano, Sangro ed Esino).

Ambiente, Acampora (Confcommercio): puntare su risorsa mare

Ambiente, Acampora (Confcommercio): puntare su risorsa mareRoma, 14 set. (askanews) – “Se oggi siamo chiamati a parlare di sostenibilità, dobbiamo tenere a mente che questa va portata avanti guardando alle prospettive e allo sviluppo del territorio in un quadro nazionale ed europeo. E le esperienze e le progettualità di primo piano che state portando avanti a Trieste, in piena osmosi con il territorio, rappresentano un modello di avanguardia del cambiamento, cui noi guardiamo con grande rispetto”. Così il Presidente della Camera di Commercio Frosinone Latina e Delegato Confcommercio nazionale alla Transizione ecologica e sostenibilità, Giovanni Acampora, ha aperto il suo intervento al Convegno “Transizione ecologica ed energetica: quali opportunità per le imprese?” – L’approccio di Confcommercio al cambiamento climatico e alle nuove sfide della crisi energetica. Un incontro tenutosi nella mattinata di oggi, giovedì 14 settembre, a Triste, presso la Sala Maggiore della CCIAA Venezia Giulia. “Sono fermamente convinto – ha evidenziato Acampora – che il ruolo delle istituzioni e delle Associazioni sia fondamentale perché un’agenda della sostenibilità si possa scrivere e realizzare. Ma deve essere un’agenda percorribile con tempi certi, ingenti investimenti e che tenda al progresso. Si tratta di una sfida che coinvolge tutti noi. In quest’ottica, mi preme citare, quale best practice, il progetto Imprendigreen di Confcommercio lanciato lo scorso anno e che ha coinvolto oltre 1000 imprese. Oggi ci poniamo una domanda: quali opportunità la sostenibilità offre alle imprese? La risposta è che prima di tutto alle imprese bisogna far comprendere che la sostenibilità è un beneficio per il loro business e per l’intera comunità in cui operano”.

Poi Acampora ha evidenziato: “Non si può parlare di transizione ecologica senza guardare al mare. Così come non si può parlare di sostenibilità, in una città come Trieste, che affaccia interamente su uno splendido golfo, senza parlare di sostenibilità del mare. Nell’Economia del Mare italiana, europea e mondiale c’è un driver sempre più centrale che è quello della sostenibilità e lo dimostrano i dati dell’XI Rapporto Nazionale, elaborato su dati Istat, Ateco e Infocamere dal Centro Studi Tagliacarne di Unioncamere – tra i pochi soggetti riconosciuti dal Sistema Statistico Nazionale – in cui emerge che le imprese blu che hanno ridefinito i processi produttivi in chiave sostenibile sono il doppio rispetto alla media delle imprese italiane. Il Rapporto mette a disposizione un quadro conoscitivo puntuale della nostra Economia del Mare e delle 7 principali filiere che la compongono (cantieristica e industria nautica, attività sportive e ricreative, movimentazione di merci e passeggeri via mare, servizi di alloggio e ristorazione, industria delle estrazioni marine, ricerca regolamentazione e tutela ambientale). Ecco, il Rapporto Nazionale dimostra come l’Italia non sia seconda a nessuno in Europa; per questo siamo al lavoro con l’Ue per armonizzare i criteri di osservazione, partendo dalla buona pratica italiana portata avanti dal sistema delle Camere di commercio e già riconosciuta anche dalla Commissione e dal Parlamento Europei. Io mi sento orgogliosamente italiano e fortemente europeista e, considerato che l’Europa, nelle sue analisi di settore, non tiene ancora conto di tutte le 7 filiere, occorre integrare i dati. Nell’Economia del Mare le istituzioni hanno il dovere di garantire a tutto il sistema associativo, a tutte le imprese e a tutti gli stakeholder del mare il più elevato coinvolgimento, assicurando che nessuno sia escluso, dai più piccoli ai più grandi, in ogni percorso ideativo, progettuale e attuativo, senza oneri di sorta”.

Tema analizzato dal Presidente Acampora nel corso del suo intervento è stato anche quello legato al fronte del caro energia: “Siamo riusciti ad ottenere numerosi e rilevanti risultati, ne cito due fra tutti l’annullamento temporaneo degli oneri generali di sistema e la proroga e il potenziamento dei crediti d’imposta “energetici”. Sempre sul tema del caro energia, abbiamo anche rafforzato la collaborazione con Enea allo scopo di stimolare la nascita di comunità energetiche rinnovabili (CER) che sono uno strumento fortemente innovativo di approvvigionamento e condivisione dell’energia a vantaggio di famiglie e imprese su tutto il territorio nazionale. Quello che vogliamo realizzare sono veri e propri progetti pilota sul territorio che avranno come protagoniste proprio le nostre imprese. Dobbiamo fare tutti un salto di qualità, perché bisogna creare le condizioni per guidare le imprese in un percorso di crescita green, che impone di rimodulare i modelli di business verso modelli sostenibili e rigenerativi. I cambiamenti climatici in atto obbligano – ha concluso Acampora – ognuno di noi ad assumersi la propria responsabilità, con la consapevolezza che siamo tutti coinvolti in questo percorso: istituzioni, imprese e cittadini e nessuno è esonerato dal cambiamento”.

Enea, al via conferenza su celle a combustibile e idrogeno

Enea, al via conferenza su celle a combustibile e idrogenoRoma, 13 set. (askanews) – Al via dal 13 al 15 settembre la European Fuel Cells and Hydrogen Piero Lunghi Conference (EFC23), che quest’anno si svolge in Italia con Enea alla presidenza. I lavori di EFC23, una delle più importanti conferenze internazionali su idrogeno e celle a combustibile, si terranno a Capri e sono organizzati da Enea e Atena, in collaborazione con le Università di Napoli Parthenope e di Perugia. La presidenza è affidata alla ricercatrice Enea Viviana Cigolotti, responsabile del Laboratorio di Accumulo di energia, batterie e tecnologie per la produzione e l’uso dell’idrogeno del Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili.

Scienziati, espositori, rappresentanti di numerose imprese e del mondo della ricerca provenienti da oltre 20 Paesi si confronteranno su progressi tecnologici, risultati raggiunti e sfide ancora da affrontare per favorire l’utilizzo e la diffusione dell’idrogeno al fine di contribuire alla decarbonizzazione del sistema energetico ed economico. La conferenza affronta, inoltre, tematiche ancora aperte nella ricerca sulle tecnologie dell’idrogeno, con particolare attenzione alle celle a combustibile; verranno delineati stato dell’arte, prospettive, strategie, obiettivi e opportunità del settore e sarà promossa la collaborazione tra industria, enti di ricerca e istituzioni. L’evento si articolerà in una sessione plenaria, che si terrà il giorno 13 settembre, e in sessioni scientifiche parallele nei giorni a seguire. Enea – si legge nella notizia pubblicata sull’ultimo numero in italiano del settimanale ENEAinform@ – presenterà i risultati delle attività in tema di produzione, conversione e stoccaggio dell’idrogeno, le applicazioni per l’industria e la mobilità e l’integrazione di sistemi e tecnologie nelle reti (elettrica e gas), svolte dal Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili nell’ambito di iniziative strategiche a livello nazionale e internazionale. Il focus della sessione poster sarà la disseminazione e divulgazione, con obiettivi di formazione ed informazione.

Enea coordina il Piano Operativo di Ricerca (POR) nell’ambito del Pnrr per l’idrogeno finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica con 110 milioni di euro, per lo sviluppo di materiali, componenti, prototipi e la creazione di una filiera tecnologica dell’idrogeno. Tra le linee di attività figurano anche le celle a combustibile, tecnologia d’elezione per un uso pulito ed efficiente dell’idrogeno, con obiettivi di miglioramento delle performance e della durata di vita, nonché di riduzione dei costi per accelerarne la diffusione su larga scala. La produzione attuale di idrogeno che ammonta a circa 90 milioni di tonnellate all’anno è quasi interamente coperta da combustibili fossili ed indirizzata sostanzialmente all’uso nel settore della raffinazione e dell’industria chimica. Soltanto lo 0,7% dell’idrogeno viene prodotto con basse emissioni di carbonio da elettrolisi alimentata da rinnovabili (idrogeno verde) o tramite cattura della CO2 (idrogeno blu). Il trend di produzione di idrogeno verde è in aumento, con la prospettiva di un incremento del 30% al 2030, ed è in crescita la previsione del suo utilizzo in altri settori (residenziale, mobilità, industria hard to abate).

“Vi sono ancora importanti sfide da affrontare, come la riduzione del costo di produzione dell’idrogeno, lo stoccaggio a lungo termine e la realizzazione di una rete di infrastrutture più estesa. I progressi nel settore dell’idrogeno rappresentano un’importante opportunità per favorire la decarbonizzazione e promuovere l’uso di fonti energetiche pulite, anche grazie alla presenza di un’industria nazionale ed europea pronta a “convertirsi” all’idrogeno favorendone lo sviluppo e la diffusione”, sottolinea la presidente di EFC23 Viviana Cigolotti. Viviana Cigolotti è membro del board di Hydrogen Europe Research e leader del Technical Committee TC4 “Heat&Power and Industry” di Hydrogen Europe Research. É rappresentante italiana e vice chair del Technology Collaboration Programme Advanced Fuel Cell della International Energy Agency (IEA) e Operating Agent del Task33 – Fuel Cell for Stationary Applications. Autrice di numerosi articoli scientifici su riviste internazionali di settore, coordina progetti nazionali, europei e internazionali sulle tecnologie dell’idrogeno e delle celle a combustibile.

Time for Change, al Colosseo evento benefico per mondo più inclusivo

Time for Change, al Colosseo evento benefico per mondo più inclusivoRoma, 8 set. (askanews) – Annie Lennox, Nicola Piovani, Mahmood. E poi ancora, Jago, Luca Tommassini, Dergin Tokmak, Cristina Bowerman: tante star insieme per una notte da ricordare e soprattutto per sostenere la sfida di un mondo più inclusivo. Il 10 settembre il grande evento Time for Change si propone di incantare la città di Roma da uno dei suoi luoghi più iconici: uno tra i più grandi eventi benefici a favore di cause umanitarie globali si terrà nel suggestivo Parco archeologico del Colosseo con una serata esclusiva, riservata a 400 ospiti.

Dall’imbrunire fino alla notte stellata, la musica dal vivo sarà la grande protagonista anche grazie alla straordinaria partecipazione di Annie Lennox, la prima star internazionale ad aver aderito al progetto. Un’occasione unica per assistere ad una performance dell’artista che da anni si esibisce solo in contesti d’eccezione. Due artisti di talento indiscutibile insieme a Lennox comporranno il main cast di Time for Change: il premio Oscar Nicola Piovani, uno dei compositori e musicisti italiani più conosciuti e apprezzati al mondo, e Mahmood, autore e cantante molto stimato nella scena italiana e internazionale, che ha scalato le classifiche diventando uno degli artisti di nuova generazione più rilevanti. Due volte vincitore del Festival di Sanremo, si è esibito sul palco internazionale dell’Eurovision Song Contest, nell’edizione 2023, ospite speciale della BBC nella serata finale. Ad aprile 2024 partirà per il suo terzo tour europeo. Tra i talenti che hanno aderito a Time for Change c’è Jago, artista contemporaneo famoso per le sue sculture e installazioni artistiche fuori dagli schemi. La sua opera Look Down, sarà al centro del progetto scenografico: un invito a guardare in basso, a porre lo sguardo verso i più fragili. La scultura ha già fatto il giro del mondo, partendo da piazza del Plebiscito, a Napoli, per poi essere successivamente esposta nel deserto di Al Haniyah a Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti, con il nome di Look Here, arrivando fino al palco di Time For Change al Tempio di Venere e Roma. Nel cast anche Dergin Tokmak performer di talento, l’artista definito “Limping Angel”, ballerino e acrobata tedesco affetto da poliomielite dall’età di un anno, a 12 anni ha imparato a ballare con le stampelle creando un vero e proprio genere di danza. E poi, il gusto della serata sarà stuzzicato dalle creazioni della chef stellata Cristina Bowerman che con il suo estro è da sempre pioniera della cultura gastronomica italiana e internazionale. Nel cast anche il cantante Leslie Sackey e i talentuosi gemelli Violin Twins, che sono arrivati a incantare perfino i Coldplay con la loro sorprendente versione al violino di “Viva la Vida”.

Artisti e talenti saranno orchestrati dalla creatività di Luca Tommassini alla direzione artistica dell’evento: cadenzata in sequenze, Tommassini ha immaginato una serata magica all’insegna dell’inclusione, un inno alla gioia e alla libertà, oltre le barriere fisiche e geografiche includendo musica, ballo, effetti visivi e partecipazione della platea. Time for Change nasce da un’idea di Danilo Cirilli, founder di Illiric, con l’obiettivo di utilizzare musica e arte come linguaggi universali a favore di cause umanitarie creando performance uniche all’interno di luoghi iconici. “In un’era in cui la velocità della comunicazione ci porta ad essere continuamente distratti, la musica e la voce dei leader globali può aiutarci ad accendere la luce su tematiche di interesse sociale e sollecitare le persone a passare all’azione in favore di chi ha più bisogno. È tempo di pensare al futuro, di costruire un mondo nuovo in cui regnino il diritto, l’eguaglianza e l’inclusività” afferma l’ideatore dell’evento Danilo Cirilli “Il Colosseo con la sua storia e la sua bellezza farà da sfondo all’evento Time for Change, creando un dialogo tra il mondo che c’era e quello che intendiamo costruire. Perché senza consapevolezza del passato non può esserci futuro”.

Per l’edizione 2023, grazie al Board Director del Rotary International Alberto Cecchini, l’evento sceglie di supportare End Polio, il progetto portato avanti da tempo dal Rotary International per l’eradicazione della poliomielite in tutto il mondo. “Ringrazio Time for Change per avere scelto di mettere l’arte e la musica degli artisti che si alterneranno sul palco a disposizione della Fondazione Rotary per sostenere sia il messaggio universale di un mondo più inclusivo sia per sollecitare l’attenzione del mondo sull’urgenza di arrivare quanto prima possibile all’eradicazione della polio.” dichiara Alberto Cecchini “Time for Change è un’occasione straordinaria per sostenere End Polio, invitare i nostri donatori a contribuire, ampliare la portata della nostra comunicazione e rafforzare le nostre partnership perché l’obiettivo di un mondo libero della polio è il regalo che vogliamo fare a tutti i bambini del mondo”. Con l’eco del motto “Play the future. It’s time for change!”, l’edizione 2023 di Time For Change, patrocinata dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio, sceglie di sostenere la Fondazione Rotary, impegnata su diversi temi umanitari, dalla pace e risoluzione dei conflitti, all’accesso all’acqua pulita, all’alfabetizzazione, la prevenzione delle malattie, la salute materna ed infantile, lo sviluppo economico e la protezione ambientale e promuovere le donazioni a favore della campagna End Polio per l’eradicazione della polio. Il Rotary è vicino all’eliminazione della poliomielite. Se sarà eradicata, la polio sarà la seconda malattia ad essere eradicata nella storia dell’umanità dopo il vaiolo. Nel 1988, il Rotary ha guidato la creazione della Global Polio Eradication Initiative con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), l’UNICEF e i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie a cui poi si sono uniti la Fondazione Bill & Melinda Gates e GAVI. La GPEI collabora con governi di tutto il mondo ed organizzazioni della società civile come GLOBAL CITIZEN ed altri partner. L’eradicazione della polio rimane la massima priorità del Rotary. Ad oggi, il Rotary ha contribuito con oltre 2,6 miliardi di dollari e innumerevoli ore di volontariato per aiutare a immunizzare più di tre miliardi di bambini contro la polio in tutto il mondo. Già nel 2018 a Roma l’organizzazione non governativa ha supportato la lotta contro la polio raccogliendo più di 500.000 dollari con l’evento “Gladiator in Concert” al Colosseo.