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Acqua, Giorgi: tracimazione fiumi non è unica soluzione alle piene

Acqua, Giorgi: tracimazione fiumi non è unica soluzione alle pieneParma, 15 lug. (askanews) – Per contrastare le piene dei fiumi “ci sono alternative” alla tracimazione che condanna un territorio a essere considerato “di serie B”. La proposta arriva dalla vicepresidente del Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po, Ada Giorgi, a margine delle Giornate dell’Acqua promosse dall’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po e dall’associazione nazionale per il clima Globe, tecnici e politici si confrontano per fare fronte comune contro la crisi e i cambiamenti climatici.

“Credo che la tracimazione non sia l’unico elemento di difesa dalle piene catastrofiche” dei fiumi. “Perché – secondo Giorgi – il fatto di tracimare un territorio lo mette sicuramente in una condizione di ‘serie B’”. Infatti “il territorio che verrà tracimato o che sarà designato ad essere tracimato logicamente subirà la conseguenza di un territorio che ogni tanto potrebbe essere allagato”. Quindi, ha proseguito la vicepresidente “non credo sia facile contenere comunque la tracimazione e riuscire a centellinarla”. D’altro canto penso che “ci siano altre alternative per poter contrastare questa piena catastrofica”. “Noi come Consorzio di bonifica – ha spiegato la vicepresidente – abbiamo già predisposto un progetto per rialzare gli argini golenali, che contengano più acqua, e nel momento della piena si provveda a tagliare gli argini della golena. La golena è un territorio del fiume, è come una vasca di laminazione grande e naturale ma all’interno del fiume quindi degli argini maestri. Quindi mettendo varie golene in condizioni di continuità tra di loro e di essere gestite insieme, possono essere una risoluzione importante”.

Ambiente, Goletta Verde arriva in Basilicata, a Maratea

Ambiente, Goletta Verde arriva in Basilicata, a MarateaRoma, 14 lug. (askanews) – Nel Mediterraneo vivono 48 specie di squali e ben 22 di queste (il 46%), sono in pericolo. Sono all’apice della catena alimentare e predatori fondamentali per mantenere l’equilibrio degli ecosistemi marini, ma il loro numero continua a diminuire drasticamente, al contrario di quanto facciano immaginare gli ultimi avvistamenti a largo delle coste italiane. Tra le cause, le catture accidentali durante le attività di pesca professionale. A fare il punto su queste specie, in occasione della Giornata Mondiale degli squali che si celebra oggi 14 luglio, è Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente che con la sua imbarcazione partita a fine giugno dalla Liguria sta monitorando lo stato di salute delle acque marine e delle coste. Approdata oggi in Basilicata, a Maratea (PZ), Goletta Verde mette al centro della tappa lucana due temi: la biodiversità marina, grazie anche al progetto Life ELife, raccontato di tappa in tappa a bordo di Goletta Verde, che si propone di migliorare la tutela di alcune specie di elasmobranchi (squali e razze), promuovendo pratiche di conservazione nel contesto della pesca professionale, attraverso azioni dimostrative messe in atto nei porti italiani, ciprioti e greci; il tema dell’istituzione dell’area marina protetta Costa di Maratea, occasione unica di tutela della natura e sviluppo sostenibile del territorio. Per l’associazione ambientalista, Maratea può diventare un simbolo e un’eccellenza per promuovere la transizione ecologica e accelerare il raggiungimento dell’obiettivo 30% del nostro Paese.

Secondo gli esperti del Life Elife, progetto cofinanziato dal programma Life dell’Unione Europea, gli incontri con gli squali, come quelli segnalati da pescatori e bagnanti in Toscana e in Sicilia nelle ultime settimane, sono aumentati negli ultimi mesi non perché ci sia stato un incremento di esemplari nel Mediterraneo (non ci sono evidenze scientifiche che lo dimostrino), ma solo perché è migliorata la possibilità di fotografare e di poter fare video di alta qualità, con condivisione mediatica immediata, a specie marine riconoscibili. Oggi, stando anche a quanto scritto nella Lista rossa dei vertebrati italiani 2022, la situazione per squali e razze nel Mediterraneo è più difficile che in passato anche a causa delle catture accidentali durante le attività di pesca professionale: alcune specie, come lo squalo elefante, lo smeriglio, il mako e il palombo, sono in pericolo critico di estinzione. Le reti da traino e i palangari, secondo l’ultimo report della FAO, sono i principali responsabili della maggior parte delle catture accidentali. Tra il 2000 e il 2022 sono state accertate le catture accidentali di 17203 individui nel Mediterraneo centrale, 10289 individui nel Mediterraneo occidentale, 6743 individui nel Mediterraneo orientale e 3944 individui nel Mar Adriatico. Per questo è importante aumentare la conoscenza della distribuzione della specie e sensibilizzare sull’importanza della conservazione degli squali su cui, anche a causa dei molti pregiudizi, ancora troppo poco è stato fatto. E un modo per coinvolgere attivamente i cittadini è la “SharkApp”, la App realizzata dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn con la collaborazione del progetto Life Elife – scaricabile gratuitamente, sia su Android che su iOS – tramite la quale è possibile segnalare gli avvistamenti di squali e diventare protagonista della salvaguardia di questa specie a rischio. “Sono state poche troppe poche le azioni di conservazione efficaci portate avanti su questi animali, che ancora soffrono il pregiudizio del timore e la scarsa conoscenza della popolazione. Sono animali all’apice della catena alimentare, che devono essere trattati con la dovuta attenzione e rispetto – commenta Federica Barbera, dell’Ufficio Aree protette e Biodiversità di Legambiente. – Ben vengano, quindi, i progetti come Life ELife che favoriscono le buone pratiche di conservazione, coinvolgendo direttamente il mondo della pesca professionale, ma bene anche l’istituzione delle aree marine protette fondamentali per limitare le conseguenze dannose delle attività umane”.

Legambiente ricorda che tutelare le specie e gli ecosistemi è anche uno degli impegni presi dall’Italia nell’ambito della Strategia europea sulla biodiversità che, come l’Accordo di Kunming Montreal, ci chiede di proteggere il 30% delle terre e dei mari entro il 2030. Raggiungere questo obiettivo non è più solo una grande ambizione per il mondo della conservazione, ma una risposta a quanto stabilito dalla Nature Restoration Law, approvata dal Parlamento Europeo lo scorso 12 luglio. È la prima legge sulla natura proposta e approvata dal continente europeo e prevede il ripristino del 20% degli ecosistemi naturali entro il 2030, con l’obiettivo a lungo termine di eliminare i sistemi naturali degradati entro il 2050. Il tema della biodiversità marina è stato affrontato oggi nel corso del webinar dal titolo “Squali nel Mar Mediterraneo: fake news, curiosità e minacce per la specie” in diretta streaming alle ore 11.00 sulla pagina YouTube di Legambiente e sul sito de La Nuova Ecologia (Rivedi la diretta). Durante l’incontro è stato fatto anche un collegamento con i laboratori educativi sullo stesso argomento, che si svolgono a bordo della Goletta Verde. Per quanto riguarda le fake news sugli squali, Goletta Verde sui suoi social smonta oggi con un’edizione speciale di Unfakenews targata Goletta Verde le principali bufale sulle specie.

Da Maratea, Goletta Verde lancia anche un appello affinché si realizzi entro il 2024 l’area marina protetta Costa di Maratea, richiesta dagli anni ’90 e che ancora non ha visto la luce. Per l’associazione ambientalista è fondamentale che si avvii e si realizzi al più presto il “cantiere Maratea Area marina protetta 2024” puntando allo stesso tempo su una maggiore sinergia e collaborazione tra istituzioni, comunità locali e realtà territoriali, elemento fondamentale per il successo e la realizzazione del progetto. L’istituzione dell’area marina protetta permetterebbe di generare una nuova economia per il territorio lucano capace di coniugare la tutela dell’ecosistema marino-costiero, lo sviluppo sostenibile del territorio e un turismo di qualità. “Dagli anni ’90 – spiega Antonio Nicoletti, responsabile aree protette e biodiversità di Legambiente – che chiediamo l’istituzione del Parco, in stallo da 26 anni a seguito dell’inserimento del sito tra le aree di reperimento. Ma ancora manca una discussione seria nelle sedi politiche. Chiediamo un Cantiere per Maratea Area Protetta 2024, perché non possiamo permetterci di perdere l’occasione e rimanere indietro rispetto agli obiettivi italiani ed europei. La conservazione della natura deve procedere in parallelo con la lotta alla crisi climatica e siamo convinti che l’Area marina protetta in quest’area possa essere un formidabile strumento di tutela e un marchio di qualità convincente per coniugare lo sviluppo sostenibile del territorio con il turismo di qualità”.

Temi di cui si parlerà questa sera, 14 luglio alle ore 19.00, nell’incontro organizzato da Legambiente al porto turistico della cittadina costiera dal titolo “L’Area Marina Protetta Costa di Maratea per la transizione ecologica in Basilicata”. Domani sabato 15 luglio ore 11:00 al Bar del Faro, sempre nel Porto turistico di Maratea, la Conferenza stampa di presentazione dei dati del monitoraggio di Goletta Verde lungo le coste della Basilicata. Giunta alla 37° edizione, Goletta Verde ha iniziato il suo viaggio lungo la Penisola da Genova il 30 giugno e si concluderà l’11 agosto in Friuli-Venezia Giulia. La campagna è realizzata con le partnership principali di ANEV, CONOU, Novamont e Renexiae la media partnership de La Nuova Ecologia.

Ecomafia: nel 2022 oltre 30mila reati contro l’ambiente. 84 al giorno

Ecomafia: nel 2022 oltre 30mila reati contro l’ambiente. 84 al giornoRoma, 11 lug. (askanews) – Nel 2022 non si arresta la morsa delle ecomafie. I reati contri l’ambiente restano ben saldi sopra la soglia dei 30.000, esattamente sono 30.686, in lieve crescita rispetto al 2021 (+0,3%), alla media di 84 reati al giorno, 3,5 ogni ora. Crescono anche gli illeciti amministrativi che toccano quota 67.030 (con un incremento sul 2021 del +13,1%): sommando queste due voci – reati e illeciti amministrativi – le violazioni delle norme poste a tutela dell’ambiente sfiorano quota 100.000 (97.716 quelle contestate, alla media di 268 al giorno, 11 ogni ora). A fare il punto è il nuovo rapporto Ecomafia 2023, realizzato da Legambiente, edito da Edizioni Ambiente, media partner Nuova Ecologia. Il rapporto, presentato oggi a Roma nella Sala della Regina della Camera dei deputati, in un evento insignito della Medaglia del Presidente della Repubblica, mette in fila dati e numeri sulle illegalità ambientali nella Penisola.

Ciclo illegale del cemento, reati contro la fauna e ciclo dei rifiuti sono le tre principali filiere su cui nel 2022 si è registrato il maggior numero di illeciti. A farla da padrone quelli relativi al cemento illegale, (dall’abusivismo edilizio agli appalti) che ammontano a 12.216, pari al 39,8% del totale, con una crescita del +28,7% rispetto al 2021. Crescono del 26,5% le persone denunciate (ben 12.430), del 97% le ordinanze di custodia cautelare, che sono state 65, addirittura del 298,5% il valore dei sequestri e delle sanzioni amministrative, per oltre 211 milioni di euro. Viene stimato in crescita, da 1,8 a 2 miliardi di euro, anche il business dell’abusivismo edilizio. Seguono i reati contro la fauna con 6.481 illeciti penali (+4,3% rispetto al 2021) e 5.486 persone denunciate (+7,6%). Scende al terzo posto il ciclo illegale dei rifiuti con una riduzione sia del numero di illeciti penali, 5.606, (-33,8%), sia delle persone denunciate (6.087, -41%), ma aumentano le inchieste in cui viene contestata l’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti (268 contro le 151 del 2021). Crescono anche gli illeciti amministrativi (10.591, +21,4%) e in misura leggermente minore le sanzioni, che sono state 10.358, pari al +16,2%. Al quarto posto, dopo il terribile 2021, i reati legati a roghi dolosi, colposi e generici (5.207, con una riduzione del – 3,3%). In aumento i controlli, le persone denunciate (768, una media di oltre due al giorno, +16,7%) e i sequestri (122, con un +14%). Come sempre, un capitolo a parte viene dedicato all’analisi delle attività di forze dell’ordine e Capitanerie di porto nel settore agroalimentare, che hanno portato all’accertamento di 41.305 reati e illeciti amministrativi. Sul fronte archeomafia, sono 404 i furti d’arte nel 2022. Infine, a pesare e a preoccupare è il virus della corruzione ambientale – censite da Legambiente dal 1° agosto 2022 al 30 aprile 2023 ben 58 inchieste su fenomeni di corruzione connessi ad attività con impatto ambientale – il numero e il peso dei Comuni sciolti per mafia (22 quelli analizzati nel Rapporto, a cui si è aggiunto il recentissimo scioglimento di quello di Rende, in provincia di Cosenza), e la crescita dei clan mafiosi: dal 1994 ad oggi sono 375 quelli censiti da Legambiente. Il fatturato illegale delle diverse “filiere” analizzate nel Rapporto resta stabile a 8,8 miliardi di euro.

Ispra: nel 2022 più che dimezzati ecosistemi boschivi in fiamme

Ispra: nel 2022 più che dimezzati ecosistemi boschivi in fiammeRoma, 10 lug. (askanews) – Nel 2022 il nostro territorio è stato interessato da incendi di medie e grandi estensioni (superiori all’ettaro) per più di 68.500 ettari, superficie pari quasi all’estensione del Parco Nazionale Gran Paradiso. Anche se questa superficie rappresenta meno della metà di quanto bruciato l’anno precedente (169.482 ettari), il dato è comunque superiore al valore medio delle aree bruciate annualmente in Italia negli ultimi 10 anni, tra il 2012 e il 2021 (55.000 ettari). Di quanto bruciato nel 2022, oltre il 20% consisteva in ecosistemi forestali, in particolare latifoglie decidue (querceti e faggete, circa 6.800 ettari), latifoglie sempreverdi (leccete e macchia mediterranea, circa 4.700 ettari) e aghifoglie sempreverdi, (pinete mediterranee, quasi 2.700 ettari). Eccezionalmente nel 2022 è stata interessata anche una porzione boschiva ad aghifoglie decidue alpine (lariceti, 16 ettari).

È quanto emerge dalle attività di Ispra nell’ambito delle osservazioni e monitoraggi degli impatti degli incendi di medie e grandi dimensioni sugli ecosistemi. Lo scopo è quello di fornire ogni anno un dettaglio informativo a supporto delle politiche nazionali e regionali e per il ripristino e la conservazione degli ecosistemi terrestri a scala nazionale e locale. I dati relativi agli incendi – informa Ispra – sono forniti dal sistema European Forest Fires Information System del programma europeo Copernicus Emergency, ed elaborati da Ispra con sistemi di machine learning per il riconoscimento degli ecosistemi coinvolti negli incendi. Il rapporto tra la superficie complessiva percorsa da incendio (dato EFFIS) e la superficie forestale coinvolta (dato Ispra) è rimasto non troppo distante dal 20% negli ultimi cinque anni. A livello regionale, in Sicilia oltre il 50% del totale nazionale di territorio incendiato (più di 35.000 ettari), ed è risultata anche la regione che ha subito più danni in termini di superficie bruciata forestale (4.437 ettari). Sono state interessate coperture boschive anche in Calabria (più di 1.800 ettari), Lazio (più di 1.300 ettari), Campania e Toscana (quasi 1.100 ettari), Piemonte e Friuli-Venezia Giulia (circa 1.000 ettari). Rispetto al 2021, la superficie interessata da incendi è complessivamente diminuita nelle regioni del Centro-Sud, Sud e nelle isole maggiori, mentre è aumentata nelle regioni del Centro-Nord e Nord.

Il 38% degli ecosistemi forestali colpiti da incendio ricade all’interno del sistema nazionale delle aree protette terrestri. Nel 2022 le aree protette maggiormente interessate da incendi sono state: la Zona Speciale di Conservazione (ZSC) “Boschi di Piazza Armerina” nella provincia di Enna in Sicilia, già significativamente colpita da incendi anche nel 2021 (quasi 900 ettari di cui circa 500 pinete), la Riserva Naturale Regionale “Riserva naturale orientata Rossomanno-Grottascura-Bellia” sempre nella provincia di Enna (anche qui quasi 900 ettari, principalmente pinete). Sono state inoltre colpite la Zona Speciale di Conservazione “Carso Triestino e Goriziano” (circa 400 ettari quasi interamente latifoglie decidue), la ZSC “Complesso Monte Bosco e Scorace” in provincia di Trapani (circa 400 ettari). Gli eventi principali, in termini di estensione in aree boschive, – segnala Ispra – si sono verificati nei primi giorni di luglio in provincia di Enna (comuni di Aidone, Piazza Armerina – più di 900 ettari), nella terza decade di luglio in provincia di Lucca (Camaiore, Massarosa, Lucca, 750 ettari) e in provincia di Gorizia e Carso triestino-sloveno (Doberdò del Lago, Duino, Monfalcone, più di 400 ettari), nella metà di agosto in provincia di Trapani (Buseto Palizzolo, Castellammare di Stabia, circa 450 ettari). Nella seconda metà di marzo è avvenuto un episodio in provincia di Belluno (comuni di Longarone e Ponte nelle Alpi) che ha interessato poco più di 400 ettari.

Politecnico Mi: da impianti eolici offshore vantaggi per ambiente

Politecnico Mi: da impianti eolici offshore vantaggi per ambienteRoma, 6 lug. (askanews) – Gli impianti eolici offshore portano vantaggi ambientali per tutto il loro ciclo di vita. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Sustainable Production and Consumption in cui i ricercatori del Politecnico di Milano hanno analizzato i potenziali impatti ambientali di un impianto eolico offshore galleggiante in fase di autorizzazione al largo della Sicilia.

“Dai risultati emerge che gli impatti ambientali del parco eolico offshore con turbine galleggianti sono principalmente associati al ciclo di vita della turbina eolica e della struttura galleggiante, e in particolare alla produzione di acciaio – spiega Mario Grosso, docente di Gestione e Trattamento Rifiuti al Politecnico di Milano -. Le altre fasi del ciclo di vita, invece, hanno contributi nettamente più ridotti rispetto alla fase di approvvigionamento”. Nell’analisi sono state incluse le fasi di approvvigionamento dei materiali, trasporto dei componenti, assemblaggio e installazione con imbarcazioni specializzate, manutenzione durante la fase operativa, smontaggio e fine vita. “L’analisi include anche gli altri componenti necessari alla realizzazione di un parco eolico in mare, con particolare attenzione per il sistema elettrico necessario per la trasmissione dell’energia prodotta, al fine di valutare quanto la complessità del sistema da implementare per installazioni lontane dalla costa, contribuisca ad aumentare gli impatti complessivi dell’impianto” spiega Lucia Rigamonti, docente di Metodologie per il life cycle thinking. Dal confronto dei risultati, per 1 GWh di energia prodotta dal parco eolico con la medesima quantità di energia prelevata dalla rete elettrica nazionale, gli impatti complessivi dell’eolico risultano significativamente ridotti per quasi la totalità delle categorie di impatto analizzate: rispetto alla categoria “cambiamento climatico” il beneficio è pari ad una riduzione degli impatti del 92%, mentre si osserva un peggioramento solo per la categoria “esaurimento delle risorse abiotiche” (+95%). Inoltre, i risultati dimostrano che gli investimenti in termini di emissioni di gas a effetto serra ed energia verrebbero ripagati velocemente dall’evitata generazione di energia da fonti fossili, rispettivamente in 2 e 3 anni. “Complessivamente, i risultati dell’analisi forniscono un’indicazione di massima, utile a prendere consapevolezza sui carichi ambientali di un sistema di generazione di elettricità da fonte rinnovabile e confrontarlo con altre fonti energetiche- spiega Gaia Brussa, ricercatrice al Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’ateneo milanese- tuttavia, deve essere tenuto in considerazione il fatto che, attualmente, si tratta una stima preliminare basata sulle scelte progettuali presentate per la fase di scoping (verifica preliminare) della Valutazione di Impatto Ambientale”. La letteratura scientifica è ancora carente quando si tratta di analisi del ciclo di vita (LCA) di parchi eolici offshore, con turbine di grande taglia (oltre 15 MW) installate su strutture galleggianti, che rispecchiano i recenti sviluppi del settore e le attuali tendenze di mercato. Tuttavia, per valutarne la reale sostenibilità ambientale, è significativo analizzare le tecnologie di generazione elettrica da fonti rinnovabili anche in ottica di ciclo di vita.

X edizione Ecoforum: Economia circolare lavori in Corso

X edizione Ecoforum: Economia circolare lavori in CorsoRoma, 4 lug. (askanews) – In Italia l’economia circolare e i green jobs rappresentano la strada del futuro. Ne è convinta la gran parte dei cittadini sempre più informata sul tema, attenta alle questioni ambientali e convinta che l’Italia debba procedere e accelerare in questa direzione. Nel 2023 cresce, infatti, sia la quota dei conoscitori dell’economia circolare che arriva al 45% (segnando un incremento del +5% rispetto a cinque anni fa); sia il numero dei cittadini – ben il 60% – secondo i quali i ‘green jobs’ aumenteranno in futuro (+12% rispetto al 2022). È fondamentale però una maggiore consapevolezza della leadership italiana nel settore visto che il 43% dei cittadini non sa e non ritiene credibile che l’Italia abbia la percentuale più alta in Europa sul riciclo dei rifiuti. Idee chiare e grande consapevolezza invece sulla crisi climatica: il 63% dei cittadini ritiene i disastri (siccità, alluvioni e trombe d’aria, etc.) la prima conseguenza dei cambiamenti climatici che generano a cascata conseguenze economiche per gli individui (aumento del costo dei prodotti alimentari e della vita più in generale). Le azioni di protesta come imbrattare monumenti e opere d’arte sono ritenute necessarie e comprensibili dal 20% degli intervistati, mentre sono bocciate dal 49%, che le considera gesti irresponsabili e incomprensibili.

A tracciare questo quadro è la X edizione dell’Ecoforum 2023, la conferenza nazionale sull’economia circolare organizzata dal 4 al 6 luglio a Roma da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club con il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica e della Regione Lazio, e che si è aperta oggi con la presentazione del sondaggio Ipsos ‘L’Italia e l’economia circolare’. Economia circolare, green jobs, crisi climatica e ambiente i quattro temi al centro della ricerca realizzata a cura di CONOU, Legambiente, Editoriale Nuova Ecologia e che rappresentano i pilastri su cui il Paese deve lavorare attraverso politiche più lungimiranti e interventi concreti. In particolare l’Italia deve accelerare il passo sull’economia circolare, superando i tanti ostacoli burocratici e tecnologici che ancora frenano lo sviluppo di questo nuovo modello di sviluppo economico. Al tempo stesso deve colmare anche i gravi ritardi sulla qualità della raccolta differenziata, a partire da quella dell’organico. Ad oggi solo in un impianto su quattro lo scarto della frazione organica è inferiore al 2,5%, quantità massima ottimale per ottenere compost di qualità in uscita dagli impianti. Nell’organico raccolto ancora ci sono percentuali significative di materiali non compostabili (MNC) che compromettono la qualità e sono un problema per chi gestisce gli impianti. Stando ai dati elaborati da Legambiente attraverso un’indagine diretta e mirata agli impianti di trattamento della frazione organica, sacchetti di plastica non compostabile (4,2%), seguiti da ‘plastica in film, imballaggi in plastica e altra plastica’ (2,2%), sono i materiali più trovati. Le modalità di raccolta incidono molto sulla qualità: con la raccolta differenziata mista (stradale + porta a porta) la percentuale di scarti è del 15%, mentre con le raccolte domiciliari la percentuale di materiali estranei diminuisce al 3,4%. Riciclo e sviluppo delle filiere dell’economia circolare, su questo si basano le 5 priorità che Legambiente e Kyoto Club indirizzano al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin presente alla prima giornata dell’Ecoforum:

1) Implementare la capacità impiantistica di riciclo e riuso, a partire dalle filiere più urgenti, quali l’organico, colmando il divario tra nord e centro sud del Paese e fermando il turismo dei rifiuti verso le regioni più infrastrutturate, perseguendo la strategia ‘Rifiuti zero, impianti mille’. 2) Applicare il principio ‘chi inquina paga’ per disincentivare lo smaltimento in discarica e favorire la prevenzione e il riciclo dei rifiuti. 3) Attivare politiche industriali strutturate a supporto delle imprese che già investono o che vogliono investire in questa direzione. 4) Supportare dal livello centrale gli enti locali destinatari dei finanziamenti del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza. 5) Costruire una filiera nazionale di approvvigionamento delle materie prime critiche per evitare di alimentare future dipendenze da paesi esteri, dando massima priorità all’economia circolare dai RAEE. ‘Nonostante in Italia l’economia circolare abbia trovato da molti anni un terreno fertile – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – come dimostrano le tante esperienze virtuose di comuni, consorzi, aziende pubbliche e private, sono ancora diversi gli ostacoli da rimuovere e i ritardi da colmare. Norme farraginose, autorizzazioni lente, controlli pubblici a macchia di leopardo, progetti calati dall’alto non aiutano a far decollare l’economia circolare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Servono mille nuovi impianti di economia circolare e progetti innovativi che vadano nella giusta direzione, come quelli che stiamo raccontando e visitando dal Nord al Sud della Penisola con la nostra campagna nazionale sui cantieri della transizione ecologica. È fondamentale anche rivendicare la nostra leadership sull’economia circolare in Europa, per rafforzare ulteriormente il Green Deal, al centro di polemiche strumentali, davvero incomprensibili, che non fanno altro che isolare l’Italia e il suo sistema produttivo nel percorso verso la decarbonizzazione del vecchio Continente entro il 2050’.

‘L’Italia vanta molti record sull’economia circolare – dichiara Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club – ci sono però due problemi. Il primo è che spesso non ce ne rendiamo nemmeno conto e non li valorizziamo abbastanza. Il secondo è che sono record ottenuti dal vitale sistema economico italiano senza essere appoggiati da una visione politica generale lungimirante. Ciò mette a rischio quegli stessi record: dobbiamo avere più coraggio nello spingere su innovazione e sostenibilità a partire dalle risorse messe a disposizione dall’Europa sul green deal e invece troppo spesso assistiamo a frenate incomprensibili su questi temi da parte della politica e delle classi dirigenti’. Sondaggio Ipsos, focus materiali riciclabili: tra gli altri dati, per i cittadini la plastica, gli olii esausti ed i RAEE sono i materiali ritenuti più pericolosi per l’ambiente, in particolare la plastica dura. I materiali riconosciuti come più facilmente rigenerabili sono quelli percepiti come meno pericolosi per l’ambiente: il vetro e la carta. Per quel che riguarda l’olio minerale esausto, quasi metà del campione sa che viene raccolto (+2% dal 2022). Una volta informati i cittadini che non ne sono a conoscenza che l’olio minerale esausto raccolto può essere completamente rigenerato e riutilizzato, quasi 1 italiano su 2 vede in questa pratica un supporto all’indipendenza energetica del Paese.

‘C’è ancora molto lavoro da fare perché in Italia si diffonda una piena contezza dell’importanza e necessità dell’economia circolare per l’ambiente e lo sviluppo, ma è incoraggiante che in un solo anno il numero delle persone consapevoli dell’urgenza di questa sfida sia cresciuto con all’avanguardia i più giovani. L’economia circolare è un cambio di approccio ‘totale’ che dovrà pervadere tutta l’economia, ma, soprattutto, il nostro sistema culturale e valoriale. Spiace peraltro che gli Italiani non abbiano consapevolezza di come il nostro Paese abbia dimostrato, nell’Economia Circolare, una eccellenza di risultati e di modello organizzativo – I Consorzi – senza pari in Europa. L’esperienza del CONOU, che rigenera tutto (98%) l’olio minerale usato, dimostra non solo che l’economia circolare non è un’utopia, ma anche che è una leva in grado di apportare benefici concreti: nel solo 2022, grazie al lavoro delle imprese del CONOU, si è evitata l’immissione in atmosfera di 64 mila tonnellate di CO2 e di una serie di innumerevoli inquinanti, ma anche si sono risparmiati circa 130 milioni di euro di importazioni di greggio. Il futuro dunque è già qui, ma non può prescindere dalla collaborazione sinergica di tutti – Istituzioni, imprese, cittadini – per accelerare verso la transizione circolare’, commenta Riccardo Piunti, Presidente del CONOU. ‘L’Italia ha un sistema di raccolta differenziata e riciclo che funziona, e che ha costi inferiori rispetto agli altri Paesi. Oggi, infatti, da noi più di sette imballaggi su dieci trovano una seconda vita, superando ampiamente la percentuale di riciclo degli imballaggi chiesta dall’Europa entro il 2025. Un sistema di cui andare orgogliosi, da valorizzare e difendere. È importante ora continuare a impegnarsi perché la raccolta cresca in qualità, e non solo in quantità, e che i risultati migliorino in tutte le aree del Paese, incluse quelle di alcune Regioni del Mezzogiorno in cui ancora mancano impianti per il recupero dei rifiuti. Ricordando sempre che l’obiettivo finale del nostro lavoro è il riciclo: in un Paese povero di materie prime come l’Italia, recuperare gli imballaggi e trasformarli in nuova materia è prioritario. Sempre più cittadini se ne rendono conto. Da uno studio che abbiamo appena commissionato a IPSOS, infatti, emerge come il 79% degli italiani di norma preferisca acquistare prodotti imballati in confezioni riciclabili, e il 74% sia normalmente attento a scegliere packaging che riportino in etichetta indicazioni sulla corretta raccolta differenziata’, dichiara Ignazio Capuano presidente CONAI Italia indietro sulla qualità della raccolta differenziata, a partire da quella dell’organico. I dati. La FORSU (La Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) rappresentata il 39% dei rifiuti differenziati (7,4 milioni di tonnellate nel 2021) e viene raccolta in maniera differenziata nel 96% dei comuni italiani. Secondo i dati forniti da Ispra e rielaborati da Legambiente, nel 2021 sono stati trattati 8,3 milioni di tonnellate di materiale di materiale organico e di queste ben il 17% (1,4 milioni di tonnellate) è risultato essere un materiale di scarto. Negli impianti, nell’11% dei casi è arrivato materiale con una percentuale di scarto superiore al 50%, nel 57% gli scarti hanno rappresentato tra il 5 e il 50%. Solo in un impianto su quattro lo scarto della frazione organica è stato inferiore al 2,5%, quantità massima ottimale che permette di ottenere compost di qualità in uscita dagli impianti.

Diritto acqua, Pecoraro Scanio (UniVerde): urgente una soluzione

Diritto acqua, Pecoraro Scanio (UniVerde): urgente una soluzioneMilano, 28 giu. (askanews) – “Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua potabile e di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del mare, la Fondazione UniVerde e Marevivo hanno da sempre coinvolto le istituzioni per ottenere norme adeguate. Si tratta di una questione urgente di carattere sanitario e ambientale che deve trovare una soluzione”. Lo ha detto Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione UniVerde, intervenendo ieri a Roma al convegno “Agenda 2030 e il diritto all’acqua delle Isole minori. Le alternative sostenibili per un rifornimento idrico di qualità e amico del mare” realizzato da Fondazione UniVerde, Marevivo, Città Metropolitana di Roma Capitale, con il patrocinio di Ancim – Associazione Nazionale Comuni Isole Minori.

“Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua potabile e di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del mare, la Fondazione UniVerde e Marevivo hanno da sempre coinvolto le istituzioni per ottenere norme adeguate – ha aggiunto Pecoraro Scanio -. Si tratta di una questione urgente di carattere sanitario e ambientale che deve trovare una soluzione. Occorre una regolamentazione chiara e univoca sulla diffusione e sulla gestione dei dissalatori a terra e direttive più stringenti sugli scarichi di salamoia sulla costa, altamente inquinanti. L’ipotesi di adottare dissalatori mobili marini rappresenta una valida risposta sia al consumo di suolo da parte degli impianti fissi che alla necessità di tutelare flora e fauna marina. Questo è il senso dell’iniziativa di oggi e dell’appello che rivolgiamo a Governo e Parlamento per una efficace funzione di indirizzo, realizzando una Valutazione Ambientale Strategica ma anche per sostenere un’innovazione tecnologica ‘made in Italy’”, ha concluso il presidente della Fondazione Univerde.

Ambiente, Pichetto: dissalatori mobili marini? Attenti sul tema

Ambiente, Pichetto: dissalatori mobili marini? Attenti sul temaMilano, 28 giu. (askanews) – Attenzione e impegno nell’affrontare il tema della dissalazione, le sue implicazioni e l’alternativa rappresentata dai dissalatori mobili per il rifornimento delle isole minori. E’ quanto ha assicurato Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, intervenendo ieri in collegamento video al convegno “Agenda 2030 e il diritto all’acqua delle Isole minori. Le alternative sostenibili per un rifornimento idrico di qualità e amico del mare” realizzato da Fondazione UniVerde, Marevivo, Città Metropolitana di Roma Capitale, con il patrocinio di Ancim – Associazione Nazionale Comuni Isole Minori.

Più in generale, il Ministro ha posto l’accento sulla necessità di create le giuste condizioni per ottimali infrastrutture idriche, al fine di “trovare un punto di equilibro, la via giusta”, a un tema importante e urgente come quello della gestione della risorsa idrica.

Fondazione UniVerde e Marevivo: puntare su dissalatori marini mobili

Fondazione UniVerde e Marevivo: puntare su dissalatori marini mobiliMilano, 28 giu. (askanews) – Gli impianti di dissalazione a terra sono costosi sia da costruire che da manutenere, energivori e impattanti tanto sulle coste, che li ospitano o dovranno ospitarli con tempi di realizzazione lunghi e incerti, quanto su flora e fauna marine locali per via degli scarichi di salamoia. È quanto emerge dalle relazioni di Roberto Di Vincenzo (già dirigente dell’allora ministero della Marina mercantile) e Giuseppe Taverna (già dirigente per il servizio idrico integrato e l’approvvigionamento idrico delle Isole minori della Regione Siciliana) che pur partendo disgiuntamente giungono alle medesime conclusioni fornendo uno spaccato inquietante sul case study delle Isole minori della Sicilia dove risiedono stabilmente circa 33 mila abitanti (che nei periodi estivi decuplicano) e l’approvvigionamento di acqua potabile è affidato proprio a questa tipologia di impianti di dissalazione che, in alcuni casi, sono talmente obsoleti e malandati da rendere insostenibile, economicamente ed ambientalmente, soddisfare il 70% del fabbisogno idrico valutato dal P.R.G.A della Regione Siciliana in 5.140.000 mc (abbondantemente superato con la presenza turistica).

Data l’origine vulcanica di varie isole siciliane, alcune ancora interessate da fenomeni eruttivi, considerata la morfologia dei loro territori che complica gli sviluppi progettuali su terra, la mancanza di interconnessione della rete, peraltro interessata da perdite di carico che superano il 50%, considerato poi il pregio naturalistico di molte isole che ha portato, per citarne alcune, a costituire il Parco nazionale di Pantelleria, le Aree marine protette delle Egadi, di Ustica e delle Pelagie o ancora a iscrivere le Eolie nel Patrimonio dell’Umanità, il coro degli interventi aperti dalla relazione introduttiva di Giuseppe Nerio Carugno (Segretario generale della Fondazione UniVerde) è stato pressocché unanime sulla necessità di garantire il diritto all’acqua potabile e di qualità ai cittadini delle isole minori italiane senza pregiudicare il patrimonio naturale. In questo preoccupante scenario i dissalatori mobili marini si affermano con ancora più forza come valida alternativa, sostenibile ed economica, agli impianti fissi e consentono di ottimizzare la gestione dei piani di sicurezza e di fornitura dell’acqua potabile alle isole minori anche in caso di crisi, emergenze e maggiore richiesta idrica nella stagione turistica. Di questi temi si è parlato ieri al convegno moderato da Alessio Falconio (Direttore di Radio Radicale), “Agenda 2030 e il diritto all’acqua delle Isole minori. Le alternative sostenibili per un rifornimento idrico di qualità e amico del mare” realizzato da Fondazione UniVerde, Marevivo, Città Metropolitana di Roma Capitale, con il patrocinio di Ancim – Associazione Nazionale Comuni Isole Minori, che si è svolto presso Sala Di Liegro di Palazzo Valentini in Roma. Il convegno è stato aperto dal saluto di benvenuto di Rocco Ferraro (Consigliere della Città Metropolitana di Roma Capitale delegato alla transizione ecologica, ambiente, aree protette e tutela degli animali) che ha fatto i complimenti alla Fondazione UniVerde e a Marevivo e assicurato il massimo appoggio all’iniziativa poiché “il tema dell’acqua è fondamentale e urgente da affrontare”, oltre che “cruciale per le piccole realtà locali come le isole minori”.

“Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua potabile e di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del mare, la Fondazione UniVerde e Marevivo hanno da sempre coinvolto le istituzioni per ottenere norme adeguate. Si tratta di una questione urgente di carattere sanitario e ambientale che deve trovare una soluzione – osserva Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione UniVerde -. Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua potabile e di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del mare, la Fondazione UniVerde e Marevivo hanno da sempre coinvolto le istituzioni per ottenere norme adeguate. Si tratta di una questione urgente di carattere sanitario e ambientale che deve trovare una soluzione. Occorre una regolamentazione chiara e univoca sulla diffusione e sulla gestione dei dissalatori a terra e direttive più stringenti sugli scarichi di salamoia sulla costa, altamente inquinanti. L’ipotesi di adottare dissalatori mobili marini rappresenta una valida risposta sia al consumo di suolo da parte degli impianti fissi che alla necessità di tutelare flora e fauna marina. Questo è il senso dell’iniziativa di oggi e dell’appello che rivolgiamo a Governo e Parlamento per una efficace funzione di indirizzo, realizzando una VAS (valutazione ambientale strategica) ma anche per sostenere un’innovazione tecnologica ‘made in Italy’”.. “È da 38 anni che ci battiamo perché il mare sia ‘vivo’ e tra le tante attività abbiamo accolto anche le problematiche delle isole italiane minori riguardo il tema dei dissalatori. Per un anno, ci siamo riuniti assiduamente intorno a un tavolo insieme al Ministero, cercando delle linee guida da attuare per una corretta dissalazione, linee guida che sono state inserite anche all’interno della Legge Salvamare, che speriamo diventi subito attiva. Sappiamo tutti che la nostra salute dipende dalla salute del mare, quindi se il mare avrà problemi, anche noi non staremo bene”, evidenzia Carmen Di Penta, Direttore Generale di Marevivo.

Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, in collegamento video, ha assicurato attenzione e impegno nell’affrontare il tema della dissalazione, le sue implicazioni e l’alternativa rappresentata dai dissalatori mobili per il rifornimento delle isole minori. Più in generale, il Ministro ha posto l’accento sulla necessità di create le giuste condizioni per ottimali infrastrutture idriche, al fine di “trovare un punto di equilibro, la via giusta”, a un tema importante e urgente come quello della gestione della risorsa idrica. Patty L’Abbate, Vicepresidente della Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei Deputati, ha sottolineato l’importanza di proseguire l’iter legislativo sulla proposta di Legge quadro per lo sviluppo delle isole minori marine, lagunari e lacustri, che prevede di garantire il rifornimento idrico con l’uso di tecniche a basso consumo energetico, nonché con il recupero delle acque piovane con micro e fitodepurazione e il riutilizzo di acque reflue, opportunamente trattate, per essere usate in sicurezza in agricoltura, nell’ottica dell’economia circolare. Occorre programmare azioni chiare nel breve e lungo periodo, effettuare prevenzione e scegliere tecnologie adeguate considerando i metodi di valutazione degli impatti ambientali e le fragilità dei territori.

In rappresentanza dell’Associazione Nazionale Comuni Isole Minori è intervenuta Gian Piera Usai (Segretaria nazionale Ancim) che ha indicato la necessità di dare risposta ai temi del riuso dell’acqua e contro le perdite dalle condotte. Per contribuire a ridurre il rischio di alluvioni, la soluzione proposta dall’Associazione nazionale è quella di creare invasi per imbrigliare le acque torrenziali, oltre al rimboschimento di aree per arginare le frane e la perdita di suolo, senza dimenticare l’esigenza di regole edilizie più mirate. Per uno sviluppo integrato, che sia condizione per la realizzazione di progetti di efficientamento, ha rilanciato la proposta di un piano idrico nazionale per tutte le isole minori. A seguire, è stato proiettato il video del dissalatore mobile marino realizzato da Marnavi. Elasticità di impiego, qualità dell’acqua trattata – più pulita poiché presa al largo e in profondità -, difesa del paesaggio e delle fasce costiere in assenza di consumo di suolo, difesa del mare e degli ecosistemi in assenza del devastante impatto salino dovuto allo scarico concentrato di salamoia in un singolo punto – tipico degli impianti fissi – in quanto la riversa e disperde gradualmente in mare, anche sfruttando l’elica, durante la navigazione. Sono solo alcuni dei vantaggi derivanti dall’uso di dissalatori mobili marini rispetto ai dissalatori di terra che peraltro, in caso di fermo impianto, di improvvisi fabbisogni o di emergenza idrica, richiedono il ricorso al trasporto via mare di acqua potabile, ovvero un costo ulteriore. Senza considerare che l’iter autorizzativo per i dissalatori di terra richiede quasi sempre anni. Giuseppe Cavuoti (Dirigente Struttura di Missione per le Politiche del Mare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri), sottolineando che il diritto all’acqua rappresenta una estensione del diritto alla vita, ha rilanciato il primo Piano del mare, alla cui elaborazione e approvazione dovrà adempiere il Cipom. Il documento sarà pubblicato entro luglio e conterrà – per la prima volta nella storia del Paese – gli indirizzi strategici, per il prossimo triennio, in materia di tutela e valorizzazione della “risorsa mare” dal punto di vista energetico, ambientale, logistico, economico e delle relazioni istituzionali. Nello stesso, ha evidenziato Cavuoti, è previsto un intero capitolo dedicato al “sistema delle isole minori”. Nel corso del convegno sono state illustrate le relazioni tecniche di esperti e docenti di diverse Università italiane. Luca Lucentini (Direttore Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque, Istituto Superiore di Sanità) ha confermato il rispetto degli standard di qualità dell’acqua potabile prodotta dai dissalatori mobili marini. Francesco Aliberti (Professore Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Napoli Federico II) ha rimarcato gli impatti dello scarico dei dissalatori a terra nell’ambiente marino e i limiti per un reale monitoraggio, pre e post captazione, della qualità delle acque lungo la costa; nonché dei potenziali impatti sanitari dell’acqua potabile prodotta da impianti a terra. Roberto Danovaro (Professore ordinario presso l’Università Politecnica delle Marche) giudica utilissimo l’approvvigionamento di acqua potabile con i dissalatori mobili affermando nettamente la migliore qualità delle acque prelevate al largo. Danila Iacovelli (Docente Cattedra Unesco, Polimi – Sede di Mantova e Ricercatrice in Diritto amministrativo presso il Politecnico di Milano) ha sollecitato una riflessione sulle nuove teorie geocostituzionaliste che, pur minoritarie, mirano a riconoscere la priorità della natura, approdando all’idea di un rimodellamento dell’assetto costituzionale in funzione della tutela dell’ambiente, con conseguente assoggettamento del potere politico al rispetto della natura.

GASGAS punta a 10mila colonnine elettriche entro il 2030

GASGAS punta a 10mila colonnine elettriche entro il 2030Roma, 27 giu. (askanews) – GASGAS brucia le tappe. Sono stati infatti superati con sei mesi di anticipo gli obiettivi 2023. E ora si punta alle 10mila colonnine entro il 2030. Fondata nel 2021 da Alessandro Vigilanti, Stefania Menguzzato e Francesco Zorgno, la PMI innovativa ha completato due campagne di equity crowdfunding (sulla piattaforma CrowdFundMe) che le hanno permesso di raccogliere oltre 2 milioni di euro e intraprendere un percorso di crescita senza precedenti nel mercato italiano.

“I risultati di GASGAS vanno oltre le più rosee aspettative. Merito di un team affiatato, che ha saputo cogliere le opportunità e affrontare le sfide di un mercato in rapidissima evoluzione. Ad oggi abbiamo oltre 750 punti di ricarica in portafoglio su tutto il territorio nazionale, ma la nostra espansione continua. Abbiamo messo a punto un modello vincente e rodato che ci permette di essere estremamente efficienti e scalabili. Opportunamente finanziata, oggi GASGAS è in grado di sviluppare un portafoglio con 10mila punti di ricarica entro il 2030”, dice Alessandro Vigilanti, co-founder e Ceo di GASGAS. “Sono tantissime le richieste di collaborazione che riceviamo ogni mese e questo ci inorgoglisce, perché testimonia che il mercato ha imparato ad avere fiducia nel nostro lavoro. Nonostante i formidabili risultati ottenuti, siamo consapevoli che c’è ancora tanto da fare e siamo pronti ad accettare qualunque sfida, supportati dal fatto che il nostro lavoro non rappresenta solo lo sviluppo di un business, ma anche un impegno importante nel cammino che porta a un mondo più sostenibile e pulito”, ha spiegato Stefania Menguzzato, General Manager di GASGAS. Tra i Comuni che hanno scelto GASGAS nelle ultime settimane, Novara, San Gimignano e la Maddalena in Sardegna.