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Stoppani (Fipe): educazione alimentare va insegnata a scuola

Stoppani (Fipe): educazione alimentare va insegnata a scuolaRoma, 19 nov. (askanews) – “Il cibo è veicolo di cultura e valori e la cultura del cibo cambia non solo il modo in cui consumiamo, ma anche quello in cui viviamo. Per questo l’educazione alimentare dovrebbe essere una materia che si insegna a scuola fin dai primi anni e i nostri ristoratori dovrebbero sentirsi sempre di più ambasciatori quotidiani di una nuova cultura del cibo”. Lo ha detto Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio, commentando la presentazione dell’indagine “I giovani e il cibo”, effettuata in occasione dell’assemblea 2024 di Fipe-Confcommercio.


“Per l’assemblea di quest’anno abbiamo voluto volgere lo sguardo a un tema tanto importante quanto ancora spesso sottovalutato quando si parla di cibo, ovvero le abitudini alimentari delle nuove generazioni – ha spiegato Stoppani – Negli ultimi anni il rapporto delle persone con il cibo è profondamente cambiato per effetto dei processi demografici, delle mode, delle migrazioni ma anche della pubblicità, Viviamo oggi un tempo di ‘pluralismo alimentare’, che non è tanto la convivenza di diversi stili alimentari o ricette gastronomiche, quanto piuttosto il differente modo di intendere e vivere il cibo, con i suoi valori e simbolismi”. D’altro canto gli stili alimentari, soprattutto dei più giovani, sono sensibilmente cambiati nel corso degli ultimi anni: il 63,7% dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 14 anni ha il pranzo come pasto principale della giornata, dato in calo rispetto al 75% del 2003. Al contrario, la cena è ora considerata il pasto più importante dal 20,7%, contro il 14,2% di vent’anni fa. Anche la colazione soffre: l’83,7% dei bambini la consuma in modo adeguato, rispetto al 92,9% del 2003. I più piccoli vanno assumendo i (cattivi) comportamenti alimentari dei genitori: le vecchie abitudini che suggerivano una buona colazione, un pranzo importante e una cena leggera si stanno via via affievolendo. Gli effetti di questa involuzione sono evidenti.


In Italia, il 39% dei bambini tra i 7 e i 9 anni è in sovrappeso o obeso, una percentuale ben al di sopra della media europea del 29%. Di questi, il 17% è obeso, circostanza che colloca il nostro Paese al secondo posto tra i più alti livelli di obesità infantile in Europa. Per contrastare questi fenomeni centrale è il ruolo della famiglia ma anche della scuola, fondamentale per l’educazione alimentare e per favorire convivialità e socializzazione: d’altro canto ben il 53,1% dei bambini tra i 3 e i 5 anni pranza tutti i giorni in mensa. “Questi cambiamenti – conclude Stoppani – richiedono alle nostre imprese la capacità di adattarsi, di apprendere nuove competenze o di reinventarsi professionalmente in un contesto dove le innovazioni tecnologiche rendono rapidamente obsolete molte competenze e dove solo l’educazione è in grado di migliorare il destino delle persone”.

Per 44% giovani educazione alimentare si acquisisce in famiglia

Per 44% giovani educazione alimentare si acquisisce in famigliaRoma, 19 nov. (askanews) – La corretta educazione alimentare si acquisisce in famiglia, a scuola e anche sui social network: tutti questi ‘sistemi’ possono concorrere alla assunzione di corrette abitudini alimentari. Sono i risultati di una indagine presentata in occasione dell’assemblea 2024 da Fipe-Confcommercio che, per l’occasione, ha affidato ad Ipsos l’indagine “I giovani e il cibo” con l’obiettivo di esplorare valori e comportamenti dei giovani di età compresa tra 18 e 34 anni e individuare i cardini di una nuova cultura del cibo.


Per il 44% dei giovani tra 18 e 34 anni è in famiglia che si acquisisce una corretta educazione alimentare, seguono i social network (36%) e la scuola (30%). Ampio è il consenso su un’azione combinata casa-scuola: infatti, l’86% dei giovani ritiene che la scuola abbia un ruolo importante e per ben il 93% è fondamentale che percorsi educativi sul cibo siano introdotti già nella scuola primaria. L’indagine approfondisce anche l’evoluzione del rapporto dei giovani con il cibo. Per il 40% il cibo si lega al benessere, grazie alla freschezza degli ingredienti e alla semplicità delle preparazioni. Per il 35%, invece, cucinare è un modo per sperimentare, esprimere la propria creatività e divertirsi: 8 giovani su 10 cucinano almeno occasionalmente e la metà lo fa regolarmente. Oltre che agli insegnamenti ricevuti in famiglia, principalmente dalla mamma che per il 64% è la persona che più di tutti ha ispirato gusti e abitudini, si ricorre alla “rete” per scoprire e realizzare piatti e ricette (lo fa il 79%, di cui il 32% spesso).


Il 67% dei genitori under 35 ritiene “molto importante” educare i figli a un’alimentazione varia e sana. Fondamentale in questo è dare il buon esempio: il 56% ritiene che i genitori dovrebbero essere un modello positivo per i propri figli. D’altronde, il cibo è considerato una leva essenziale per la salute e il benessere dei figli, oltre che un’opportunità per trasmettere valori come la convivialità e la centralità della qualità di ciò che si mangia. Anche la ristorazione ha un ruolo importante nel rapporto dei giovani con il cibo. D’altro canto, mangiare fuori casa è una pratica diffusa e molto apprezzata perché ritenuta un modo per uscire dalla propria routine (35%), un’occasione per incontrare amici e persone care (32%) e per gratificarsi mangiando qualcosa di diverso dal solito (32%), anche se il “portafogli” non sempre consente di fare tutto ciò che si vorrebbe (lo pensa il 51% degli intervistati).

Studio: le anguille sopravvivono grazie alla diversità migratoria

Studio: le anguille sopravvivono grazie alla diversità migratoriaRoma, 19 nov. (askanews) – A rischio di estinzione a causa della pesca illegale e di altre molteplici minacce, le anguille dalla caratteristica forma che ricorda un serpente, sembrano però avere un “asso nella pinna”: comportamenti migratori dissimili che li aiutano ad adattarsi colonizzando habitat distinti. Ed è proprio questa varietà di strategie che potrebbe fare la differenza per la loro conservazione.


Un recente studio condotto dall’Università di Ferrara, insieme all’Università di Padova e all’Istituto di biofisica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa (Cnr-Ibf), ha, infatti, scoperto che non tutte le anguille si comportano allo stesso modo durante la migrazione. Alcune sono esploratrici instancabili, pronte a risalire forti correnti, altre sono più “scalatrici”, esperte nel superare barriere come dighe e sbarramenti. Un bel vantaggio, visto che questo approccio individualizzato riduce la competizione per le risorse e aumenta le probabilità di sopravvivenza della specie. La ricerca, che offre nuove prospettive per comprendere meglio le esigenze ecologiche delle anguille e contribuire alla loro tutela, è stata pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas).


Dalla schiusa delle uova nel lontano Mar dei Sargassi, le larve di anguille europee, trasparenti e a forma di foglia di salice, vengono trasportate dalle correnti marine attraverso l’Oceano Atlantico e, dopo aver superato lo Stretto di Gibilterra, raggiungono ogni anno le nostre coste. Ma qui non finisce la loro straordinaria avventura: le larve si trasformano in piccole anguille, note come “ceche”, pronte a vivere in acque dolci e a diventare nuotatrici attive. Una volta giunte alle foci dei fiumi, le ceche iniziano la risalita, spingendosi sempre più a monte fino a trovare l’habitat ideale per la crescita e la maturazione sessuale. Questo percorso fluviale è pieno di ostacoli: le giovani anguille devono superare barriere naturali e artificiali come dighe e sbarramenti, imparare a evitare predatori, cercare nuove fonti di cibo e infine individuare i luoghi più adatti alla loro crescita e sopravvivenza. E come riescono a farlo? Semplice: ciascuna con la propria strategia.


Secondo il team di ricerca, che ha condotto una serie di osservazioni su un gruppo di ceche campionate nel delta del Po, questa diversità di comportamento – o “personalità migratorie” – è un elemento cruciale per la sopravvivenza della specie.

Roncadin inaugura nuovo stabilimento pizze surgelate negli Usa

Roncadin inaugura nuovo stabilimento pizze surgelate negli UsaRoma, 19 nov. (askanews) – Roncadin ha inaugurato il nuovo stabilimento negli Usa a Chicago – Vernon Hills (Illinois): un polo produttivo da 7.000 metri quadri con 100 addetti dove la prima linea produttiva installata potrà sfornare fino a 30 milioni di pizze surgelate all’anno destinate a un mercato, quello nordamericano, che vale 6 miliardi di dollari. Per il 2025 il fatturato previsto di Roncadin INC è di 78 milioni di dollari; a regime arriverà a 200 milioni di dollari.


L’inaugurazione si è svolta in concomitanza con la fiera PLMA di Chicago, la più grande manifestazione nordamericana dedicata al mondo della Private Label. “Il nuovo stabilimento di Chicago, frutto di un investimento di 30 milioni di euro, è un passo importantissimo per la crescita di Roncadin, la realizzazione di un progetto al quale lavoriamo duramente da anni e che aprirà a nuove e grandi opportunità per il Gruppo nonché per la filiera e il Made in Italy legato alla produzione della pizza surgelata”, ha detto l’amministratore delegato Dario Roncadin. “Produrre direttamente negli USA per noi vuol dire poter servire al meglio un mercato strategico, dove siamo entrati nel 2013 importando le pizze prodotte a Meduno. In tutto il Nordamerica (USA e Canada) le nostre specialità sono risultate subito molto apprezzate, diventando riconosciute per le loro caratteristiche autenticamente italiane: il 68% sono destinate alle marche dei distributori locali, mentre il brand Roncadin rappresenta il 32% delle vendite”, ha aggiunto.


L’acquisto della struttura in Illinois è avvenuto all’inizio del 2023, nell’estate di quell’anno sono stati assemblati in Italia i materiali che costituiscono la linea produttiva attuale, il cui montaggio è iniziato a dicembre 2023. A questa linea, nei progetti dell’azienda, se ne affiancherà a breve una seconda (sempre della capacità di 30 milioni di pizze all’anno, che porterà quindi a raddoppiare i volumi); Roncadin sta inoltre valutando la possibilità di installare una linea dedicata alle pinse. Ogni linea richiede il lavoro di 100 addetti circa.

Cucchi Burger apre a Roma settimo punto vendita e pensa a estero

Cucchi Burger apre a Roma settimo punto vendita e pensa a esteroRoma, 19 nov. (askanews) – Cucchi Burgers apre a Roma il settimo punto vendita a Casal Monastero e sta già pianificando un’espansione internazionale con progetti in corso per aprire in paesi come Turchia, Emirati, Qatar e Iran, collaborando con imprenditori locali.


Dalla storica macelleria di famiglia al brand di hamburgerie di successo, Cucchi è una storia di imprenditoria familiare romana. La storia di Cucchi Burgers inizia nel 1967, quando il nonno di Matteo ed Emanuele Cucchi fonda la Macelleria Cucchi. Dopo oltre cinquant’anni di esperienza nella lavorazione della carne, nel 2019 i fratelli Cucchi decidono di ampliare la loro attività, dando vita al loro primo laboratorio di hamburger, ma solo in ottica delivery. Aprono a Via Bellegra 30, nei pressi di Villa Gordiani in zona Prenestina e poi a San Giovanni, Centocelle, Via di Acqua Bullicante, Piazza Montegrappa, Via dei Colli Portuensi e nel centro commerciale Roma Est. Il brand nel 2023 ha raggiunto 4 milioni di euro di fatturato.

Wwf: il clima mette in crisi le colture tradizionali italiane

Wwf: il clima mette in crisi le colture tradizionali italianeRoma, 19 nov. (askanews) – Una Italia spaccata in due da eventi climatici estremi che, negli ultimi 10 anni, si sono quintuplicati. Con il rischio che, sia a Nord sia a Sud per eccessiva piovosità nel primo caso e per siccità nel secondo si perdano o cambino radicalmente produzioni agroalimentari tradizionali come cereali, ciliegie e olio al Sud e mais, miele e colture vinicole costrette a alzarsi di quota al Nord. Aumentano, invece, le colture tropicali al Sud.


A fotografare la situazione è il Wwf che, nell’ambito della campagna Our Future, pubblica un resoconto di valutazione sugli effetti degli eventi meteorologici estremi. In soli dieci anni il numero di queste manifestazioni atmosferiche violente è più che quintuplicato con devastanti impatti sulla nostra agricoltura: da un lato la siccità che ha colpito le regioni del Centro-Sud in modo pesante ha compromesso molti raccolti, dall’altro al Nord il maltempo e gli eventi piovosi estremi hanno causato allagamenti e perdita di raccolti per le motivazioni opposte. Al Sud, i dati del CNR-IBE evidenziano una situazione di “siccità severo-estrema” sul 29% della superficie agricola di 5 regioni (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), con picchi del 69% della superficie agricola colpita in Sicilia e del 47% in Calabria. Ad aggravare il quadro ha contribuito un’estate molto più calda della media. La siccità ha comportato uno scarso livello di riempimento degli invasi che danno acqua alle campagne. Tra gli impatti della siccità al Sud, c’è il calo della produzione agricola. Il grano duro, per esempio, ha mostrato un calo della produzione di quasi l’8% rispetto alla campagna precedente.


In Sicilia la siccità primaverile ha portato danni a varie colture da seme: al 60% della produzione di legumi, al 70% dei cereali e all’80% delle foraggere, con punte del 100%. In Basilicata, la campagna di raccolta del kiwi ha patito il clima siccitoso nella fase di ingrossamento dei frutti, che ha portato a una riduzione della pezzatura media ma soprattutto a raccolti del 30% più bassi rispetto allo scorso anno. Le pere sono diventate l’emblema della crisi produttiva che negli ultimi anni sta interessando gli alberi da frutto del nostro Paese. Alte temperature e siccità agiscono producendo uno stress termico e idrico che indebolisce le piante di pero e le espone all’azione dei patogeni. Negli ultimi anni, queste avversità hanno compromesso la produttività del pero con una variazione del -75% e una perdita totale quantificabile in 340 milioni di euro. La Puglia è la maggiore produttrice di ciliegie in Italia: il caldo anomalo della primavera ha più che dimezzato la produzione delle pregiate ciliegie Ferrovia con una riduzione di oltre il 50% rispetto allo scorso anno.

Fao: partner e membri aderiscano a Global Alliance contro la fame

Fao: partner e membri aderiscano a Global Alliance contro la fameRoma, 19 nov. (askanews) – Il direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, QU Dongyu, esorta tutti i membri e i partner della Fao ad aderire alla nuova Global Alliance contro la fame e la povertà, che è stata ufficialmente lanciata ieri al vertice dei leader del G20 in Brasile.


La Global Alliance, un’iniziativa elaborata dalla presidenza brasiliana del G20, mira a offrire una piattaforma ambiziosa e urgente per accelerare i progressi verso il raggiungimento degli impegni internazionali di sradicamento della povertà e della fame entro il 2030 e di riduzione delle disuguaglianze. Intervenendo a una sessione speciale del Summit del G20 sulla lotta contro la fame e la povertà, ieri Qu ha elogiato il governo del Brasile e il presidente Luiz Inácio Lula da Silva per l’impegno personale nel portare la riduzione della fame, della povertà e delle disuguaglianze al centro delle discussioni del G20, con un’iniziativa concreta e azioni per sostenerla.


“Raggiungere la fame zero è possibile – ha affermato Qu Dongyu – ichiede sforzi e strategie collettive ancora più forti per affrontare le sfide economiche, ambientali, sociali e istituzionali che perpetuano la povertà e la fame”. La FAO è entrata a far parte della Global Alliance come membro fondatore insieme ad altre agenzie delle Nazioni Unite, governi, istituzioni finanziarie internazionali, fondazioni filantropiche e istituti di conoscenza e ospiterà il meccanismo di supporto della Global Alliance dalla sede centrale dell’Organizzazione a Roma, in stretta collaborazione con altre agenzie delle Nazioni Unite e istituzioni finanziarie internazionali.


La FAO fornirà assistenza tecnica ai paesi attuatori, mettendo a loro disposizione il suo vantaggio comparativo nella conoscenza della sicurezza alimentare e dello sviluppo rurale inclusivo, con l’obiettivo di portare conoscenza, competenza ed esempi di buone pratiche nelle parti del mondo in cui sono più necessari. Gli sforzi per ridurre la fame e sradicare la povertà sono stati rallentati dalla ripresa economica irregolare dalla pandemia di COVID-19, dai conflitti, dagli impatti della crisi climatica e da altre cause. Circa 733 milioni di persone, ovvero il 9,1% della popolazione mondiale, soffrono di fame cronica e circa 2,8 miliardi di persone non potrebbero permettersi una dieta sana, secondo le ultime stime della FAO.

In 5 anni 4 italiani su 10 hanno aumentato consumo cibi surgelati

In 5 anni 4 italiani su 10 hanno aumentato consumo cibi surgelatiMilano, 19 nov. (askanews) – L’abitudine all’acquisto di alimenti surgelati da parte degli italiani è cresciuta negli ultimi anni: se nove su 10 li consumano abitualmente, negli ultimi cinque anni, il 39,3% ne ha aumentato il consumo, in particolare uomini (43%), giovani (Gen Z 50%, Millennials 45%) e famiglie con bambini (48%). E’ quanto emerge da un’indagine AstraRicerche per l’Istituto italiano alimenti surgelati, che ha indagato quanto sanno gli italiani di alimenti surgelati e, a partire dai risultati, Iias ha sviluppato un vademecum con alcune informazioni utili per scoprire “cosa c’è dietro a un surgelato”.


In effetti sui surgelati gli italiani sanno molto, ma non tutto, stando alla survey. A esempio, il 68,4% dei nostri connazionali sa che “congelato” e “surgelato” non sono sinonimi e il 64,5% del campione dimostra di sapere che non è possibile surgelare in casa, perché la surgelazione è una tecnica applicabile solo a livello industriale. Dall’altro lato, però, solo poco più tre italiani su 10 (31%) sanno che non è possibile acquistare prodotti surgelati sfusi, perché, per legge, devono sempre essere preconfezionati, al fine di garantire la maggiore sicurezza, o non sa che le verdure surgelate conservano per lungo tempo le stesse proprietà nutrizionali delle fresche (poco più di un consumatore su due) o ancora ignora che i surgelati non contengono conservanti (59,9%), poiché la loro lunga durata è garantita esclusivamente dal freddo. Sulle curiosità del comparto, i giovani sono i più preparati: il 45% degli italiani, soprattutto Gen Z e Millennials, conosce il trattamento di scottatura prima della surgelazione, che esalta il colore dei prodotti e si chiama blanching. Per quanto riguarda, invece, le giuste tecniche di scongelamento, solo quattro italiani su 10 sanno che il metodo più corretto consiste nel togliere il prodotto dal freezer e riporlo in frigorifero per qualche ora; mentre solo il 15% – in particolare i più giovani – sa che un prodotto surgelato, una volta scongelato può essere ricongelato a livello domestico, solo a patto che venga prima cotto.


“Chi sceglie i surgelati sa tutto o quasi di loro. Oltre alle campagne di informazione, ad aiutare i consumatori a compiere scelte sempre più consapevoli ci pensano le etichette dei nostri prodotti – Giorgio Donegani, presidente Iias – Circa 8 intervistati su 10 ci hanno detto di controllare scrupolosamente le indicazioni relative a tempi e modalità di cottura dei prodotti surgelati. Anche questo è un chiaro segnale di quanto sia cresciuta l’attenzione verso la qualità e la sicurezza alimentare. Inoltre, l’86,4% di chi consulta le etichette conferma di impegnarsi a seguire fedelmente le indicazioni riportate, segnale di una maggiore consapevolezza verso gli alimenti che si mettono nel carrello”.

Nagy: mercati agroalimentari Ue in ripresa, ma restiamo vigili

Nagy: mercati agroalimentari Ue in ripresa, ma restiamo vigiliRoma, 18 nov. (askanews) – “I mercati agroalimentari dell’Unione europea stanno mostrando alcuni segnali positivi di ripresa, ma rimaniamo vigili e consapevoli dell’impatto negativo di eventi meteorologici estremi e focolai di malattie animali sulla produzione agricola UE e siamo pronti ad assistere gli agricoltori”. Lo ha detto István Nagy, ministro ungherese dell’agricoltura, al termine della riunione odierna del Consiglio Agrifish, durante il quale è stato sottolineato che i mercati agroalimentari dell’Ue stanno mostrando alcuni segnali positivi di un parziale ritorno alla stabilità, con miglioramenti nella domanda di prodotti agroalimentari nella maggior parte dei settori, costi dei fertilizzanti in calo e una riduzione dell’inflazione alimentare.


I ministri dell’agricoltura hanno quindi parlato delle sfide attuali del settore primario, tra cui l’impatto del cambiamento climatico, la diffusione di malattie animali come il virus della lingua blu o l’influenza aviaria e le malattie delle piante, la situazione geopolitica e le tensioni commerciali. Alcuni settori, come quello dei cereali e della frutta e verdura, sono stati particolarmente colpiti dai recenti eventi meteorologici avversi e ciò ha portato a una diminuzione della produzione. Sotto la lente di ingrandimento anche i negoziati commerciali UE-Mercosur, visto che alcuni ministri, Italia in primis, hanno sottolineato la necessità di garantire un trattamento equo per gli agricoltori dell’UE. Proprio in questo contesto, diversi Stati membri hanno chiesto alla Commissione di fornire finanziamenti aggiuntivi tramite la riserva agricola per aiutare gli agricoltori nelle regioni e nei settori più colpiti a far fronte alle recenti perturbazioni del mercato. Inoltre, alcuni ministri hanno sottolineato la necessità di disporre di strumenti di gestione delle crisi più forti e di aumentare le dimensioni della riserva di crisi e la sua flessibilità.


Il Consiglio oggi ha anche accolto il ministro ucraino per la politica agraria e l’alimentazione, Vitalii Koval, che ha presentato informazioni sulla situazione del settore agricolo in Ucraina. E se il Consiglio ha ribadito la sua “incrollabile” solidarietà con l’Ucraina, tenendo conto anche dell’impatto delle importazioni ucraine nell’UE, alcuni ministri hanno affermato che avrebbero accolto con favore un’ulteriore limitazione delle importazioni di prodotti agroalimentari provenienti da Russia e Bielorussia. Sul fronte delle opportunità di pesca per il 2025, il Consiglio ha tenuto un primo scambio di opinioni su due proposte della Commissione sulle opportunità di pesca: le opportunità di pesca nell’Atlantico e nel Mare del Nord per il 2025 e, nel caso di alcuni stock, anche per il 2026, e le opportunità di pesca per il 2025 nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Le proposte mirano a stabilire limiti di cattura e sforzo per la maggior parte degli stock ittici commerciali, insieme a quote degli Stati membri per ciascuna specie.


Alcune delle opportunità di pesca previste nelle proposte saranno stabilite in modo indipendente dall’UE, mentre altre saranno stabilite a seguito di consultazioni multilaterali o bilaterali con paesi terzi. I ministri della pesca hanno sottolineato la necessità di garantire un equilibrio tra la sostenibilità sociale, economica e ambientale del settore della pesca: in particolare, Italia, Francia e Spagna hanno presentato un documento in cui si chiede una moratoria della riduzione dello sforzo di pesca per il 2025. Inoltre, è stata fatta presente la necessità di garantire parità di condizioni con le flotte pescherecce dei paesi terzi e di raggiungere un risultato tempestivo ed equilibrato per le consultazioni dell’UE con i paesi terzi, in particolare il Regno Unito e la Norvegia. Nel Consiglio Agricoltura e pesca di dicembre si dovrebbe raggiungere un accordo politico sulle due proposte.

Wojciechowski: ascoltare preoccupazioni agricoltori su Marcosur

Wojciechowski: ascoltare preoccupazioni agricoltori su MarcosurRoma, 18 nov. (askanews) – Bisogna prendere sul serio le preoccupazioni espresse dagli agricoltori europei sull’accordo Ue-Mercosur. Lo ha detto il Commissario europeo all’agricoltura uscente, Janusz Wojciechowski, nella conferenza stampa al termine della riunione odierna dell’Agrifish. Oggi il ministro dell’Agricoltura italiano, Francesco Lollobrigida, ha detto che l’accordo, per come è formulato oggi, “non è sostenibile” e nei giorni scorsi i sindacati delle cooperative e degli agricoltori europei si erano espressi chiaramente contro l’accordo, minacciando anche nuove proteste in piazza nel caso in cui venga firmato senza modifiche.


“Molte preoccupazioni sono state espresse dagli agricoltori sull’accordo Ue-Mercosur”, ha detto il Commissario ricordando che in realtà “non c’è stata alcuna modifica” della bozza di accordo “negli ultimi cinque anni, dopo gli ultimi negoziati del 2019. Ma da allora – ha rilevato Wojciechowski – però è cambiata la situazione degli agricoltori a causa delle crisi multiple che si sono verificate: il Covid, la guerra in Ucraina, la destabilizzazione dei mercati, il cambiamento climatico”. “Tutto questo – ha aggiunto – rende più preoccupati gli agricoltori, e noi dovremo prendere sul serio queste preoccupazioni. Questo posso dire alla fine del mio mandato di Commissario europeo. Sono stati cinque anni difficili per gli agricoltori, con queste crisi accumulate che sono diventate una crisi permanente, fino alla recente inondazione in Spagna”.


Janusz Wojciechowski ha poi fatto riferimento proprio alle manifestazioni degli agricoltori che sono scesi più volte in piazza “per problemi che non sono stati creati dalla Pac, ma che nascevano altrove. Riguardavano le norme sulla riduzione dei pesticidi sulle zone umide, sulle emissioni industriali dalle aziende agricole”. Ora, nella revisione della Pac, “abbiamo incentivi, non obblighi” per quanto riguarda gli “ecoschemi”, le pratiche per rendere più ecologica l’agricoltura. “Non ci sono più obbli ghi, che costringono gli agricoltori ad agire” e questao, per Wojciechowski, è la strada che si dovrà continuare a seguire in futuro.