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Fedagripesca Toscana: con maltempo settore pesca a zero da 19/10

Fedagripesca Toscana: con maltempo settore pesca a zero da 19/10Roma, 5 dic. (askanews) – “Per il settore pesca i danni sono continui, anche l’ultima mareggiata ci ha creato problemi. Il fatto è che noi dal 19 ottobre non riusciamo più a lavorare: le condizioni meteo sono estreme, la produzione è azzerata. Le barche più piccole non vanno in mare dal 19 ottobre, il problema riguarda tutta la costa”. A dare l’allarme il vicepresidente e referente del settore pesca di Fedagripesca Confcooperative Toscana, Andrea Bartoli, in riferimento agli due mesi che hanno flagellato la Toscana dal punto di vista del maltempo.

“A novembre non abbiamo mai lavorato e questo è il danno più grosso – aggiunge – C’è sempre mare forte, un’allerta meteo dopo l’altra: le condizioni sono pessime. A questo si aggiunge la criticità dell’insabbiamento dei porti: questo problema lo hanno, ad esempio, Viareggio ma anche Castiglion della Pescaia”. “In alcuni giorni – conclude – le condizioni sono migliori ma le barche non escono per problemi legati alla sicurezza del rientro nel porto. In generale è un disastro, magari le imbarcazioni più grandi riescono a fare qualcosa in più, rischiando sulla propria pelle. Ma il quadro generale non è buono”.

Too good to go: a Natale 86% italiani spreca cibo, dolci in cima alla lista

Too good to go: a Natale 86% italiani spreca cibo, dolci in cima alla listaMilano, 1 dic. (askanews) – C’è un aspetto del Natale, poco patinato e spesso taciuto, che la qualifica come una festa ad alto tasso di spreco alimentare. Nella corsa ad apparecchiare cenoni e a riempire i piatti di abbondanza, l’86% degli italiani finisce per sprecare il cibo. Secondo un sondaggio condotto da Too good to go in collaborazione con YouGov, addirittura il 37% di essi getta via oltre un quarto del cibo acquistato. Tra loro, vi sono soprattutto giovani nella fascia 18-24 anni contro il 18,5% della fascia 25-44 anni.   La categoria di cibo più sprecata a Natale è anche quella che non può mancare a fine pasto, i dolci: secondo la ricerca di Too Good To Go, quattro italiani su 10 dichiarano di avanzare maggiormente i dolci tipici, come panettone, pandoro e torte, seguiti dal pane (35%) e dagli antipasti come salumi, stuzzichini o torte salate (25%).

All’origine di questo spreco c’è la quantità eccessiva di spesa che si fa per le feste: sei italiani su 10 tendono ad acquistare più alimenti rispetto al solito, a seconda dell’occasione e del numero di ospiti. Nonostante questo, emerge la volontà degli italiani per quest’anno di diventare dei “good host” attenti agli sprechi, con il 93% degli intervistati che afferma di trasformare gli avanzi in nuove ricette. Tra le soluzioni per evitare lo spreco prima, durante, e dopo le feste, gli italiani scelgono ad esempio di congelare gli avanzi (51%), condividere il cibo in eccesso (45%) e utilizzare le ricette anti-spreco (43%). Questi accorgimenti vengono adottati in percentuali differenti a seconda della fascia d’età: i giovani tra i 18 e i 34 anni sono più inclini a condividere gli avanzi in famiglia o con amici (il 57% contro il 45% di media), mentre gli over 55 tendono a congelare le pietanze in eccesso (55%).

“Siamo contenti dei risultati che stiamo raggiungendo nel nostro Paese: dal 2019 ad oggi, infatti, sono stati salvati oltre 16.500.000 pasti. Tuttavia, le festività rappresentano tra i periodi in cui si registrano i picchi più alti per le eccedenze alimentari”afferma Mirco Cerisola, country director Italia di Too good to go. A contenere questo fenomeno, però, anche a Natale come già accaduto nel resto dell’anno, ci pensa l’inflazione. Se nel corso del 2023 il rincaro generale dei prezzi e l’inflazione hanno impattato fortemente sulle abitudini di acquisto degli italiani, con il 43%, secondo una precedente analisi di Too Good To Go, che ha affermato di aver ridotto la quantità di spesa per limitare gli sprechi, anche a Natale 2023, con l’aumento dei prezzi, questa tendenza è confermata: circa un terzo degli intervistati, infatti, pensa di ridurre la quantità di cibo da acquistare.

Lactalis investe 160 mln in Italia nel ’23-’24, l’ad: impegno a continuare

Lactalis investe 160 mln in Italia nel ’23-’24, l’ad: impegno a continuareMilano, 1 dic. (askanews) – “L’impegno oggi è di continuare a investire in Italia in modo sistematico anche nei prossimi anni”, con una media di 60 milioni all’anno. L’amministratore delegato di Lactalis Italia, Giovanni Pommella, ribadisce la centralità del nostro Paese nella strategia di crescita del gruppo francese annunciando un investimento per il biennio 2023-2024 di 160 milioni di euro, di cui 63 già investiti quest’anno, 70 previsti il prossimo anno e ulteriori 26 destinati al nuovo headquarter milanese, nella Torre Nuvolari a sud-ovest della città, dove lavoreranno i 350 dipendenti.

“Oggi – ha detto – riaffermiano il valore e il senso di Lactalis in Italia”, sottolineando “i legami stretti col territorio” che ha il gruppo lattiero caseario francese attraverso le sue sei attività: Galbani formaggi e salumi, Parmalat, Leerdammer, Castelli e l’ultima, in ordine di tempo, Ambrosi specializzata in Grana Padano e Parmigiano. “Noi non siamo una multinazionale ma un’azienda multilocale” ha affermato presentando lo studio sull’impatto Paese condotto da The European House – Ambrosetti. Nel futuro prossimo l’ad non vede all’orizzonte nuove acquisizioni: “Al momento non ci sono evidenze, anche da un punto di vista dell’organizzazione potrebbe essere meglio riuscire a gestire l’attuale. Abbiamo fatto tre acquisizioni in quattro anni – ha detto – un po’ di tranquillità aiuterebbe a consolidare. Un’acquisizione è un impegno importante per le organizzazioni e per le persone perchè chi entra deve capire dove è arrivato e bisogna integrare le attività – è stato il suo ragionamento – poi dopo vedremo quello che succederà, fermo restando che l’Italia resta un Paese importante per il gruppo ed è potenzialmente possibile che vengano fatte altre acquisizioni nel perimetro del Paese”. E “se devo immaginare qualcosa più nel mondo caseario”, i salumi invece, che pesano per il 6,2% del fatturato, “non sono una attività core”.

Lactalis è oggi il primo acquirente di latte dalla filiera italiana, con 1,5 miliardi di litri all’anno, pari all’11,7% del valore complessivo della produzione nazionale da 16 Regioni e conta su un fatturato di 2,9 miliardi di euro nel 2022, pari al 14,5% del totale del comparto. Nell’ultimo quinquennio ha fatto “investimenti strutturali e industriali” nel nostro Paese pari a 248 milioni, di cui circa l’88% è destinato a miglioramento, manutenzione e ammodernamento dei propri stabilimenti, 31 in tutto sparsi lungo lo Stivale. E anche l’investimento nel biennio 2023-24 va in questa direzione: “Noi stiamo continuando la parte di investimenti legati all’area energetica con investimenti ulteriori nel mondo dei pannelli fotovoltaici – ha spiegato Pomella – c’è il rinnovamento dei cogeneratori e dei trigeneratori e stiamo iniziando a fare i primi passaggi per l’evoluzione dalla cogenerazione a gas alla cogenerazione a biomasse, continuiamo ad andare in una direzione di autoproduzione sempre più sostenibile”. Altro fronte su cui si muove è quello del packaging “Ci sono investimenti nel mondo del latte e dei formaggi per passare a materiali riciclabili. Il pet è la strada che abbiamo scelto per quanto riguarda il latte, per quanto riguarda i formaggi, invece, il passaggio è verso i monomateriali che sono perfettamente riciclabili rispetto a quelli usati oggi che sono materiali poliaccoppiati. Stiamo investendo progressivamente perchè abbiamo stabilimenti molto grandi e gli investimenti vanno scaglionati”. Gli investimenti in ricerca e sviluppo, aumentati dell’8,2% nell’ultimo quinquennio e previsti in crescita tra il 2022 e il 2024, riguardano anche i prodotti. A tal proposito l’ad ha sottolineato la necessità di “lavorare sulla definizione a livello normativo del prodotto”, con ciò alludendo alla “necessità di fare passi avanti per sfruttare risorse preziose come l’acqua, L’adeguamento normativo è più che altro legato alla parte di processo – ha precisato – Ci sono poi gli aspetti legati alla durabilità dei prodotti per esempio la normativa sul latte pastorizzato che obbliga una scadenza a 6 giorni”. “Oggi – ha messo in luce – è difficilmente sostenibile perché un prodotto dopo sei giorni potenzialmente può essere ancora consumato ma in realtà dal settimo giorno viene considerato un rifiuto. Ecco questi sono passaggi che possono aiutare tutto il sistema a lavorare meglio”.

Per ora gli investimenti non riguardano invece prodotti alternativi al latte: “Non siamo particolarmente interessati, siamo latte formaggio e non abbiamo l’attitudine mentale per pensare a quella che è una alternativa al formaggio. La nostra focalizzazione è un formaggio, le Dop sono una parte fondamentale di questa strategia”. Più che altro l’innovazione rimane un aspetto importante per rispondere ad alcune richieste del mercato: “Oggi abbiamo alcuni trend come quello delle proteine dove noi facciamo un po’ più fatica perchè il formaggio è già ricco di proteine, ci sono però aspetti legati al contenuto di grassi, sale o di prodotti senza lattosio su cui lavorare e costruire prodotti interessanti andando incontro alle nuove abitudini di consumo senza uscire dalla produzione del formaggio ma facendo prodotti attenti a chi ha esigenze diverse”. In termini di ricadute economiche, intese come giro d’affari diretto, indiretto e indotto, in Italia Lactalis genera 7,6 miliardi di euro, sulla base dei dati 2022. “Sommando gli effetti diretti a quelli indiretti e indotti nell’economia, Lactalis ha generato quasi 2,8 miliardi di euro di Pil nel 2022, in crescita del 24,7% rispetto al valore che avevamo calcolato due anni fa per l’anno 2020 – ha dichiarato Emiliano Briante, associate partner e responsabile Business & policy impact, The European House Ambrosetti – Lactalis rappresenta inoltre la prima realtà internazionale dell’agroalimentare per numero di occupati in Italia, con oltre 5.300 dipendenti diretti. Anche in questo caso l’impatto indiretto e indotto porta il contributo occupazionale della presenza del Gruppo in Italia a oltre 23.500 occupati complessivamente sostenuti lungo le diverse filiere attivate. Si tratta di un incremento del 23,6% rispetto al 2020”.

Olio, Frantoio del Poggiolo di Monini è il migliore al mondo nel bio

Olio, Frantoio del Poggiolo di Monini è il migliore al mondo nel bioMilano, 1 dic. (askanews) – Il miglior frantoio biologico del mondo si trova in Umbria ed è il Frantoio del Poggiolo di proprietà della famiglia Monini. A stabilirlo è il World’s best olive oil, ranking internazionale basato sulla somma dei punteggi ottenuti negli otto più importanti concorsi di olio extravergine a livello globale. Parliamo di Evooleum, Expoliva, Mario Solinas Award, Ovibeja, ArgOliva, Leone d’Oro, SIAL Olive D’Or, Sol D’Oro.

Il Frantoio del Poggiolo che si è aggiudicato il primato mondiale ha sede a Spoleto ed è qui che la famiglia Monini sperimenta i propri metodi di produzione, realizzando una linea di monocultivar biologici. Un risultato che cade in un’annata contraddistinta da forti criticità climatiche e che è frutto di un percorso di ricerca, investimento e passione, che ha portato gli extravergini “frantoniani” di Monini (monocultivar coratina, frantoio e nocellara) a scalare la classifica mondiale dell’olio: la monocultivar coratina è stato eletto secondo miglior extravergine biologico al mondo, mentre la monocultivar Frantoio si è aggiudicato il quinto posto. “Il World best olive oil – ha dichiarato Zefferino Monini, amministratore delegato dell’azienda di famiglia, ma anche artefice degli extravergini Monini – è una vera e propria autorità nel settore e questo riconoscimento, basato su criteri oggettivi e superpartes, ci riempie di orgoglio e dimostra come la qualità sia un obiettivo verso il quale anche una grande realtà come la nostra può e deve tendere. Sappiamo di essere conosciuti dal grande pubblico come marchio ‘industriale’, termine che nel sentire comune stride con il concetto di artigianalità: in realtà siamo un’azienda familiare che da tre generazioni crea olio extravergine con competenza e passione, cercando di applicare i migliori standard qualitativi in tutti i segmenti di prodotto, da quello del largo consumo come il Classico a piccole produzioni di nicchia come le Monocultivar, figlie del nostro Frantoio”.

Il riconoscimento apre le porte, per l’azienda, a nuovi possibili scenari commerciali: “Vorremmo portare le nostre monocultivar nelle più importanti insegne della distribuzione all’estero – ha detto l’ad – dove crediamo che questo tipo di prodotto premium made in Italy abbia buoni margini di crescita, forti della nostra organizzazione distributiva”.

Lactalis Italia, Pomella: prezzi spingono fatturato 2023 ma volumi in calo

Lactalis Italia, Pomella: prezzi spingono fatturato 2023 ma volumi in caloMilano, 1 dic. (askanews) – Il fatturato 2023 di Lactalis in Italia “sarà in leggera crescita rispetto allo scorso anno fondamentalmente per effetto dell’inflazione sui prezzi, invece i volumi sono stati leggermente negativi in base ai mercati, arretrati tra 1 punto e 2 punti a seconda che si parli di formaggio o latte”. A dirlo l’amministratore delegato di Lactalis Italia, Giovanni Pomella, in occasione di un incontro con la stampa a Milano. Il 2022 per Latalis in Italia, che conta sei unità di business tra cui Galbani formaggi e salumi, Parmalat, Leerdammer, Catelli e da ultimo Ambrosi, si era chiuso con un fatturato pari a 2,9 miliardi di euro.

“Complessivamente quest’anno un migliore bilanciamento dei prezzi e dei costi dovrebbe permettere un riequilibrio progressivo del risultato dal punto di vista economico” argomenta l’ad, dopo l’erosione dei margini dello scorso anno quando “i prezzi sono aumentati in modo progressivo e in realtà gli aumenti a regime sono arrivati solo alla fine dell’anno”. Una fetta importante del risultato di Lactalis in Italia è rappresentata dell’export che riguarda “il 40% del prodotto fatto in Italia”. Un pilastro per la crescita dal momento che “il consumo interno è stabile o in leggero calo, con una prospettiva complicata dal declino demografico, per cui quando pensiamo alle filiere agricole guardiamo all’estero per avere filiere in crescita”. A tal proposito Pomella sottolinea che “le esportazioni crescono tutti gli anni: l’export dei formaggi italiani è cresciuto più del 30% negli ultimi 4-5 anni quindi è un driver molto importante per il settore e per noi”. “Noi stiamo mettendo insieme tutte le varie anime delle nostre attività italiane in modo da avere una migliore focalizzazione e una migliore proposta verso l’estero – aggiunge – con l’obiettivo di continuare a crescere non solo coi formaggi generici ma anche sulla parte delle Dop”.

Per quanto riguarda invece il 2024 “in termini di consumi sarà un inizio di anno non facile perché abbiamo sicuramente superato la fase di inflazione acuta che ha caratterizzato il 2022 con un rientro progressivo degli aumenti soprattutto legati all’energia. Questo, unito al fatto che, con i rinnovi contrattuali in corso dovrebbero aiutare potere di acquisto dei consumatori, il panorama di fondo dovrebbe stabilizzarsi ma – avverte – resta un tema molto importante quello del costo del denaro. Questo avrà un impatto importante sulle famiglie e potrebbe condizionare nel corso del 2024 la ripresa dei consumi”. Quanto all’iniziativa del governo del carrello anti-inflazione, che si chiuderà a fine mese e a cui ha aderito anche Lactalis, Pomella ha ribadito il suo apprezzamento: “In un momento difficile era uno sforzo necessario per cercare di ridare un po’ di spazio al consumo e aiutare i consumatori in una fase complicata al rientro dalle vacanze: i mesi di settembre e ottobre sono sempre difficili e complicati. Credo sia stata una iniziativa positiva”, ha concluso.

Uiv: in Italia 50 mln etichette vini già stampate, danno enorme

Uiv: in Italia 50 mln etichette vini già stampate, danno enormeRoma, 30 nov. (askanews) – Sono oltre 50 milioni le etichette di vini italiani già stampate secondo il modello inizialmente condiviso e poi sconfessato dalle linee guida della Commissione Ue. Lo afferma l’Unione italiana vini (Uiv), ribadendo come l’intempestivo intervento della Commissione, a 2 anni dalla stesura del Regolamento comunitario e ad appena 2 settimane dal varo della nuova etichettatura europea. sia un danno imprevisto e importante per il settore. Per questo Uiv chiede un’immediata sospensione in merito alla principale criticità contenuta nelle linee guida della Commissione, per rivederne il contenuto e garantire certezza giuridica alle imprese. Contestualmente, aggiunge Uiv, sarà necessario ottenere il consenso all’utilizzo di tutte le etichette stampate prima della pubblicazione delle linee guida e fino a esaurimento scorte.

Uiv rileva anche che le precisazioni fatte ieri dal portavoce Agricoltura della Commissione, Olof Gill, non soddisfano le imprese del vino e non risolvono il caos determinato dall’ultimo cavillo voluto dall’esecutivo europeo (la parola “ingredients” anziché l’acronimo “i” a fianco al QR code sulla lista degli ingredienti). Secondo Unione italiana vini (Uiv) e il Comitato europeo delle aziende vitivinicole (Comité Vins – CEEV), la nuova interpretazione fornita dall’istituzione si presta a diverse violazioni, a partire dal testo legislativo, poiché non spetta alla Commissione apportare nuove norme a livello di orientamento interpretativo. In aggiunta, si prospetta una violazione dei principi generali dell’Ue, come la certezza del diritto e la proporzionalità: è infatti giurisprudenza consolidata che gli enti non possano adottare nuovi obblighi senza un termine ragionevole per attuarli.

C’è poi, secondo le due organizzazioni, una violazione delle norme procedurali: “imporre una diversa interpretazione del Regolamento a pochi giorni dall’adozione della norma lede infatti il principio comunitario inserito nel programma di lavoro della Commissione che ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi inutili. Con buona pace di milioni di etichette già state stampate, in buona fede e nel rispetto della Legislazione, destinate al macero. Atteggiamento questo contrario anche alle politiche sulla tutela dell’ambiente”.

Lollobrigida: zootecnia italiana esempio tradizione e innovazione

Lollobrigida: zootecnia italiana esempio tradizione e innovazioneRoma, 30 nov. (askanews) – “Il mondo dell’agricoltura e dell’allevamento è centrale e va difeso e valorizzato. Sono due cose che viaggiano di pari passo. Senza allevamento e senza agricoltura, la natura non migliora. La zootecnica italiana è un mondo fatto di tradizione, sacrifici, lavoro, passione, in costante evoluzione, sempre più sostenibile e attento al benessere animale. Un esempio di come ricerca e innovazione, unite alla maestria degli allevatori italiani, rendano sempre più competitive le nostre imprese e i nostri prodotti di qualità nel mondo”. Così il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, oggi a Cremona inaugurando la 78esima edizione delle Fiere zootecniche internazionali, con il ministro del Turismo, Daniela Santanchè e l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessandro Beduschi.

“In Europa abbiamo raggiunto un importante risultato. Abbiamo frenato chi voleva paragonare le emissioni animali a quelle industriali. Su questo, l’Italia ha svolto un ruolo di primo piano, grazie all’azione dei suoi parlamentari a Bruxelles e al sostegno del Governo. Siamo al fianco degli allevatori italiani”, ha sottolineato il ministro. “Questo appuntamento mostra un settore radicato nella nostra storia e nella nostra economia, grazie al lavoro e ai risultati delle imprese del comparto, e conferma la sinergia tra il mondo della produzione e della promozione che, lavorando insieme, riescono a valorizzare il Sistema Italia”, ha evidenziato il ministro. Proprio per rimarcare questo, Francesco Lollobrigida ha ricordato che “all’ultimo Consiglio Europeo, ho presentato un documento che tutela gli agricoltori e i prodotti italiani, garanzia di sicurezza e qualità. L’agricoltore deve essere riconosciuto come il primo manutentore del territorio, il primo ambientalista”.

Eataly apre nella stazione di Roma Termini: 700 metri di store

Eataly apre nella stazione di Roma Termini: 700 metri di storeRoma, 30 nov. (askanews) – Eataly apre all’interno della stazione ferroviaria Roma Termini: uno store di 700 metri quadri all’interno della stazione più grande d’Italia e tra le più grandi in Europa. Il nuovo punto vendita si trova nella terrazza al primo piano, visibile sia dall’atrio d’ingresso sia dalla ex “galleria gommata” trasformata in moderna area di servizi dalla riqualificazione, che ha restituito alla stazione il fascino di un tempo, e gode di un affaccio su Piazza dei Cinquecento e sull’atrio storico, entrambi delimitati da luminose vetrate.

Il locale include una caffetteria, il banco della pizza alla pala sfornata fresca tutto il giorno per pause veloci e un vero e proprio ristorante con oltre 100 posti a sedere e servizio al tavolo per un totale di oltre 200 posti a disposizione della clientela. Presente anche un’area mercato per acquistare una selezione di prodotti tipici italiani. La collaborazione con Grandi Stazioni Retail include anche l’apertura a Termini di un temporary store al piano terra che, insieme al gemello aperto qualche giorno fa nella galleria commerciale della stazione di Milano Centrale, offre una selezione di panettoni e pandoro firmata dal brand, oltre a panettoni di altri prestigiosi marchi, le nuove confezioni regalo e le specialità dedicate al periodo delle Feste.

Per questo nuovo punto vendita, che porta a 50 il totale degli store nel mondo, Eataly ha assunto 48 persone in modo tale da garantire il servizio dalle 6 alle 22, sette giorni su sette e apertura del ristorante con orario continuato dalle 11 alle 22.

Vino e spirits, crollano consumi estivi per aperitivi e dopocena

Vino e spirits, crollano consumi estivi per aperitivi e dopocenaRoma, 30 nov. (askanews) – Nel 2023 crollano in estate i consumi delle bevande alcoliche nelle occasioni serali, ovvero aperitivi e dopocena. Il trimestre luglio-settembre del 2023, infatti, si è chiuso con un dato di contrazione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il trend negativo (-6% a visite e -4% a valore) è il risultato di più fattori concomitanti quali il quadro economico e inflattivo sfavorevole, il benchmark molto positivo del 2022, le condizioni meteo altalenanti durante la stagione nonchè l’aumento del numero degli italiani che hanno scelto di trascorrere le vacanze all’estero. È la fotografia scattata dall’Osservatorio Federvini, a cura di Nomisma e TradeLab,

Il trend rivela un incremento di spesa di 2,5 miliardi di euro rispetto all’anno scorso (+4,3% in termini di valore del mercato). In totale è aumentato anche il numero di visite (+0,7%). Nel periodo tra gennaio e settembre in dettaglio gli aperitivi serali crescono del 3% in termini di presenze e del 5% a valore, la cena vede un +1% di presenze e un +4% a valore, mentre crollano le occasioni dopocena e notturne (-14% in presenze e consumi). In termini di consumazioni le bevande alcoliche hanno rappresentato il 12% del totale dei consumi (1,1 miliardi di consumazioni di vino e spiriti nel corso dei primi tre trimestri dell’anno). Il consumo di vino e dei cocktails alcolici è cresciuto dell’1%, quello delle bollicine del 9%. Riscontro al ribasso invece per amari (-7%) e spiriti lisci (-11%).

Italia al decimo posto nel mondo per acquisti biologici

Italia al decimo posto nel mondo per acquisti biologiciRoma, 30 nov. (askanews) – L’Italia è nella top ten globale dei Paesi che acquistano più prodotti biologici, anche se all’utimo posto, dietro a Francia e Germania. Il Paese più biologico al mondo rimane la Danimarca. L’Italia è però tra i Paesi con la maggiore superficie agricola coltivata a biologico con oltre 22mila kmq, pari alla superficie di tutta l’Emilia-Romagna. I dati sono stati diffusi da Organic Denmark nel corso dell’evento promosso da Made in Nature, il programma di promozione e informazione dell’ortofrutta biologica di CSO Italy, finanziato dall’Unione Europea.

L’Italia è quindi al decimo posto nella Top Ten dei Paesi a maggiore consumo di prodotti biologici, con una quota di mercato del 3,5% sul totale dei consumi. Davanti a noi, la Germania col 6,4% e la Francia col 6,5% di market share. La Danimarca si conferma il Paesi più biologico al mondo, con una quota di mercato superiore al 10%. La situazione dell’ortofrutta biologica e delle sue prospettive sono state al centro dell’evento “Frutta e Verdura biologica nella distribuzione organizzata: a che punto siamo”, che si è svolto nei giorni scorsi a Copenaghen e in contemporanea anche in Italia, Francia e Germania.

Secondo i dati rilasciati da CSO Italy, nel 2022 in Italia sono state acquistate 308mila tonnellate di ortofrutta biologica, la quantità più bassa degli ultimi cinque anni e rispetto al convenzionale, con un incremento di prezzo medio del +3%, salendo per il 2022 a 2,22€/kg. Dal 2018 in avanti la quota di biologico all’interno del totale acquisti ortofrutta si è mantenuta tuttavia stabile, mediamente al 6% del totale. Sono poche le specie che fanno eccezione al calo degli acquisti: le banane che non solo segnano il +1% dei volumi salendo oltre le 40mila tonnellate, ma conquistano anche il primo posto come frutto biologico più acquistato in Italia nel corso del 2022, seguite da clementine, pere, nettarine e susine. La crescita dei consumi di patate è il principale motivo della parziale tenuta degli acquisti di ortaggi nel corso del 2022 biologici e convenzionali. In particolare, la versione biologica ha fatto registrare un incremento di acquisto del +11% sul 2021, con volumi in crescita costante nell’ultimo quinquennio. La grande distribuzione rappresenta il maggior driver di vendita di ortofrutta biologica: il 64% dei volumi è transitato da un punto vendita appartenente a iper, super, discount o superette, in valori assoluti per il 2022 si tratta di 198mila tonnellate sulle 308mila totali. Supermercati che hanno assorbito il 42% delle vendite e discount col 12% gli unici canali in crescita rispetto allo scorso anno.

Il Nord Ovest della nostra Penisola si conferma l’area geografica più interessante col 33% dei volumi nazionali, anche se in diminuzione del 6% rispetto al 2021 così come il Nord Est, che fa registrare una flessione del 16% rispetto all’anno precedente e il Sud e la Sicilia che perdono il 19% delle vendite. Unica eccezione il Centro e la Sardegna area nella quale si registra l’aumento del +8% degli acquisti.