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Mars investe 27 mln Usd per ridurre emissioni lattiero-caseario

Mars investe 27 mln Usd per ridurre emissioni lattiero-casearioRoma, 4 mar. (askanews) – Mars investe 27 milioni di dollari in strumenti, soluzioni tecnologiche e incentivi economici per aiutare gli allevatori del settore lattiero-caseario a ridurre le emissioni nelle loro aziende nell’ambito del programma “Farmer Forward”, un investimento quinquennale creato dall’azienda di snack in collaborazione con Fonterra, produttore globale di latticini.


Circa la metà dell’investimento sarà destinata alla fornitura di strumenti e soluzioni tecnologiche per circa 2.000 allevatori di Fonterra. Il resto dell’investimento andrà invece ai circa 165 allevatori che raggiungeranno ogni anno i migliori risultati in termini di sostenibilità, con incentivi medi di 15.000 dollari a testa. Il programma permetterà di ridurre le emissioni di Mars dal settore lattiero-caseario di oltre 150.000 tonnellate metriche entro il 2030, equivalente a eliminare oltre 380 milioni di miglia percorse su strada e potrebbe teoricamente generare abbastanza latte per produrre 20 miliardi di barrette Snickers all’anno. L’azienda ha intenzione di ridurre del 50% le emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 2015 e raggiungere l’obiettivo Net Zero entro il 2050.


Il settore lattiero-caseario rappresenta infatti la quarta maggiore fonte di emissioni di carbonio dell’azienda. “Gli allevatori del settore lattiero-caseario sono in prima linea nell’adozione di pratiche agricole sostenibili – spiega Amanda Davies, Chief R&D, Procurement and Sustainability Officer di Mars Snacking – Attraverso questa iniziativa, stiamo investendo circa 27 milioni di dollari nelle aziende agricole familiari di Fonterra nei prossimi cinque anni per fornire un supporto finanziario fondamentale e delle riduzioni significative delle emissioni”.

Lollobrigida: c’è consenso su riduzione Iva a 10% per ostricoltura

Lollobrigida: c’è consenso su riduzione Iva a 10% per ostricolturaRoma, 4 mar. (askanews) – Il Masaf “farà la sua parte” affinché venga accolta la proposta di ridurre l’IVA sulle ostriche dal 22% al 10%. Una proposta che “ha ottenuto il consenso di maggioranza e opposizione, anche se gli emendamenti presentati in Legge di Bilancio, da PD, M5S, Lega e Forza Italia, non sono stati approvati. Le ostriche non devono essere considerate un bene di lusso, ma un prodotto accessibile che può rappresentare una nuova opportunità per la filiera ittica italiana”.


Lo sottolinea in una nota il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che stamattina al Senato ha incontrato i pescatori di Goro, “che da anni affrontano le conseguenze dell’emergenza granchio blu. Ho ascoltato le loro preoccupazioni, consapevole di quanto questo settore rappresenti il lavoro e il sostentamento di centinaia di famiglie”, spiega il ministro. “Fin dall’inizio – ricorda poi Lollobrigida – abbiamo lavorato per trovare soluzioni concrete, investendo risorse e presentando un Piano di contenimento che delinea una strategia per contrastare un problema che ha messo in ginocchio la produzione di vongole, cuore dell’economia locale. Oggi, però, emerge un’altra possibilità di riscatto: l’ostricoltura. Le ostriche, più resistenti agli attacchi del granchio blu, possono rappresentare un’opportunità di sviluppo per il territorio”.

Coldiretti: con dazi a rischio record export cibo made in Italy

Coldiretti: con dazi a rischio record export cibo made in ItalyRoma, 4 mar. (askanews) – L’imposizione di dazi sui prodotti agroalimentari italiani negli Usa metterebbe a rischio il record di 7,8 miliardi fatto segnare dall’export agroalimentare made in Italy nel 2024 in un mercato, quello statunitense, divenuto sempre più strategico per il settore agroalimentare tricolore. Non solo, i dazi potrebbero anche alimentare la già fiorente industria del falso. Lo sottolinea la Coldiretti commentando il messaggio del presidente Donald Trump agli agricoltori americani. La preoccupazione è legata al fatto che un dazio del 25% sul cibo italiano farebbe alzare i prezzi al consumo per i consumatori americani, che potrebbero essere portati a indirizzarsi su altri beni più a buon mercato, proprio a partire dai cosiddetti “italian fake”.


“Nel trattare la quesitone dazi si continua a ragionare solo dell’economia reale, cioè quel che si produce, ma nessuno tiene in considerazione il tema dell’importazione dei servizi che in questo caso vengono erogati dal mercato statunitense – sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – Mettere insieme questi due aspetti diventa la vera trattativa che l’Europa dovrebbe attuare in una visione comune per evitare che ci siano forme di penalizzazione economica che non gioverebbero né al mercato europeo né a quello americano”. Gli Stati Uniti sono oggi il Paese che detiene saldamente la leadership produttiva del falso Made in Italy: qui il fenomeno delle imitazioni di cibo tricolore è arrivato a rappresentare oltre 40 miliardi di euro. Basti pensare che il 90% dei formaggi di tipo italiano in Usa, sottolineano Coldiretti e Filiera Italia, sono in realtà realizzati in Wisconsin, California e New York.


Una fiorente industria del falso che potrebbe avvantaggiarsi del calo di consumi del vero cibo italiano. Secondo un’analisi condotta da Coldiretti su dati Istat, i dazi imposti durante la prima presidenza di Trump su vari prodotti agroalimentari tricolori hanno causato una riduzione del valore delle esportazioni (confrontando il 2019 con il 2020). La diminuzione è stata del 15% per la frutta, del 28% per carni e prodotti ittici lavorati, del 19% per formaggi e confetture, e del 20% per i liquori. Anche il vino, sebbene inizialmente non colpito dalle misure, ha registrato un calo del 6%. Secondo una stima Coldiretti, un dazio del 25% sulle esportazioni agroalimentari Made in Italy negli Usa potrebbe costare ai consumatori americani fino a 2 miliardi di euro in più, con un costo per le singole filiere che sarebbe di quasi 500 milioni solo per il vino, circa 240 milioni per l’olio d’oliva, 170 milioni per la pasta, 120 milioni per i formaggi.

Assitol: bene nuovo piano olivicolo, riconosce proposte industria

Assitol: bene nuovo piano olivicolo, riconosce proposte industriaRoma, 4 mar. (askanews) – “Il nostro giudizio è positivo sia sul metodo, che vede coinvolti tutti gli attori della filiera, sia nel merito, perché riconosce alcune proposte che l’industria olearia ha promosso negli ultimi anni”. Così in una nota Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva di Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria olearia aderente a Confindustria e Federalimentare, commenta le Linee guida del Piano olivicolo presentato a Sol2Expo di Verona dal sottosegretario al Masaf Giacomo La Pietra.


Positivo in particolare per Assitol l’aumento di produzione del 25% in 7-10 anni previsto dal piano, come anche il recupero degli oliveti abbandonati, la riduzione dei costi di produzione almeno del 20%, e il ricorso alla ricerca per modernizzare il nostro patrimonio olivicolo. “Sono tutti passaggi necessari – sottolinea la presidente degli industriali – Se vogliamo tornare ad essere competitivi, è indispensabile contare su quantitativi maggiori e su costi ragionevoli, grazie al ricorso all’innovazione, essenziale anche per la lotta al cambiamento climatico”. Oltre ad una olivicoltura più efficiente e redditizia, il Piano indica nella promozione sui mercati di consumo un altro punto chiave per il settore, puntando soprattutto su una maggiore consapevolezza dei vantaggi salutistici dell’olio d’oliva. “Il report di Nomisma presentato a Sol2Expo ci ha rivelato che soltanto il 37% dei consumatori conosce davvero l’apporto dell’extravergine al nostro benessere – ricorda Anna Cane – un dato che non ci sorprende: come abbiamo più volte sostenuto, la scarsa conoscenza dei benefici del nostro olio ne impedisce la giusta valorizzazione. Il Piano olivicolo-oleario può essere invece lo strumento ideale per avviare una grande campagna di comunicazione, che faccia scoprire al consumatore la ricchezza di questo prodotto in termini nutrizionali e salutistici”.


Bene anche l’idea dell’Interprofessione unica, propugnata nelle Linee guida del piano. Oltre a questi punti condivisi con il Ministero, Assitol ribadisce l’importanza del Sian europeo, estendendo così all’intera UE il sistema di monitoraggio applicato da anni sul territorio nazionale. Entro settembre, i partecipanti al Tavolo olivicolo sono chiamati a presentare le loro proposte.

Al via costruzione nuova malteria di K Adriatica a Loreo

Al via costruzione nuova malteria di K Adriatica a LoreoRoma, 4 mar. (askanews) – Dopo uno slittamento dovuto a intoppi burocratici, “quest’anno partiremo con la costruzione della nuova malteria di K Adriatica a Loreo, un impianto in grado di trasformare 50.000 tonnellate di orzo in malto per birra”. Lo ha annunciato Giovanni Toffoli, amministratore delegato del gruppo che produce fertilizzanti e che già a Melfi, in Basilicata, trasforma l’orzo in malto, nel corso di un convegno organizzato da Confagricoltura Rovigo.


“Dovevamo già essere attivi dall’anno scorso, ma l’iter burocratico è stato lunghissimo – spiega Toffoli – Ora, finalmente, è stato completato e dovrebbe essere la volta buona per partire con la costruzione dello stabilimento. Contiamo di essere operativi per la raccolta dell’orzo del 2027. Abbiamo bisogno di creare una filiera di 9.000 ettari di orzo e contiamo molto sul Polesine”. Oggi due terzi della birra prodotta in Italia vengono fatti con malto straniero, ma il trend sta cambiando. Sono oltre un migliaio i birrifici agricoli e la richiesta di malto italiano sta crescendo. Il progetto di K Adriatica prevede che, attraverso contratti di filiera che coinvolgeranno circa 800 imprese del Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche, la produzione sarà di circa 90.000 tonnellate di orzo da birra considerando i due stabilimenti: 50.000 a Loreo e 42.000 a Melfi. Lo stabilimento polesano occuperà un centinaio di addetti, tra diretti e indiretti, e coniugherà tecnologia e sostenibilità, utilizzando solo energia elettrica da cogenerazione e riducendo il consumo di acqua del 35%.


In Polesine la coltura dell’orzo è in crescita costante: da 2.446 ettari del 2021 è passata a 3.085 ettari nel 2022, per lievitare a 4.400 ettari nel 2023 (dati Veneto Agricoltura). “Sarebbe un’ottima opportunità per il nostro territorio – sottolinea Chiara Dossi, presidente del settore cerealicolo di Confagricoltura Veneto e Rovigo – perché consentirebbe al Basso Polesine di avere un prodotto caratterizzante, con il quale riconoscere e valorizzare i nostri raccolti”. Per il malto serve l’orzo distico da birra, che ha rese ottime, fino a 95 quintali a ettaro e “che deve essere remunerato adeguatamente dato che la filiera per la nuova malteria sarà sostenibile e quindi andranno seguiti protocolli specifici, con tecniche vincolanti e dispendiose. Rischi che ricadranno sulle aziende agricole. Ci auguriamo perciò che, in sede di contrattazione, gli agricoltori vengano coinvolti al fine di ottenere una giusta remunerazione da parte dell’industria”, conclude Dossi.

Assocarni lancia corso formazione per allevatori e operatori

Assocarni lancia corso formazione per allevatori e operatoriRoma, 4 mar. (askanews) – La sicurezza alimentare e la qualità delle carni che arrivano sulle tavole dei consumatori non possono essere disgiunte dalla salute e benessere degli animali da cui derivano. Per questo Assocarni ha deciso di coinvolgere direttamente gli allevatori in un processo di formazione ed informazione su come prevenire le malattie animali, come tutelare il loro benessere, quali strumenti essenziali usare per la riduzione del consumo di antibiotici e la lotta contro l’antimicrobico resistenza. Il corso è realizzato attraverso la Food&Health Consulting ed è rivolto agli aderenti al circuito Assocarni.


Secondo il presidente di Assocarni Serafino Cremonini, “non si tratta solo di adempiere ad un obbligo di legge, poiché riteniamo che non sia sufficiente solo una conoscenza pratica, e che la gestione degli allevamenti richieda competenze specifiche per produrre carni di qualità e sicure, senza tralasciare i temi della sostenibilità e del benessere animale”. Il Corso, secondo le indicazioni ministeriali, è obbligatorio dal 1.1.2025 per tutti gli operatori, trasportatori e professionisti degli animali, ai sensi del D.M.6.9.2023, e sarà usufruibile a distanza, da pc, tablet o smartphone in qualsiasi momento della giornata, e in qualsiasi luogo ove risiedano gli iscritti. Docenti di varie università, dirigenti di Istituti zooprofilattici sperimentali, esperti di autorità competenti e veterinari di esperienza, si alterneranno in video con lezioni di 25-30 minuti, per un numero complessivo di 18 ore, trattando delle principali malattie del bovino: in particolare, come prevenirle e come curarle.

Cambiamenti clima influenzano strategie riproduttive piante

Cambiamenti clima influenzano strategie riproduttive pianteRoma, 4 mar. (askanews) – Le piante adattano le proprie strategie riproduttive anche in base ai cambiamenti climatici. Uno studio dell’Università di Pisa ha tracciato l’evoluzione dei semi negli ultimi 150 milioni di anni evidenziando una relazione diretta tra evoluzione, cambiamento del clima terrestre e comparsa di innovazioni riproduttive nelle angiosperme, le piante a fiore maggiormente diffuse sul nostro pianeta. La ricerca condotta dal professore Angelino Carta dell’Ateneo pisano e da Filip Vandelook del Meise Botanic Garden in Belgio è stata pubblicata sulla rivista New Phytologist.


L’analisi ha riguardato i semi di 900 specie rappresentative di tutte le famiglie di angiosperme di cui è stato valutato il rapporto fra dimensioni dell’embrione e riserve nutritive. Dai risultati è emerso che i cambiamenti del clima della Terra hanno portato a un’ampia diversificazione, permettendo alle angiosperme di esplorare nuove strategie riproduttive e di adattarsi a habitat sempre più vari. La condizione ancestrale delle piante era quella di avere semi con embrioni relativamente piccoli, tendenza che ha avuto poche variazioni sino a quando le temperature medie globali sono state alte, sopra i 25 °C. Quando le temperature globali sono diminuite, con temperature intorno ai 15 °C, l’evoluzione ha favorito semi con embrioni più grandi che tendono infatti a germinare più rapidamente, un vantaggio in ambienti secchi o soggetti a condizioni imprevedibili. E tuttavia, come è emerso dallo studio, questo sviluppo non esaurisce la storia evolutiva dei semi che piuttosto ha avuto un andamento “a salti”. Semi con maggiori riserve nutritive e minori dimensioni dell’embrione mantengono infatti il vantaggio di ritardare la germinazione e aumentare le possibilità di sopravvivenza, soprattutto in ambienti come le foreste e gli habitat umidi.


“Questa ricerca potrebbe anche fornire informazioni importanti su come risponderanno i semi ai cambiamenti climatici futuri”, spiega Angelino Carta, del Dipartimento di Biologia, sottolineando che lo studio ha comportato una sfida materiale, ovvero “assemblare il più grande dataset relativo alle caratteristiche dimensionali e strutturali dei semi” e una sfida virtuale. Ovvero “gestire e analizzare questa mole di informazioni per ricostruire gli ultimi 150 milioni di anni di storia evolutiva dei semi attraverso sofisticati approcci analitici e le risorse del centro di calcolo dell’Ateneo pisano”.

Efsa: lista piante ospiti Xylella si allunga a 452 specie

Efsa: lista piante ospiti Xylella si allunga a 452 specieRoma, 4 mar. (askanews) – L’Efsa ha pubblicato un aggiornamento del suo database di piante ospiti delle specie Xylella, che tiene traccia delle specie vegetali colpite dal fitopatogeno Xylella fastidiosa.


Si allunga la lista delle piante ospiti di Xylella confermate dalla lista dell’Efsa che ora annovera 452 specie, da 70 diverse famiglie botaniche, colpite dall’agente patogeno. L’ultimo aggiornamento, che riguarda le ricerche pubblicate tra gennaio e giugno 2024, include dati da 27 pubblicazioni scientifiche e recenti notifiche di focolai. Nel dettaglio, l’Efsa ha identificato una nuova pianta ospite: la quercia di montagna cantabrica (Quercus orocantabrica), che è stata infettata naturalmente in Portogallo. Ancora, per la prima volta, infezioni naturali del ceppo della malattia di Pierce, un ceppo di Xylella fastidiosa che causa la malattia nei vigneti del Nord America, sono state trovate in uva, mandorle e altre piante in Puglia.


E Coldiretti Puglia in una nota ricorda che sono state ormai portate a termine le eradicazioni dove è stata riscontrata la presenza della infezione da Xylella fastidiosa fastidiosa, il nuovo ceppo del batterio killer che hanno riguardato 339 piante, di cui 212 mandorli, 119 viti e 7 ciliegi negli agri comunali interessati di Triggiano, Capurso, Santeramo. Proseguono, invece, gli espianti delle piante specificate per 50 metri di raggio intorno ad esse, inoltre su base volontaria anche fino a 400 metri dalla pianta infetta, con la superficie complessiva che interessa poco oltre 30 ettari. Intanto, proprio nei giorni scorsi, è stato avviato il percorso per il secondo piano pluriennale per la rigenerazione del patrimonio olivicolo pugliese compromesso dalla Xylella, ma con una strategia condivisa, come annunciato dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e dal sottosegretario al Masaf La Pietra. L’organizzazione del tavolo, con il coinvolgimento anche del Ministero della Salute e del Ministero dell’Ambiente, insieme alle regioni Puglia e Basilicata, ha voluto creare un’osmosi operativa tra i ministeri che hanno competenze dirette sul sistema aggredito dalla fitopatia.

Cia a Ue: su dazi serve risposta ferma, a rischio miliardi cibo

Cia a Ue: su dazi serve risposta ferma, a rischio miliardi ciboRoma, 4 mar. (askanews) – “Trump allerta i grandi agricoltori degli Stati Uniti. Noi direttamente la nostra Europa. Bruxelles intervenga subito. Il messaggio social del presidente americano è, adesso, una clessidra all’ultimo granello. Serve un’azione diplomatica e una contromossa importante per contrastare l’effetto deflagrante dei dazi Usa su tutti i prodotti Ue”. Il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, richiama le istituzioni europee e nazionali a una difesa perentoria del Made in Italy agroalimentare.


“Con l’annuncio di dazi del 25% all’export europeo negli Usa, a partire dal 2 aprile, si prefigurano danni miliardari per il cibo italiano che faranno male non solo al nostro Paese -commenta Fini – ma anche al portafoglio degli americani che acquistano le nostre eccellenze, riconoscendone la qualità e l’unicità. Gli agricoltori di Trump non potranno mai produrre Grana Padano, Prosciutto di Parma, Pecorino romano, Prosecco, Brunello e tutte le Dop e Igp Made in Italy, il cui export in Usa vale oltre 2,4 miliardi, una ricchezza anche per l’Europa. Altro che divertimento – conclude Fini – serve risposta ferma e risoluta”.

Confagricoltura al Key the energy transition expo di Rimini

Confagricoltura al Key the energy transition expo di RiminiRoma, 3 mar. (askanews) – Confagricoltura partecipa a KEY-The Energy Transition Expo, il principale evento europeo dedicato alle tecnologie, ai servizi e alle soluzioni integrate per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili in Italia e nel bacino del Mediterraneo, in programma a Rimini dal 5 al 7 marzo. Con un proprio stand, Confagricoltura conferma il ruolo centrale del settore nella transizione energetica, evidenziando il contributo strategico delle imprese agricole nella produzione di energia rinnovabile e nell’adozione di soluzioni sostenibili.


L’agricoltura è un attore di primo piano nel percorso verso la decarbonizzazione, grazie allo sviluppo di agroenergie, comunità energetiche e pratiche innovative che integrano produzione agricola e sostenibilità ambientale. In questo contesto, a Rimini un’attenzione particolare sarà dedicata alle aziende agrituristiche, sempre più impegnate nell’utilizzo di energie rinnovabili: queste imprese adottano soluzioni avanzate, come il fotovoltaico e il solare termico per la produzione di energia elettrica e termica, contribuendo anche alla mobilità sostenibile sul territorio. Tra gli appuntamenti dello spazio confederale (Pad. A5, stand 150) la presentazione di ConfagriCER, la comunità energetica nazionale di Confagricoltura, in programma mercoledì 5 marzo alle 12. Un progetto innovativo che punta a favorire l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia rinnovabile, coinvolgendo gli imprenditori agricoli in un modello di condivisione energetica sostenibile. Partecipano all’incontro, tra gli altri relatori, anche Nicola Gherardi, presidente ConfagriCER e Michele Simionato (Edison Energia).


Ancora, giovedì 6 marzo alle 10.30, ci sarà la presentazione del primo Rapporto dell’Osservatorio Agroenergie, realizzato in collaborazione con Enel. Durante l’incontro, che vedrà la partecipazione di Nicola Lanzetta, direttore Italia del Gruppo Enel, e del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, verranno analizzate le dinamiche attuali e le prospettive delle agroenergie in Italia. Un’occasione per approfondire il ruolo delle fonti rinnovabili nel comparto agricolo e per discutere delle sfide e delle opportunità che il settore dovrà affrontare nei prossimi anni. Oltre agli appuntamenti nello stand, Confagricoltura organizza mercoledì 5 alle 15.30, in Sala Neri, il convegno “Agrivoltaico: aspetti contrattuali, legali e fiscali nel rapporto tra agricoltori e operatori elettrici”, che analizzerà le problematiche normative del settore.