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Rinnovabili, RWE: pronti a raddoppio impianti in Italia entro 2030

Rinnovabili, RWE: pronti a raddoppio impianti in Italia entro 2030Roma, 7 mag. (askanews) – “Abbiamo 500 MW di impianti in Italia e contiamo di raddoppiare la nostra capacità installata da oggi al 2030”. Lo afferma Paolo Raia, Country Manager di RWE tra i leader mondiali della produzione da energie rinnovabili, intervenendo al convegno moderato sul tema “Conoscere e comunicare la transizione energetica, le rinnovabili come vettore di crescita per il territorio” svoltosi a Squillace in Calabria, regione che detiene circa il 30% della capacità installata dell’operatore.


“Le rinnovabili non solo in Italia ma anche nel mondo sono indispensabili non solo per finalità ambientali ma anche per questioni economiche e per la sicurezza energetica. Non è un caso che nei sempre più frequenti periodi di crisi le bollette elettriche abbiano un’impennata. Tuttavia siamo anche convinti – continua Raia – che per conseguire una transizione energetica efficace, occorra investire anche in una transizione culturale, ovvero nella formazione e nella corretta informazione dei cittadini”. Per questo motivo RWE ha varato i RinnovaMente Days, Crescere con Energia! un tour che, partito in questi giorni dalla Calabria, ha coinvolto oltre a istituzioni e operatori locali, soprattutto le scuole e la cittadinanza locale con oltre 1200 partecipazioni di cui 500 studenti delle scuole primarie e secondarie del territorio nell’ambito di 3 ricche giornate di incontri, laboratori e dibattiti.

Confindustria e Deloitte: energia, ambiente e clima priorità per economie G7

Confindustria e Deloitte: energia, ambiente e clima priorità per economie G7Roma, 23 apr. (askanews) – Più investimenti, più collaborazione tra pubblico e privato e più convergenza tra politiche industriali dei Paesi B7 per realizzare una transizione verde capace di coniugare sostenibilità e competitività. Queste le priorità per il G7 individuate nel B7 Flash, la nota di Confindustria e Deloitte elaborata in occasione dell’evento B7 “G7 Industry Stakeholders Conference” in programma a Torino il 28 aprile e della riunione Ministeriale G7 su “Energia, ambiente e clima” in agenda il 28, 29 e 30 aprile nel capoluogo piemontese.


“La conferenza di Torino rappresenta un’opportunità unica per discutere e delineare strategie efficaci per affrontare uno dei temi più rilevanti del nostro tempo: trasformare la transizione ecologica in una grande opportunità di innovazione e sviluppo competitivo. In questo contesto, il coinvolgimento della comunità imprenditoriale del G7 offre una piattaforma preziosa per collaborare con i Ministri alla luce delle complesse sfide poste dagli obiettivi di sostenibilità. E’ fondamentale creare delle sinergie tra pubblico e privato, promuovendo un approccio alla transizione basato sulla neutralità tecnologica e sullo stimolo agli investimenti nell’economia circolare, capaci di coniugare tutela ambientale, sicurezza degli approvvigionamenti e competitività. Grazie al contributo dei partecipanti, miriamo a promuovere percorsi e obiettivi condivisi di politica industriale in linea con gli obiettivi della COP 28”, dichiara Katia Da Ros, Vice Presidente per Ambiente, Sostenibilità e Cultura, Confindustria “La transizione energetica in atto, guidata dall’innovazione tecnologica e dall’uso efficiente e sostenibile delle risorse, sta incidendo in modo profondo sulla produzione e sulla distribuzione dell’energia, ma anche sull’attività delle imprese, sui trasporti, sul commercio e, nei fatti, sui nostri stili di vita. La COP28 ha sottolineato l’esigenza di un’azione immediata per contrastare i cambiamenti climatici e, al contempo, la necessità di un’iniziativa globale e coordinata per sostenere il cambiamento. Siamo di fronte a sfide che non esito a definire epocali: sicurezza e indipendenza energetica, sostenibilità ambientale, innovazione tecnologica, competitività economica, cooperazione internazionale. I Paesi del G7 sono in una posizione privilegiata per guidare il cambiamento. Una leadership politica a livello G7, coesa e lungimirante, è indispensabile per accelerare la transizione e per garantire un avvenire sano ed economicamente prospero alle generazioni future”, dichiara Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Italia.


“Transizione energetica e decarbonizzazione sono processi necessari e irreversibili. Parliamo di un cammino che ci vede direttamente coinvolti e che, grazie a tecnologie, competenze e strumenti a nostra disposizione, possiamo percorrere fino in fondo. Per rispondere alle sfide cogenti mettiamo a disposizione le nostre soluzioni di efficientamento energetico, produzione locale di energia rinnovabile e un consolidato know-how di esperienza nel settore. Siamo orgogliosi di partecipare a un momento di confronto significativo e urgente, insieme alle istituzioni e ai più importanti stakeholder di riferimento del settore per imprimere una forte e collettiva accelerazione al percorso verso il Net Zero entro il 2050”, ha commentato Emanuela Trentin, CEO di Siram Veolia.

Usa, Chevron lancia fondo tech da 500 mln usd contro emissioni

Usa, Chevron lancia fondo tech da 500 mln usd contro emissioniNew York, 17 apr. (askanews) – La divisione venture capital di Chevron ha presentato un nuovo fondo da 500 milioni di dollari incentrato su una tecnologia rispettosa del clima. Il Future Energy Fund III “mira ad espandere gli investimenti nei settori dei nuovi combustibili a basse emissioni di carbonio, dei materiali avanzati e della trasformazione del carbonio in prodotti di valore più elevato” spiega la nota stampa di annuncio.


Il fondo aiuterà l’azienda a concentrarsi su aree come la decarbonizzazione industriale, la mobilità e l’”economia circolare del carbonio” e aiuterà a diversificare la principale fonte di guadagno dell’azienda, cioè petrolio e gas, su altri fronti come la cattura del carbonio e l’idrogeno. Gli investimenti iniziali saranno indirizzati alla startup per la cattura del carbonio Carbon Clean, la startup di fusione Zap e il player di ricarica di veicoli elettrici ChargePoint.

Edison accelera nel fotovoltaico con nuovo impianto in Sicilia da 41 MW

Edison accelera nel fotovoltaico con nuovo impianto in Sicilia da 41 MWAidone (En), 16 apr. (askanews) – Edison accelera nello sviluppo del fotovoltaico con l’inaugurazione in Sicilia di un nuovo impianto fotovoltaico da 41 MW. Con l’entrata in esercizio del nuovo impianto di Aidone (Enna), il gruppo conferma la propria strategia di crescita nelle energie rinnovabili che prevede 2 GW di capacità installata fotovoltaica al 2030.


Il parco fotovoltaico di Aidone, denominato Solecaldo, genera circa 71,5 GWh di energia rinnovabile all’anno, soddisfacendo il fabbisogno energetico di 26.500 famiglie ed evitando l’emissione in atmosfera di oltre 29.000 tonnellate di CO2 all’anno. “Con il nostro piano di investimenti nelle fonti rinnovabili confermiamo l’impegno nella sfida della transizione energetica volto a realizzare un futuro sostenibile per le aziende e le persone”, ha commentato Nicola Monti, amministratore delegato di Edison. “Edison ha un forte legame con la Sicilia dove è presente attraverso tutti i principali business, dalla generazione elettrica alla vendita di energia e servizi a valore aggiunto per i clienti sia pubblici che privati. Grazie al nuovo impianto di Aidone rafforziamo ulteriormente la nostra presenza nella regione, aumentando la quota di energia rinnovabile a disposizione del territorio”.


“Con l’impianto di Aidone diamo avvio a una robusta pipeline di crescita che farà di Edison uno dei player di riferimento anche nel settore fotovoltaico”, ha spiegato Marco Stangalino, vicepresidente esecutivo Power Asset Edison. “Un ambito questo più recente rispetto all’eolico, di cui siamo leader in Italia, e nel quale abbiamo importanti target di sviluppo”. I lavori di costruzione sono iniziati nel novembre del 2020 e sono durati 2 anni e mezzo, impiegando 45 imprese fornitrici, per un totale di oltre 140mila ore lavorate. L’allaccio alla rete elettrica nazionale e la conseguente entrata in esercizio dell’impianto sono avvenuti nel dicembre 2023. Edison ha riqualificato il territorio in prossimità dell’impianto fotovoltaico attraverso la piantumazione di 10.600 ulivi distribuiti su 17 ettari.

Case “green”, l’Ecofin approva la direttiva, Italia vota contro

Case “green”, l’Ecofin approva la direttiva, Italia vota controLussemburgo, 12 apr. (askanews) – Il Consiglio Ecofin, in corso a Lussemburgo, ha approvato la nuova direttiva Ue sulle performance energetiche degli edifici, conosciuta in Italia come direttive “Case green”, che impone agli Stati membri di garantire il passaggio, a termine, alla classe superiore di efficienza energetica per tutti gli edifici oggi nella classe più bassa del patrimonio immobiliare nazionale.


La direttiva, già oggetto di accordo tra Consiglio Ue e Parlamento europeo e già approvata recentemente dallo stesso Parlamento europeo, ha ricevuto l’approvazione a maggioranza qualificata degli Stati membri con solo due voti contrari, da parte dell’Italia e dell’Ungheria, mentre cinque altri paesi si sono astenuti, Polonia, Svezia, Croazia, Slovacchia e Repubblica ceca. “Abbiamo votato contro la direttiva ‘Case Green’. Si è purtroppo concluso l’iter. La posizione dell’Italia è nota. Il tema: è chi paga? Perché abbiamo delle esperienze in Italia abbastanza chiare in proposito”, con il Superbonus, ha commentato il ministro italiano dell’Economia e Finanza, Giancarlo Giorgetti, parlando con i giornalisti a Lussemburgo dopo il voto.

Fondazione Inarcassa: in 10 anni spesi 13 mld per gestione emergenze

Fondazione Inarcassa: in 10 anni spesi 13 mld per gestione emergenzeMilano, 11 apr. (askanews) – “Condividiamo e sosteniamo l’intenzione di instaurare un unico modello nazionale che possa essere un riferimento per i processi di ricostruzione post-calamità, in grado di snellire e accelerare i processi di ricostruzione. Tuttavia, è necessario che il tema della ricostruzione sia affrontato con metodo diverso da quello dell’emergenza e vengano tenute in adeguata considerazione le politiche di prevenzione”. Queste in breve alcune delle considerazioni che Fondazione Inarcassa ha riferito presso l’ottava Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera. La Fondazione è stata ascoltata nell’ambito delle Audizioni che la Commissione sta svolgendo sui progetti di legge in materia di disposizioni per la gestione delle emergenze di rilievo nazionale e la ricostruzione post-calamità.


Dobbiamo scongiurare – spiega – il rischio di un eccessivo accentramento dei poteri dello Stato nei programmi di ricostruzione, che possa invadere le competenze proprie delle libere professioni. Lo Stato dovrebbe dedicare le proprie risorse alla programmazione, al controllo e al coordinamento delle attività di ricostruzione, lasciando lo sviluppo dei servizi di architettura e ingegneria all’iniziativa privata, favorendo la concorrenza e il merito per ottenere la migliore qualità. “Negli ultimi dieci anni sono state deliberate 193 situazioni di emergenza con una spesa che ha superato i 13,5 miliardi di euro”, ha dichiarato il presidente di Fondazione Inarcassa, Andrea De Maio, “un impegno economico rilevante da parte dello Stato che sottrae risorse alle fasi di ricostruzione e soprattutto prevenzione. Investire in prevenzione nel lungo periodo consente in primo luogo la salvaguardia della vita umana, ma anche un risparmio in termini economici”.


“Se da un lato occorre che lo Stato promuova un processo di semplificazione delle procedure finalizzato ad attivare celermente i programmi di ricostruzione, dall’altro auspichiamo – prosegue – un sempre maggiore coinvolgimento dei liberi professionisti dell’area tecnica e delle loro rappresentanze tanto nella Cabina di Coordinamento quanto nelle decisioni riguardanti la pianificazione territoriale dei Comuni interessati da calamità”.

Scaroni (Enel): solo i salotti vedono la transizione energetica Ue

Scaroni (Enel): solo i salotti vedono la transizione energetica UeRoma, 4 apr. (askanews) – “Vedo conversazioni salottiere in cui si è convinti che la transizione energetica stia avvenendo: non sta avvenendo un bel niente”. Soprattutto in Europa, “che si è posta di obiettivi estremamente ambiziosi, prima un po’ tutti condividevano questi obiettivi, ora improvvisamente comincio a vedere delle incrinature qua e là”. Lo ha affermato il presidente di Enel, Paolo Scaroni, durante un dibattito a Sky Tg24 Economia.


“Nella storia dell’umanità abbiamo bruciato più carbone, più petrolio e più gas quest’anno, e le emissioni di CO2 sono al più alto livello mai fatto della storia. Significa – ha detto – che sulle rinnovabili non siamo nemmeno riusciti a compensare la crescita dei consumi. E abbiamo davanti a noi una montagna da scalare”. “Tanto per dare un dato – ha proseguito Scaroni – solo per raggiungere gli obiettivi della Cop28 per il 2030, quindi sto parlando da qui a sei anni, noi dovremmo investire in rinnovabili il triplo di quello che abbiamo investito nella storia del rinnovabili dal 2004 al 2022. Quindi abbiamo davanti a noi un enorme sforzo. Che è fattibile, che si può fare, ma che richiede un senso di urgenza, un senso di necessità, che vedo meno forte che nel passato”, ha avvertito.


Secondo Scaroni “i cittadini europei danno un segno, qualche senso di sofferenza, il sentiment è un po’ cambiato. Sono diventati più insofferenti di fronte ai temi ambientali e all’impatto dei temi ambientali sulle loro tasche. E quindi quella della transizione energetica è una partita ancora tutta da giocare, per quello che mi riguarda. E non parlo solo di agricoltori. E non ne farei nemmeno un tema politico, è un quadro un po’ variegato. Tutto questo mette a rischio gli obiettivi che noi ci siamo dati. Quindi se non entriamo con quel senso di urgenza, (se non ne facciamo) veramente una priorità, noi non arriveremo mai: qui apriamo un dibattito che vogliamo fare. Io resto ottimista perché poi magari le soluzioni vengono da sole. Però – ha concluso il presidente di Enel – il tema è molto complicato”.

E’ allarme deforestazione: ogni minuto abbattuti circa 2400 alberi

E’ allarme deforestazione: ogni minuto abbattuti circa 2400 alberiMilano, 20 mar. (askanews) – Secondo una recente indagine elaborata dalla World Animal Foundation, ogni minuto vengono abbattuti circa 2400 alberi a livello globale, 144mila all’ora, oltre 3 milioni al giorno e più di 1 miliardo ogni anno. Questi numeri lanciano una vera e propria allerta, confermando quanto annunciato di recente da The Guardian. La principale fonte d’informazione del Regno Unito infatti dichiara: “Per salvare il Pianeta, bisogna salvare le foreste”. Lo scenario, più che mai in evoluzione, coinvolge i cittadini e, allo stesso tempo, le imprese di tutto il mondo che, chiamate a scendere in campo con iniziative mirate ed efficaci, non restano ferme a guardare: stando, infatti, a quanto indicato dal World Economic Forum, più di 100 aziende in tutto il mondo hanno donato oltre 12 miliardi di alberi in più di 100 paesi nell’ultimo anno.


All’interno di questo scenario emergono realtà di grande spessore come KONE, multinazionale di origine finlandese leader nel settore degli ascensori, delle scale e dei tappeti mobili, che vede nella sostenibilità uno dei suoi core value. A confermarlo è Giovanni Lorino, AD di KONE Italy & Iberica: “Il mondo intorno a noi sta cambiando, dal punto di vista sia tecnologico che ambientale. È ben noto il problema relativo alla deforestazione, ma è anche vero che le principali potenze mondiali si stanno impegnando al fine di ridurre, nel più breve tempo possibile, la quantità di alberi abbattuti. La statistica elaborata dalla World Animal Foundation deve far riflettere in vista dell’ormai prossima Giornata Internazionale delle Foreste, in programma il 21 marzo, e spronare i professionisti di ogni settore ad invertire il trend. A livello strettamente operativo, noi di KONE, come già accennato in occasione dell’ultima edizione della Global Elevator Exhibition, grazie anche all’utilizzo delle migliori innovazioni, selezioniamo per i nostri ascensori solo materiali certificati con dichiarazioni ambientali di prodotto, e riduciamo gli imballaggi non necessari”.

Le transizioni verde e digitale e la produttività delle imprese

Le transizioni verde e digitale e la produttività delle impreseRoma, 19 mar. (askanews) – Gli investimenti sulle tecnologie digitali possono avere effetti positivi sulla produttività, ma soprattutto per alcuni tipi di imprese in grado di massimizzarne le ricadute, laddove in media l’effetto è trascurabile se non nullo. Le strette normative della transizione verde, invece, hanno un effetto che è addirittura peggiorativo sul breve e medio termine sulla produttività, ma col tempo questo contraccolpo finisce per riassorbirsi. Le nuove tecnologie più verdi possono invece dare ricadute positive anche sull’immediato, oltre che sul lungo periodo.


Sono alcune delle conclusioni chiave a cui giunge uno studio condotto da alcuni esperti della Banca centrale europea, anticipato rispetto al Bollettino economico che verrà pubblicato giovedì. L’analisi – intitolata “L’impatto dei recenti shock e dei cambiamenti strutturali in atto sulla crescita della produttività dell’area euro” – parte da un esame degli effetti delle misure restrittive messe in campo tra 2020 e 2022, a motivo del Covid, sempre in merito alla produttività di imprese e lavoro. E poi guarda alle ricadute delle strette normative sui criteri verdi e ambientali e a quelle degli investimenti su tecnologie digitali.


Nell’ottica di guardare al futuro della competitività nell’area euro, sono soprattutto gli ultimi due aspetti, si spera, quelli che dovrebbero richiamare una maggiore attenzione. Va subito precisato che lo studio non guarda nel dettaglio l’aspetto dell’intelligenza artificiale, che negli ultimissimi anni ha visto sviluppi diffusi e iniziative da parte di molte multinazionali, una crescente attenzione mediatica e dei poteri pubblici. Questo tema potrebbe essere oggetto di ulteriori analisi da parte della Bce.


Per quanto riguarda la transizione verde “potrebbe ancora spingere la crescita della produttività, ma questo richiederà tempo. Sul breve e medio termine – afferma lo studio nelle sue conclusioni – l’aggiustamento delle imprese ai cambiamenti sui costi dovuti alle tasse carbonio o a tensioni geopolitiche, che si aggiunge a nuovi limiti e standard, assieme all’eliminazione di capitale allocato su attività ad alta CO2, ridurranno le emissioni come voluto, ma è anche probabile che riducano la crescita della produttività”. Qui la formula “breve e medio termine” va intesa come un periodo di circa 4-5 anni da quando entra in vigore un inasprimento normativo su questi aspetti, come sulle emissioni.


Anche la riallocazione delle risorse da settori a alta intensità di carbonio può avere impatti negativi sulla produttività. “Tuttavia – aggiunge lo studio – ci si attende che politiche ambientali più stringenti inneschino una nuova ondata di innovazioni verdi e di nuove tecnologie che aumenteranno la produttività sul lungo termine”. Passando agli effetti della transizione digitale, l’analisi offre cifre non proprio esaltanti, anzi deludenti se messe a raffronto con l’enfasi che solitamente viene utilizzata nel descrivere i presunti benefici di questi politiche. Ma ci sono delle precisazioni da fare. Ma procedendo con ordine, sulle cifre lo studio cita un’altra analisi che è stata condotta in Francia e Austria sulle imprese che effettuano investimenti di questo genere. La stima è che “in media un aumento dell’1% degli investimenti in tecnologie digitali porterebbe a uno 0,06% di aumento nella produttività del lavoro e a uno 0,007% di aumento della Produttività totale dei fattori (Tfp) dopo sei anni”. La Bce ha ulteriormente guardato a questi aspetti effettuando una simulazione sulle imprese di 13 paesi dell’area euro che “conferma che i guadagni di produttività dalla digitalizzazione sono altamente eterogenei tra settori e imprese. La stima suggerisce che un 1% di aumento di investimenti digitali in un settore è associato con una accelerazione nell’anno successivo di circa 0,02 punti percentuali nella crescita della produttività totale dei fattori in quel settore”. Insomma, praticamente zero. Ma appunto si tratta di medie. Secondo lo studio per beneficiare delle degli investimenti sul digitale le imprese devono avere particolari caratteristiche. In genere il vantaggio risulta molto più elevato, fino a 17 volte di più elevato, secondo gli esperti della Bce, quando le imprese che investono in digitale sono di maggiori dimensioni, dispongono di un organico in cui sono presenti persone qualificate e specializzate sui settori tecnologici (Stem), oppure sono in grado di accompagnare gli investimenti con programmi di formazione. E inoltre devono essere in grado di sfruttare queste leve anche a livello gestionale e di capacità manageriali. “L’adozione di tecnologie e digitali da parte delle imprese ha dimostrato di spingere la crescita della produttività. Tuttavia l’impatto a livello di singola azienda della digitalizzazione è stato ad oggi relativamente modesto. Una delle principali ragioni per questo potrebbe essere che solo poche imprese, quelle più vicine alle tecnologie di frontiera, hanno tratto beneficio dalla digitalizzazione. Altre aziende – rileva la Bce – devono investire di più su qualifiche digitali e complementari per trarre pienamente beneficio dei guadagni di produttività dalla digitalizzazione”. Infine un ulteriore aspetto che vale la pena di menzionare è una specifica valutazione su telelavoro e lavoro da remoto (quello che in Italia si continua a chiamare con il pseudo neologismo “smart working”). Lo studio guarda a quanto avvenuto nel 2020-2021. Per l’immediato l’effetto dell’aumento del telelavoro “può influire sulla produttività tramite vari canali. Innanzitutto può portare a maggiore efficienza, grazie al risparmio di tempo che in parte si traduce in maggiori ore lavorative. Inoltre può risultare in una riduzione del capitale richiesto affinché l’impresa possa operare, specialmente sull’immobiliare. Terzo, il telelavoro ha il potenziale di accelerare la digitalizzazione”. Ma “quarto – dice ancora lo studio della Bce – il telelavoro può avere un impatto avverso nel modo con cui le squadre collaborano, dato che il lavoro da remoto è percepito da alcuni come un calo dell’interazione, dello spirito di squadra e delle sinergie tra colleghi”. Su questo elemento, che è diventato strutturale in molte aziende, secondo la Bce sembra esserci una sorta di livello ottimale in cui si fa un uso combinato del telelavoro con un uso parziale del lavoro “tradizionale” in presenza. Ma questo equilibrio risulta estremamente variabile e differenziato a seconda delle imprese e dei dei settori coinvolti. (di Roberto Vozzi).

Bankitalia, bond verdi hanno rendimenti inferiori ai convenzionali

Bankitalia, bond verdi hanno rendimenti inferiori ai convenzionaliRoma, 18 mar. (askanews) – A parità di condizioni, le obbligazioni verdi hanno rendimenti inferiori a quelli dei titoli convenzionali. La differenza è più contenuta per i titoli denominati nelle valute più volatili rispetto al dollaro e per quelli emessi nei mercati finanziari più chiusi agli investitori esteri. Lo rileva la Banca d’Italia, in uno studio intitolato “Il green sin: gli effetti della volatilità dei tassi di cambio e dell’apertura finanziaria sui rendimenti delle obbligazioni verdi”, pubblicato nella collana “Temi di discussione”.


Il lavoro offre quindi una possibile spiegazione dei maggiori costi di finanziamento dei progetti verdi in molte economie emergenti rispetto ai paesi avanzati. Lo studio, si legge, analizza, da un punto di vista teorico ed empirico, come la volatilità della valuta di denominazione e il grado di apertura finanziaria del mercato di emissione influenzino i differenziali di rendimento tra le obbligazioni verdi e gli analoghi titoli convenzionali. Le stime utilizzano una banca dati sulle obbligazioni emesse nel periodo 2014-2021 sul mercato globale.