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Chi è Li Qiang, il prossimo premier della Cina fedelissimo di Xi

Chi è Li Qiang, il prossimo premier della Cina fedelissimo di XiRoma, 3 mar. (askanews) – Da Li a Li. C’è un solo carattere di differenza nel modo in cui si scrive il nome del premier uscente e del premier entrante in Cina. Li Keqiang (quello con un ideogramma in più nel nome) dovrebbe lasciare – durante le Due Sessioni che iniziano domani e proseguiranno per un paio di settimane – il posto di capo dell’esecutivo a Li Qiang. Ma la sostanza politica cambierà di poco: al vertice della Cina c’è un unico direttore d’orchestra e si chiama Xi Jinping.
In realtà di Li Qiang, prima del XX Congresso del Partito comunista cinese di ottobre che ha sancito un inedito terzo mandato per Xi, al di fuori della Cina si era sentito parlare poco e, francamente, in maniera non proprio positiva. In particolare per la sua performance come capo del Partito a Shanghai durante la pandemia Covid-19. Ciononostante, tra qualche giorno sarà formalmente il numero due di Pechino.
Le Due Sessioni, che iniziano domani, sono la quasi concomitante riunione della Conferenza politico consultiva del popolo cinese (2mila delegati, partenza domani) e del Congresso nazionale del popolo (3mila delegati, avvio domenica), il “parlamento” cinese che è chiamato a formalizzare le decisioni prese dalla leadership. Si tratta di un appuntamento politico importante, ma da cui non c’è da attendersi particolari sorprese: l’incoronazione a premier di Li, di fatto, è avvenuta già quando il capo 63enne del Partito comunista di Shanghai è apparso immediatamente dopo Xi Jinping sul palco della Grande Sala del Popolo alla presentazione del nuovo Comitato permanente del Politburo, il sancta sanctorum del potere cinese, come numero due.
La scelta di Li Qiang come capo del Consiglio di stato, questa la denominazione dell’esecutivo cinese, è in linea insomma con la scelta di Xi di accentrare il comando circondandosi di “yes-man” e di sottolineare la primazia del Partito rispetto agli altri organi dell’architettura del potere. In questo senso, il leader non ha ritenuto che Li Qiang dovesse neanche farsi le ossa come vicepremier prima diventare premier, rompendo così una precedente prassi.
Li Qiang, come è accaduto a molti alti esponenti del potere cinese, viene dalla palestra di Shanghai, hub commerciale e industriale della Cina, un tempo feudo di Jiang Zemin. Quando a ottobre il suo nome è emerso come premier, c’è stata una certa sorpresa: Li era stato criticato per la gestione della crisi Covid a Shanghai, città che ha vissuto un devastante lockdown tra marzo e giugno dello scorso anno, anche con lo sviluppo di proteste. Il nome atteso come capo dell’esecutivo era invece quello di Wang Yang, che veniva dall’esperienza di vicepremier. Tuttavia questi ha un peccato originale: proviene dalla fazione della Lega dei giovani comunisti, che Xi vede come una rivale. Quindi, in linea con il suo approccio accentratore, ha optato per un lealista di minor peso specifico.
D’altronde Li Qiang ha relazioni con Xi da un ventennio. Quando Xi era il capo del partito nella provincia di Zhejiang, egli ne era il numero uno dello staff e il principale assistente. Parliamo degli anni che vanno dal 2004 al 2007, prima che Xi diventasse il capo del partito a Shanghai. E, con l’arrivo al vertice del paese nel 2012, Xi ha voluto che il suo ex collaboratore facesse carriera, nominandolo governatore di Zhejiang.
E’ stata l’esperienza in Zhejiang che ha formato il nuovo nucleo del potere che circonda Xi. Oltre a Li, da quel nucleo di governo provengono anche Cai Qi e Li Xi, entrambi inseriti nel Comitato permanente del Politburo costituito da ottobre e sostanzialmente composto solo da uomini di provata fedeltà.
L’uomo di punta del partito dello Zhejiang, dopo Xi, è proprio Li. Che non a caso il presidente ha voluto prima a capo della provincia di Jiangsu e poi del partito a Shanghai nel 2017, cioè nella posizione che lui stesso aveva ricoperto e che ha fatto da culla a tanti leader cinesi.
La funzione del premier è quella di gestire il day-by-day e di lavorare soprattutto sul tema dell’economia. La Cina, che esce da tre anni di Covid con una crescita fortemente ridimensionata anche a causa delle politiche Zero Covid volute da Xi (e perseguite con particolare rigidità, per molti eccessiva, da Li Qiang a Shanghai), vorrebbe basare la sua ripartenza soprattutto sull’innovazione e sull’industria hi-tech. La materia su cui lavorare c’è: un recente rapporto dell’ASPI (Australian Strategic Policy Institute) ha segnalato che Pechino appare in vantaggio sugli Usa e sugli altri paesi avanzati nell’ambito della ricerca in 37 dei 44 settori tecnologici chiave monitorati.
Li Qiang, nel suo quinquennio a capo del partito a Shanghai, in realtà è stato protagonista di molti accordi internazionali per investimenti e quindi presenta un profilo considerato favorevole agli affari. E’ tuttavia un neofita dei piani alti, che difficilmente si presterà a fughe in avanti sul piano internazionale. Già il suo predecessore, Li Keqiang, che pure aveva uno spessore politico più marcato (ed era stato visto, soprattutto nella prima fase dell’ascesa di Xi, come una possibile alternativa), ha potuto far ben poco in autonomia e il ruolo del premier si è gradualmente ridimensionato a quello di mero esecutore. Da Li Qiang, secondo la gran parte degli osservatori, non ci si può attendere molto di più. (di Antonio Moscatello)

In Cina domani al via le Due Sessioni: nuovo premier e riforme

In Cina domani al via le Due Sessioni: nuovo premier e riformeRoma, 3 mar. (askanews) – Da domani in Cina inizia l’annuale appuntamento con le cosiddette Due Sessioni, una formula che indica la riunione delle due assemblee principali del paese chiamate a formalizzare decisioni che vengono prese dalla leadership del Partito comunista cinese.
Si tratta di un momento importante nell’agenda della politica cinese, perché in quella sede è possibile capire quali direzioni intende prendere il paese e quali riforme sono sul tavolo.
Inoltre, in questa occasione ci sarà anche la formalizzazione del terzo mandato di Xi Jinping come presidente della Cina.
PERCHE’ “DUE SESSIONI”?
L’evento è denominato Due Sessioni perché si riuniscono in assemblee separate la ‘Conferenza politico consultiva del popolo cinese, che è un ampio organismo consultivo di 2mila membri nell’ambito del quale sono rappresentate le diverse anime della società cinese, a partire dalle rappresentanze dei diversi gruppi etnici, e il più importante Congresso nazionale del popolo (Cnp).
Il Cnp è composto di 3mila delegati circa e rappresenta l’organo legislativo, il “parlamento” cinese. In effetti è un organismo chiamato sostanzialmente a formalizzare decisione prese altrove. All’interno ci sono, oltre ai politici, personalità della società civile, dell’impresa, dello spettacolo. E’ quindi anche un’ottima vetrina per capire quali siano i trend sociali nella Cina di oggi, quale settore sia in auge, quali personalità godano della fiducia della leadership e quali siano caduti in digrazia. Fa, per esempio, un certo scalpore vedere come, dopo il fondatore di Alibaba Jack Ma, anche il capo di Tencent Pony Ma sia uscito da questa assemblea.
COSA CI DOBBIAMO ATTENDERE?
Solitamente queste riunioni sono studiate a tavolino in maniera certosina dagli apparati cinesi. Per circa due settimane, oltre cinquemila delegati affluiscono a Pechino per mettere il timbro sui cambi di collocazione negli apparati, sul bilancio del governo e suuna serie di riforme.
Negli scorsi tre anni, le Due Sessioni hanno vissuto le restrizioni Covid-19, che però sono state ora per lo più revocate a dicembre. Nel 2020 le Due Sessioni furono rimandate, nel 2021 e nel 2022 furono tagliate a una sola settimana.
Il primo evento importante sarà la relazione del presidente Xi. Il leader fornirà spunti per comprendere la direzione politica del governo per il prossimo anno. Tutti i dettagli del discorso sono stati limati, misurati fino al minimo dettaglio e ogni possibile asperità è stata eliminata in un Plenum del Pcc
Durante le Due Sessioni non è insolito che la leadership cinese faccia alcuni importanti annunci politici. Nel 2020, per esempio, fu in questa sede che venne approvata la Legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong, che è diventata di fatto la piattaforma per il controllo repressivo di Pechino sull’ex colonia britannica. Sempre in sede al Congresso nazionale del popolo, inoltre, è stato eliminato il limite dei due mandati per il leader, che ha consentito a Xi di farsi approvare un inedito terzo mandato rendendolo così il capo più forte della Cina dai tempi di Mao Zedong.
LA FIGURA DI XI
La figura di Xi non verrà messa in discussione nelle Due Sessioni. Anzi, in questa sede gli verrà formalizzato il terzo dei tre titoli ufficiali di cui si fregia un leader cinese, quando è tale a pieno titolo. Nel Congresso del Partito comunista cinese, a ottobre, a Xi è stato confermato il titolo di segretario generale del Pcc e quello di presidente della Commissione militare centrale, cioè di capo delle forze armate. Tocca ora al Congresso nazionale del popolo formalizzare il terzo mandato come presidente della Repubblica popolare cinese.
IL NUOVO PREMIER E LE RIFORME
Non dovrebbero esserci grandi sorprese neanche per i principali posti di governo. Il nuovo premier dovrebbe essere Li Qiang, un fedelissimo di Xi. Questo fa ritenere gli osservatori che il modello di governo resta quello dell’uomo solo al comando e non c’è in vista un ritorno alla leadership collettiva come accadeva ai tempi di Jiang Zemin con il suo premier Zhu Rongji o ai tempi di Hu Jintao con il suo premier Wen Jiabao. D’altronde il quinquennio da premier di Li Keqiang ha cambiato la natura della premiership: gradualmente Li – che partiva come un concorrente di Xi alla leadership – è diventato marginale.
Nelle Due Sessioni dovrebbero esserci anche importanti nomine nel settore della banca centrale e delle finanze.
Da un punto di vista delle riforme, ci potrebbero essere alcune importanti modifiche costituzionali. In particolare, la costituzionalizzazione del principio dei Due Fondamenti, una formula politica che pone a fondamento del partito lo stesso Xi come “nucleo” del Pcc e le sue dottrine come ideologia di base del partito.
Altre importanti riforme sono state tratteggiate dai documenti usciti dal plenum del Partito. In generale, la tendenza è quella di concentrare sul Pcc – con Xi al suo centro – il potere, non consentendo la nascita di centri di potere alternativi.

Cina, capo di Tencent non eletto a Congresso nazionale popolo

Cina, capo di Tencent non eletto a Congresso nazionale popoloRoma, 3 mar. (askanews) – Pony Ma (Ma Huateng), il fondatore di Tencent, una delle più importanti Big Tech cinesi, non figura nella lista dei delegati alla cosiddetta Doppia Sessione, e in particolare tra quelli del Congresso nazionale del popolo, che aprirà i battenti domani. Lo segnala oggi il Financial Times. Si tratta di un ennesimo segnale del fatto che le autorità stanno sempre più mettendo ai margini gli ex golden boy della corsa tecnologica cinese in una stretta regolatoria che ha già visto sostanzialmente sparire dalla scena pubblica l’altro Ma, Jack Ma, il fondatore di Alibaba. Pare che quest’ultimo abbia recentemente vissuto fuori dalla Cina e per sei mesi a Tokyo.
Il presidente Xi Jinping, che nell’autunno dello scorso anno ha ottenuto un inedito terzo mandato, da tre anni a questa parte sta limitando l’influenza delle élite economiche del paese.
Tencent è la principale compagnia cinese per capitalizzazione di mercato. Il suo business va dalla gaming, all’e-commerce, passando per i social media e l’entertainment. Pony Ma è tuttora il presidente e amministratore delegato.
L’assenza di Ma dalle convocazioni per il Congresso nazionale del popolo, nel quale ha ricoperto due mandati quinquennali, si accoppia a quella di altri pezzi da 90 del capitalismo cinese nell’altro braccio della Doppia Sessione, il Congresso politico consultivo del popolo cinese. Da esso sono stati messi fuori il capo del motore di ricerca Baidu, Robin Li; il fondatore del gigante del gaming NetEase, William Lei Ding; il fondatore del portale Sogou, Wang Xiaochuan.
Tra i circa tremila delegati del Congresso nazionale del popolo restano comunque ancora molti manager dell’industria tech cinese, in particolare provenienti dai settori dei semiconduttori e dell’intelligenza artificiale. Per esempio Liu Qingfeng, presidente di iFlytek, una società di AI con parziale partecipazione statale, che è stato rieletto dopo 20 anni nell’assemblea; Lei Jun, capo del produttore di smartphone Xiaomi, al terzo mandato; o anche Gui Huiqin del produttore cinese di chip SMIC. Si tratta anche di un segnale di uno slittamento dell’interesse politico su settori che, durante la pandemia Covid-19, hanno mostrato tutta la loro centralità.

Ucraina, Giappone mette sul piatto 154,6 mln euro per ricostruzione

Ucraina, Giappone mette sul piatto 154,6 mln euro per ricostruzioneRoma, 3 mar. (askanews) – Il Giappone offrirà all’Ucraina un finanziamento da 22,44 miliardi di yen (154,6 milioni di euro) per la ricostruzione postbellica. L’ha reso noto il ministero degli Esteri di Tokyo.
L’ambasciatore nipponico a Kiev Kuninori Matsuda ha firmato oggi a Kiev con il vicepremier per la ricostruzione dell’Ucraina Okeksandr Kubrakov un accordo per aiuti destinati alla “ricostruzione d’emergenza”.
I fondi saranno destinati all’acquisto di “equipaggiamento necessario per lo sminamento e la ripulitura dalle macerie come prerequisito per la ripresa e la ricostruzione; per la ricostruzione delle strutture di vita quotidiana, a partire dalle infrastrutture di base che facciano da sostegno per il rientro dei profughi (elettricità ed energia, fornitura di acqua e fogne, educazione, sanità, trasporti ecc.); per la ripresa dell’agricoltura come industria chiave”.

Ministri Quad: Cina non modifichi status quo Mar cinese meridionale

Ministri Quad: Cina non modifichi status quo Mar cinese meridionaleRoma, 3 mar. (askanews) – I ministri degli Esteri del Quad, il raggruppamento quadrilaterale promosso dagli Usa in Asia di cui fanno parte anche Giappone, Australia e India, al termine di una riunione a Nuova Delhi hanno ribadito che si “oppongono con forza” alle azioni che cercano di modificare gli equilibri nei mari Cinese meridionale e Orientale, in un riferimento non esplicito alla Cina, la quale rivendica buona parte di questi territori marittimi.
“Ci opponiamo con forza a ogni azione unilaterale che cerchi di cambiare lo status quo o di accrescere le tensioni nell’area”, si legge nel comunicato finale della riunione pubblicato dal ministero degli Esteri indiano.
“Esprimiamo – continua il comunicato – seria preoccupazione per la militarizzazione delle aree contese, l’uso pericoloso di navi della Guardia costiera e della milizia marittima e gli sforzi per impedire le attività di estrazione delle risorse offshore di altri paesi”.

A Udine il primo forum Open Dialogues for Future

A Udine il primo forum Open Dialogues for FutureRoma, 2 mar. (askanews) – Un anno di guerra, le conseguenze globali, sull’Europa, l’Italia e in particolare su una sua parte – il Friuli-Venezia Giulia – da sempre ponte tra il Mediterraneo e l’Est europeo. Il forum ‘Open Dialogues for Future’ è una piattaforma ideata dalla Camera di Commercio di Pordenone-Udine assieme a The European House-Ambrosetti, inaugurata oggi a Udine con dibattiti incentrati sulle dinamiche geopolitiche e geoeconomiche innescate dal conflitto in Ucraina. Sul palco esperti, professori, diplomatici, esponenti delle istituzioni. Nella sede della Camera di Commercio, un pubblico numeroso e poliedrico, coinvolto nel dibattito a conclusione dei primi panel. “Come si può ipotizzare che questa terra non dialoghi con tutto l’Est Europa?” , riassume Paolo Petiziol, presidente dell’Associazione Mitteleuropa.
Tutti d’accordo che l’invasione dell’Ucraina agisce da grande acceleratore della storia, entrata attivamente in una fase di transizione, di ridefinizione degli equilibri globali. “L’America è tornata essenziale in Europa”, ha detto il giornalista e scrittore Federico Rampini, ditettore scientifico dell’iniziativa, osservando che il rapporto privilegiato tra Varsavia e Washington, consolidato dalla guerra, “è anche la prova che un governo di destra può andare molto d’accordo con una amministrazione democratica statunitense, cosa interessante per l’esecutivo italiano”.
L’ambasciatore presso l’Ordine di Malta Antonio Zanardi Landi, reduce dalla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, ha raccontato che al convegno internazionale in Baviera si è sentito parlare solo degli aspetti militari dell’invasione russo-ucraina, “niente politica estera”: il silenzio della diplomazia conferma che il conflitto si prospetta su tempi non brevi. L’ex ambasciatore a Mosca per l’Italia prevede anche la necessaria scelta tra “allinearsi del tutto con Washington e perdere Francia e Germania”. Diverse opinioni e molte sfumature sulla futura adesione dell’Ucraina all’Ue, che implicherà l’ingresso anche dei Paesi balcanici ancora fuori, e prevedibilmente la paralisi del meccanismo di voto all’unanimità e il reindirizzamento di fondi europei verso la ricostruzione del Paese già ora devastato dalla guerra. L’Italia può cercare un nuovo ruolo o, al contrario, ritrovarsi in ulteriore sofferenza nella “solitudine del Mediterraneo” evidenziata dallo spostamento del baricentro Nato verso Nord-Est, ha osservato Orietta Moscatelli, caporedattrice askanews e analista di Limes. Al presidente della Scuola di Competizione Economica Arduino Paniccia é stato chiesto di collegare gli aspetti militari sul terreno ai complessi scenari geopolitici che si prefigurano, esplorati anche da Gilles Gressani, direttore di Le Grand Continent. A chiudere la prima giornata della prima edizione degli Open Dialogues for Future friulani, un dibattito sulla globalizzazione in crisi e poi sul Capitalismo a ” zero emissioni”.
Qui, “alla nostra Ccia, abbiamo iniziato a parlare di futuro nel 2010, quando non era così abituale. Con questo nuovo forum continuiamo a farlo, con un taglio che valorizza maggiormente il ruolo di Udine e del Friuli, un ruolo di traino dimostrato anche con uno sviluppo economico e con un export cresciuto di oltre il 51,3% tra terzo trimestre 2021 e 2022 e che punta ad affermare questa sua posizione privilegiata anche nell’ambito della riflessione sugli scenari futuri” ha affermato il presidente della Camera di commercio di Pordenone-Udine Giovanni Da Pozzo.
La prima giornata del Forum è iniziata con un messaggio del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, oggi in missione con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in India, peso massimo tra quei Paesi che non si schierano contro l’invasione russa, malgrado una crescente vicinanza agli Usa. ” “Lavoriamo per una pace giusta, che rispetti la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina e la carta dell’Onu”, ha detto il capo della diplomazia, ricordando il voto della settimana scorsa al Palazzo di Vetro:”non siamo soli”. E domani il presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fredriga aprirà la giornata finale, dedicata a come adattare il business al cambiamento tecnologico e all’innovazione, ma si parlerà anche di Youth Empowerment: il ruolo dei giovani nell’Italia di oggi e di domani.

Studio rivela che la Cina sta vincendo gara tecnologica con Usa

Studio rivela che la Cina sta vincendo gara tecnologica con UsaRoma, 2 mar. (askanews) – La Cina sta vincendo la gara tecnologica con gli Stati uniti. Lo sostiene il rapporto “Critical Technology Tracker – The global race for future power” dell’Australian Strategic Policy Institute (ASPI), secondo il quale Pechino è in vantaggio nella ricerca su 37 delle 44 tecnologie censite dall’ASPI.
“La nostra ricerca rivela che la Cina ha costruito le fondamenta di una posizione come superpotenza mondiale di punta nella scienza e nella tecnologia, costituendo talvolta un vantaggio sconcertante in ricerche ad alto impatto nella maggioranza dei campi tecnologici critici ed emergenti”, segnala lo studio dell’ASPI.
Il Critical Technology Tracker monitora una gamma di campi tecnologici che vannno dalla difesa, allo spazio, alla robotica, all’energia, alle biotecnologie, oltre che l’ambiente, l’intelligenza artificiale (AI), i materiali avanzati e le principali tecnologie quantistiche.
Lo studio dimostra che, per alcune di queste tecnologie chiave ad alto impatto, la top ten delle istituzioni di ricerca è completamente cinese. Queste producono complessivamente nove volte gli articoli pubblicati dalle istituzioni del paese al secondo posto, gli Usa.
In particolare, l’Accademia cinese delle scienze è in testa alla classifica per molte delle 44 tencnologie e, in diversi altri casi, seconda o terza. Pechino, inoltre, vola alta anche per la capacità di attirare talenti e conoscenza.
Uno dei settori chiave in cui la Cina eccelle è quella relativa alle tecnologie spaziali, il che conferma le preoccupazioni diffuse dopo che ad agosto 2021 l’intelligence Usa ha rivelato che Pechino si è dotata di missili ipersonici capaci di veicolare ordigni nucleari. La Cina ha generato il 48,49 per cento delle pubblicazioni ad alto impatto del mondo sui motori aeronautici avanzati, incluso l’ipersonico, e ospita sette dei 10 principali istituti di ricerca del mondo in quest’area tematica.
Gli Stati uniti risultano secondi nella maggior parte delle 44 tecnologie esaminate nel Critical Technology Tracker. Attualmente sono all’avanguardia in aree come l’informatica ad alte prestazioni, l’informatica quantistica e i vaccini.
I dati dell’ASPI, inoltre, rivelano che c’è un grande divario tra il duo di testa, la Cina e gli Stati Uniti, rispetto agli altri paesi. I dati indicano un piccolo gruppo di paesi di seconda fascia guidati da India e Regno unito: altri paesi che compaiono regolarmente in questo gruppo, in molti campi tecnologici, includono la Corea del Sud, la Germania, l’Australia, l’Italia e, meno spesso, il Giappone.

Ministro giapponese snobba G20 per parlare 53 secondi in parlamento

Ministro giapponese snobba G20 per parlare 53 secondi in parlamentoRoma, 2 mar. (askanews) – Il ministro degli Esteri giapponese Yoshimasa Hayashi ha “snobbato” la riunione ministeriale del G20 a Nuova Delhi per partecipare l’audizione parlamentare sul bilancio che si è tenuta oggi a Tokyo presso la Dieta. Si tratta di una scelta che – secondo quanto scrive il Nikkei – ha suscitato critiche perché rischia di mettere in dubbio il peso internazionale del Giappone proprio nell’anno in cui presiede il G7.
E’ la prima volta in assoluto che un capo della diplomazia giapponese diserta il G20 dal 2017, quando la riunione ministeriale del G20 è diventato un evento regolare.
Il compito di presentare la posizione giapponese – preeoccupazione sulla guerra in Ucraina, sviluppi nelle relazioni con la Cina, ecc. – è ricaduto sul viceministro per gli affari esteri Kenji Yamada, considerata una figura troppo esile per questo contesto internazionale.
Hayashi ha deciso di non andare alla riunione ministeriale del G20 per la conremporaneità con l’inaugurazione della sessione di audizioni di budgetarie presso la Camera dei consiglieri, tra oggi e domani. Si tratta di un’occasione che solitamente prevede la presenza di tutti i membri del governo nipponico.
“Le sessioni iniziali tenute dal primo ministro e dall’intero governo sono estremamente importanti” ha giustificato il segretario generale del Partito liberaldemocratico di governo Hiroshige Seko. “Molti consiglieri e cittadini – ha continuato – vogliono sentire direttamente il ministro degli Esteri”.
Tuttavia nell’intera audizione odierna, durata ben sette ore, ad Hayashi è stata fatta un’unica domanda, che ha richiesto una risposta cronometrata in 53 secondi.
“E’ incredibile per il ministro degli Esteri non essere presente all’inizio delle deliberazioni budgetarie”, ha ammesso due giorni fa il segretario del Partito democratico costituzionale d’opposizione. “Ma – ha aggiunto – come è possibile che incontri così importanti siano messi in programma in contemporanea?”
Hayashi si recherà comunque in India per prendere parte domani alla riunione dei ministri degli Esteri del Quad, il raggruppamento di sicurezza che include anche gli Usa, l’Australie l’India. Nel secondo giorno di audizioni budgetarie è prevista solo la partecipazione di ministri a cui sono state chieste delucidazioni e Hayashi non è tra questi.
L’India, padrona di casa, ha reagito con sportività all’assenza del ministro nipponico. “Comprendiamo che il ministro degli Esteri giapponese in persona sia forse impossibilitato a venire a causa di obblighi interni, ma noi speriamo in un’attiva partecipazione, sostegno e dialogo con la delegazione giapponese”, ha detto il ministro degli Esteri indiano Vinay Kwatra. Meno serena la stampa. L’Hindustan Times ha definito “incredibile” l’assenza del ministro nipponico.

Giappone, Kishida nella bufera per commenti contro matrimonio gay

Giappone, Kishida nella bufera per commenti contro matrimonio gayRoma, 2 mar. (askanews) – Il primo ministro giapponese Fumio Kishida è finito nel mirino delle critiche per aver affermato di non vedere un atteggiamento discriminatorio nella normativa nipponica che tuttora impedisce il matrimonio gay. Lo riferisce oggi la BBC.
Kishida, esponente del Partito liberaldemocratico di orientamento conservatore, si trova ad affrontare un clima sempre più favorevole nel paese al riconoscimento dei diritti per la comunità LGBTQ.
Quando gli è stato chiesto da un parlamentare dell’opposizione se la legge vigente nel paese costituisse una discriminazione, martedì il premier ha risposto: “Non credo che vietare alle coppie dello stesso sesso di sposarsi sia una discriminazione ingiusta da parte dello Stato”.
Ieri, poi, ha insistito che il divieto di matrimonio omosessuale “non è incostituzionale” e che la sua posizione non dovrebbe essere vista come una forma di discriminazione.
I gruppi LGBTQ giapponesi hanno accusato Kishida di fare marcia indietro sugli impegni presi da lui stesso recentemente. Il mese scorso il capo di governo ha tenuto un incontro con gli attivisti LGBTQ, dopo aver silurato il suo segretario esecutivo Masayoshi Arai, il quale aveva in precedenza affermato di non “voler nemmeno guardare” alle minoranze sessuali, provocando dure prese di posizione da parte della comunità LGBTQ. Ha nominato un assistente speciale per le questioni relativa ai diritti civili e ha anche affermato che il suo partito prenderà in considerazione un nuovo disegno di legge.
Gli attivisti LGBTQ hanno anche affermato che Kishida è in errore quando sostiene che il divieto di matrimonio omosessuale non incostituzionale, citando almeno due sentenze di tribunali giapponesi in quel senso.
Un recente sondaggio mostra che due terzi degli elettori sono favorevoli a rendere legale il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Nel novembre 2022, un tribunale di Tokyo ha confermato il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma ha affermato che la negazione delle tutele legali alle coppie dello stesso sesso è discriminatoria. Gli attivisti per i diritti hanno salutato la sentenza come una vittoria per aver sollevato la necessità di modificare le leggi vigenti.
L’unico paese dell’Asia che ha pienamente riconosciuto il matrimonio LGBTQ è Taiwan.

Giappone, catena colloca videocamere AI contro “leccatori” di sushi

Giappone, catena colloca videocamere AI contro “leccatori” di sushiRoma, 2 mar. (askanews) – Una delle più grandi catene di kaiten-zushi – cioè i ristoranti di sushi dotati di rullo che permete di far scorrere i piattini automatizzando il servizio – ha annunciato che installerà videocamere ad alta tecnologia dotate di software d’intelligenza artificiale per fermare il fenomeno dei “leccatori”, dopo la scoperta che alcuni clienti leccavano le bottiglie di salsa di soia, oltre ad avere altre condotte anti-igieniche. Lo racconta oggi l’agenzia di stampa Kyodo.
Lo scandalo è scoppiato quando alcuni dei “leccatori” hanno postato online le loro gesta, ottenendo milioni di visualizzazioni e diventando virali e quindi a rischio emulazione. Le catene di kaiten-zushi hanno dovuto presentare denunce alla polizia.
Kura Sushi, che aveva già videocamere installate per evitare che i clienti bluffassero sul numero di piattini raccolti, sulla base si fa il conto, ha deciso di installare nuovi sistemi di videosorveglianza in grado di rilevare comportamenti sospetti, come quello di rimettere il piattino sul rullo.
“Il kaiten-zushi è qualcosa di cui siamo orgogliosi, è parte della cultura giapponese. Vogliamo essere sicuri che i clienti possano mangiare il nostro sushi prendendolo dal rullo in sicurezza”, ha detto in un comunicato la compagnia.
Sushiro, un’altra catena di kaiten-zushi, è stata costretta lo scvorso mese a limitare il numero di rulli urtilizzati per garantire un maggiore controllo.
Il primo kaiten-zushi fu creato a Osaka nel 1958 da un certo Shiraishi Yoshiaki, proprietario di un affermato ristorante di sushi. Andato in visita all’interno della fabbrica di birra della Asahi, fu colpito dalle potenzialità del rullo che trasportava le bottiglie di birra nella catena di produzione automatizzata della fabbrica. Ma il successo dei kaite-zushi venne nei ruggenti anni ’80, quando gli indaffarati “sarariman” giapponesi trovavano comodo mangiare del buon sushi eliminando i tempi morti del servizio.