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Luce e gas costano come nel 2021 ma le bollette sono più care di 328 euro

Luce e gas costano come nel 2021 ma le bollette sono più care di 328 euro

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Lega, Leoni: Salvini è fascista, sia veneti che lombardi sono stufi

Lega, Leoni: Salvini è fascista, sia veneti che lombardi sono stufiRoma, 16 mar. (askanews) – Salvini non ha solo stravolto la Lega, “peggio, molto peggio. Io sono federalista, lui è fascista. Io voglio l’autonomia, lui vuole i fascisti. La Lega era federalista, si batteva per il Nord, per l’autonomia, per le industrie, per i lavoratori. Adesso è malata di nazionalismo e di fascismo. Per me che, come Bossi, vengo da una famiglia antifascista, è doloroso. Ma la Lega tornerà federalista, questo glielo garantisco. Per farle un esempio: mia figlia Micol ha 35 anni ed è federalista”. Così, in un’intervista su ‘La Repubblica’, Giuseppe Leoni, 77 anni, deputato e eurodeputato della Lega per sei legislature e fondatore della Lega autonomista lombarda – poi Lega Lombarda – insieme a Umberto Bossi, Marino Moroni, Pierangelo Brivio, Emilio Sogliaghi e Manuela Marrone.


“Non solo i veneti” non vogliono più Salvini. “Anche i lombardi ne hanno piene le scatole. Lo sapete che la rivolta, il casino è molto più forte in Lombardia? Però i giornali non ne parlano, viene bellamente silenziato. I capoccia lo sanno, il perno è qui, se viene giù la Lombardia viene giù tutto. Nella storia della Lega i veneti non hanno mai contato un cavolo, loro sono 3 milioni, in Lombardia siamo 9 milioni. I lombardi non ne possono più di questa Lega, io passo le giornate a rispondere a ragazzi, lavoratori, imprenditori. Tutti che mi chiedono: ma dove stiamo andando a finire?”. Dalla crisi della Lega si esce “coi congressi, ma Salvini non vuole farli. Prende tempo. Forse ha paura di andare a casa. Intanto il malcontento sta montando sempre di più, dopo le Europee vediamo che cosa succede. O forse anche prima”. La spallata? “Stiamo raccogliendo tanta insofferenza. Vediamo”.

Moro, Meloni: ricordare affinché anni bui non tornino più

Moro, Meloni: ricordare affinché anni bui non tornino piùRoma, 16 mar. (askanews) – “Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino. Sono i nomi dei cinque agenti barbaramente assassinati dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978 durante il vigliacco rapimento di Aldo Moro, anch’egli ritrovato senza vita il 9 maggio dello stesso anno. Servitori dello Stato che hanno dato la vita per difendere la nostra democrazia, la nostra Repubblica e le sue Istituzioni. A loro e a tutte le vittime di quella drammatica stagione della nostra storia, va il nostro commosso ricordo e la nostra profonda gratitudine. A noi tutti spetta il compito di ricordare e onorare il loro sacrificio, affinché quegli anni bui non tornino mai più”. Così, su X, la premier Giorgia Meloni.

La Cgil: 5,7 milioni di dipendenti guadagnano meno di 11mila euro lordi

La Cgil: 5,7 milioni di dipendenti guadagnano meno di 11mila euro lordiRoma, 16 mar. (askanews) – Sono 5,7 milioni i dipendenti che guadagnano in media meno di 11 mila euro lordi annui, ma la fascia del lavoro a bassa retribuzione è ancora più ampia con oltre 2 milioni di dipendenti con salari medi inferiori ai 17 mila euro annui. È quanto rileva uno studio dell’Ufficio Economia dell’Area Politiche per lo Sviluppo della Cgil Nazionale nel quale si analizzano le cause dei bassi salari in Italia a partire dalla discontinuità lavorativa, dal part time e dalla precarietà contrattuale.


Innanzitutto, dal confronto tra le maggiori economie dell’Eurozona (dati Ocse, lavoratore tempo pieno equivalente) emerge come nel 2022 il salario medio in Italia si sia attestato a 31,5 mila euro lordi annui, un livello nettamente più basso rispetto a quelli tedesco (45,5 mila) e francese (41,7 mila). A determinare un minore salario medio in Italia concorrono una maggior quota delle professioni non qualificate, l’alta incidenza del part time involontario (57,9%, la più alta di tutta l’Eurozona) e del lavoro a termine (16,9%) con una forte discontinuità lavorativa. Nel 2022 oltre la metà dei rapporti di lavoro cessati ha avuto una durata fino a 90 giorni. In sostanza, benché in Italia si lavori comparativamente di più in termini orari, i salari medi e la loro quota sul Pil sono notevolmente più bassi. Nel 2022, il salario medio dei 16.978.425 lavoratori dipendenti del settore privato con almeno una giornata retribuita nell’anno (dati Inps, esclusi agricoli e domestici) si è attestato a 22.839 mila euro lordi annui. Il 59,7% di questa platea ha salari medi inferiori alla media generale, ed è composto da oltre 7,9 mln di dipendenti discontinui e da oltre 2,2 milioni di lavoratori part time per l’anno intero. La differenza tra la media salariale del settore pubblico e quello del settore privato è determinata in buona parte dal minor peso del part-time e della precarietà nei settori pubblici. Inoltre, dallo studio emerge come i lunghi ritardi nel rinnovare i ccnl determinino un’elevata quota percentuale di lavoratori con salari non aggiornati.

Tajani: leva obbligatoria? “Assolutamente no”

Tajani: leva obbligatoria? “Assolutamente no”Roma, 16 mar. (askanews) – L’Italia non pensa nemmeno ad una nuova leva obbligatoria: “assolutamente no” dice il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani in una intervista al Corriere della Sera. “È vero che il nostro esercito ha un’età media piuttosto alta, ma certo non si risolve il problema con una leva cui nessuno mai pensato.


“Quanto al 2% del Pil che dovrebbe essere versato come contributo alla Nato, “va anche considerato quanto un paese spende per le tante missioni in cui è impegnato: noi lo siamo in Libano, in Mar Rosso con la missione Aspides difensiva ma strutturata, nei Balcani, in Africa, siamo su tanti fronti, questi sono costi che vanno considerati”.

Moro, Meloni: onoriamo il sacrificio dei 5 agenti di scorta uccisi

Moro, Meloni: onoriamo il sacrificio dei 5 agenti di scorta uccisiRoma, 16 mar. (askanews) – “Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino. Sono i nomi dei cinque agenti barbaramente assassinati dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978 durante il vigliacco rapimento di Aldo Moro, anch’egli ritrovato senza vita il 9 maggio dello stesso anno. Servitori dello Stato che hanno dato la vita per difendere la nostra democrazia, la nostra Repubblica e le sue Istituzioni. A loro e a tutte le vittime di quella drammatica stagione della nostra storia, va il nostro commosso ricordo e la nostra profonda gratitudine. A noi tutti spetta il compito di ricordare e onorare il loro sacrificio, affinché quegli anni bui non tornino mai più”. Così, su X la premier Giorgia Meloni.

Tennis, Berrettini vince in rimonta a Phoenix: è ai quarti

Tennis, Berrettini vince in rimonta a Phoenix: è ai quartiRoma, 16 mar. (askanews) – Matteo Berrettini approda ai quarti di finale de torneo Atp Challenger 175 punti in corso a Phoenix, in Arizona. Il tennista romano, tornato in campo dopo i tanti problemi fisici della passata stagione, si è imposto con il punteggio di 3-6, 6-1, 7-5, sul francese Cazaux, numero 77 del circuito Atp. Decisivo il break strappato da Berrettini nel terzo set sul punteggio di 5-3 per l’avversario, poi la rimonta fino al 5 pari ed il sorpasso grazie ad un altro game in cui ha strappato il servizio all’avversario. Nei quarti di finale Berrettini, che nel 2019 ha vinto il suo terzo Challenger proprio sui campi di cemento di Phoenix, dovrà vedersela con un altro francese, Atmane.

Basilicata, tavolo regionale non modifica: Lacerenza resta in corsa

Basilicata, tavolo regionale non modifica: Lacerenza resta in corsaRoma, 15 mar. (askanews) – Un Soru bis in Basilicata è “probabile”, dicono concordemente fonti qualificate di Pd e Avs. Non porta cambiamenti la giornata di confronto al tavolo regionale a Potenza, dove con la coalizione che ha candidato il primario ospedaliero Domenico Lacerenza (Pd, M5S, AVS e Basilicata casa comune) si è seduta anche la delegazione di Azione e soprattutto il suo uomo di maggior peso a livello locale, l’ex presidente della Regione Marcello Pittella. Quest’ultimo ha provato a proporre addirittura il ritorno in campo di Angelo Chiorazzo, il fondatore di Basilicata casa comune, che ha fatto nei giorni scorsi il passo indietro decisivo per dare il via libera a Lacerenza. E in serata, sull’ipotesi adombrata nei giorni scorsi dal Pd di un allargamento della coalizione e soprattutto sulla richiesta dei centristi che chiedevano di cambiare cavallo, mettono una pietra tombale sia il leader di Azione Carlo Calenda che quello del M5S Giuseppe Conte.


“Perché dovremmo cambiare?”, taglia corto con i cronisti l’ex premier stellato. “Non appoggeremo Lacerenza”, spiega dal canto suo Calenda, “per due ragioni: la prima è che esplicitamente il MoVimento 5 Stelle ha messo un veto su Azione; la seconda perché questo candidato, che è una lodevolissima persona, è stato preso e catapultato a fare il candidato. Ma non è il suo lavoro”. “Lo scenario è quello di un Soru bis”, cioè di una rottura nel Pd come è accaduto in Sardegna e la presentazione di una candidatura alternativa di centrosinistra con l’appoggio possibile di Pittella-Azione e forse anche di Italia viva, raccontano dalle parti di Alleanza Verdi Sinistra. Stavolta però senza la forza di una personalità politica conosciuta come quella di Alessandra Todde che in Sardegna alla fine ha prevalso, anche se di misura. L’ipotesi del Soru bis è data per molto probabile anche da un autorevole dirigente della maggioranza interna del Pd. Coperto dall’anonimato ricorda che “la partita lucana è stata gestita da Lettieri (segretario regionale) e da Speranza. Erano convinti di portare il M5S su Chiorazzo e quando si sono resi conto che non era possibile hanno chiesto a Chiorazzo un passo indietro che è arrivato tardi”. C’è il rischio che a pagare un eventuale risultato negativo sia la segretaria nazionale Elly Schlein? “Nessuno può permettersi di fare una cosa simile perché chi lo pensa anche lontanamente è corresponsabile. E comunque se qualcuno vuol chiedere conto di qualcosa lo faccia dicendo cosa fa per il Pd alle europee…”.

Parco Cinque Terre finalista al European Natura 2000 Award 2024

Parco Cinque Terre finalista al European Natura 2000 Award 2024Roma, 15 mar. (askanews) – Il Parco Nazionale delle Cinque Terre è stato selezionato come finalista al Premio European Natura 2000 promosso dalla Commissione Europea che celebra l’eccellenza nella gestione dei siti Natura 2000 attraverso cinque categorie: Conservazione del territorio, Conservazione marina, Comunicazione, Lavorare insieme per la natura, Cooperazione transfrontaliera, valorizzando le storie di successo più significative nella conservazione della straordinaria biodiversità europea.


Il Parco delle Cinque Terre è stato selezionato nella categoria “Conservazione marina” grazie al progetto di reintroduzione marina delle foreste di alga Ericaria amentacea, serbatoi di biodiversità, efficaci nella produzione di ossigeno e nell’assorbimento di C02.Il successo della reintroduzione di questa specie endemica a rischio di estinzione apre la strada a una più ampia ricolonizzazione nelle acque del Mediterraneo. Gli enti vincitori, uno per ogni categoria, decretati dal voto online riceveranno il prestigioso premio European Citizens’ Award. Il voto è aperto fino al 25 aprile 2024 sulla pagina web dedicata al Natura 2000 Award del sito della Commissione Europea.Il progetto di reintroduzione. Le foreste marine, al pari di quelle terrestri, sono tra gli habitat più produttivi del Mediterraneo che concorrono alla ricchezza di biodiversità, alla produzione ossigeno e supportano importanti catene trofiche. La loro riduzione o scomparsa, dovuta ad impatti antropici e cambiamenti climatici, comporta una perdita critica dei servizi ecosistemici associati.


Roc Pop Life è il progetto europeo di restaurazione marina tramite macroalghe del genere Ericaria amentacea algae. Una collaborazione nata nel 2017, giunta alle fasi conclusive (Dicembre 2021) che ha coinvolto diversi soggetti: l’Università di Trieste, capofila del progetto e l’Università di Genova, quattro aree marine protette: Cinque Terre, Portofino, Miramare e Strunjan e mira al ripristino di foreste marine, efficaci nel combattere l’inquinamento. Grazie al contributo di siti donatori quali l’Area Marina Protetta di Strugnano e quella di Portofino, esemplari di Cystoseira sono stati reintrodotti con successo nelle acque dell’Area Marina di Miramare e delle Cinque Terre. Il progetto Roc Pop Life è spiegato in tutti i suoi dettagli anche in un video YouTube disponibile sul canale del Parco Nazionale delle Cinque Terre.

Ue, “due diligence” e imballaggi lo scambio Italia-Germania

Ue, “due diligence” e imballaggi lo scambio Italia-GermaniaRoma, 15 mar. (askanews) – L’approvazione, oggi a Bruxelles di due importanti normative europee del Green Deal, da parte del Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l’Ue (Coreper), è il risultato di un negoziato serrato e molto complesso, svolto su più tavoli negli ultimi mesi, che ha avuto tra i suoi maggiori protagonisti la Germania e l’Italia, non solo intesa come governo (con i suoi ministri, e tecnici e diplomatici a Bruxelles), ma anche come “squadra”, da parte dei gruppi d’interesse e della maggioranza degli europarlamentari nazionali, come che ha riconosciuto anche la premier Giorgia Meloni.


Il Coreper oggi ha approvato prima all’unanimità il testo di compromesso finale sul Regolamento Ue sugli imballaggi e rifiuti da imballaggi (con Malta e Austria che hanno posto una riservaádiáscrutinio), e poi a maggioranza qualificata un testo di compromesso, fortemente modificato, sulla Direttiva sul “dovere di diligenza” riguardo alla sostenibilità delle imprese (“Corporate Sustainability Due Diligence”). In quest’ultimo caso, si sono astenute Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Bulgaria, Slovacchia e Lituania, mentre Svezia e Austria hanno posto una riserva di scrutinio. Il regolamento imballaggi introduce obiettivi generali di riduzione della produzione di rifiuti da imballaggi (il 5% entro il 2030, il 10% per il 2035 e il 15% entro il 2040, rispetto al 2019) e nuovi obiettivi di riuso, oltre a quelli per il riciclo, per facilitare questa riduzione. Inoltre, dispone che (quasi) tutti gli imballaggi siano riciclabili, o che contengano percentuali minime di materiale riciclato, e vieta una serie di prodotti e materiali monouso.


La direttiva sul “dovere di diligenza” impone alla grandi aziende europee (definite a partire da una doppia soglia, su addetti e fatturato) degli obblighi di vigilanza sul rispetto delle convenzioni internazionali in campo ambientale e dei diritti umani, sociali e del lavoro lungo tutta la loro catena del valore, a monte e in parte anche a valle della produzione. Le due normative non sono formalmente collegate tra loro, ma sono state oggetto di “uno scambio di favori” tra Italia e Germania durante il negoziato in Consiglio Ue, secondo quanto hanno riportato nelle ultime settimane varie fonti a Bruxelles. L’Italia, che aveva votato a favore della proposta sulla “due diligence” al momento dell’approvazione della posizione negoziale del Consiglio Ue, ha offerto il suo appoggio alla Germania (in realtà alla componente liberale della coalizione di governo tedesca) per indebolire il testo della direttiva, dopo che era già stato raggiunto un accordo provvisorio nel negoziato (“trilogo”) con il Parlamento europeo, il 14 dicembre scorso,.


L’astensione italiana (insieme a quella tedesca e di alcuni altri paesi più piccoli) al primo tentativo del Coreper di approvare l’accordo provvisorio, il 9 febbraio scorso, ha fatto mancare la maggioranza qualificata necessaria, e rimesso il testo in discussione. La presidenza di turno belga del Consiglio Ue ha intrapreso allora un tentativo di adattamento del testo per un nuovo compromesso. L’accordo di oggi in Coreper (dopo un altro tentativo non riuscito il 28 febbraio), ha modificato pesantemente (come volevano i tedeschi) il testo della direttiva rispetto all’accordo in “trilogo”. In particolare, le due soglie per l’applicabilità della direttiva alle imprese, che già escludevano le Pmi, sono passate da 500 a 1.000 addetti e da 150 a 450 milioni di euro di fatturato annuale.


Secondo il Wwf, queste nuove soglie eliminano dal campo di applicazione della direttiva quasi il 70% delle imprese originariamente previste; la Ong “Global Witness”, da parte sua, stima che le imprese interessate dalla direttiva sarebbero ora ridotte a 5.400, rispetto alle 16.000 previste in base all’accordo in trilogo di dicembre. Da notare che, secondo i criteri dell’Ue, le Pmi sono definite come le imprese che hanno un personale inferiore alle 250 unità e un fatturato annuale inferiore a 50 milioni di euro. Va notato anche che in Italia le posizioni del mondo produttivo non erano univoche sulla “due diligence”: Confindustria aveva chiesto al governo di astenersi (come effettivamente è successo), mentre altre associazioni (la Lega Cooperative, la Cna, l’Associazione delle Industrie di Marca, di cui fanno parte Barilla e Lavazza), e altre grandi aziende, come Ferrero, Eni e Pirelli, sostenevano la direttiva. In cambio della sua astensione strumentale sulla “due diligence”, l’Italia ha chiesto alla Germania di contribuire all’ammorbidimento delle posizioni del Consiglio Ue sul regolamento imballaggi; posizioni che, per una volta, erano molto più “ambientaliste” di quelle del Parlamento europeo. L’Assemblea di Strasburgo, infatti, sotto la pressione dei gruppi d’interesse e della grande maggioranza degli eurodeputati italiani, aveva chiesto obiettivi per il riuso inferiori a quelli originariamente previsti, con varie deroghe, ed eliminato gran parte dei divieti di imballaggi monouso. Ma il Consiglio, nella sua posizione negoziale prima del trilogo, aveva ristabilito obiettivi più stringenti per il riuso e ripristinato i divieti per gli imballaggi monouso. Alla fine, si è arrivati a un accordo in trilogo, il 4 marzo scorso, in cui (con l’appoggio tedesco) sono state accolte alcune delle richieste più importanti dell’Italia, e poi all’approvazione finale del Coreper di oggi, che ha confermato quell’accordo, con alcune modifiche minori. Come ha rivendicato oggi il governo italiano, il testo lascia più flessibilità agli Stati e agli operatori nella scelta delle misure (riuso o riciclo) per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei rifiuti da imballaggi. L’Italia ha ottenuto, inoltre, che si possa continuare a utilizzare alcuni tipi di imballaggi monouso riciclabili (come le bustine di carta e le plastiche compostabili) per i prodotti alimentari e per il settore della ristorazione (in particolare per i cibi da asporto e per il fast-food). Un altro elemento importante dell’accordo in trilogo che è stato confermato e chiarito riguarda la “clausola specchio”, secondo cui anche gli imballaggi importati nell’Ue dovranno rispettare le norme comunitarie sulle percentuali minime obbligatorie di materiale riciclato. Questo permetterà all’industria europea del settore del riciclo (che vede le imprese italiane in prima linea) di non subire una concorrenza sleale da parte delle aziende extraeuropee. Le due decisioni del Coreper di oggi non sono ancora definitive, e potrebbero avere una sorte diversa. Per gli imballaggi, dove le modifiche dell’ultima ora sono poco rilevanti rispetto al testo dell’accordo in trilogo, non dovrebbero esserci problemi ad avere l’approvazione definitiva del regolamento da parte del Parlamento europeo entro aprile (il punto è già previsto nell’agenda dell’ultima plenaria, giusto prima dello scioglimento dell’Assemblea per le elezioni di giugno). Per la “due diligence”, invece, il percorso potrebbe essere più complicato. Le modifiche adottate oggi rispetto all’accordo in “trilogo” sono infatti molto rilevanti e complesse, occorre il controllo dei “giuristi-linguisti” in tutte le lingue ufficiali (“corrigendum”), e potrebbe non esserci il tempo materiale per l’approvazione definitiva della direttiva entro aprile da parte della plenaria dell’Europarlamento.