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Papa Francesco: in guerra intollerabile violazione dei diritti umani

Papa Francesco: in guerra intollerabile violazione dei diritti umaniMilano, 11 feb. (askanews) – “Non possiamo tacere che ci sono tante persone e voci alle quali è negato il diritto alle cure, e dunque il diritto alla vita. Penso a quanti vivono in povertà estrema e penso anche ai territori di guerra. Lì sono violati ogni giorno diritti umani, il che è intollerabile”. Lo ha detto Papa Francesco affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano davanti i fedeli e ai pellegrini riuniti in Piazza San Pietro subito dopo la recita dell’Angelus.


“Preghiamo per la martoriata Ucraina, per la Palestina e per Israele. Preghiamo per il Myammar e per tutti i popoli martoriati dalla guerra”.

Un 54enne ha brutalmente ucciso moglie e 2 figli nel palermitano

Un 54enne ha brutalmente ucciso moglie e 2 figli nel palermitanoPalermo, 11 feb. (askanews) – Ad Altavilla Milicia, in provincia di Palermo, un uomo di 54 anni ha ucciso la moglie e due figli di 5 e 16 anni, mentre un terzo figlio si è miracolosamente salvato. Secondo quanto riporta LiveSicilia, l’uomo ha poi chiamato i carabinieri e si è fatto arrestare. Secondo quanto si apprende la donna sarebbe stata bruciata e sepolta. Il delitto sarebbe particolarmente efferato: uno dei figli uccisi sarebbe stato torturato e strangolato con delle catene.

Calcio, per Salernitana ufficiale esonero Inzaghi, arriverà Liverani

Calcio, per Salernitana ufficiale esonero Inzaghi, arriverà LiveraniRoma, 11 feb. (askanews) – È arrivato il 7° esonero in Serie A: dopo Zanetti, Paulo Sousa, Sottil, Garcia, Andreazzoli e Mourinho, anche Pippo Inzaghi è stato ufficialmente sollevato dal suo incarico alla Salernitana (per il club campano è il secondo esonero in questa stagione, dopo quello di Paulo Sousa lo scorso ottobre). La decisione è arrivata dopo il ko della Salernitana contro l’Empoli (sesta sconfitta nelle ultime sette giornate e ultimo posto in classifica). Al posto di Inzaghi arriverà Fabio Liverani. La firma dell’ex allenatore di Cagliari, Parma e Lecce è prevista nella giornata di domenica 11 febbraio Quello di Inzaghi rappresenta il secondo esonero stagionale per la Salernitana, che lo scorso 10 ottobre aveva scelto proprio Pippo per sostituire Paulo Sousa. José Mourinho è stato esonerato il 16 gennaio 2024 (dopo la 20^ giornata). Al suo posto Daniele De Rossi. Aurelio Andreazzoli è stato esonerato dall’Empoli il 15 gennaio 2024. Era subentrato a Paolo Zanetti il 19 settembre 2023. A sua volta al posto di Andreazzoli è arrivato Davide Nicola. Rudi Garcia è stato esonerato dal Napoli il 14 novembre 2023. Al suo posto Walter Mazzarri. Andrea Sottil è stato esonerato il 24 ottobre 2023 dall’Udinese. Al suo posto Gabriele Cioffi.

Papa: anche oggi tanta emarginazione e tante barriere da abbattere

Papa: anche oggi tanta emarginazione e tante barriere da abbattereMilano, 11 feb. (askanews) – “Quante persone sofferenti incontriamo sui marciapiedi delle nostre città! E quante paure, pregiudizi e incoerenze, pure tra chi crede e si professa cristiano, contribuiscono a ferirle ulteriormente! Anche nel nostro tempo c’è tanta emarginazione, ci sono barriere da abbattere, ‘lebbre’ da curare”. Lo afferma Papa Francesco nell’omelia pronunciata nella Basilica Vaticana per la Celebrazione Eucaristica e il Rito di Canonizzazione della Beata Maria Antonia di San Giuseppe de Paz y Figueroa (1730-1799), Fondatrice della casa di esercizi spirituali a Buenos Aires.


“Riscopriamo la gioia di donarci agli altri, senza paure e pregiudizi, liberi da forme di religiosità anestetizzanti e prive della carne del fratello; riprende forza in noi la capacità di amare, al di là di ogni calcolo e convenienza”, è l’appello lanciato dal Santo Padre. “Quando prendiamo le distanze dagli altri per pensare a noi stessi, quando riduciamo il mondo alle mura del nostro ‘star bene’, quando crediamo che il problema siano sempre e solo gli altri: in questi casi stiamo attenti, perché la diagnosi è chiara, è ‘lebbra dell’anima’: malattia che ci rende insensibili all’amore, alla compassione, che ci distrugge attraverso le ‘cancrene’ dell’egoismo, del preconcetto, dell’indifferenza e dell’intolleranza. Stiamo attenti anche perché, come per le prime macchioline di lebbra, che compaiono sulla pelle nella fase iniziale del male, se non si interviene subito, l’infezione cresce e diventa devastante”, ha aggiunto.

In libreria il romanzo “La destinazione” di Serena Penni

In libreria il romanzo “La destinazione” di Serena PenniFirenze,9 feb. (askanews) – Carla, Paolo, Elisabeth: tre voci raccontano se stesse e una storia, personale e condivisa, nella quale si stratificano, con inesauribile generosità, punti di vista, interpretazioni, monologhi, confessioni. Ma c’è sempre qualcosa che sfugge, che scavalca le spiegazioni razionali e rassicuranti, che si muove sotto la superficie dei fatti, presenti e passati. Così ne “La destinazione” (Il ramo e la foglia edizioni) di Serena Penni, scrittrice e studiosa di letteratura, si compie fedelmente quanto annuncia nell’epigrafe la frase del filosofo Jose’ Ortega y Gasset: “Abbiamo solo la nostra storia ed essa neppure ci appartiene”.


I protagonisti del romanzo, il quarto della scrittrice, ripercorrono le proprie vite in un dialogo tanto con se stessi quanto con il “tu” a cui ciascuno dei tre si rivolge carico di amore e desiderio, come di rabbia e di disillusione. Ognuno svela, nel dipanarsi della storia, il proprio segreto fino ad allora custodito da un fortino di non-detti e di equivoci che l’amore o la pretesa di amore non è riuscita a conquistare. Forse senza nemmeno provarci perché Carla, Paolo ed Elisabeth parlano prima di tutto a se stessi, incatenati al proprio, personalissimo, dolore dal quale non riescono ad uscire. Paolo, rammenta Carla, portava dentro di se’ la sua storia “come si custodisce un male oscuro che è nato con noi, che detestiamo eppure abbiamo anche imparato ad amare perché senza di esso non sapremmo più riconoscere noi stessi nella mischia, distinguerci dal resto del mondo”. Così quello che si potrebbe presentare come un triangolo amoroso, con tutti i malsicuri porti in cui approdano certi rapporti di coppia, è in realtà anche un’altra cosa, un’esplorazione delle proprie radici e quindi, necessariamente, un viaggio attorno al rapporto con chi ci ha generato.


Le pagine più dense del romanzo, infatti, ruotano intorno ai dualismi padre-figlio, madre-figlia e madre-figlio. E’ qui – ci viene suggerito – che ogni sciagura ha origine. “Ci univano strade segrete che si irradiavano nel sottosuolo della nostra esistenza, una vita iniziata in lui e proseguita in me, come una galleria scavata sotto il mare torbido dell’apparente normalità. Eravamo padre e figlio. Eravamo due assassini”, afferma Paolo. “Sono la terza di quattro sorelle e mia madre ci picchiava tutte, ogni giorno. da quando ho memoria fino alla mattina di novembre in cui me ne sono andata di casa”, gli fa eco, a distanza di pagine, Elisabeth. Il loro incontrarsi e le loro decisioni (“Non ho mai voluto un figlio, l’ho sempre saputo. Nella mia vita ho avuto dubbi quasi su tutto e pochissime certezze, ma questa è una di quelle”, confessa Paolo parlando di Carla) non possono prescindere da rapporti familiari malati, contagiosi nella loro disfunzionalita’ o tutt’al più indifferenti. Rapporti primordiali che evolvono di pari passo con la storia – ecco che per Paolo il padre assume forme mutanti, eccelle nel mostruoso fino a sprofondare nell’insignificante – e che precipitano, nell’aria “densa e quasi palpabile per via dell’umidità”, in un finale del quale, ancora una volta, esistono tre versioni e tutte e tre non comunicanti.

A Sanremo trionfa Angelina Mango, battuto al fotofinish Geolier

A Sanremo trionfa Angelina Mango, battuto al fotofinish GeolierSanremo, 11 feb. (askanews) – Una donna non vinceva il Festival di Sanremo dal 2016, quando a trionfare fu Arisa con il brano “Controvento”. A nemmeno 23 anni, Angelina Mango vince il Leoncino d’oro e si scatena sul palco dell’Ariston con il brano “La noia”. I risultati si sono ribaltati rispetto all’ultima classifica che vedeva in testa Geolier. Ora Angelina si appresta a volare in Svezia, per rappresentare l’Italia all’Eurovision.


Durante la sua esibizione nella serata finale, Angelina era caduta sul palco ma aveva conquistato il teatro in una lunga standing ovation. Al terzo posto si piazza Annalisa, Ghali in quarta posizione e Irama quinto. Momento emozionante della serata è l’esibizione di Roberto Bolle insieme a 18 danzatori in un travolgente e sensuale Bolero. “Un regalo”, come ha detto il ballerino che tutto il mondo invidia all’Italia e che è diventato ambasciatore della danza.


E’ show degli ‘Amarello’ per l’ultima serata del Festival targato Amadeus. Si chiude così, dopo cinque anni, l’avventura di Ama sul palco dell’Ariston. Nonostante gli ascolti record (cinque serate con uno share da capogiro), il conduttore e direttore artistico ha già deciso che è tempo di fermarsi e di pensare a nuovi progetti. Cala dunque il sipario sulla 74esima edizione, ma la musica portata in questi giorni nelle case di tanti italiani non si fermerà. Di Serena Sartini e Alessandra Velluto

Sanremo, al via la finale. Bertè vince Premio intitolato alla sorella

Sanremo, al via la finale. Bertè vince Premio intitolato alla sorellaSanremo, 10 feb. (askanews) – Al via la serata finale della 74esima edizione del Festival di Sanremo. Ad affiancare Amadeus, sul palco dell’Ariston, c’è l’amico Fiorello. La serata si è aperta con l’esecuzione dell’Inno di Mameli da parte della banda dell’Esercito.


I primi ad esibirsi sono Renga e Nek. Trenta gli artisti in gara. All’inizio c’è solamente il televoto; poi, in una seonda fase, nella top5 subentra anche la giuria stampa e la giuria delle radio. Loredana Bertè ha vinto il Premio della Critica intitolata alla sorella Mia Martini.

Ue, accordo Patto stabilità, l’Europarlamento ha ingoiato tutto

Ue, accordo Patto stabilità, l’Europarlamento ha ingoiato tuttoBruxelles, 10 feb. (askanews) – L’accordo in “trilogo” della notte scorsa a Bruxelles, tra i negoziatori del Parlamento europeo, della presidenza di turno del Consiglio Ue e della Commissione sul nuovo Patto di stabilità per i conti pubblici degli Stati membri non cambia molto rispetto al testo della posizione negoziale del Consiglio, fortemente influenzata dalle esigenze del ritorno alle politiche di austerità perorate dalla Germania e dagli altri paesi “frugali”.


Resta dominante la priorità assegnata alla stabilità finanziaria, con poche concessioni (tutte da verificare) alle politiche di crescita e di incentivo degli investimenti, di cui pure ci sarebbe un grande bisogno per finanziare la doppia transizione (trasformazione digitale e Green Deal), nonché la politica industriale necessaria a questo fine e allo sviluppo di una difesa comune, resa sempre più urgente dagli sviluppi geopolitici in corso. E questo mentre gli altri due competitori globali dell’Ue, Usa e Cina, continuano a mettere la forza finanziaria dello Stato al servizio della loro potenza economica. Non è ancora noto il testo completo dell’accordo, ma è già chiaro che il Parlamento europeo ha ceduto sull’unico punto importante su cui il negoziato con il Consiglio Ue avrebbe potuto portare a un miglioramento davvero sostanziale: la “clausola di resilienza” per i deficit pubblici, che obbligherà gli Stati membri con il debito/Pil oltre il 60% a ridurre il proprio disavanzo strutturale fino all’1,5% del Pil. Questo, invece di applicare semplicemente la soglia di Maastricht del deficit/Pil al 3%.


Questo punto non era stato sostenuto nella posizione negoziale del Parlamento europeo, che invece rispetto all’altra clausola introdotta dai paesi “frugali”, quella di sostenibilità del debito, aveva fatto semplicemente un copia-incolla del testo del Consiglio. La proposta originaria della Commissione, dell’aprile 2023, era incentrata su due pilastri principali, riguardanti i percorsi di aggiustamento di bilancio per i paesi che non rispettano le due soglie previste dal Trattato di Maastricht: il 60% per il debito/Pil e il 3% per il deficit/Pil. Nel primo caso, quello del debito eccessivo, veniva indicato un percorso di aggiustamento ‘su misura’, individualizzato per ciascuno Stato membro, con tempi più lunghi e più realistici per le correzioni: quattro anni, con la possibilità di proroga a sette anni per ammortizzare i costi delle riforme e degli investimenti raccomandati dall’Ue (transizione verde e digitale, innovazione, difesa).


Secondo la proposta della Commissione, il percorso di aggiustamento (“traiettoria tecnica”), viene determinato tenendo conto di un’analisi caso per caso della sostenibilità del debito, e originariamente si basava su un “singolo indicatore operativo”, basato sulla “spesa primaria netta”, quella cioè che non prende in considerazione la spesa per gli interessi, la parte controciclica degli stabilizzatori automatici (come i sussidi di disoccupazione o la cassa integrazione in tempi di crisi), le spese che non dipendono dai governi, e la spesa nei programmi e progetti comunitari che sono co-finanziati dagli Stati membri. Il meccanismo proposto prevedeva semplicemente di tenere sotto stretto controllo, con un limite annuale collegato alla crescita economica, l’andamento della spesa primaria netta del paese interessato, senza definire una riduzione quantitativa annuale del debito/Pil uguale per tutti i casi, ma tale da assicurare che, alla fine del periodo previsto dal piano di aggiustamento, il livello del debito pubblico in quello Stato membro fosse inferiore a quello iniziale, e avviato su un percorso stabile di riduzione.


Era previsto un controllo della Commissione sui percorsi di aggiustamento, a scadenza semestrale, per individuare e correggere eventuali deviazioni significative. La proposta originaria della Commissione aveva un solo coefficiente numerico: semplicemente, per i paesi con un rapporto deficit/Pil oltre il 3%, veniva previsto aggiustamento strutturale minimo annuale di bilancio pari allo 0,5% del Pil, per ridurre il disavanzo, fino al raggiungimento della soglia del 3%. Molto diversa, più complicata e più rigida, è invece la posizione negoziale a cui sono giunti gli Stati membri in Consiglio Ue, dove la Germania, con l’appoggio dei paesi nordici e dell’Olanda, e poca opposizione da parte della Francia (con la delusione dell’Italia e altri paesi che avevano sperato di meglio), ha ottenuto quello che voleva: l’inserimento di due “clausole di salvaguardia” con coefficienti numerici nel nuovo quadro di regole, una per “la sostenibilità del debito” e l’altra per la “resilienza del deficit”. La prima salvaguardia (art.6 bis del regolamento sul “braccio preventivo”) prevede che i paesi con un debito/Pil superiore al 90% (come l’Italia) debbano ridurlo di almeno un punto percentuale all’anno, mentre quando il debito/Pil è superiore al 60% ma inferiore al 90% il ritmo di riduzione viene dimezzato, a 0,5 punti percentuali all’anno. La seconda è la “salvaguardia di resilienza del deficit” (art.6 ter), menzionata sopra, che il Parlamento europeo ha accettato, a quanto pare senza fare troppa resistenza. D’altra parte, una delle due relatrici del Parlamento, Esther De Lange (Ppe), fa parte del partito popolare olandese, da sempre in prima linea tra i “frugali”. La nota di stamattina del Parlamento europeo assegna comunque una grande importanza allo spazio che, secondo quanto viene raccontato, le nuove regole accorderebbero agli investimenti pubblici. “Le norme – si legge – obbligheranno specificamente gli Stati membri a garantire che i loro piani nazionali spieghino come verranno effettuati gli investimenti nelle aree prioritarie dell’Ue, quali transizione climatica e digitale, sicurezza energetica e difesa”. “Gli investimenti già intrapresi in questi settori – continua la nota – dovranno essere presi in considerazione dalla Commissione quando redige la sua relazione sulle deviazioni di uno Stato membro dal suo percorso di spesa, dando così più spazio a quello Stato membro per argomentare la propria causa al fine di non essere sottoposto a una procedura per disavanzo eccessivo”. “Inoltre, la spesa nazionale per il cofinanziamento dei programmi finanziati dall’Ue sarà esclusa dalla spesa del governo, creando maggiori incentivi agli investimenti”, conclude la nota, ricordando che “i primi piani nazionali dovranno essere presentati da ciascuno Stato membro entro il 20 settembre 2025”. L’accordo, non ancora noto in tutto i dettagli, ha avuto relativamente pochi commenti durante la giornata di sabato. Molto critici gli europarlamentari del M5s, i primi, tra gli italiani, a reagire stamattina alla notizia. “I nuovi parametri di base” dell’accordo “spingeranno non solo l’Italia, ma l’intero Continente, in recessione perché ridurranno gli investimenti. Secondo alcune stime questi obiettivi peseranno sulla capacità di spesa del nostro Paese per 12-13 miliardi per sette anni”. “Gli investimenti nelle aree prioritarie dell’Ue, e cioè la transizione climatica e digitale e la sicurezza energetica, non vengono scorporati, ma dovranno essere elencati nei piani che gli Stati membri manderanno a Bruxelles”, sottolinea infine la nota del M5s. Ma il commento forse più duro è quello venuto dal co-presidente del gruppo dei Verdi europei, il belga Philippe Lamberts, che a una domanda di Askanews su che cosa abbia ottenuto l’Assemblea di Strasburgo nel negoziato con il Consiglio ha riposto: “Niente: il Parlamento europeo ha ingoiato tutto”.

Violenze su un detenuto a Reggio Emilia, Nordio: provo sdegno e dolore

Violenze su un detenuto a Reggio Emilia, Nordio: provo sdegno e doloreMilano, 10 feb. (askanews) – “Provo sdegno e dolore, sono immagini indegne per uno Stato democratico. In attesa che la magistratura ricostruisca i fatti e accerti le responsabilità, voglio sottolineare come sia stata la stessa polizia penitenziaria a svolgere le indagini, su mandato della Procura. L’amministrazione penitenziaria tutta è la prima ad auspicare che si faccia luce fino in fondo sulla vicenda: siamo impegnati a garantire la legalità in ogni angolo di ogni istituto”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in merito all’inchiesta di Reggio Emilia sul violento pestaggio subito lo scorso aprile da un detenuto di origine tunisino ad opera di appartenenti al corpo della Polizia Penitenziaria poi sottoposti a misure cautelari e rinviati a giudizio.

Giorno del ricordo, Meloni: chiediamo perdono per il silenzio sulle foibe

Giorno del ricordo, Meloni: chiediamo perdono per il silenzio sulle foibeRoma, 10 feb. (askanews) – “Siamo qui per ricordare gli innocenti trucidati e per chiedere ancora una volta perdono a nome delle istituzioni di questa Repubblica per il silenzio colpevole che per decenni ha avvolto le vicende del nostro confine orientale”. Giorgia Meloni oggi ha celebrato a Basovizza, per la seconda volta dopo la cerimonia di ieri al Quirinale, il Giorno del Ricordo. “Un atto dovuto”, spiega, “visto che non ci è mai venuto nessun presidente del consiglio”. Con la premier, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e altri esponenti del governo, il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga. “Sono qui per assumermi un impegno solenne: cioè fare la mia parte perchè venga trasmesso ai nostri figli quel ricordo che voi con la vostra tenacia, il vostro coraggio, il vostro orgoglio, ci avete consegnato e perchè i nostri figli a loro volta lo trasmettano ai nostri nipoti, affinchè la memoria di ciò che è accaduto, in barba a chi avrebbe voluto nasconderlo per sempre, non svanisca mai”.


Il governo, ha detto ancora, è qui “per rendere omaggio a tutti gli istriani, i giuliani, i dalmati che per rimanere italiani decisero di lasciare tutto per restare con l’unica cosa che i comunisti titini non potevano togliere loro e cioè l’identità, pagando un prezzo altissimo, decisero di essere italiani due volte per nasciata e per scelta”. Poi a Trieste la premier e la delegazione di governo visita il Treno del Ricordo che partirà domani e attraverserà l’Italia per portare la storia degli esuli in tutto il paese. L’iniziativa del “Treno del Ricordo” è pensata “non per riaprire le ferite del passato – spiega Meloni -, non per dividere ancora ma per chiudere un cerchio, per sanare quella vergogna e ricucire quel sentimento di solidarietà su cui ogni nazione si fonda”. Ricorre il ventennale dall’istituzione del Giorno del ricordo e la maggioranza di governo ha proposto in Parlamento una legge che rafforzi queste celebrazioni e le iniziative della memoria sulle foibe. Nascerà anche il Museo del Ricordo: “sorgerà a Roma, nella capitale d’Italia, perché questa storia non appartiene a una piccola parte di confine ma appartiene all’Italia intera e l’Italia intera deve avere l’occasione di dirvi grazie”. Da anni il partito della premier, FdI, propone di revocare l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al Maresciallo Tito, (ricevuta nel 1969 dall’allora presidente della Repubblica Saragat”) in quanto responsabile della tragedia delle foibe, Meloni oggi ha ribadito di essere favorevole come pure Tajani: “Ma è il Parlamento che deve decidere”, ha concluso la premier.