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Eurozona, stima indice Pmi manifatturiero a gennaio in rialzo a 46,6

Eurozona, stima indice Pmi manifatturiero a gennaio in rialzo a 46,6Roma, 24 gen. (askanews) – In rialzo a gennaio, secondo la stima preliminare, l’indice Pmi manifatturiero dell’Eurozona che si porta a 46,6 dai precedenti 44,4 punti.

In leggero rialzo anche l’indice composito a 47,9 da 47,6 mentre quello dei servizi si porta a 48,4 da 48,8 punti. “Secondo i dati provvisori dell’indagine Pmi, a gennaio l’attività economica nell’area dell’euro è scesa al tasso più lento in sei mesi, anche se con flessioni persistenti sia nel settore manifatturiero che in quello dei servizi, a fronte di ulteriori cali nei nuovi ordini. In generale la contrazione dei nuovi ordini è stata tuttavia la più contenuta registrata dallo scorso giugno, contribuendo a stabilizzare e aumentare i livelli occupazionali e l’ottimismo delle imprese per l’anno a venire ai massimi di otto mesi”, si legge nell’indagine.

Bill Ackman e moglie acquistano il 4,9% della Borsa di Tel Aviv

Bill Ackman e moglie acquistano il 4,9% della Borsa di Tel AvivMilano, 24 gen. (askanews) – Bill Ackman, il magnate americano a capo dell’hedge fund Pershing Square Capital Management, e sua moglie Neri Oxam, nata in Israele, hanno acquistato una partecipazione azionaria nella Borsa di Tel Aviv (TASE). La coppia ha acquistato una quota azionaria di circa il 4,9% del Tel Aviv Stock Exchange.

La Borsa di Tel Aviv ha annunciato oggi il prezzo di un’offerta secondaria di 17.156.677 azioni ordinarie. TASE riceverà circa 242 milioni di shekel (65 mln dollari circa) di proventi netti dall’offerta che saranno utilizzati per investimenti nella sua infrastruttura tecnologica. L’operazione, sottolinea una nota della Borsa israeliana, “ha suscitato un forte interesse da parte di investitori israeliani, statunitensi, europei e australiani, a testimonianza di un forte voto di fiducia nei confronti della Borsa di Tel Aviv e dell’economia israeliana in generale”. Tra gli acquirenti di spicco figurano, appunto, la coppia Ackman-Oxman che hanno concordato l’acquisto di circa il 4,9% di azioni.

Moto, Joan Pedrero vince Africa Eco Race in categoria maxitrail

Moto, Joan Pedrero vince Africa Eco Race in categoria maxitrailRoma, 24 gen. (askanews) – Joan Pedrero, pilota d’élite della Dakar, ha vinto la quindicesima edizione dell’Africa Eco Race nella categoria maxitrail, classificandosi 25° nella categoria assoluta guidando una moto di serie.

Per 16 giorni infatti Pedrero ha gareggiato alla guida della Pan America 1250, il primo modello Adventure Touring di Harley-Davidson equipaggiato con il potente motore Revolution Max 1250, un bicilindrico a V da 1250 cc raffreddato a liquido. Per partecipare alla gara sono state apportate solo pochissime modifiche alla moto, che è rimasta quasi completamente stock, con l’unica eccezione di una leggera modifica al radiatore per meglio affrontare le condizioni estreme del deserto. “Siamo entusiasti del risultato di questa gara e dell’incredibile performance di Joan Pedrero. Il nostro marchio è sinonimo di avventura e prestazioni, e la Pan America che ha portato a termine questa gara è un fantastico esempio di come stiamo continuando ad andare oltre le aspettative di chiunque, sfidando i limiti della tecnologia e delle prestazioni”, commenta Kolja Rebstock, vice presidente regionale Harley-Davidson per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa.

Dopo ok a Autonomia Fdi corre sul Premierato: via l’antirbaltone

Dopo ok a Autonomia Fdi corre sul Premierato: via l’antirbaltoneRoma, 23 gen. (askanews) – Le proposte di modifica sono pronte e sono custodite in una cartellina che il meloniano Alberto Balboni, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, custodisce gelosamente mentre cammina per i corridoi di palazzo Madama. Due paginette, che contengono sette ipotesi di emendamento che – racconta – sono state predisposte da lui stesso e da Marcello Pera negli ultimi giorni.

Prima, giovedì scorso, se ne era discusso a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni in un vertice che avrebbe dovuto rimanere segreto. Ed è in quell’occasione che la presidente del Consiglio avrebbe dato il via libera all’ipotesi di cambiare la contestatissima (dai costituzionalisti e non solo) norma anti ribaltone, ovvero quella che prevede la possibilità di un ‘secondo premier’ che a differenza di quello eletto avrebbe la facoltà di porre fine alla legislatura. A Fratelli d’Italia non è mai piaciuta, ma era stata la Lega a chiederne l’inserimento: a scriverla sarebbe stato direttamente Roberto Calderoli. Ora però nel partito di maggioranza relativa sono convinti che il Carroccio possa essere più aperto all’ipotesi di rinunciarvi, anche perché – è il ragionamento di Fdi – ha incassato il primo sì alla ‘sua’ Autonomia e ora tocca al ‘nostro’ premierato. Per entrambi i partiti di maggioranza si tratta di bandiere da sventolare in vista delle Europee: la Lega ipotizza addirittura di avere il via libera definitivo all’Autonomia prima di quella scadenza. Ma nel partito di Meloni in molti prevedono che il passaggio alla Camera non potrà avere accelerazioni almeno fino a quando “la madre di tutte le riforme” non avrà avuto l’ok dell’aula del Senato.

La presidente del Consiglio ha chiesto alla maggioranza di non trasformare il ddl di riforma costituzionale in un “campo di battaglia” e di “evitare fughe in avanti”, ragion per cui i partiti del centrodestra hanno deciso che saranno presentate solo proposte di modifica condivise. La partita, però, al momento è tutta nelle mani di Fratelli d’Italia e non solo perché Balboni, che è anche relatore del provvedimento, ha avuto il compito di mettere nero su bianco le ipotesi di modifica. Un passaggio con il resto della coalizione sarà comunque necessario e dovrebbe essere effettuato in un vertice con i capigruppo di maggioranza e i componenti della commissione che si terrà domani. Prima però i testi predisposti saranno nuovamente messi sotto la lente di ingrandimento di palazzo Chigi. Balboni non rivela, ma lascia intendere, in che modo potrebbe essere modificata la norma anti ribaltone: un ritorno sostanziale al ‘simul stabunt-simul cadent’ con poche eccezioni, per esempio in caso di impedimento del premier eletto. “E’ – spiega – una ipotesi di aggiustamento di questa norma” per evitare da un lato “che in casi eccezionali si debba tornare alle urne” ma anche “salvaguardare il ruolo che deve avere un premier che, non dobbiamo mai dimenticare, è eletto dai cittadini”. Si ragiona anche sull’ipotesi di accogliere delle proposte dell’opposizione, per esempio sul limite dei due mandati. Di certo, sarà eliminato il tetto del 55% in Costituzione per il premio di maggioranza.

Per presentare gli emendamenti, comunque, ci sarà più tempo del previsto. Non più il 29 gennaio, complice anche il fatto che quel giorno il Senato ospiterà il blindatissimo summit Italia-Africa, ma qualche giorno in più come peraltro richiesto dalle opposizioni.

Obbligo di trasparenza, controlli e sanzioni fino 50mila euro, ecco il ddl beneficenza (nato dopo il caso Ferragni)

Obbligo di trasparenza, controlli e sanzioni fino 50mila euro, ecco il ddl beneficenza (nato dopo il caso Ferragni)Roma, 23 gen. (askanews) – Obbligo di trasparenza sulle confezioni e nelle pubblicità sulle finalità e gli importi dati in beneficienza e sanzioni fino a 50mila euro irrogate dall’Antitrust per le violazioni. E’ quanto prevede la bozza composta di 5 articoli del ddl beneficenza che andrà domani all’esame del preconsiglio dei ministri e che sarà esaminata dal Cdm di giovedì.

Il provvedimento stabilisce che i consumatori “hanno diritto di ricevere dai produttori e dai professionisti un’adeguata informazione” sulla destinazione in beneficenza di una parte dei proventi della vendita di un prodotto. Per questo viene introdotto l’obbligo di riportare sulle confezioni dei prodotti e sugli annunci pubblicitari: “il soggetto destinatario dei proventi della beneficenza; le finalità a cui sono destinati i proventi della beneficenza; l’importo complessivo destinato alla beneficenza, se predeterminato; ovvero, nel caso in cui non lo sia, la quota percentuale del prezzo di vendita o l’importo destinati alla beneficenza per ogni unità di prodotto”.

Prima di porre in vendita i prodotti, poi, queste informazioni andranno comunicate all’Antitrust insieme al termine entro cui sarà effettuato il versamento dell’importo destinato alla beneficenza e, successivamente, l’effettivo versamento dell’importo. In caso di violazione di queste disposizioni, e “salvo che il fatto costituisca reato o una pratica commerciale scorretta” la stessa Antitrust potrà irrogare una sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 euro. Il provvedimento dovrà essere reso pubblico a spese dell’autore della violazione altrimenti scatta una ulteriore sanzione da 5.000 a 50.000 euro.

Il ddl prevede poi che “nei casi di maggiore gravità la sanzione è aumentata fino a due terzi” mentre “nei casi di minore gravità la sanzione è diminuita fino a due terzi”. In caso di reiterazione della violazione è disposta la sospensione dell’attività per un periodo da un mese a un anno.

Dal Senato primo sì ad Autonomia ma in aula risuona inno Mameli

Dal Senato primo sì ad Autonomia ma in aula risuona inno MameliRoma, 23 gen. (askanews) – L’aula del Senato ha approvato il disegno di legge del Governo Meloni per l’attuazione dell’autonomia regionale differenziata, collegato alla legge di bilancio, che porta il nome del ministro leghista per gli Affari regionali Roberto Calderoli. I sì della maggioranza sono stati 110, i no 64 (Pd-M5S-AVS-Iv), 3 gli astenuti: due senatori di Azione (ma Mariastella Gelmini ha votato a favore) e uno del gruppo Autonomie, nel quale si registrano anche due voti favorevoli al ddl governativo.

L’iter legislativo è durato molti mesi, la commissione Affari costituzionali ha svolto decine di audizioni, ma fra opposizioni e maggioranza la polemica è sempre viva, come dimostra anche la pittoresca e convulsa conclusione della seduta di palazzo Madama, con i parlamentari che prima dai banchi della minoranza poi da quelli della maggioranza si sono “sfidati” intonando l’inno di Mameli, con intenti evidentemente contrapposti. A dar fuoco alle polveri, secondo il racconto di alcuni senatori che hanno lasciato l’aula a fine lavori, è stata la senatrice veneta della Lega Mara Bizzotto, che all’esito del voto ha sventolato la bandiera di san Marco, tradizionale simbolo del secessionismo del Nordest. Anche se le opposizioni, ad esempio con una nota del capogruppo Pd Francesco Boccia, si dicono pronte a raccogliere le firme per il referendum abrogativo, a sottolineare il fatto che quello di palazzo Madama è un passaggio intermedio e che il traguardo non è vicinissimo anche il livello degli interventi in aula: Matteo Salvini, pur presente al momento del voto, lascia l’intervento al capogruppo della Lega Massimiliano Romeo. Dagli altri gruppi nessun intervento di capigruppo o leader di partito, il solo Peppe De Cristofaro, rappresentante della piccola pattuglia di AVS, è anche presidente del gruppo Misto. La stessa presidenza della seduta affidata, come da turnazione programmata, al vicepresidente leghista dell’assemblea, Gian Marco Centinaio, e non al presidente Ignazio La Russa, sempre presente nei momenti più solenni, contribuisce alla sensazione di un momento transitorio.

Nel dibattito, Mariolina Castellone del M5S accusa i senatori di maggioranza di “essere sì patrioti, ma i patrioti di 20 piccole patrie”. “Si è consumato – è la lettura di Andrea Gioregis che parla a nome del gruppo del Pd – uno scambio tra le due riforme, tra la Lega e Fratelli d’Italia. E la Lega, sull’autonomia differenziata, ha avuto la meglio. Uno scambio al ribasso, perché, nel merito, ha prodotto disposizioni del tutto irragionevoli, che rischiano di far crescere divisioni e conflittualità territoriali, politiche e sociali e così, alla fine, di impoverire tutto il Paese”. Accusa respinta al mittente da Romeo: “Grazie al Governo. Grazie anche al patto di maggioranza di cui noi – rivendica l’esponente leghista – andiamo assolutamente fieri. Più poteri al premier significa, dall’altra parte, controbilanciare con più autonomia sul territorio”. Andrea De Priamo, per Fratelli d’Italia, parla dal canto suo di “una democrazia che diventa una democrazia decidente e più stabile, un rafforzamento dell’esecutivo ci può stare molto bene con l’applicazione del principio di sussidiarietà”. E ribatte alle accuse della minoranza parlamentare di aver creato uno “Spacca-Italia”, facendo ricorso alla storia: “Non si spacca e non si divide nulla, perché l’Italia, la sua identità profonda, che già Goffredo Mameli ma anche Mazzini richiamavano come risalente a Dante Alighieri (Mameli in un’altra sua composizione parlava del sogno di Dante), è sicuramente anche l’Italia delle specificità, è l’Italia dei 1.000 campanili, è l’Italia dei dialetti, è l’Italia delle piazze, dei borghi; è l’Italia delle differenze enogastronomiche. Quell’Italia delle tradizioni popolari e religiose ha, però, dalla più piccola frazione alla più grande metropoli, dei luoghi che simboleggiano la sua unità, cioè i monumenti ai caduti. In quei luoghi è fisicamente visibile come si sia forgiato, nel sacrificio delle trincee, quel sentimento nazionale che per noi è sacro e che non è minimamente intaccato da questo provvedimento”. Il provvedimento era in prima lettura e restano tutti da definire i tempi per l’esame in seconda lettura alla Camera, dove secondo fonti parlamentari di maggioranza potrebbe riproporsi una certa differenza di intenti fra la fretta della Lega, che si aspetta l’ok definitivo prima delle elezioni europee, e la cautela di Fratelli d’Italia: il partito della premier Giorgia Meloni, infatti, preme perché il ddl costituzionale sull’elezione diretta del presidente del Consiglio, attualmente all’esame della commissione Affari costituzionali del Senato per la prima delle quattro letture previste, abbia una tempistica almeno parzialmente coordinata con la riforma Calderoli.

L’autonomia differenziata, però, è una legge ordinaria, e per i suoi maggiori sostenitori, i leghisti, appunto, i suoi contenuti sono stati definiti nel passaggio a palazzo Madama, fino all’ultima bagarre sull’emendamento De Priamo, riformulato la scorsa settimana in commissione Bilancio per riportare nei limiti degli “equilibri di bilancio” e delle previsioni della manovra del 2022 l’indicazione della necessità di stanziare fondi sufficienti per garantire l’erogazione dei Livelli essenziali delle prestazioni: sia alle Regioni che sceglieranno l’autonomia, sia a quelle che non lo faranno.

Ratifica accordo Italia-Albania blindata, domani disco verde Camera

Ratifica accordo Italia-Albania blindata, domani disco verde CameraRoma, 23 gen. (askanews) – Si sono svolte nell’aula della Camera, le votazioni sugli emendamenti al ddl di ratifica del protocollo Italia-Albania che punta a costruire, nel territorio albanese e sotto la gestione italiana, due centri per migranti. Governo e maggioranza hanno dato parere negativo alle 90 proposte di modifica delle opposizioni. Il testo è blindato e nessuna richiesta di modifica è arrivata dal centrodestra che, su questi temi, conferma assoluta compattezza.

Dopo la bocciatura delle pregiudiziali costituzionali e di merito e la questione sospensiva depositate dalle opposizioni, i deputati di minoranza hanno preso la parola in massa sul merito dei singoli emendamenti. I tempi per ogni gruppo erano contingentati, ostacolo aggirato in parte con interventi a titolo personale. Il prosieguo e il voto finale sul provvedimento sono dunque slittati a domani mattina. In aula erano presenti circa 280 deputati su 400 (quasi 100 in missione). Tra le proposte di modifica bocciate il coinvolgimento del Parlamento nell’eventuale rinnovo del protocollo, la previsione nei centri di un servizio di assistenza psicologica e quella di un rappresentante del Garante nazionale dei diritti delle persone private delle libertà personali. Respinto anche un testo del Pd in cui si chiedeva di mettere “nero su bianco” che nelle strutture in Albania potessero essere condotti migranti solo nel caso in cui il trasporto verso il territorio albanese non comportasse “un evidente ritardo nell’espletamento dei soccorsi” e di prevedere l’esclusione “di minori non accompagnati, di donne incinte e di persone bisognose di cure urgenti ed essenziali e in generale di persone vulnerabili”.

Il dibattito su questo emendamento è durato circa un’ora in cui la minoranza ha accusato l’esecutivo di aver blindato il testo per un “diktat di Palazzo Chigi” e ha evidenziato come le rassicurazioni “a voce” fatte dai rappresentanti dell’esecutivo non possono bastare quando si tratta di “garantire i diritti umani” peraltro di “persone vulnerabili”. A replicare il viceministro agli Esteri, Edmondo Cirielli (Fdi), che ha respinto la richiesta di accantonare l’emendamento per “mantenere – ha detto – il testo snello e non appesantire norme che possono essere mese in campo in via secondaria”. Pochi gli interventi in aula della maggioranza. Alessandro Urzì (Fdi) ha sostenuto che l’obiettivo della minoranza “dal primo momento” è stato quello di ottenere il “rinvio del provvedimento. Noi invece – ha affermato – siamo chiamati a governare i fenomeni migratori e non più a subirli”.

Diametralmente opposto il giudizio sul protocollo e sul ddl di ratifica da parte delle opposizioni. “A 110 anni dalla campagna d’Albania del 1915-1918 e a 85 anni dall’occupazione del 1939 e dal successivo protettorato, alcuni esploratori italiani sono pronti a recarsi in Albania per fare sperimentazioni sulle politiche migratorie, cioè, tradotto, sulla pelle dei migranti. Non nel nostro nome, non nel nome dell’Italia fondata sulla Costituzione” (Paolo Ciani del Pd); “l’unica cosa storica che state facendo è il disonore con il quale state coprendo il nostro Paese per questo provvedimento indegno” (il Dem Matteo Orfini); con il protocollo “comincia la campagna elettorale della Meloni” che costerà agli italiani “milioni di euro per ospitare al massimo 720 persone al mese: un numero infinitesimale rispetto a oltre 150 mila migranti sbarcati in Italia nel 2023” (Alfonso Colucci dei Cinque Stelle). E ancora: “a voi interessa la photo opportunity prima delle elezioni europee” e non quello che succederà il “giorno dopo” ai migranti ma anche “agli agenti della Polizia penitenziaria, i responsabili del centro, gli operatori sanitari” (Maria Elena Boschi). “Vi preparate, cinicamente e consapevolmente, a scaricare vite di persone in carne e ossa in una condizione in cui è evidente che i loro diritti fondamentali saranno sistematicamente violati” spendendo una “valanga di quattrini” (Nicola Fratoianni, Avs); un castello di carte fuori dal diritto”, un’operazione “inutile perché non aumenteranno i rimpatri, costosissima, disumana” (Riccardo Magi di +Europa).

Autonomia, Bersani: è una presa in giro vergognosa

Autonomia, Bersani: è una presa in giro vergognosaRoma, 23 gen. (askanews) – “Con l’autonomia differenziata si parla molto di incremento delle disuguaglianze, ma prima ancora il tema è che avremo uno stato arlecchino”. Lo ha detto Pier Luigi Bersani parlando a ‘Otto e mezzo’ su La7. “Ci sono ventitré materie che le regioni scelgono di fare proprie a loro discrezione, un inedito a livello mondiale, nessuno Stato unitario o decentrato ha una configurazione uguale”.

“Poi – ha aggiunto – su questa cosa dei Lep voglio sapere se ad esempio per gli asili nido prendiamo come base il livello di Reggio Calabria o quello di Reggio Emilia? Le differenze sono sostanziali. Se prendiamo i livelli di Reggio Emilia e li applichiamo a tutte le materie non bastano tre bilanci statali a coprire i costi, ma queste norme sono previste senza spesa per lo Stato. Una presa in giro vergognosa”. Insomma, “a me l’autonomia differenziata va bene nel senso che la Sardegna potrà chiedere una materia relativa al trasporto marittimo e l’Umbria no perché non ha il mare. Se si interpreta in modo funzionale ha un senso ma con un progetto con ventitré materie à la carte si arriva allo sbrindellamento di uno Stato, ci tocca richiamare Garibaldi. Era più onesto Bossi che chiedeva la secessione”.

Peraltro, conclude, “mentre il Senato ha approvato l’autonomia differenziata vanno avanti con il premierato. Non è vero che sono in contraddizione, perché se si sfascia l’Italia c’è ancora più bisogno di un capo. Prendiamo sul serio il tema, lo dico anche a chi lo sta snobbando. Non può essere solo il Pd, il Parlamento o la sinistra: c’è in gioco l’Italia”.

Omicidio di Pamela Mastropietro, confermato ergastolo per Oseghale. La mamma della 18enne: dica chi era con lui

Omicidio di Pamela Mastropietro, confermato ergastolo per Oseghale. La mamma della 18enne: dica chi era con luiMilano, 23 gen. (askanews) – Confermata in Cassazione anche l’accusa di violenza sessuale ed ergastolo definitivo per Innocent Oseghale in relazione all’omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana, uccisa e fatta ritrovare a pezzi dentro due trolley, nella campagne di Macerata.

“Da sei anni aspettavo questo momento. È quello che speravo”, lo ha detto Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, subito dopo la sentenza della Cassazione che ha stabilito l’ergastolo per Innocent Oseghale, che così risponde per omicidio, occultamento di cadavere e, con la sentenza di oggi, violenza sessuale. Trattenendo a stento le lacrime, abbracciata ad amici, appena fuori dall’aula della V sezione penale della suprema corte, aggiunge: “La battaglia non finisce qui”. E suo fratello, l’avvocato Marco Valerio Verni, che sin dall’inizio della vicenda ha rappresentato le ragioni della famiglia, ha aggiunto: “Abbiamo sempre manifestato la convinzione che ci possano essere altre responsabilità”. “Chiedo ad Oseghale di pentirsi e di dire chi era con lui. Comunque non voglio che esca di prigione dopo 10 anni”, lo ha detto la signora Alessandra Verni, mamma di Pamela Mastropietro, dopo la sentenza di Cassazione, parlando con i cronisti davanti alla Suprema corte. In occasione dell’anniversario della scomparsa, il 30 gennaio – ha continuato Alessandra – “organizzerò una fiaccolata sulla panchina di piazza Re di Roma dove Pamela stava sempre”. Rispondendo ai cronisti ha poi aggiunto, inviando un messaggio alla famiglia di Giulia Tramontano: “Combattete e non mollate mai”.

Carne coltivata, Lollobrigida: sulla possibilità della commercializzazione in Ue decida la volontà popolare

Carne coltivata, Lollobrigida: sulla possibilità della commercializzazione in Ue decida la volontà popolareBruxelles, 23 gen. (askanews) – Sulla possibilità che sia approvata nell’Ue la commercializzazione della “carne coltivata” basata cioè sulla coltivazione di cellule di animali in laboratorio, dovremmo “affidarci alla volontà popolare”, invece che sulla attuali procedure previste dal regolamento europeo “Novel Foods”. E’ quanto ha affermato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, parlando con la stampa a margine del Consiglio Agrifish dell’Ue, questo pomeriggio a Bruxelles.

L’Italia, l’Austria e la Francia, con il sostegno di di Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Lussemburgo, Lituania, Malta, Romania, Slovacchia e Ungheria, hanno presentato il 18 gennaio un documento comune, che è stato discusso dal Consiglio oggi, in cui si chiede alla Commissione europea molta cautela, l’applicazione del principio di precauzione e nuove estese consultazioni e nuove approfondite valutazioni d’impatto prima di prendere in considerazione qualsiasi richiesta da parte delle imprese di autorizzare la produzione e commercializzazione in Europa della carne coltivata. Nel documento, ha detto Lollobrigida, “c’è scritto con chiarezza che la carne coltivata, sempre che si possa chiamare ‘carne’, è un potenziale pericolo per l’Europa, da tanti punti di vista: forse quello sanitario, forse quello ambientale, forse quello etico”, e anche dal punti di vista socio-economico. “Noi ci siamo già dati una risposta in Italia e oggi tante altre nazioni con noi hanno presentato questo documento”.

“L’Italia – ha rivendicato il ministro – non solo non era isolata su questa posizione, ma è in grado di essere avanguardia rispetto alla protezione delle nostre filiere agricole, della salute dei cittadini, dei consumatori, della qualità. Non c’è niente che abbiamo fatto in maniera erronea. C’è un tempo per prendere delle decisioni e l’Italia è in grado di prenderle, senza dover aspettare, anzi coinvolgendo gli altri”, ha aggiunto Lollobrigida, con un implicito riferimento alla recente legge che vieta la carne coltivata in Italia (e vieta anche di chiamarla “carne”). Il divieto italiano verrebbe automaticamente messo fuori legge nel momento in cui la Commissione europea proponesse e ottenesse l’approvazione di una richiesta di commercializzazione di carne coltivata, secondo le procedure previste dal regolamento Ue “Novel Foods”. Secondo il regolamento, l’eventuale proposta favorevole della Commissione potrebbe essere respinta solo se vi fosse una maggioranza qualificata di Stati membri contraria. E questo è ciò che evidentemente l’Italia vuole a tutti i costi evitare: che si possa arrivare a una proposta favorevole da parte della Commissione. á “Adesso – ha proseguito il ministro – vedremo anche gli esiti della discussione, però il documento mi sembra molto netto e molto chiaro. Abbiamo chiesto che la scienza ci dia le risposte richieste e che si ricorra anche eventualmente a un cosa che è molto democratica: chiediamo ai cittadini europei che ne pensano, perché abbiamo sentito tante voci. Sentiamo anche quella dei cittadini europei, con una consultazione pubblica nella quale ci diranno che cosa pensano di queste produzioni” “L’Europa – ha ricordato Lollobrigida – ha già fatto delle scelte, nelle quali ha posto dei divieti”. Ad esempio, “il divieto di clonazione animale: non si possono importare in Europa carni derivate da clonazione animale; e lo ha fatto in altre circostanze, come sulla vicenda degli Ogm. Ovviamente, la libertà di far circolare un prodotto deve presentare sul piano politico e scientifico anche una garanzia per le persone che consumano, che scelgono anche sulla base di un elemento di garanzia che si aspettano dalle istituzioni. Non si aspettano che qualcosa che può essere potenzialmente pericoloso circoli come se fosse benefico”.

“Non voglio sottolineare – ha osservato il ministro – questioni allarmistiche, ma è evidente per esempio che con la riproduzione cellulare, ci dicono alcuni istituti, rispetto a certe patologie non ci sarebbe forse nemmeno la garanzia di poterle riscontrare sull’animale vivo, da cui queste cellule vengono prelevate…, e ci sono rischi nella riproduzione, magari di una cellula malata, o di difficoltà di riscontro di certe patologie”. L’Italia vuole insomma, gli è stato chiesto, sottoporre a consultazioni popolari, a deri referendum, qualunque via libera alla ácommercializzazione di carne coltivata e altri cibi sintetici?

“Lo abbiamo scritto nel documento. Io oggi – ha risposto Lollobrigida – non rappresento che una delle tante nazioni che hanno posto il problema”. Proponiamo “una consultazione pubblica, si chiedono i dati; io spero che si arrivi in questa Europa ad avere dei processi democratici. Sulla carne coltivata, sintetica, sul fake food, per semplificare, il Parlamento europeo, che sarebbe l’organismo direttamente eletto dal popolo, si è già espresso: tanti emendamenti che tentavano l’apertura a questi processi sono stati bocciati, con la maggioranza”. La maggioranza, ha ricordato ancora il ministro, “che fino a prova contraria nelle istituzioni democratiche è quella che sceglie la linea; può cambiare, ma nel frattempo quella maggioranza sceglie la linea. E quindi credo che ci sia un processo che più è democratico, meglio stiamo tutti”. “Perché esistono quelli che pensano di essere più bravi degli altri. Ce ne sono tanti: gli oligarchi, gli aristocratici lo hanno pensato per tanto tempo. Poi è arrivata la democrazia, e ci hanno spiegato, e io sono convinto di questo, che con tutti i suoi difetti è il migliore sistema possibile. E quindi – ha concluso Lollobrigida – affidiamoci alla volontà popolare”.