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Caso Ferragni, Meloni: in Cdm giovedì norma su beneficenza

Caso Ferragni, Meloni: in Cdm giovedì norma su beneficenzaRoma, 22 gen. (askanews) – Sul caso del pandoro Balocco sponsorizzato da Chiara Ferragni “io” ad Atreju “non volevo creare un caso, mi interessa la questione, ci sto lavorando e arriverà nel Consiglio dei ministri di giovedì” una norma sulla trasparenza nella beneficenza. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della registrazione di “Quarta Repubblica” che andrà in onda stasera su Rete 4.

“La vicenda – ha spiegato Meloni – ha fatto vedere che effettivamente c’è un buco nella normativa, in termini di trasparenza, delle attività commerciali che hanno anche uno scopo benefico”, per questo “adesso stiamo facendo una norma” per cui “sulla confezione di quello che vendi devi specificare a chi vanno le risorse, per cosa vanno le risorse e quanta parte di quelle risorse viene effettivamente destinata a scopo benefico. Trasparenza, non divieti”, ha sottolineato la premier.

Bce, secondo il sindacato interno i dipendenti bocciano Lagarde

Bce, secondo il sindacato interno i dipendenti bocciano LagardeRoma, 22 gen. (askanews) – Il personale della Bce “boccia” Christine Lagarde. Secondo un sondaggio effettuato dal sindacato di categoria, l’Ipso, oltre un dipendente dell’istituzione su due – il 50,6 per cento – giudica “negativa” o “pessima” la sua performance alla presidenza.

La consultazione è stata condotta a metà mandato e segna un deciso peggioramento rispetto ai punteggi che i predecessori di Lagarde avevano ottenuto in iniziative sindacali analoghe, sebbene nel loro caso fossero state effettuate verso il termine dei rispettivi incarichi. Su Mario Draghi meno del 10% dei dipendenti della Bce giudicava la performance negativa o pessima, mentre il 75,5% degli intervistati la valutava “positiva”, “molto positiva” o “eccezionale”. Con Trichet la somma dei due giudizi negativi si limitava al 14,5%.

Dal sondaggio di Ipso emerge un diffuso malcontento del personale Bce in merito al sistematico sconfinare della presidente su questioni ritenute politiche. Una deriva che sembra aver aperto una frattura tra i dipendenti, personale altamente specialistico e oggetto di una rigorosa selezione, e una presidente percepita come “una autocrate – afferma l’Ipso nella relazione che accompagna il sondaggio – antidemocratica e paternalistica”. “Di fatto – prosegue l’Ipso – le evidenze suggeriscono che Christine Lagarde si è esposta a giudizi negativi come presidente della Bce perché le sue attività pubbliche sono percepite come maggiormente focalizzate su questioni non collegate all’attività centrale della Bce, e perché non mostra lo stesso stesso profilo tecnico dei due precedenti presidenti sulle tematiche monetarie”. In pratica non le viene riconosciuta la stessa competenza di Trichet e Draghi.

L’uso del ruolo tecnico dell’istituzione su terreni ritenuti impropri, poi, viene vissuto come un rischio sulla credibilità: quasi due dipendenti su tre, il 63,9% esprimono “forte dissenso” con l’idea che la presidenza Lagarde abbia aiutato a rafforzare la reputazione della Bce, mentre solo uno su cinque, il 20,5% ritiene che l’abbia migliorata. La maggioranza dei dipendenti, il 53,5% si dice fortemente in disaccordo con l’idea che Lagarde sia la giusta presidente per la Bce nella fase attuale e solo un 22,8% ritiene che lo sia. Il sondaggio è stato condotto tra il 12 e il 22 dicembre presso 1.159 dipendenti. La valutazione della performance complessiva di Christine Lagarde come presidente vede nel 20,1% dei casi i dipendenti della Bce esprimere un giudizio “pessimo”, un altro 30,5% un giudizio “negativo”. Secondo un 24,2% l’operato di Lagarde è stato “nella media”, secondo un altro 12,3% è stato invece “positivo”, secondo un 8% “molto positivo” e secondo un 2,6% è stato “eccezionale”. Un 2,4%, riporta ancora l’Ipso, ha detto di non saper rispondere.

Il sondaggio mostra che Lagarde non ottiene punteggi migliori neanche sulle politiche di inclusione di sesso. Anzi, proprio su questo elemento l’insoddisfazione è salita di ben 20,4 punti percentuali al 44,5%, sebbene in questo caso la maggioranza dei dipendenti esprima forte soddisfazione, con un 46,4%. Sull’inserimento di tematiche ambientali nel mandato della Bce, questione oggetto di lunghe controversie, la maggior parte dei dipendenti, il 57,3%, concorda con la linea di Lagarde, ma l’Ipso sottolinea come oltre un dipendente su tre, il 34,7%, dissenta da queste posizioni. La negatività dei giudizi sale molto più in alto su altre tematiche. A stragrande maggioranza i dipendenti coinvolti nella consultazione esprimono forte insoddisfazione sulle prospettive di carriera alla Bce (81,7%), sulla trasparenza delle procedure di assunzione (73,1%), sul livello di precarietà dei contratti dei (64%), sull’inadeguata tutela del potere d’acquisto tramite i salari (77,7%) sul generale atteggiamento dei responsabili delle risorse umane verso i dipendenti (76,6%), e sui livelli di dei carichi di lavoro e di stress (57,5%). In tutti questi casi livelli di insoddisfazione sono nettamente aumentati rispetto alla precedente consultazione, avvenuta nell’era Draghi. Ma il malcontento va oltre Lagarde. Se si esamina il livello di fiducia verso tutto il Comitato esecutivo della Bce, l’organismo decisionale chiave in cui oltre alla presidente siedono il vicepresidente e altri quattro componenti, la quota di coloro che esprimono poca fiducia (38%) o nessuna fiducia (21,3%) balza al 59,3%, a fronte del 40,6% che secondo l’Ipso si registrava su questa due voce un anno fa (solo su questo aspetto il precedente sondaggio risale al novembre 2022). Il sindacato lamenta che come in altre occasioni i vertici della Bce hanno contestato con comunicazioni interne ai dipendenti la validità e la qualità del sondaggio. Ma stavolta spingendosi oltre: l’Ipso riporta un episodio specifico su Frank Elderson, componente olandese del Comitato esecutivo e vicepresidente della Vigilanza bancaria. “Dopo l’avvio del sondaggio Elderson ha convocato i dirigenti dell’Ipso per un incontro. Ha contestato la legittimità di una indagine che puntasse a valutare il parere del personale sulla performance della presidente. Ha sostenuto che non fa parte del mandato di un sindacato e – conclude il sindacato dei dipendenti – che i partecipanti non avrebbero avuto necessariamente le competenze specifiche per rispondere alle domande”. (di Roberto Vozzi).

Privatizzazioni, Meloni: no a lezioni da chi ha ceduto la Fiat

Privatizzazioni, Meloni: no a lezioni da chi ha ceduto la FiatRoma, 22 gen. (askanews) – “Che l’accusa” di vendere l’Italia “mi arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi, hanno trasferito all’estero la sede legale e la sede fiscale, hanno messo in vendita” sulle piattaforme dell’immobiliare “i siti delle nostre storiche aziende italiane… cioè non so se il titolo fosse un’autobiografia però francamente le lezioni di tutela di italianità da questi pulpiti anche no”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni parlando, nel corso della registrazione di “Quarta Repubblica” che andrà in onda stasera su Rete 4, di un titolo di Repubblica che, sulle privatizzazioni, accusava la premier di voler mettere in vendita l’Italia.

Violoncellista Erica Piccotti debutta con Malta Philharmonic Orchestra

Violoncellista Erica Piccotti debutta con Malta Philharmonic OrchestraRoma, 22 gen. (askanews) – La talentuosa violoncellista Erica Piccotti, nata a Roma nel 1999 e una delle più promettenti musiciste della sua generazione, mercoledì 24 gennaio alle ore 20:30 torna nella sua città all’Auditorium Parco della Musica (Sala Sinopoli) debuttando con la Malta Philharmonic Orchestra, la principale istituzione musicale maltese, sotto la direzione di Michael Laus nel Concerto Doppio per violino, violoncello e orchestra op.102 di Brahms insieme al violinista Carmine Lauri.

Diplomatasi giovanissima con il massimo dei voti, lode e menzione d’onore al Conservatorio di Santa Cecilia, Erica Piccotti entra a far parte della “JuniOrchestra” e debutta a soli 13 anni in diretta Rai da Montecitorio con Mario Brunello per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Nel 2013 viene designata Alfiere della Repubblica dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano “per gli eccellenti risultati ottenuti in campo musicale in giovane età”, mentre nel 2020 le viene assegnato il prestigioso premio ICMA come “Giovane artista dell’anno”. In oltre dieci anni di carriera Erica Piccotti – che oggi si perfeziona in Germania, dopo essersi formata fra il Conservatorio di Roma, l’Accademia Stauffer di Cremona e la Chigiana di Siena – ha inciso per Warner Classics e si è esibita sui palcoscenici più prestigiosi di tutto il mondo, dal Teatro alla Scala alla Carnegie Hall di New York, dalla Wigmore Hall di Londra alla Konzerthaus di Berlino, collaborando con grandi maestri come, fra gli altri, Antonio Pappano, Daniel Oren, Salvatore Accardo, Daniele Rustioni, Gidon Kremer, Mario Brunello, András Schiff, Andrea Lucchesini, Bruno Canino, Louise Lortie.

Con la Malta Philharmonic Orchestra Erica Piccotti eseguirà insieme al violinista maltese Carmine Lauri (spalla della London Symphony Orchestra) il Concerto Doppio per violino, violoncello e orchestra in La minore op.102 di Brahms. Completano il ricco e intenso programma brani di Ruben Zahara (The Forbidden, mov. 2 e 4), Christopher Muscat (Mesogeios) con strumenti popolari della tradizione maltese e Petr Ilic Cajkovskij (Suite dallo Schiaccianoci). Dopo il concerto di Roma, Erica Piccotti si esibirà giovedì 25 gennaio a Bologna sempre con la Malta Philharmonic Orchestra e il medesimo programma, mentre sabato 27 gennaio suonerà a Villa Necchi Campiglio di Milano per la Società del Quartetto in duo con il pianista Leonardo Pierdomenico con musiche di Chopin e Brahms.

Teatro Roma, Meloni: scandalo per loro è un direttore senza tessera Pd

Teatro Roma, Meloni: scandalo per loro è un direttore senza tessera PdRoma, 22 gen. (askanews) – “L’Italia è una nazione nella quale vige l’amichettismo, ci sono questi circoli di amichettisti che hanno anche un indotto” ma “è finito quel tempo, come è finito quel tempo nel quale per arrivare da qualche parte devi avere la tessera di partito. Per questo fanno il casino al Teatro di Roma”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervistata a ‘Quarta Repubblica’.

“Abbiamo nominato una persona…poi io non ho nominato nessuno – ha aggiunto la presidente del Consiglio – neanche lo sapevo, l’ho appreso da questo baillamme che ha scatenato la sinistra. C’è un Cda che nomina il direttore del Teatro di Roma ed è una persona, da quello che io apprendo, con un curriculum di ferro sul piano culturale e della competenza. Non ha tessera di partito, non ha la tessera di Fdi. Qual è lo scandalo? Che non ha la tessera del Pd. Perché questo è il problema, perché prima chi ci stava era il responsabile cultura del Pd, o il vice”. “Allora – insiste Meloni – avviso ai naviganti: il mondo nel quale per le nomine pubbliche la tessera del Pd fa punteggio è finito. Ci vanno le persone che hanno un merito, indipendentemente dalle tessere che hanno sottoscritto”.

Mar Rosso, Meloni: l’Italia difende la libertà di navigazione

Mar Rosso, Meloni: l’Italia difende la libertà di navigazioneRoma, 22 gen. (askanews) – Quella nel Mar Rosso “è una missione prevalentemente di difesa, conosciamo l’importanza” del luogo, “da lì transita il 15% del commercio mondiale e impedire il passaggio dei prodotti commerciali da lì significa un aumento dei prezzi spropositato e quindi noi non possiamo accettare la minaccia che proviene in questo caso dagli Houti”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della registrazione di “Quarta Repubblica” che andrà in onda stasera su Rete 4.

“L’Italia – ha proseguito la premier – ha sempre sostenuto la difesa e la libertà di navigazione, dopodiché lo facciamo nell’ambito delle nostre normative, io minimo minimo devo passare per il parlamento”. “Per questa missione europea di difesa no”, non serve, “ma per quella che era già stata portata avanti su iniziativa statunitense sì: avrebbe” avuto bisogno di “un passaggio parlamentare”. “Però l’Italia c’è, lo sanno tutti che l’Italia è una nazione che si assume le sue responsabilità e penso che si veda a 360 gradi”, ha sottolineato Meloni.

Europee, Meloni: elezioni sempre test, ma tema è Ue che vogliamo

Europee, Meloni: elezioni sempre test, ma tema è Ue che vogliamoRoma, 22 gen. (askanews) – Quella di candidarmi alle Europee “è una decisione che non ho preso perché devo capire se una eventuale candidatura toglierebbe tempo al mio lavoro. Se vedo che si può fare senza che questo tolga tempo al mio lavoro ci rifletto, altrimenti no. Ma questa è l’unica cosa che mi interessa. Mi pare anche un dibattito esagerato”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervistata a ‘Quarta Repubblica’.

“Sicuramente una mia candidatura – aggiunge – potrebbe trasformare anche l’elezione in un test fra leader che mobiliterebbe qualcosa di più e questa è un’altra valutazione che va fatta. Le elezioni sono sempre un test” ma “secondo me le elezioni europee vanno pensate in ragione di cosa vogliamo costruire in Europa. E’ quello il vero tema che io vedo ancora mancare nel dibattito ma che è il tema che ci deve conivolgere: che Europa vogliamo, che Italia vogliamo in quell’Europa. Questo, spero, che sia il dibattito dei prossimi mesi perchè da come si modifica la commissione, e dalle maggioranze che si creeranno, noi vedremo anche che Europa c’è”.

Jobs Act, la Consulta: legittime le norme sui licenziamenti collettivi

Jobs Act, la Consulta: legittime le norme sui licenziamenti collettiviRoma, 22 gen. (askanews) – La Corte costituzionale, con la sentenza n. 7/2024, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 3, primo comma, e 10 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, il quale, in attuazione della legge di delega n. 183 del 2014 (cosiddetto Jobs Act), ha introdotto il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. Lo rende noto la Consulta in un comunicato.

La Corte d’appello di Napoli – spiega la Consulta – aveva censurato, in particolare, la disciplina dei licenziamenti collettivi quanto alle conseguenze della violazione dei criteri di scelta dei lavoratori in esubero. Si è prevista una tutela indennitaria, compensativa del danno subito dal lavoratore, ma non più la tutela reintegratoria nel posto di lavoro, in simmetria con l’ipotesi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La legge di delega aveva, infatti, escluso, per i ‘licenziamenti economici’ di lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti (quindi a partire dal 7 marzo 2015), la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, e aveva previsto un indennizzo economico, limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato.

La Corte, considerando anche i lavori parlamentari e la finalità complessiva perseguita dal Jobs Act, ha ritenuto che il riferimento contenuto nella legge di delega ai “licenziamenti economici” riguardasse sia quelli individuali per giustificato motivo oggettivo, sia quelli collettivi. Ha quindi escluso che, sotto questo profilo, ci sia stata – come assumeva la Corte d’appello – la violazione dei criteri direttivi della legge di delega. Inoltre la Corte – spiega ancora la Consulta nel comunicato – ha ritenuto non fondata anche la censura di violazione del principio di eguaglianza, comparando i lavoratori “anziani” (quelli assunti fino al 7 marzo 2015), che conservano la più favorevole disciplina precedente e quindi la reintegrazione nel posto di lavoro, e i lavoratori “giovani” (quelli assunti dopo tale data), ai quali si applica la nuova disciplina del Jobs Act. Il riferimento temporale alla data di assunzione consente di differenziare le situazioni: la nuova disciplina dei licenziamenti è orientata ad incentivare l’occupazione e a superare il precariato ed è pertanto prevista solo per i “giovani” lavoratori. Il legislatore non era tenuto, sul piano costituzionale, a rendere applicabile questa nuova disciplina anche a chi era già in servizio. Infine la Corte ha ritenuto non inadeguata la tutela indennitaria. Attualmente al lavoratore illegittimamente licenziato all’esito di una procedura di riduzione del personale spetta un’indennità, non assoggettata a contribuzione previdenziale, di importo pari al numero di mensilità, dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, determinato dal giudice in base ai criteri indicati da questa Corte nella sentenza n. 194 del 2018, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità.

La Corte ha anche ulteriormente segnalato al legislatore che “la materia, frutto di interventi normativi stratificati, non può che essere rivista in termini complessivi, che investano sia i criteri distintivi tra i regimi applicabili ai diversi datori di lavoro, sia la funzione dissuasiva dei rimedi previsti per le disparate fattispecie”.

Europee, Meloni: sulla mia candidatura deciderò all’ultimo con le liste

Europee, Meloni: sulla mia candidatura deciderò all’ultimo con le listeRoma, 22 gen. (askanews) – Si candida alle elezioni europee “Vediamo…me la cavo così perché non ho deciso. Penso che deciderò all’ultimo, quando si formano le liste”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel corso della registrazione di “Quarta Repubblica” che andrà in onda stasera su Rete 4.

“Si figuri – ha aggiunto – se io non considero importante misurarmi con il consenso dei cittadini, per me quello è l’unico elemento che conta. Rispetto per esempio a chi dice che candidarsi alle Europee da presidente del Consiglio è prendere in giro i cittadini perché poi in Europa non si va” rispondo che “i cittadini che poi dovessero votare per una Meloni che si candida in Europa sanno che non ci va. Ciò non toglie che se vogliono confermare un consenso, o non farlo, anche quella è democrazia”. “Il prossimo giugno governerò da un anno e mezzo – spiega – potrebbe essere importante verificare se ho ancora quel consenso dei cittadini che è l’unica cosa che mi interessa. Per il resto i miei oppositori possono fare e dire quello che vogliono”.

Europee,Meloni: sulla candidatura deciderò all’ultimo con le liste

Europee,Meloni: sulla candidatura deciderò all’ultimo con le listeRoma, 22 gen. (askanews) – Si candida alle elezioni europee “Vediamo…me la cavo così perché non ho deciso. Penso che deciderò all’ultimo, quando si formano le liste”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervista a ‘Quarta Repubblica’.

“Si figuri – ha aggiunto – se io non considero importante misurarmi con il consenso dei cittadini, per me quello è l’unico elemento che conta. Rispetto per esempio a chi dice che candidarsi alle Europee da presidente del Consiglio è prendere in giro i cittadini perché poi in Europa non si va” rispondo che “i cittadini che poi dovessero votare per una Meloni che si candida in Europa sanno che non ci va. Ciò non toglie che se vogliono confermare un consenso, o non farlo, anche quella è democrazia”. “Il prossimo giugno governerò da un anno e mezzo – spiega – potrebbe essere importante verificare se ho ancora quel consenso dei cittadini che è l’unica cosa che mi interessa. Per il resto i miei oppositori possono fare e dire quello che vogliono”.