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C’è accordo tra istituzioni Ue sulla riforma del mercato elettrico

C’è accordo tra istituzioni Ue sulla riforma del mercato elettricoBruxelles, 14 dic. (askanews) – I negoziatori del Parlamento europeo, della presidenza di turno spagnola del Consiglio Ue e della Commissione hanno raggiunto oggi a Strasburgo un accordo sulla proposta di regolamento che riforma il mercato elettrico nell’Unione, che mira a rendere i prezzi dell’elettricità meno dipendenti dalla volatilità di quelli dei combustibili fossili, a proteggere i consumatori (soprattutto i più vulnerabili) dalle impennate dei prezzi, e ad accelerare la diffusione delle energie rinnovabili.

La riforma, tuttavia, contiene anche una proroga di tre anni e mezzo ai sussidi alle centrali elettriche alimentate da fonti fossili più inquinanti e climalteranti, e l’estensione del sostegno pubblico per le rinnovabili anche alle centrali nucleari esistenti (e non solo ai nuovi impianti). Nelle intenzioni originarie, l’obiettivo principale della riforma doveva essere quello di “disaccoppiare” i prezzi dell’elettricità da quelli del gas, in modo che le bollette elettriche tenessero pienamente conto dei prezzi delle fonti rinnovabili e del nucleare (le fonti dette “infra-marginali”) usati nel mix energetico. Il “disaccoppiamento” era richiesto da Italia, Francia e Spagna, ma osteggiato da Germania e Olanda. Bruxelles, 14 dic. (askanews) – La proposta della Commissione, presentata il 14 marzo scorso, tenendo conto di queste diverse posizioni, non attuava il disaccoppiamento, ma mirava comunque a raggiungere l’obiettivo di ridurre la dipendenza dei prezzi dell’elettricità da quelli dei combustibili fossili, e ad incentivare la diffusione delle energie rinnovabili, ricorrendo all’uso generalizzato dei cosiddetti “contratti per differenza” (Cfd) bidirezionali.

I Cfd bidirezionali sono contratti di lungo termine tra un fornitore di energia e un ente statale, che fissano un prezzo di esercizio, o “strike price”; quando il prezzo dell’elettricità all’ingrosso è inferiore allo “strike price”, lo Stato rimborsa la differenza al fornitore; quando è superiore è il fornitore che restituisce la differenza allo Stato. La Commissione proponeva di stabilizzare i mercati dell’elettricità attraverso i Cfd bidirezionali applicati ai nuovi impianti di energia rinnovabile (eolica, solare, geotermica, idroelettrica senza sbarramenti) e di energia nucleare, mentre per le altre fonti veniva prospettato il ricorso a un altro tipo di contratti a lungo termine, gli Accordi di acquisto di energia (Ppa, “Power Purchase Agreements”) con prezzo fisso pre-negoziato.

Gli Stati membri faciliteranno l’adozione di accordi Ppa, eliminando barriere ingiustificate e procedure o oneri sproporzionati o discriminatori, e promuovendoli con misure come sistemi di garanzia sostenuti dallo Stato a prezzi di mercato, garanzie private, o strutture che mettono in comune la domanda di questo tipo di contratti. L’accordo di oggi sulla riforma del mercato elettrico ha adottato l’impostazione della Commissione, ma su pressione della Francia e di un gruppo di paesi che l’hanno sostenuta ha aggiunto la possibilità di usare i Cfd bidirezionali anche agli impianti nucleari già esistenti, e non solo ai nuovi, se è prevista un’estensione del loro ciclo di vita, un aumento della loro capacità oil loro ri-potenziamento (“repowering”).

Diversi Stati membri (Germania, Austria, Lussemburgo, Belgio, Spagna e inizialmente anche l’Italia) si erano opposti a questo tentativo, che comporterebbe sostanzialmente una generalizzazione degli aiuti di Stato per le forniture di elettricità di origine nucleare (il 70% del totale a livello nazionale) a tutta l’industria francese, con un potenziale svantaggio competitivo per le imprese degli altri paesi. Alla fine, Parigi ha ottenuto quello che voleva, ma la Commissione europea dovrà comunque garantire, con una propria valutazione caso per caso, che questo non porti a distorsioni della concorrenza. Le norme per i Cfd bidirezionali si applicheranno dopo un periodo transitorio di tre anni dall’entrata in vigore del regolamento, al fine di mantenere la certezza giuridica per i contratti in corso. Un’altra modifica importante rispetto alla proposta della Commissione riguarda i “meccanismi di remunerazione della capacità”, ovvero il finanziamento pubblico concesso ad alcune centrali ad energia fossile per svolgere un ruolo di “rete di sicurezza” rispetto alla intermittenza delle energie rinnovabili. In sostanza, il sostegno alle centrali non è legato alla loro produzione di energia, ma alla loro disponibilità a immettere immediatamente energia elettrica in rete per compensare eventuali interruzioni del flusso dalle fonti rinnovabili per mancanza di sole o di vento. L’accordo di oggi, accogliendo la posizione del Consiglio Ue di metà ottobre, elimina il carattere temporaneo e “di ultima istanza”, previsto dall’attuale regolamento del mercato elettrico (in vigore dal 2020) per i meccanismi di capacità, che vengono ora definiti “strutturali”. Inoltre, accogliendo una richiesta della Polonia, viene estesa fino alla fine del 2028 la deroga, originariamente concessa solo fino al 2025, per i limiti alle emissioni di CO2 (550 grammi per kWh di elettricità prodotta) che dovranno rispettare gli impianti di energia fossile ammessi a partecipare e a ricevere i finanziamenti pubblici. Un altro punto che l’accordo di oggi ha modificato è quello relativo alla dichiarazione dello “stato di emergenza”, per mantenere l’energia a prezzi accessibili durante una crisi dei prezzi elettrici, come quella registrata nell’estate del 2022 (con rincari del prezzo medio all’ingrosso o un forte aumento dei prezzi al dettaglio). Il potere di dichiarare lo stato di crisi, che nella proposta originaria era affidato alla Commissione, verrà invece conferito al Consiglio Ue, con una “decisione di attuazione” (“implementing act”), sulla base di una proposta della Commissione. Infine, il Consiglio Ue e il Parlamento europeo hanno concordato di rafforzare le misure che potranno adottare gli Stati membri (che su questo hanno competenza nazionale) per proteggere i consumatori “vulnerabili” in situazione di “povertà energetica”, incluso il divieto di disconnessione in determinati casi di ritardo di pagamento.

Calcio, Conference League: Ferencvarosi-Fiorentina 1-1

Calcio, Conference League: Ferencvarosi-Fiorentina 1-1Roma, 10 dic. (askanews) – Il colpo di testa di Ranieri al 73′ rimedia al gol di Zachariassen in apertura di secondo tempo e chiude 1-1 il match tra Ferencvarosi-Fiorentina. Con questo risultato, i viola chiudono primi il girone davanti agli ungheresi. La partita era iniziata in salita con un infortunio a Nico Gonzalez al 17′. L’argentino si è fermato per un problema muscolare ed è uscito in barella molto dolorante, al suo posto Ikoné. Nel primo tempo doppio miracolo di Christensen su Katona e Civic. Nzola sfiora il vantaggio Girone F:

Classifica: FIORENTINA 12, FERENCVAROSI 10, Genk 9, Cukaricki 0 Prima giornata (21 settembre): Ferencvarosi-FK Cukaricki 3-1, Genk-Fiorentina 2-2 Seconda giornata (5 ottobre): FK Cukaricki-Genk 0-2, Fiorentina-Ferencvarosi 2-2 Terza giornata (26 ottobre): Fiorentina-FK Cukaricki 2-1, Genk-Ferencvarosi 0-0 Quarta giornata (9 novembre): FK Cukaricki-Fiorentina 0-1, Ferencvarosi-Genk 1-1 Quinta giornata (30 novembre): FK Cukaricki-Ferencvarosi 1-1, Fiorentina-Genk 2-1 Sesta giornata (14 dicembre): Ferencvarosi-Fiorentina 1-1, Genk-FK Cukaricki 2-0

Europa League, Roma-Sheriff 3-0: giallorossi ai playoff

Europa League, Roma-Sheriff 3-0: giallorossi ai playoffRoma, 10 dic. (askanews) – La Roma batte 3-0 lo Sheriff ma, dopo la netta vittoria dello Slavia Praga sul Servette (4-0), chiude il girone al 2° posto e giocherà lo spareggio per proseguire l’avventura in Europa League. Nel primo tempo la sblocca Lukaku su assist di Zalewski, che contribuisce anche al raddoppio di Belotti. Meno chance e intensità nella ripresa: occasioni per i giovani Pagano e Pisilli, che segna il tris al 93′.

Girone G: Classifica: SLAVIA PRAGA 15, ROMA 13, Servette 5, Sheriff Tiraspol 1 Prima giornata (21 settembre): Servette-Slavia Praga 0-2, Sheriff Tiraspol-Roma 1-2 Seconda giornata (5 ottobre): Roma-Servette 4-0, Slavia Praga-Sheriff Tiraspol 6-0 Terza giornata (26 ottobre): Roma-Slavia Praga 2-0, Sheriff Tiraspol-Servette 1-1 Quarta giornata (9 novembre): Servette-Sheriff Tiraspol 2-1, Slavia Praga-Roma 2-0 Quinta giornata (30 novembre): Servette-Roma 1-1, Sheriff Tiraspol-Slavia Praga 2-3 Sesta giornata (14 dicembre): Roma-Sheriff Tiraspol 3-0, Slavia Praga-Servette 4-0

Il Consiglio Ue dà l’ok all’allargamento (Ucraina e Moldavia). Per Meloni ora si apre la partita bilancio

Il Consiglio Ue dà l’ok all’allargamento (Ucraina e Moldavia). Per Meloni ora si apre la partita bilancioBruxelles, 14 dic. (askanews) – Risolta, in modi e tempi inaspettati, la questione dell’allargamento a Ucraina e Moldavia, è il bilancio l’altro nodo rimasto da sciogliere per il Consiglio europeo (e per Giorgia Meloni).

Il summit oggi ha dato via libera all’avvio dei negoziati per l’ingresso di Ucraina e Moldavia, concedendo allo stesso tempo lo status di candidato alla Georgia e decidendo che l’Ue avvierà i negoziati con la Bosnia-Erzegovina una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione. La decisione è arrivata a sorpresa visto il ‘no’ a Kiev dell’Ungheria, espresso anche oggi da Viktor Orban. Dal momento che, però, l’allargamento richiede il voto all’unanimità è stata trovata una soluzione inedita: al momento del voto Orban ha lasciato la sala “in spirito costruttivo”, senza delegare nessuno ma di fatto decidendo di non bloccare la votazione. Pur ribadendo, su X, che quella di aprire la porta all’Ucraina è “una pessima decisione”. Per il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel è un “momento storico” mentre Volodymyr Zelensky (che stamani si era collegato con il summit per un ultimo appello) parla di “vittoria dell’Ucraina e vittoria di tutta l’Europa”. Anche la presidente del Consiglio – che questa mattina aveva visto Orban – esprime “grande soddisfazione” per “un risultato di rilevante valore per l’Unione Europea e per l’Italia” che in un “negoziato complesso” ha “giocato un ruolo di primo piano nel sostenere attivamente sia Paesi del Trio orientale sia la Bosnia Erzegovia e i Paesi dei Balcani occidentali”. Chiuso il dossier allargamento, adesso l’altro scoglio da superare è quello della revisione del Quadro finanziario pluriennale. Tra le priorità indicate dall’Italia ci sono, oltre ai fondi per il sostegno all’Ucraina, il potenziamento dell’industria europea e soprattutto risorse aggiuntive adeguate per attuare il nuovo Patto asilo e migrazione e investire nelle collaborazioni con i Paesi del vicinato Sud. Sul tema migranti – secondo quanto si apprende – Michel avrebbe messo sul piatto un ulteriore miliardo di euro. La trattativa è però ancora in salita. Il bilancio è stato il primo tema all’ordine del giorno oggi, ma dopo due ore di discussione i leader hanno deciso di sospendere il confronto, rimandando al lavoro degli sherpa la ricerca di un accordo. In serata una riunione tra Michel, von der Leyen, Italia, Francia, Germania e Paesi “frugali” – Paesi Bassi, Finlandia, Svezia – non è stata ancora sufficiente a sbloccare la situazione.

Sulle risorse (ma anche sul Patto di stabilità, non all’ordine del giorno ufficiale del vertice) Meloni ha bisogno di ‘sponde’ per far passare la linea italiana, o almeno per fare dei passi avanti. Anche per questo la notte scorsa la premier ha avuto un incontro di oltre due ore con il presidente francese Emmanuel Macron, a cui per circa mezz’ora si è aggiunto il cancelliere tedesco Olaf Scholz. I tre si sono confrontati in una saletta dell’hotel del centro in cui soggiornano. Nessuna indiscrezione sui contenuti. Il solo Macron, incrociando i giornalisti, ha parlato di “ottima discussione” mentre da Palazzo Chigi non sono filtrati commenti, salvo la rivendicazione del ‘metodo’ Meloni per cui “fare politica estera vuol dire parlare con tutti”, come detto da lei stessa in Parlamento.

Consiglio Ue dà ok ad allargamento, per Meloni ora partita bilancio

Consiglio Ue dà ok ad allargamento, per Meloni ora partita bilancioBruxelles, 14 dic. (askanews) – Risolta, in modi e tempi inaspettati, la questione dell’allargamento a Ucraina e Moldavia, è il bilancio l’altro nodo rimasto da sciogliere per il Consiglio europeo (e per Giorgia Meloni).

Il summit oggi ha dato via libera all’avvio dei negoziati per l’ingresso di Ucraina e Moldavia, concedendo allo stesso tempo lo status di candidato alla Georgia e decidendo che l’Ue avvierà i negoziati con la Bosnia-Erzegovina una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione. La decisione è arrivata a sorpresa visto il ‘no’ a Kiev dell’Ungheria, espresso anche oggi da Viktor Orban. Dal momento che, però, l’allargamento richiede il voto all’unanimità è stata trovata una soluzione inedita: al momento del voto Orban ha lasciato la sala “in spirito costruttivo”, senza delegare nessuno ma di fatto decidendo di non bloccare la votazione. Pur ribadendo, su X, che quella di aprire la porta all’Ucraina è “una pessima decisione”. Per il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel è un “momento storico” mentre Volodymyr Zelensky (che stamani si era collegato con il summit per un ultimo appello) parla di “vittoria dell’Ucraina e vittoria di tutta l’Europa”. Anche la presidente del Consiglio – che questa mattina aveva visto Orban – esprime “grande soddisfazione” per “un risultato di rilevante valore per l’Unione Europea e per l’Italia” che in un “negoziato complesso” ha “giocato un ruolo di primo piano nel sostenere attivamente sia Paesi del Trio orientale sia la Bosnia Erzegovia e i Paesi dei Balcani occidentali”. Chiuso il dossier allargamento, adesso l’altro scoglio da superare è quello della revisione del Quadro finanziario pluriennale. Tra le priorità indicate dall’Italia ci sono, oltre ai fondi per il sostegno all’Ucraina, il potenziamento dell’industria europea e soprattutto risorse aggiuntive adeguate per attuare il nuovo Patto asilo e migrazione e investire nelle collaborazioni con i Paesi del vicinato Sud. Sul tema migranti – secondo quanto si apprende – Michel avrebbe messo sul piatto un ulteriore miliardo di euro. La trattativa è però ancora in salita. Il bilancio è stato il primo tema all’ordine del giorno oggi, ma dopo due ore di discussione i leader hanno deciso di sospendere il confronto, rimandando al lavoro degli sherpa la ricerca di un accordo. In serata una riunione tra Michel, von der Leyen, Italia, Francia, Germania e Paesi “frugali” – Paesi Bassi, Finlandia, Svezia – non è stata ancora sufficiente a sbloccare la situazione.

Sulle risorse (ma anche sul Patto di stabilità, non all’ordine del giorno ufficiale del vertice) Meloni ha bisogno di ‘sponde’ per far passare la linea italiana, o almeno per fare dei passi avanti. Anche per questo la notte scorsa la premier ha avuto un incontro di oltre due ore con il presidente francese Emmanuel Macron, a cui per circa mezz’ora si è aggiunto il cancelliere tedesco Olaf Scholz. I tre si sono confrontati in una saletta dell’hotel del centro in cui soggiornano. Nessuna indiscrezione sui contenuti. Il solo Macron, incrociando i giornalisti, ha parlato di “ottima discussione” mentre da Palazzo Chigi non sono filtrati commenti, salvo la rivendicazione del ‘metodo’ Meloni per cui “fare politica estera vuol dire parlare con tutti”, come detto da lei stessa in Parlamento.

Ok del Parlamento Ue al riconoscimento della genitorialità, si spaccano gli eurodeputati FI-Ppe

Ok del Parlamento Ue al riconoscimento della genitorialità, si spaccano gli eurodeputati FI-PpeRoma, 14 dic. (askanews) – Il via libera del Parlamento Ue al riconoscimento della genitorialità in tutta l’Unione europa, che mira a far sì che nessun bambino sia discriminato a causa della famiglia di appartenenza o del modo in cui è nato, ha riacceso lo scontro politico e spaccato gli euro-parlamentari di Fi nel Ppe (il gruppo dei Popolari europei si è espresso a larga maggioranza a favore).

L’appello di Vincenzo Sofo di Fdi-Ecr, che ha chiesto ai colleghi del Ppe di votare in modo “compatto contro questo regolamento perché non possiamo consegnare ai nostri figli una società nel quale tutto, compresi donne bambini e persino feti, può essere oggetto di compravendita”, non ha sortito l’effetto sperato. E alla prova del voto, hanno votato contro la proposta tre eurodeputati Fi-Ppe (Francesca Peppucci, Stefania Zambelli e Massimiliano Salini) e in sei a favore (Adinolfi, Chinnici, Martusciello, De Meo, Mussolini). Anche Dorfman della Svp, che non è nel centrodestra in Italia ma è nel Ppe a Strasburgo, si è espresso a favore. Un tema incandescente per la maggioranza del governo Meloni e subito i parlamentari di Fdi e Lega sono andati all’attacco.

La responsabile ‘Famiglia e Valori non negoziabili’ di Fratelli d’Italia, Maddalena Morgante, non ha usato mezzi termini: “La scelta del Pd e del M5S di votare a favore alla proposta di regolamento Ue per la creazione di un certificato europeo della genitorialità è dichiaratamente una scelta fatta per raggiungere l’obiettivo di poter legittimare il ricorso all’utero in affitto. Non possiamo accettare la strumentalizzazione del corpo della donna, non possiamo accettare che i bambini diventino merce di scambio. Continueremo a batterci perché questa brutale pratica non venga utilizzata e i diritti umani, conseguentemente, tutelati”. Ha detto ‘no’ alle “forzature” sulla famiglia l’europarlamentare della Lega, Danilo Oscar Lancini, il quale ha accusato l’Europa di “ipocrisia”. Di tono diametralmente opposto, Pd e M5S. Il Dem Giuliano Pisapia, vicepresidente commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo: “Oggi è un giorno importante per tutti i cittadini europei che credono nella civiltà del diritto e dei diritti civili. Tutti i Paesi Ue saranno tenuti a riconoscere la genitorialità indipendentemente da come è stato concepito il bimbo o a quale famiglia appartiene. E’ da augurarsi che forze sostenitrici – a parole – dell’uguaglianza dei diritti dei minori, ma in pratica contrari alla sua pratica applicazione – abbondino posizioni ideologiche e sappiano veramente guardare all’unico ed esclusivo interesse delle bambine e bambini”.

Per la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S e coordinatrice del Comitato Diritti civili e Politiche di genere, il voto del Parlamento europeo sul riconoscimento della genitorialità in tutta la Ue “smentisce in un sol colpo tutta la retorica di Giorgia Meloni sulla cosiddetta ‘famiglia tradizionale’, che contrariamente alla sua propaganda nessuno ha mai attaccato. È triste constatare che il nostro Paese è tra i pochi ad essere condannato ad avere una destra retrograda e medievale che sul tema dei diritti guarda più ad Orban che all’Occidente progredito. Il voto ha visto il sì di gran parte dei popolari europei: quando anche in Italia avremo una destra liberale capace di concepire i diritti come un fondamento della democrazia e una opportunità per tutti, sarà sempre troppo tardi. Desidero ringraziare sinceramente tutta la delegazione M5S al Parlamento Europeo per l’intenso lavoro svolto per arrivare a questo voto finale”. Il riconoscimento non prevede alcuna modifica alle leggi nazionali sulla famiglia, ma si applica solo ai movimenti transfrontalieri. Secondo quanto previsto nel testo approvato dagli euro-deputati, quando si tratta di stabilire una genitorialità a livello nazionale, i Paesi membri potranno continuare a decidere se accettare o no situazioni specifiche, come ad esempio la maternità surrogata, ma saranno tenuti comunque a riconoscere sul loro territorio la genitorialità così come stabilita da un altro Paese dell’Ue, per i residenti di quel Paese indipendentemente da come il bambino è stato concepito, è nato o dal tipo di famiglia che ha.

Dopo aver consultato il Parlamento, i governi degli Stati membri dovranno trovare un accordo, all’unanimità, sulla versione finale della normativa.

Bce conferma i tassi ma Lagarde intransigente sull’ipotesi di tagli

Bce conferma i tassi ma Lagarde intransigente sull’ipotesi di tagliRoma, 14 dic. (askanews) – La Banca centrale europea ha nuovamente confermato i livelli dei tassi di interesse nell’area euro, che sono comunque ai massimi storici. Ma nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo, la presidente Christine Lagarde ha utilizzato toni meno accomodanti sui possibili futuri tagli ai tassi, rispetto a quelli mostrati ieri dalla Federal Reserve statunitense, che a sua volta aveva mantenuto inalterati i riferimenti sul dollaro.

“Non abbiamo assolutamente discusso di tagli dei tassi”, ha detto chiaro e tondo. E incalzata dalle domande dei giornalisti sulle aspettative dei mercati di riduzione del costo del denaro nell’area euro, Lagarde ha replicato: “dovremmo abbassare la guardia? No: assolutamente no”. Non solo, quasi a rimarcare la fermezza con cui gli esponenti più intransigenti del direttorio della Bce – i “falchi” – mantengono la presa sull’impostazione monetaria, l’istituzione ha anche annunciato fin da ora che da metà 2024 intende avviare una manovra di riduzione delle consistenze di titoli, prevalentemente pubblici, accumulati con il piano di acquisti anti crisi Covid, il Pepp. Una manovra analoga è già da tempo in corso su un altro piano di acquisti, l’App.

E questo mentre Lagarde ha più volte ribadito che le decisioni del Consiglio “dipendono dai dati” e dal loro evolversi. E che le future decisioni verranno assunte sulla base di tre parametri: le prospettive di inflazione generale, l’andamento dell’inflazione di fondo, cioè dell’indice dei prezzi depurato da energia, alimentari e altre voci volatili. E, terzo, dalla forza della trasmissione della politica monetaria. Al momento tutti e tre questi fattori mostrano attenuazioni nel senso voluto dalla Bce. E allora è poco evidente il perché annunciare, con oltre sei mesi di anticipo, un provvedimento con effetti restrittivi, seppure non in misura drastica – gli stock dell’Epp verranno limati in media per 7,5 miliardi di euro al mese da luglio – mentre si insiste sul fatto che le decisioni, presenti e future, sono vincolate ai dati.

Intanto la Bce ha consistentemente rivisto al ribasso, soprattutto sul prossimo anno, le sue previsioni di inflazione. Ora stima un caro vita al 5,4% sulla media di quest’anno, al 2,7% nel 2024, 2,1% nel 2025 e poi un ulteriore calo all’1,9% nel 2026. Lo scorso settembre indicava 5,6% quest’anno, 3,2% sul 2024 e 2,1% sul 2025. Nel frattempo ha anche tagliato le attese di crescita economica: allo 0,6% su quest’anno, 0,8% nel 2024 e 1,5% sia sul 2025 che sul 2026. Tre mesi fa la stoima era 0,7% su quest’anno, +1% sul 2024 e +1,5% sul 2025.

Con voce bassa, di cui si è scusata, spiegando che era convalescente dalla Covid, ma che aveva voluto comunque presenziare in persona alla riunione (“ma non sono contagiosa”, ha asserito) Lagarde ha puntualizzato che alla Bce “non abbiamo una recessione nel nostro scenario previsionale di base. E non puntiamo a provocare una recessione. Il nostro obiettivo – ha ribadito – è la stabilità dei prezzi”. La linea mostrata oggi ha smorzato gli entusiasmi che si erano creati sui mercati dopo il direttorio della Fed ieri. E ha innescato una ulteriore accelerazione dell’euro, che in serata si è riportato sopra la soglia psicologica di 1,10 dollari per la prima volta da fine novembre. Ora si tratterà di vedere se nei prossimi interventi di esponenti del direttorio della Bce questa intransigenza sull’ipotesi di ritocchi al ribasso dei tassi nel 2024 verrà mantenuta o se verrà smussata. (di Roberto Vozzi).

Piazza Affari chiude poco sopra parità dopo Bce, tonfo delle banche

Piazza Affari chiude poco sopra parità dopo Bce, tonfo delle bancheMilano, 14 dic. (askanews) – Piazza Affari ha terminato la seduta poco sopra la parità nel giorno della riunione della Bce che, come da attese, ha deciso di lasciare invariati i tassi, mostrando al contempo un atteggiamento meno morbido di quanto sperato dal mercato rispetto a possibili tagli nei prossimi mesi. La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha detto che di tagli dei tassi non si è assolutamente parlato alla riunione odierna del direttorio e che “non bisogna abbassare la guardia”. A sorpresa, la Banca centrale europea ha invece preannunciato che dalla seconda metà del 2024 – prima del previsto – intende avviare una manovra di progressiva riduzione delle consistenze di titoli, prevalentemente pubblici, accumulati sul piano anticrisi Covid Pepp.

Ne ha risentito tutto il comparto bancario e quindi l’intero paniere delle blue chip. L’indice Ftse Mib ha segnato +0,21% a 30.359,06 punti, mentre l’All Share ha guadagnato lo 0,42% a 32.413,83 punti. Cali molto pesanti per le banche: Mps -6,04%, Bper -5,89%, UniCredit -4,52%, Banco Bpm -3,81%, Intesa Sanpaolo -2,20%. Forti rialzi, di converso, per Diasorin (+10% alla vigilia della presentazione del nuovo piano strategico), Cnh Industrial (+5,62%), Telecom Italia (+5,42%).

Sul fronte dei titoli di Stato, in discesa sotto i 160 punti base, in area 168 pb, lo spread tra i rendimenti di Btp e Bund decennali, con il rendimento del titolo italiano in calo al 3,80%. Per quanto riguarda le altre Borse del Vecchio Continente, meglio di piazza Affari hanno fatto Londra (+1,33%), Parigi (+0,59%), Madrid (+0,75%). La peggiore è stata, invece, Francoforte (-0,08%).

Euro sfiora 1,10 dollari, a massimi da novembre dopo Bce

Euro sfiora 1,10 dollari, a massimi da novembre dopo BceRoma, 14 dic. (askanews) – L’euro è balzato ai massimi da fine novembre dopo che la Bce, pur confermando i livelli dei tassi di interesse ha mostrato un atteggiamento meno morbido sui futuri tagli, rispetto a quello mostrato ieri dalla Federal Reserve statunitense. Nel pomeriggio la valuta unica si scambia a 1,0995 dollari, sui massimi da fine novembre, mentre prima delle decisioni dell’istituzione si attestava a 1,0903.

La presidente della Bce, Christine Lagarde ha affermato che di tagli dei non si è assolutamente parlato alla riunione del direttorio di oggi e che “non bisogna abbassare la guardia”.

Edilizia, Governo a Green Building Council: sostenibilità sia condivisa

Edilizia, Governo a Green Building Council: sostenibilità sia condivisaRoma, 14 dic. (askanews) – Più sostenibilità nel settore edilizio, ma che non diventi un boomerang sociale ed economico. Con la prospettiva dell’impatto delle nuove regole europee per l’efficienza energetica degli edifici, ma con la volontà del Governo, del Parlamento e dei Comuni, che ogni misura nel settore, a partire dal nuovo Piano casa e dalla nuova norma sulla rigenerazione di prossima introduzione, possano essere decise insieme alle forze produttive e sociali. Sono gli esiti dell’incontro “la responsabilità del cambiamento per il benessere delle persone” promosso a Roma del Green Building Council Italia e a cura di Ambrosetti The European house.

All’incontro hanno partecipato, tra gli altri Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alessandro Morelli, il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, il presidente Anci Antonio Decaro, l’assessore capitolino al Patrimonio Tobia Zevi, accolti da Fabrizio Capaccioli, presidente di Green Building Council Italia. Salvini ha annunciato la prima riunione, il 19 dicembre, verso un nuovo Piano casa nazionale, ma ha rivendicato anche un nuovo metodo di lavoro: “abbiamo provato a mettere nel Codice degli appalti un’impronta che desse più importanza all’obiettivo rispetto alle procedure, nei limiti del codice civile e penale. Il mio obiettivo – ha spiegato Salvini – è sistemare con il piano Pinqua 15.000 case di edilizia popolare che con i fondi Pnrr devo consegnare chiavi in mano entro il 2026. Se per il raggiungimento del risultato riesco ad osservare la procedura, sono contento, ma – ha ironizzato -, se per raggiungere il risultato ho un rilievo dell’Anac, un rilievo dell’Art, un rilievo della Cgil, un rilievo della Corte dei conti, mi assumo la responsabilità di esercitare il mio diritto di ministro”.

“Stiamo lavorando alla norma sulla rigenerazione urbana, una misura molto importante che nella scorsa legislatura non ha visto la nascita perché affidata a maggioranze variegate che non hanno raggiunto un accordo – ha annunciato il sottosegretario Morelli -. Quella attuale è una maggioranza solida, uscita dalle urne che prevede di governare altri 4 anni e ha tutta l’intenzione di mettere in campo una norme di cui le associazioni come Gbc possano essere protagonisti con la piena liceità di suggerire e consigliare”. “Tutto quello che deve essere fatto per i nostri cittadini, per vivere in un mondo migliore, vogliamo che venga deciso dopo essere stato condiviso – ha sostenuto a sua volta il vicepresidente Centinaio -. Penso ad alcuni tentativi di decisioni arrivati dall’Europa: erano presi sulla testa delle persone senza pensare che il cambiamento energetico nel quale siamo dentro non possa essere imposto sulla testa di chi deve aiutarci a realizzarlo.”.

Secondo il campione elaborato da Eumetra e presentato dal sociologo Renato Mannheimer, il 78% degli italiani sa che la sostenibilità passa attraverso tetti, finestre e energia delle proprie case. Il 66% sa che per renderla più sostenibile vanno fatti dei lavori ma il 52% ritiene che si adeguerebbe alla nuova normativa europea farebbe solo in presenza di un incentivo statale. “Come abbiamo visto nelle Marche, in Emilia Romagna e in Toscana – ha sottolineato il presidente Anci Antonio Decaro – la natura ci presenta l’urgenza di intervenire, dobbiamo farlo insieme ciascuno per la propria parte: i cittadini vanno supportati da interventi dello Stato nella transizione energetica. Noi sindaci lo stiamo facendo con modifiche al regolamento edilizio, investendo sulla mobilità sostenibile, sull’efficienza energetica: dobbiamo essere positivi e motivati sulla strada che dobbiamo percorrere insieme”.

L’edilizia, ha sottolineato l’assessore capitolino Zevi “è il capitolo più complesso della sostenibilità perché la percentuale maggiore di emissioni viene dagli edifici privati, a maggior ragione a Roma dove la maggior parte degli edifici è stata costruita prima del ’71”. “Noi – ha aggiunto – che abbiamo aderito fin dal 2017 al patto dei sindaci C40 ci siamo impegnati a ridurre le nostre emissioni del 40% al 2030, e abbiamo di recente pubblicato un Piano clima molto ambizioso, che aumenta questo obiettivo al 66%. Ma questa sfida per limitare l catastrofe ambientale – ha concluso – non deve trasformarsi in una catastrofe per chi sta peggio, e questo è il principale compito che abbiamo”.