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Napolitano, addio a “Re Giorgio”, primo (e unico) ex Pci a guida Repubblica

Napolitano, addio a “Re Giorgio”, primo (e unico) ex Pci a guida RepubblicaRoma, 22 set. (askanews) – E’ stato il primo – e finora unico – presidente della Repubblica ex comunista, il primo ad essere rieletto per un secondo mandato, il più anziano al momento dell’elezione al Colle, il primo dirigente comunista in viaggio ufficiale negli Usa, l’uomo del Pci che Henry Kissinger ha definito ‘il mio comunista preferito’, il primo comunista a guidare il ministero dell’Interno: è una carriera politica di primati quella di Giorgio Napolitano, ‘Re Giorgio’ come, durante gli anni al Quirinale, lo chiamavano in molti con malizia per alludere al suo decisionismo. Un uomo garbato e gentile nei modi, quasi aristocratico, ma fermo e determinato al momento di gestire i passaggi politici più complicati, dall’invasione russa in Ungheria nel 1956 alle dimissioni di Silvio Berlusconi e alla nascita del governo Monti con l’Italia in piena bufera finanziaria. Fino ad arrivare alla rielezione al Colle del 2013, quando un Parlamento paralizzato gli chiese quasi supplicandolo di rimanere, consacrandolo in una sorta di ossimoro, appunto un re della repubblica.

Un dirigente politico e uomo delle istituzioni che ha attraversato quasi un secolo di storia, sempre molto attento alla ‘ragion di Stato’ e ligio a quella disciplina di partito imparata nel Pci. Convinto sostenitore di un approccio riformista, pragmatico, che spesso, soprattutto nell’ultima fase della sua vita, lo ha portato ad essere considerato quasi un corpo estraneo dall’ala più radicale della sinistra. Figlio di un avvocato liberale, cresciuto nei quartieri Spagnoli di Napoli, Napolitano frequentò prima il liceo classico Umberto I e poi la facoltà di giurisprudenza all’Università Federico II dove si laureò con una tesi di economia politica su ‘Il mancato sviluppo industriale del Mezzogiorno dopo l’unità e la legge speciale per Napoli del 1904’. Proprio all’Università conobbe Clio Maria Bittoni, la donna che sposerà nel 1959 e con la quale ha avuto i figli Giovanni e Giulio.

L’iscrizione al Pci è del 1945, ma iniziò l’attività politica nei ‘Giovani universitari fascisti’, come accadde a molti adolescenti di quel periodo. Militanza che gli verrà poi più volte rinfacciata a sinistra e che lui, in un’intervista a Edmondo Berselli, spiegò così: ‘L’organizzazione degli universitari fascisti era in effetti un vero e proprio vivaio di energie intellettuali antifasciste mascherato e fino a un certo punto tollerato’. Sono anche gli anni in cui Napolitano si appassiona al teatro, conosce personaggi come i registi Francesco Rosi, Giuseppe Patroni Griffi, il giornalista Antonio Ghirelli che, raccontò in seguito, ‘mi convinse della dolorosa necessità che l’Italia per salvarsi doveva perdere la guerra’. Nel Pci entrò nel 1945, a venti anni esatti, e crebbe politicamente seguendo le orme di Giorgio Amendola, il leader dei ‘miglioristi’, la ‘destra’ del partito. Divenne presto segretario della federazione di Napoli e Caserta, poi deputato ininterrottamente dal 1953 al 1996, saltando solo la legislatura dal 1963 al 1968. Due volte eurodeputato, presidente della Camera dei deputati dal 1992 al 1994, ministro dell’Interno dal 1996 al 1998, senatore a vita dal 2005 al 2006, quando venne eletto presidente della Repubblica per la prima volta.

L’invasione sovietica dell’Ungheria, nel 1956, fu uno dei passaggi che segnarono per sempre la sua carriera politica e che lo toccarono anche sul piano personale. Napolitano, all’epoca, si schierò con gli invasori, difendendo la linea ufficiale della dirigenza Pci e attaccando uno dei suoi mentori, Antonio Giolitti, che invece aveva criticato l’intervento, una scelta che poi rinnegò più volte con pubbliche autocritiche. ‘Fu un episodio che determinò un lungo tormento autocritico, per me, – spiegò poi in un’intervista – e il discorso per approfondire quei momenti non può essere troppo sintetico. Di fatto mi espressi, alla tribuna dell’ottavo congresso del Pci, in aperta divergenza con lui’. Fu, ha raccontato Napolitano, ‘un errore in cui caddi in quanto mosso anche da un certo zelo conformistico e da una concezione sbagliata di una serie di problemi del socialismo e della democrazia, che fece restare, me e molti dirigenti del partito, sordi davanti alla battaglia di Budapest’. Un mea culpa ribadito con un gesto simbolico il giorno del suo insediamento al Quirinale, quando andò a trovare Giolitti: ‘Volli fargli visita subito dopo l’elezione per condividere con lui quel momento cruciale del mio percorso dentro le istituzioni, dopo che ne avevamo condivisi insieme tanti altri, dal dopoguerra in avanti’.

D’altro canto fu proprio lui, dodici anni dopo l’invasione dell’Ungheria, a scrivere il comunicato con cui la direzione del Pci condannò l’intervento russo in Cecoslovacchia, un dissenso che avrebbe di fatto avviato il progressivo allontanamento di Botteghe oscure da Mosca. La sera del 20 agosto 1968 le truppe russe entrarono nel Paese per fermare la stagione di riforme avviata da Alexander Dubcek, Napolitano raccontò quelle ore nel suo libro ‘Dal Pci al socialismo europeo’: ‘Fui svegliato nella notte da una telefonata che mi disse della notizia e quindi diedi istruzioni perché fossero convocati d’urgenza a Botteghe oscure, nelle prime ore del mattino, i membri della direzione del partito presenti a Roma. Non potei ovviamente più chiudere occhio, in preda com’ero a una vivissima agitazione, e pensai alla proposta da presentare poche ore dopo per una presa di posizione a nome dell’ufficio politico del partito. Stesi così un progetto di breve risoluzione, che sottoposi alla riunione del mattino’. Ma il ‘ministro degli esteri del Pci’, come lo definì Bettino Craxi interrogato da Antonio Di Pietro, fu anche l’uomo che avviò il disgelo tra Botteghe oscure e gli Usa. Un primo tentativo c’era stato nel 1975, quando venne invitato a tenere delle conferenze in alcune università. Il viaggio però venne annullato perché Kissinger, allora segretario di Stato, gli negò il visto. L’operazione andrò in porto nell’aprile 1978, a poche settimane dal rapimento di Aldo Moro e anche Giulio Andreotti si spese per convingere Washington a dare il via libera: ‘Mi diedi da fare anch’io con l’ambasciata statunitense a Roma – raccontò poi – perché quel visto fosse concesso. Si trattava infatti di un’occasione importantissima: Napolitano potè spiegare agli americani l’evoluzione del Pci e il senso della politica che il suo partito perseguiva in quegli anni’. Lo stesso Kissinger, peraltro, arrivò appunto a definirlo ‘il mio comunista preferito’. Fu grande sostenitore di una linea riformista, fautore del dialogo con i socialisti, persino quando cominciarono ad emergere i primi scandali politici. Quelle questioni, per Napolitano, non potevano impedire la costruzione di un fronte comune. La battaglia di Enrico Berlinguer sulla questione morale non la condivise, all’intervista del segretario Pci a Repubblica sulla ‘diversità comunista’ replicò dopo qualche settimana sull’Unità, il 21 agosto 1981 criticando le ‘reazioni indiscriminate, atteggiamenti di pura denuncia’. Per Napolitano ‘la necessaria polemica con altri partiti, la preoccupazione per i loro comportamenti più torbidi, non può comunque oscurare la nostra visione unitaria’. L’aspirazione all’unità delle forze progressiste rimase una costante del suo impegno politico. Anche quando nel 1989 si arrivò alla svolta della Bolognina di Achille Occhetto, Napolitano provò a spingere in quella direzione. Con la manifestazione dei ‘miglioristi’ del dicembre 1990, aperta anche a esponenti socialisti, tentò di superare le divisioni dei decenni passati, acuitesi negli anni ’80. Ma poi – spiegò in un’intervista – dovette prendere atto che ‘le forze di questa componente erano limitate e non riuscirono a influenzare in modo determinante i caratteri del nuovo partito che nasceva dal vecchio tronco del Pci’. Del resto, a complicare la riunificazione a sinistra arrivò Tangentopoli. Napolintano venne eletto presidente della Camera nel 1992 venne eletto presidente della Camera, quando Oscar Luigi Scalfaro diventò presidente della Repubblica. Erano appunto i mesi in cui crollò la prima Repubblica, sotto i colpi delle inchieste. Il ‘Palazzo’ era sotto attacco, a febbraio 1993 si presentò a Montecitorio la Guardia di Finanza per avere accesso ai bilanci dei partiti. Napolitano disse no, appellandosi alla ‘immunità di sede’. Bettino Craxi, interrogato da Di Pietro, attaccò proprio l’allora presidente della Camera dicendo che non era possibile credere che ‘non si fosse mai accorto del grande traffico che avveniva sotto di lui tra i vari rappresentanti e amministratori del Pc e i paesi dell’est’. Napolitano non rispose a quelle accuse, nel 2010 – in occasione del decennale della morte – scrisse da presidente della Repubblica una lettera alla famiglia del leader socialista nella quale, tra le altre cose, disse che la responsabilità di quei ‘fenomeni degenerativi’ ricadde con ‘durezza senza eguali sulla sua persona’. Durante il governo Prodi fu ministro dell’Interno, nel 1999 venne eletto eurodeputato per la seconda volta (la prima fu nel 1989) e nel 2005 Carlo Azeglio Ciampi lo nominò senatore a vita, carica che di solito segna la conclusione di una carriera politica ma che, nel caso di Napolitano, fu solo un’altra tappa verso l’impegno più importante della sua vita. Dopo soli otto mesi, infatti, toccò proprio a Napolitano succedere a Ciampi al Quirinale. Un mandato difficile, con una prima crisi di governo già nel 2008, quando cadde il secondo governo Prodi e si andò alle elezioni vinte con una larga maggioranza dal centrodestra, ancora guidato da Silvio Berlusconi. Nel 2010 di nuovo una forte turbolenza mette a rischio la tenuta dell’esecutivo, Gianfranco Fini rompe con Berlusconi, a dicembre si va alla conta sulla fiducia in Parlamento e il leader di Fi la spunta per tre voti, grazie all’appoggio di alcuni parlamentari arrivati dall’opposizione, i ‘responsabili’ come li chiamò il premier. Solo pochi mesi dopo, a marzo 2011, un altro passaggio strettissimo. In Libia c’è la guerra, Francia e Gb hanno già deciso di intervenire, mentre Berlusconi – in ottimi rapporti con Gheddafi – non ne vuole sapere. L’Onu dà il via libera all’intervento armato e l’Italia deve decidere. In una drammatica riunione improvvisata al teatro dell’Opera di Roma, dove era in corso un concerto per i 150 anni dell’unità d’Italia – Napolitano, Berlusconi, Ignazio La Russa e altri membri del governo discutono della questione. Il centrodestra, in seguito, racconterà quella sera attribuendo di fatto all’allora capo dello Stato la decisione di far partecipare anche l’Italia all’intervento armato. Napolitano, in una intervista del 2017, ammise la contrarietà di Berlusconi ma aggiunse: ‘Dire che il governo cedette alle pressioni del capo dello Stato in asse con Sarkozy non corrisopnde alla realtà’. Certo, ‘in quella sede informale tutti potemmo renderci conto della riluttanza del presidente Berlusconi’ ma ‘non poteva che decidere il governo, in armonia col Parlamento’. Ancora qualche mese e scoppia la crisi dello spread, mentre Berlusconi è travolto dallo scandalo delle ‘cene eleganti’. I tassi di interesse sui titoli pubblici italiani schizzano in alto, ad agosto la Bce scrive una lettera al governo italiano – firmata da Trichet e Draghi – per sollecitare misure urgenti, all’estero cresce la sfiducia verso la capacità di tenuta dell’Italia, Merkel e Sarkozy mettono in scena il famoso sguardo complice, con sorrisetto, quando viene chiesto loro di Berlusconi. A inizio novembre il premier si dimette e Napolitano affida l’incarico a Monti, appena nominato senatore a vita. Il leader di Fi, in seguito, parlò più volte di ‘colpo di stato’. L’ex presidente in una lettera a Repubblica replicò alle accuse definendole ‘solo fumo’ e ricordando che l’unico motivo della crisi fu il ‘logoramento della maggioranza di governo uscita vincente dalle elezioni del 2008’. Nell’aprile 2013 il Parlamento dovrebbe eleggere il successore di Napolitano, ma le elezioni di un mese prima non avevano prodotto una maggioranza. L’exploit del Movimento 5 stelle manda in tilt il sistema, non c’è una maggioranza e le Camere non trovano i voti per eleggere un nuovo presidente, i partiti di fatto implorano il capo dello Stato uscente che ancora pochi giorni prima aveva detto di no ad eventuali bis. Napolitano viene rieletto, il suo discorso di insediamento è uno schiaffo alle forze politiche, una strigliata che tutti – tranne M5s – applaudono come se fosse diretta a qualcun altro. Nasce il governo Letta, sostenuto da centrodestra e centrosinistra, ma la larga coalizione si incrina in autunno, quando il Senato vota la decadenza di Berlusconi, condannato per frode fiscale, applicando la legge Severino. Fi esce dalla maggioranza, resta Angelino Alfano con una pattuglia di parlamentari che garantisce i numeri. Ma sono solo pochi mesi, Napolitano deve gestire una nuova crisi perché nel frattempo Matteo Renzi diventa segretario del Pd e diventa irresistibile la spinta per un passaggio di consegne a palazzo Chigi. A febbraio 2014 si insedia il nuovo governo, l’ultimo dell’era di Re Giorgio. Il presidente si dimette a inizio 2015 e a 90 anni, torna al suo scranno di senatore a vita. All’inizio della nuova legislatura, nel marzo 2018, presiede ancora una volta il Senato, in attesa dell’elezione del nuovo presidente. Pochi mesi dopo il malore e l’operazione al cuore che, di fatto, hanno segnato la fine della sua lunghissima carriera politica.

La pittura europea di Rubens: tre mostre tra Mantova e Roma

La pittura europea di Rubens: tre mostre tra Mantova e RomaMilano, 22 set. (askanews) – Riscoprire la grandezza di Rubens attraverso due delle città italiane che hanno segnato la sua vicenda culturale e personale: Mantova e Roma, che dedicano all’artista fiammingo importanti esposizioni. Per presentarle, anche alla luce dei grandi prestiti internazionali, si è scelto di partire da Madrid, dal Museo del Prado e dal Thyssen-Bornemisza, e ovviamente dai loro Rubens.

Le prime inaugurazioni si terranno a Mantova, il 7 ottobre: “Rubens a Palazzo Te. Pittura, trasformazione e libertà” e “La Pala della Santissima Trinità”, ospitata a Palazzo Ducale. A raccontarci la relazione tra l’artista e la città dei Gonzaga, il direttore di Palazzo te, Stefano Baia Curioni. “Rubens – ha detto ad askanews – è un uomo molto particolare, è un grande intellettuale, un grande diplomatico cattolico che passa la vita cercando di saldare la lacerazione religiosa che si apre in Europa nel ‘600. Come opera questa pittura? Opera nella relazione con l’antico, la relazione con la grande potenza di Roma che lui vuole in un certo senso mostrare come una possibile prospettiva per l’Europa del futuro. Quindi l’incontro con Giulio Romano nel quale si raccoglie l’eredità di Raffaello e della pittura antica è cruciale perché da lì lui trova la fonte per rilanciare la sua opera”. Il dialogo con la classicità e il desiderio di essere artista totale di Rubens ci portano poi a Roma, dove dal 14 novembre alla Galleria Borghese arriva il confronto con la grande scultura. Francesca Cappelletti, direttrice del museo romano: “Questo incontro con le statue – ci ha spiegato – è un incontro che sicuramente Rubens mette a grandissimo frutto e disegna molto, impara attraverso il disegno, anima le statue antiche attraverso il disegno ed è per questo che la mostra si chiama ‘Il tocco di Pigmaglione’. C’è quest’idea di animazione, di alterazione dell’antico, che Rubens rende più vibrante, rende più vivido, proprio attraverso il tratto e che poi, ovviamente, immette anche nella pittura”.

Le tre esposizioni sono raccolte sotto un unico cappello, che fa risalire all’opera dell’artista fiammingo “La nascita di una pittura europea”, ma sono anche l’occasione per riflettere sulla continuità del passaggio dal Rinascimento al Barocco e sulla relazione tra l’arte italiana e l’Europa.

Schlein: Pd a fianco dei sindaci per accoglienza diffusa migranti

Schlein: Pd a fianco dei sindaci per accoglienza diffusa migrantiRoma, 22 set. (askanews) – Bisogna superare in Europa i “nazionalismi, per cui sono solo 5 paesi su 27 che affrontano gli arrivi dei migranti. Occorre cambiare le ipocrite regole di Dublino, ma nel governo non hanno il coraggio di dire agli alleati nazionalisti come Orban che non si possono avere solo benefici dall’Ue. Noi come Pd saremo a fianco dei sindaci su cui il governo scarica la responsabilità dell’accoglienza, serve una regia nazionale per una accoglienza diffusa”. Lo ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, nel suo intervento all’iniziativa ‘Crea! L’Italia che faremo’.

Conte: Istat stronca balla, con Superbonus nessuno sfascio conti

Conte: Istat stronca balla, con Superbonus nessuno sfascio contiRoma, 22 set. (askanews) – “Oggi è stato diffuso un importante aggiornamento riguardante la nostra economia, che sicuramente Giorgia Meloni e i suoi Ministri fingeranno di ignorare. Ricordate la storiella del ‘buco di bilancio’ per colpa del Superbonus che la premiata ditta Meloni-Giorgetti ha usato per coprire i propri fallimenti? Oggi i numeri dell’Istat stroncano l’ennesima balla del Governo”. Lo scrive su Facebook il presidente del M5S Giuseppe Conte.

“L’Istat – osserva – ha appena rifatto i conti e ha visto al rialzo il Pil del 2021: con le misure del mio Governo abbiamo lasciato in eredità all’Italia una crescita del +8,3% quell’anno, anziché del +7% precedentemente accreditato. Questo aggiornamento ci dice che in un biennio con le nostre misure abbiamo avuto una crescita record del +12% e una riduzione del rapporto debito/Pil di ben 14 punti dal 2020 al 2022. Un’Italia in corsa, anche grazie al Superbonus che ha creato posti di lavoro e investimenti”. “Nessuno sfascio dei conti – evidenzia Conte – esattamente il contrario. L’unica sciagura è questo Governo, che taglia le misure per famiglie e imprese. Senza coraggio e con manovre lacrime e sangue oggi Meloni riporta indietro un Paese che pure correva, condannandolo a una crescita degli ‘zero virgola’”.

Meloni al Salone nautico: grazie a un settore che ci rende orgogliosi

Meloni al Salone nautico: grazie a un settore che ci rende orgogliosiRoma, 22 set. (askanews) – “Il settore nautico ha dato lavoro, a oltre 200mila lavoratori con una attenzione alla tradizione e a una nostra eccellenza e produce per 7 miliardi di euro e un pezzo di quelle risorse che lo Stato può spendere perciò è il governo che viene qui a dire grazie a un settore che ci rende orgogliosi”. Così Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, al Salone nautico di Genova sottolineando di essere la prima premier che partecipa in modo ufficiale all’evento dopo 37 anni.

“Sono venuta anche perchè questo governo ha voluto concentrare le sue scelte strategiche sul mare – ha detto -: l’Italia è una piattaforma in mezzo al Mediterraneo e noi troppo spesso ci siamo comportati come se questo mare non lo avessimo, e non è solo un tema di posizionamento geografico, si vede il ruolo che cerchiamo di recuperare come protagonismo nel Mediterrano, ma è soprattuto economia, il mare è una infrastruttura strategica e serve una sinergia tra tutti gli attori che operano nella economia del mare. La settimana scorsa infatti abbiamo presentato il Piano del mare”.

Fondi dalla Germania alle Ong in Italia. Palazzo Chigi: “Stupiti”

Fondi dalla Germania alle Ong in Italia. Palazzo Chigi: “Stupiti”Roma, 22 set. (askanews) – “Grande stupore” per la notizia riportata dalle agenzie secondo la quale un portavoce del ministero degli Esteri della Repubblica federale di Germania avrebbe annunciato un imminente finanziamento a delle Ong per un progetto di assistenza di migranti sul territorio italiano e un progetto di ‘salvataggi’ in mare. E’ quanto sottolineano fonti di Palazzo Chigi.

“Il governo italiano – proseguono le fonti – prenderà immediatamente contatto con le autorità tedesche per un chiarimento. Si confida che la notizia sia priva di ogni fondamento perché il finanziamento da parte della Germania di attività di ONG sul territorio italiano o di sostegno al trasferimento di immigrati irregolari in Italia, rappresenterebbe una gravissima anomalia nelle dinamiche che regolano i rapporti tra Stati a livello europeo e internazionali”. La notizia, concludono le fonti, “è in ogni caso l’occasione per ribadire la necessità di fare chiarezza sulle attività delle ONG nel Mediterraneo e l’esigenza di stabilire che i migranti trasportati da organizzazioni finanziate da Stati esteri debbano essere accolti da questi ultimi”.

Migranti, fonti P. Chigi: stupore fondi Germania a Ong, chiarire

Migranti, fonti P. Chigi: stupore fondi Germania a Ong, chiarireRoma, 22 set. (askanews) – “Grande stupore” per la notizia riportata dalle agenzie secondo la quale un portavoce del ministero degli Esteri della Repubblica federale di Germania avrebbe annunciato un imminente finanziamento a delle Ong per un progetto di assistenza di migranti sul territorio italiano e un progetto di ‘salvataggi’ in mare. E’ quanto sottolineano fonti di Palazzo Chigi.

“Il governo italiano – proseguono le fonti – prenderà immediatamente contatto con le autorità tedesche per un chiarimento. Si confida che la notizia sia priva di ogni fondamento perché il finanziamento da parte della Germania di attività di ONG sul territorio italiano o di sostegno al trasferimento di immigrati irregolari in Italia, rappresenterebbe una gravissima anomalia nelle dinamiche che regolano i rapporti tra Stati a livello europeo e internazionali”. La notizia, concludono le fonti, “è in ogni caso l’occasione per ribadire la necessità di fare chiarezza sulle attività delle ONG nel Mediterraneo e l’esigenza di stabilire che i migranti trasportati da organizzazioni finanziate da Stati esteri debbano essere accolti da questi ultimi”.

Il Papa: con i migranti c’è una terribile mancanza di umanità

Il Papa: con i migranti c’è una terribile mancanza di umanitàRoma, 22 set. (askanews) – “È una crudeltà. Una terribile mancanza di umanità”. Così Papa Francesco rispondendo ai giornalisti sulla situazione dei migranti e gli ultimi, massicci sbarchi sull’isola di Lampedusa e altrove, sull’aereo che lo ha portato da Roma a Marsiglia.

“Li tengono nei lager libici e poi li buttano a mare”, ha poi aggiunto Francesco, dopo aver visto una foto che una giornalista gli ha mostrato, e che ritraeva una mamma migrante con il suo bambino. Il Papa, infine, ha tratteggiato lo spirito del viaggio in Francia. A chi gli chiedeva se sarà un viaggio “storico”, come quello a Lampedusa, Francesco ha risposto: “Credo di sì. Spero di avere il coraggio di dire tutto quello che voglio dire…”.

Al Teatro Manzoni di Roma Pierluigi Battista presenta “I miei eroi”

Al Teatro Manzoni di Roma Pierluigi Battista presenta “I miei eroi”Roma, 22 set. (askanews) – Riparte il 27 settembre al Teatro Manzoni di Roma l’iniziativa Scrittori in scena. A dare il via al nuovo ciclo di incontri – con la direzione di Alessandro Vaccari – autori come Pierluigi Battista, Luigi Contu, Emilia Costantini, Antonio Talia e tanti altri.

In stretta collaborazione con le più importanti case editrici del nostro paese, molti “scrittori in scena” hanno presentato le loro opere spesso in anteprima nazionale e hanno dato vita a racconti inediti, con retroscena e aneddoti curiosi, con filmati originali e affiancati da grandi ospiti in un confronto diretto col pubblico. Scrittori in scena, una delle offerte culturali di punta del Manzoni di Roma, nata da un’idea di Carlo Alighiero, è diventato un appuntamento sempre più atteso per autori, lettori, studenti e appassionati di cultura in generale. A dare il via al nuovo ciclo di incontri, mercoledì 27 settembre alle ore 18, un grande protagonista del mondo culturale italiano, il giornalista Pierluigi Battista con il suo libro I miei eroi. Un amore testardo e duraturo. Hannah Arendt, Albert Camus, George Orwell, edito da La Nave di Teseo. Interviene sul palco con letture e confronti con l’autore la neo direttrice del Salone del Libro di Torino Annalena Benini.

Seguiranno il direttore dell’agenzia di stampa Ansa Luigi Contu con I libri si sentono soli, lunedì 9 ottobre alle ore 21. Sul palco con l’autore Mario Calabresi e Alessandra Longo con le letture di Riccardo Rossi e l’adattamento teatrale con Ivan Zerbinati e Laura Bussani. In date ancora da definire saranno protagonisti anche la giornalista del Corriere della Sera Emilia Costantini con Tu dentro di me e il giornalista Antonio Talia con La stagione delle spie. Altri appuntamenti saranno resi noti più avanti. I miei eroi è un viaggio attraverso le straordinarie vite di Hannah Arendt, Albert Camus, George Orwell, i dettagli conturbanti ma vitali che ne hanno scandito le esistenze, i colpi di fortuna e, molto più spesso, di sventura. “Ho voluto sapere tutto di loro – racconta l’autore – leggere, per quanto mi fosse possibile e in lingue che mi fossero accessibili, tutto quello che avevano scritto, saggi, romanzi, epistolari, interviste, e i libri che sono stati loro dedicati, compresi quelli dei nemici e dei detrattori che nel corso del tempo hanno voluto ossessivamente demolirne le opere e persino, troppo spesso, la persona”.

Festa Cinema di Roma, tre italiani in concorso e donne protagoniste

Festa Cinema di Roma, tre italiani in concorso e donne protagonisteRoma, 22 set. (askanews) – La Festa del Cinema di Roma compie 18 anni e festeggia con un ricchissimo programma, che ha al centro le donne, la musica, l’arte, e 18 film in concorso, di cui tre italiani: “C’è ancora domani” diretto e interpretato da Paola Cortellesi, “Holiday” di Edoardo Gabbriellini, prodotto da Luca Guadagnino, e “Mi fanno male i capelli” di Roberta Torre con Alba Rohrwacher, Filippo Timi.

Nell’anno in cui il manifesto della Festa è dedicato ad una grande donna, Anna Magnani, quello della Cortellesi non è l’unico esordio femminile alla regia: nella sezione Grand Public vedremo “Volare” di Margherita Buy e tra le Proiezioni Speciali “Mur” di Kasia Smutniak. E a Roma Ginevra Elkann porterà il suo nuovo film, “Te l’avevo detto”, e Emma Dante presenterà “Misericordia”. Il presidente della Fondazione Cinema Gianluca Farinelli ha sottolineato che quest’anno la manifestazione durerà un giorno in più, dal 18 al 29 ottobre, che sarà diffusa in tutta la città, e sarà dedicata a Giuliano Montando. Paola Malanga, direttrice artistica della Festa, ha ricordato che i premi alla carriera andranno a Isabella Rossellini e a Shigeru Umebayashi e ha annunciato che verranno mostrati in anteprima il film di un altro Maestro giapponese, Hayao Miyazaki, “Il ragazzo e l’airone”, e due episodi della nuova stagione di “Mare fuori”.

E grande attesa c’è proprio attorno alle serie: alla Festa verranno presentati “I leoni di Sicilia”, diretto da Paolo Genovese, dal libro di Stefania Auci, “La storia” di Francesca Archibugi, da Elsa Morante, e “Suburraaeterna”, che riprende il racconto dopo il successo di film e serie “Suburra”. In arrivo alla Festa, fuori concorso, anche “Nuovo Olimpo” di Ferzan Ozpetek, “Cento domeniche” di Antonio Albanese, “Et la fête continue” di Robert Guédiguian, “Diabolik chi sei?” Dei Manetti bros., “Palazzina Laf” di Michele Riondino. Nell’anno in cui, a causa degli scioperi di Hollywood, ci sarà poco cinema americano, saranno molti gli ospiti francesi, da Justine Triet a Juliette Binoche, da Vincent Lindon a Valeria Bruni Tedeschi. Attesa per Monica Bellucci e Sting, che accompagnerà la moglie Trudie Styler che presentaerà “Posso entrare? An ode to Naples”, che ha tra i protagonisti il rapper Clementino. E a proposito di musica verrà presentato “Zucchero – Sugar Fornaciari”, mentre Daniele Vicari porterà “Fela, il mio Dio vivente” dedicato a Fela Kuti. Legati al mondo dell’arte saranno invece i documentari “La pitturessa” di Fabiana Sargentini, dedicato ad Anna Paparatti e “Tehachapi” del grande artista francese JR.