Calcio, Mazzone, Totti: “Padre, mister, maestro”Roma, 19 ago. (askanews) – Pirlo, Signori, Totti, quanti giocatori Mazzone ha incontrato e lanciato nel corso della sua lunga carriera: Andrea Pirlo è stato uno dei suoi pupilli. Lo ricorda con quella foto della mitica cavalcata sotto la curva del Brescia dopo la vittoria sull’Atalanta. “Mi piace ricordati così – scrive – Ti devo tanto. Sono orgoglioso di averti incontrato e che tu mi abbia fatto crescere come uomo e come calciatore. Ancora una volta grazie di tutto Carletto”. Per Beppe Signori: “Ti ho incontrato nel momento più difficile della mia carriera, ma la ritengo una fortuna incredibile, per me sei stato come un padre, grazie di tutto riposa in pace. Ti ricorderò sempre con grande affetto”. Francesco Totti scrive: “Il ricordo della leggenda giallorossa numero 10: “Padre, mister, maestro. Semplicemente Carlo Mazzone. Eternamente grazie Mister”.
Calcio, Mazzone, Buffon: “Mi disse… Oggi me sembravi Lazzaro”Roma, 19 ago. (askanews) – “Carlo Mazzone rappresenta una icona calcistica che ha catturato il mio cuore. La passione travolgente che riversava nelle squadre è stata davvero unica e irripetibile”. Comincia così il ricordo di Gigi Buffon per Carletto Mazzone scomparso oggi all’età di 86 anni. Buffon che ricorda un aneddoto legato alla sua carriera calcistica. “A riprova del suo magnifico temperamento ho un aneddoto fantastico a margine di un Parma-Brescia finita 3-0. Sul punteggio di 1 a 0 ed a 15 min dalla fine ho fatto una tripla parata che ha salvato il risultato. A fine gara mi ha incrociato e in mezzo a una trentina di persone e mi ha detto “A Buffon… ma che t’ho fatto. Oggi me sembravi Lazzaro… che te rialzavi sempre!” La notizia della sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile, ma il suo impatto resterà per sempre vivo”.
Calcio, Mazzone, le società ricordano il gentiluomo del calcioRoma, 19 ago. (askanews) – Il calcio italiano piange Carlo Mazzone, morto oggi all’età di 86 anni. Tra i primi messaggi di cordoglio quello della sua Roma.
“Ciao Mister. Ti vorremo sempre un bene immenso Forza Roma!” il tweet della società giallorossa”. Mazzone legato per sempre all’Ascoli: “L’Ascoli Calcio 1898 FC S.p.A., il patron Massimo Pulcinelli, la dirigenza tutta, la prima squadra e lo staff sportivo, il settore giovanile e i dipendenti piangono la scomparsa di Carletto Mazzone: se ne va un’icona della storia bianconera, un allenatore d’altri tempi, un uomo straordinario che ha fatto della schiettezza, dell’umanità e della semplicità le sue caratteristiche principali. Simbolo e mito del calcio ascolano e italiano resterà per sempre negli annali del calcio. Il club, profondamente commosso e addolorato, rivolge alla famiglia le più sincere e sentite condoglianze. Ciao Carletto, ciao grande Uomo. Costantino ti accoglierà a braccia aperte!”.
Il ricordo del Napoli: “Il Presidente Aurelio De Laurentiis, Mister Garcia, i dirigenti, i calciatori, lo staff tecnico, i collaboratori e tutta la SSC Napoli esprimono profondo cordoglio e si uniscono al dolore della famiglia Mazzone per la scomparsa del caro Carlo, un vero galantuomo del calcio”. Quello della Fiorentina: “Il Presidente Rocco Commisso, la sua famiglia e tutta la Fiorentina si uniscono al dolore del mondo del calcio per la scomparsa di Carlo Mazzone. Il Club esprime le più sentite condoglianze ai suoi familiari”. Il Bologna ricorda: “Per tre volte è stato sulla nostra panchina. Con lui abbiamo vissuto il gusto genuino del calcio: è stato un grande professionista, ma sapeva parlare a tutti come uno di famiglia. Carlo Mazzone ha onorato i nostri colori. Ci mancherai, Mister”.
Il Torino lo saluta così: “Con Carlo Mazzone il calcio perde uno straordinario interprete. Nessun allenatore più di lui presente in serie A. Potremmo ricordarlo con mille parole, ne usiamo solo tre. Un grande uomo” Cordoglio anche dalla Lazio: “Ci lascia una figura storica del nostro calcio, professionista esemplare che ha sempre interpretato con passione e dedizione il suo essere prima giocatore e poi tecnico, con il suo modo unico e speciale di stare in panchina”.
Il Cagliari ricorda: “L’Europa conquistata insieme, il carattere schietto e una grande e incondizionata devozione verso i nostri colori. Grazie per averci fatto vivere emozioni così forti, i tifosi rossoblù non ti dimenticheranno mai. Ciao Mister, ciao Carletto”. Il ricordo del Frosinone: “Il presidente del Frosinone, Maurizio Stirpe, e tutto il Club giallazzurro, sono vicini al dolore della famiglia Mazzone per la scomparsa dell’indimenticato Carlo, prima calciatore e poi decano degli allenatori in Italia”. E ancora Empoli, Lecce, Udinese, Perugia e tante altre squadre che hanno consosciuto il tecnico.
Alcune precisazioni di Crosetto sul caso VannacciMilano, 19 ago. (askanews) – “Scopro, in questi giorni, che in merito al caso che si è aperto sul libro autoprodotto e scritto dal generale Roberto Vannacci, ‘Il mondo al contrario’, troppe persone stanno rilasciando, a destra e a sinistra, commenti a ruota libera, senza conoscere i veri termini della questione”. Così, in un comunicato stampa, il Ministro alla Difesa, Guido Crosetto. “Non cito i diversi, sedicenti autorevoli, commentatori cui rivolgo queste parole perché la loro pochezza morale e intellettuale non merita citazioni ad personam. Mi limito a ricordare che non c’entra nulla tirare in ballo i concetti di ‘politicamente scorretto’ o di ‘politicamente corretto’, perché sono sempre stato, in tutta la mia vita personale, intellettuale e politica, ‘politicamente scorretto’” aggiunge.
“In questa vicenda parliamo di un militare che è soggetto a regole chiare, come mantenere stretto riserbo su ciò che fa in servizio. Altro concetto che mi permetto di definire ‘l’istituzionalmente corretto’ e che nulla ha a che fare con le idee e le convinzioni delle persone, militari o meno. Ciò detto, voglio inoltre ribadire che nessuno, tantomeno il generale Vannacci, è stato ‘punito’ o sacrificato. Come sempre ho fatto, in tutte le fasi della mia vita e, a maggior ragione, nella mia attività di Ministro della Difesa, sono e resto un garantista, ligio alle leggi e alla Costituzione. Ecco perché, proprio in base a questo principio ho chiesto l’avvio, come da prassi, della verifica dei fatti. Il generale Vannacci potrà, nelle sedi opportune, esprimere le sue ragioni. Solo alla fine delle opportune verifiche interne, che verranno condotte con serietà e scrupolo, e non sull’onda emotiva del momento e delle polemiche di questi giorni, ove venissero ravvisate delle serie e valide contestazioni, ai sensi del Codice dell’Ordinamento militare, verranno avviati i procedimenti disciplinari previsti in ordinamento. Quindi, come si vede, nessuna ‘punizione’ preventiva e nessun desiderio di ‘giustizialismo’, da parte del Dicastero o del Ministro, ma – come sempre – il rispetto delle regole che comporta anche il rispetto delle garanzie per tutti i militari verso cui sono stati avviati accertamenti disciplinari”. “Per quanto riguarda, infine, l’avvicendamento nell’incarico, alla guida dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, del generale Vannacci con un altro suo pari grado – chiosa Crosetto – si è trattato di una scelta autonoma effettuata dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, come atto a tutela della Forza armata stessa ed anche del Generale di Divisione Vannacci, che è finito fin troppo sovraesposto dalla vicenda. In conclusione, mi permetto di dolermi di quanto trovo davvero drammatico e cioè che, soprattutto chi si definisce ‘di destra’ e si riempie la bocca dei concetti di Patria, Onore, Tradizione e Orgoglio nazionale, dimostri di non conoscere, o conoscere davvero poco, cosa vuol dire avere senso dello Stato, delle Istituzioni, rispetto delle leggi italiane e della Costituzione repubblicana. Da questo punto di vista, l’essere o non essere ‘politicamente scorretti’ nulla c’entra, come pure l’essere o il non essere ‘appiattiti’ sul e/o con il ‘pensiero unico’ dominante. Voglio rassicurare tutti i miei critici, soprattutto quelli ‘di destra’: io riesco a fare bene le due cose insieme, rispettare le leggi e la Costituzione e non essere ‘appiattito’ su alcun ‘pensiero unico’. Ma, almeno per me, lo Stato e le Istituzioni vengono prima di ogni cosa”.
Calcio, è morto Carlo Mazzone, il tecnico dei recordRoma, 19 ago. (askanews) – Lutto nel mondo del calcio. E’ morto all’età di 86 anni Carlo Mazzone. Lo storico allenatore, personaggio istrionico che ha attraversato oltre 60 anni di calcio italiano. E’ stato uno dei personaggi più amati non soltanto dai tifosi, ma anche dagli stessi calciatori con cui ha lavorato nel corso della sua lunghissima carriera. È suo, infatti, il record di panchine in Serie A: sono 792 (spareggi esclusi)
Inserito nella Hall of Fame del calcio italiano, allenatore di ben 12 diverse square italiane tra il 1969 e il 2006 tra cui Roma, Fiorentina, Napoli e Cagliari. Di lui si ricorda ancora oggi a distanza di circa 20 anni la corsa sotto la curva dell’Atalanta quando guidava il Brescia al termine di un combattutissimo 3-3. Da calciatore esordisce in Serie A con la maglia della Roma nella stagione 1958/59: sono due le presenze in campionato. Dopo due brevi parentesi alla Spal e al Siena, va a giocare ad Ascoli in Serie C, dove conclude la sua carriera di calciatore nel 1969. Ma già il 24 novembre 1968 avviene l’esordio in panchina in sostituzione di Malavasi. Ad Ascoli 7 anni tra giovanili e prima squadra tra 1969 e 1975. A Carlo Mazzone è intitolata dal 2019 la Tribuna Est dello Stadio Cino e Lillo del Duca della città marchigiana. Ad Ascoli, Mazzone rimane fino al 1975 conquistando due promozioni in tre anni, e portando i bianconeri fino in Serie A.
A Firenze vince nel 1975 la Coppa di Lega Italo-Inglese e ottiene uno straordinario terzo posto nel campionato 1976-1977. Con il neopromosso Catanzaro nel 1978 ottiene due salvezze in Serie A. Nel 1980, però, torna dove aveva cominciato la carriera: ad Ascoli. In bianconero rimane altre cinque stagioni ottenendo grandi risultati come il sesto posto nel 1981/82 e le successive quattro salvezze consecutive. Poi Bologna, Lecce con la promozione in serie A, Pescara e Cagliari. Alla sua seconda stagione in Sardegna, sotto la sua guida i rossoblù conquistano uno storico sesto posto nel 1992/93: l’allenatore romano qualifica il Cagliari alla Coppa Uefa dopo 21 anni. Una impresa che gli vale la panchina della Roma. Carletto rimane per tre anni in giallorosso ottenendo settimo posto e due quinti posti. Fu lui a lanciare Francesco Totti: “Regazzì, vatte a fà la doccia, che cò loro ce parlo io”, rivolto da Mazzone ad un ancora 18enne Totti alle prese con i giornalisti. Poi Cagliari una stagione sfortunata con il Napoli, Brescia. Il binomio Mazzone-Baggio portò il Brescia alla serie record di quattro salvezze consecutive e la qualificazione alla Coppa Uefa sfiorata nel 2001, quando il club lombardo fu sconfitto dal Paris Saint-Germain nella finale dell’Intertoto. “Gestire Roberto Baggio è stato una passeggiata. Era un amico che mi faceva vincere la domenica”, diceva. E proprio dal destro del Divin Codino parte la storica corsa di Mazzone verso la curva dei tifosi dell’Atalanta, dove il tecnico festeggiò il gol del 3-3 in un derby pareggiato in rimonta. La fine della carriera a Livorno a 70 anni. In occasione di Livorno-Juventus, eguaglia il record di 787 presenze in panchina in Serie A di Nereo Rocco, superandolo già nella giornata successiva. È questa l’ultima stagione in panchina per Mazzone che a fine carriera, tra i professionisti, conterà 1.278 panchine ufficiali: record per il calcio italiano
Basket, è morto Tonino Zorzi, il Paròn del basket italianoRoma, 19 ago. (askanews) – Il basket italiano è in lutto. È morto a 88 anni Tonino Zorzi, un punto di riferimento importante nella storia della pallacanestro italiana, prima da giocatore e poi da allenatore, e dal 2011 nella ‘Italia Basket Hall of Fame. A dare l’annuncio della scomparsa è stato il figlio Maurizio con un post pubblicato sui social: “Ti voglio ricordare così, orgoglioso di quella palestra dove tutto è iniziato…nonostante tutti i nostri casini ti ho sempre voluto bene…ciao Papà”. Zorzi è morto nella sua Gorizia ed era malato da tempo.
Da giocatore, dopo gli inizi a Gorizia, militò a lungo nella Pallacanestro Varese a partire dal 1954 e fino al 1962, capitano del primo scudetto nel 1961. Un’ascesa lenta, dal titolo di capocannoniere vinto al suo primo anno in città al terzo posto del 1959/60, che portò la squadra di Enrico Garbosi a interrompere l’egemonia del Simmenthal Milano e conquistare il primo Scudetto nella stagione 1960/61 grazie ad un’annata pressochè perfetta (una sola sconfitta su 22 gare, precedendo Olimpia e Virtus Bologna che avevano chiuso con 19 vittorie). Fu il culmine della carriera varesina di Zorzi, che lasciò la città-Giardino nel 1962 per intraprendere nella nativa Gorizia la carriera da allenatore. Zorzi ha trascorso in panchina quasi 50 anni, dal 1962 al 2011, vincendo una Coppa delle Coppe con la Partenope Napoli (trionfo celebrato a settembre 2022 in occasione dell’Old Star Game, manifestazione alla quale ha presenziato fin dal 2016) e collezionando numerose promozioni dalla serie A2 (5 in totale tra Venezia, Reggio Calabria e Pavia). La lista delle squadre allenate èlunghissima: Venezia, Siena, Napoli, Reggio Calabria, Pesaro, Avellino, Sassari, Rieti e Bologna.
“Ci ha lasciati Tonino Zorzi, uomo di grande umanità, cultura e profonda conoscenza dello sport e delle persone. È morto all’età di 88 anni dopo aver ricoperto, da giocatore in poi, tanti ruoli nel basket italiano” ha scritto la Federbasket “Commosso e fortemente colpito per la grave perdita il presidente FIP Giovanni Petrucci, a titolo personale e nome della pallacanestro italiana, è vicino al figlio Maurizio e alla famiglia Zorzi ricordando l’eredità tecnica e umana lasciata da Tonino, dal Paròn, come tutti lo chiamavamo”.
È stato uno dei padri della pallacanestro italiana moderna e uno degli allenatori più longevi. Zorzi era stato eletto nell’Italia Basket Hall of Fame, nella categoria allenatori, nel 2010.
Anello ferroviario di Roma, Mit: rimodulazione risorse ma no rallentamentiMilano, 19 ago. (askanews) – Il ministero delle Infrastrutture assicura in una nota che non ci sarà “nessun rallentamento sull’anello ferroviario di Roma” e che “lo spostamento di fondi è una scelta puramente tecnica, dettata dalla necessità di rispettare i paletti di Bruxelles sul Pnrr, ma nel concreto non causerà rinvii o rallentamenti”.
La nota, nella quale si riferisce della determinazione del ministro Matteo Salvini ad andare in fondo, è l’occasione per il ministero per ribadire, “viste le polemiche strumentali, che nessuna opera è stata definanziata: si tratta solo di rimodulazioni di risorse, una scelta necessaria per lo stato di avanzamento di alcuni interventi”. Nel rimarcare “l’attenzione per tutti i territori da Sud a Nord” il ministero ricorda nel Lazio “la Orte-Civitavecchia andata finalmente a gara dopo decenni di promesse, oppure i fondi per la metro C tanto attesi dalla Capitale, o ancora lo stanziamento decisivo per l’acquedotto del Peschiera”. “Fa piacere che i partiti che hanno gestito il Mit quasi ininterrottamente nell’ultimo decennio ora ripongano grandi aspettative nell’attuale ministro, in carica da circa nove mesi, sollecitandolo per fare quello che loro non sono riusciti a realizzare in diversi anni – conclude – Salvini farà di tutto per sbloccare, concludere e accelerare le tante opere attese dai territori”.
Il libro di Ivano Cimatti getta nuova luce sul caso PinelliRoma, 19 ago. (askanews) – Askanews ha intervistato Ivano Cimatti, autore del libro ‘Il potere che offende. Quando Luigi Calabresi denunciò ‘Lotta Continua” (Pendragon), riguardante la vicenda dell’anarchico Giuseppe Pinelli, fermato perché indiziato d’essere coinvolto nell’attentato di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, e poi morto precipitando dalla finestra dell’ufficio del commissario Luigi Calabresi. La Questura di Milano sostenne che Pinelli si era suicidato perché scoperto dagli inquirenti d’essere uno degli autori della strage. L’autorità giudiziaria scelse di avvalorare la tesi del decesso per atto volontario. Lotta Continua, per ottenere la riapertura del caso, accusò pubblicamente Calabresi d’aver ‘suicidato’ Pinelli e per questo venne denunciata di diffamazione a mezzo stampa.
D: Il suo è il primo libro che affronti con metodo storico e documentato la figura del commissario Calabresi. Lo fa focalizzandosi su di un processo per diffamazione nel 1970-71. R: Ho scelto di studiare quel processo perché il Presidente del relativo collegio giudicante fu sottoposto ad un processo penale per come aveva condotto quel dibattimento. Venne difeso da un celebre avvocato Filippo Ungaro del quale sto scrivendo, da anni, una biografia.
D: Calabresi da querelante si ritrovò quasi imputato. Potrebbe spiegarci la genesi e gli esiti di questo processo? R: La genesi di quel processo discende dalla scelta di Lotta Continua di riaprire le investigazioni sulla morte di Pinelli, catalogata come morte per suicidio. Per mesi il giornale di Lotta Continua accusò Calabresi d’aver suicidato Pinelli. Il quale, lasciato solo dalle istituzioni, scelse di denunciare di diffamazione il responsabile editoriale di quel periodico. Fu una scelta sbagliata ed improduttiva. Dal dibattimento di quel processo apparve da subito evidente che la tesi della morte di Pinelli per suicidio fosse assurda ed inoltre che Calabresi e gli altri testimoni (moltissimi poliziotti e carabinieri) mentissero. Ed oggi sappiamo perché e di cosa; Calabresi e così gli altri testimoni nascosero che quella sera, negli uffici della Questura di Milano, operarono funzionari del Ministero dell’Interno i quali condussero le indagini e diressero appunto le investigazioni secondo l’inventata pista anarchica. Ecco perché quel processo fu un clamoroso autogol. Gli avvocati di Lotta Continua e moltissima stampa ebbe facile gioco nell’evidenziare la totale inverosimiglianza della versione dei fatti fornita prima da Calabresi e quindi dalla Questura di Milano.
D: Ma chi era – al netto delle demonizzazioni e successive riabilitazioni – il commissario Calabresi? Una pedina inconsapevole entrato in un gioco molto più grande di lui? Lo stesso potrebbe dirsi di Pinelli? R: E’ indubbio che Calabresi scelse di obbedire ad illegittimi ordini impartiti da inquietanti funzionari della polizia, quelli della Divisione Affari Riservati specie in ordine la pista da seguire nella ricerca dei responsabili della strage di piazza Fontana. Dai documenti processuali connesse alle indagini sulla strage, sulla morte di Pinelli oltre che di quel dato processo nonché a carico degli anarchici accusati degli attentati del 25 aprile 1969 emerge che Calabresi sapesse che le accuse mosse a Pinelli fossero inveritiere: si difese, all’epoca, dicendo che aveva obbedito agli ordini del suo capo ufficio, il responsabile dell’Ufficio Politico della Questura di Milano; inoltre Calabresi, alla stregua degli altri funzionari di pubblica sicurezza che interrogarono Pinelli quella sera (il 15 dicembre 1969) ha scientemente violato la norma di cui all’articolo 78 dell’allora codice di procedura penale. Ed invero diverse ore prima della sua precipitazione dalla finestra dell’ufficio di Calabresi Pinelli nevvero fu accusato formalmente dal capo dell’Ufficio Politico d’aver partecipato agli attentati del 25 aprile. Quella norma processuale prevedeva che, a quel punto, l’interrogatorio si sarebbe dovuto interrompere immediatamente e si sarebbe dovuto invitare Pinelli a nominare un difensore di fiducia e quindi liberarlo e/o trasferirlo in carcere. Invece l’interrogatorio, condotto da Calabresi, continuò in violazione di legge e culminò con la sua precipitazione. Calabresi inoltre sapeva che le accuse per le quali era stato fermato erano il frutto dell’inventata pista anarchica da parte dei funzionari della Divisione Affari Riservati del Ministero dell’Interno. Pinelli era un idealista che, in quelle ore, fu pervaso del dubbio che il suo mondo, quello degli anarchici duri ma puri, potesse essere in qualche modo coinvolto nell’orrenda strage di piazza Fontana. Nel corso dei suoi interrogatori, tuttavia illegittimi perché il fermo di Pinelli non venne mai ritualmente convalidato dalla magistratura, Pinelli propose verità e circostanze talvolta inesatte. D’altronde occorre ribadire che l’imputato, nel nostro ordinamento, ha il diritto di mentire.
D: Quali sono le scoperte più rilevanti della sua ricerca e quali fonti ha privilegiato? R: Il mio libro è il risultato di due anni di ricerche d’archivio: ed ho consultato i fascicoli personali delle persone coinvolte nella vicenda. Nella ricostruzione della vicenda storica, a differenza di gran parte degli studi in materia, ho ricercato direttamente le fonti e gli elementi ricercando fra le carte processuali dei vari dibattimenti che sulla strage e sulla morte di Pinelli si sono tenuti negli anni e fra le carte della polizia e dei servizi coinvolti. Verificando le conclusioni, anche istruttorie, cui pervennero le diverse giustizie ed in particolare del giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio. La novità più rilevante del libro è aver mostrato che la ricostruzione di quei fatti sia frutto d’una narrazione che prescinde in massima parte dai fatti stessi: frutto ed il precipitato d’una lettura ideologica e romantica di quelle pagine. Disvelando clamorosi errori strategici fin dall’inizio della vicenda. Il processo che avrebbe dovuto consentire di comprendere le ragioni sulla morte di Pinelli non consentì di ottenere alcun positivo risultato. L’errore di fondo, parrebbe in verità in parte quasi voluto dalla galassia di Lotta Continua, fu d’aver fossilizzato l’indagine sulla morte d’un innocente sull’operato d’uno (solo) dei tanti poliziotti coinvolti nella vicenda: nonostante fosse chiaro che moltissimi e non solo Calabresi fossero in qualche modo coinvolti nel caso. Gli avvocati che difesero Lotta Continua in quel processo non si resero conto che già, in quella sede processuale, emersero indizi che Calabresi fosse stato uno dei tanti poliziotti coinvolti. I diversi magistrati che, negli anni successivi, indagarono sulla morte di Pinelli spesso commisero gravissimi errori procedurali che paiono quasi volontari. Nel libro vengono evidenziate alcune reali novità. Per decenni è stato sostenuto, da tutta la stampa e la manualistica, che la presenza degli uomini della Divisione Affari Riservati in quei giorni all’interno dell’Ufficio Politico della Questura di Milano sarebbe emersa solo nel 1996 quando, nel corso delle nuove investigazioni sulla strage, venne rinvenuto l’Archivio della Divisione di Circonvallazione Appia. In verità, già nel giugno del 1970, Silvano Russomanno al giudice istruttore Ernesto Caudillo del Tribunale di Roma, confessò d’essere arrivato a Milano fin dal 12/13 dicembre 1969. Quel giudizio non terminò, come sempre ed ovunque attestato, con la condanna in primo grado del Direttore Responsabile di Lotta Continua bensì con una dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione statuita dal giudice di appello. Quel processo come è noto fu sospeso per le gravissime opinabilità del Presidente del collegio Carlo Biotti il quale fu sottoposto, per le medesime questioni, a processo penale. Il quale si concluse sì con l’assoluzione dello stesso, ma con una sentenza (del 4 giugno 1976 della Suprema Corte di Cassazione) che lo definì un giudice eticamente indegno. La statuizione di indegnità nondimeno, circostanza questa mai rilevata da alcuno, non impedì al CSM, quello diretto da Vittorio Bachelet, di promuoverlo, pur se pensionato da quasi quattro anni, consigliere di Cassazione. La particolarità è che in questa procedura il CSM nascose la presenza d’altre procedure disciplinari sicuramente fondate e certe: la conclusione è che alla fine quell’apparato di relazioni, amicizie e frequentazioni che permisero lui di permanere magistrato nonostante svariate fallacie professionali, opacità ed un’azione decisamente improvvida, alla fine, lo volle tutelare. A dispetto di tutto e tutti. D: Si è fatto un’idea di come morì Giuseppe Pinelli? R: La morte quasi sicuramente non fu voluta ma occasionale. Anche perché Pinelli non fu in vita depositario di segreti e verità rilevanti in ordine l’attentato ovvero sui movimenti politici che, sul finire degli anni sessanta, si opponevano alla politica governativa. Da lui gli anonimi funzionari della Divisione Affari Riservati, quella notte speravano solo di ottenere una qualche prova che suffragasse l’inventata pista anarchica. La direttrice investigativa che riconduceva la strage agli anarchici. Morì perché i non convenzionali metodi d’interrogatorio di quelle persone andarono molto oltre il dovuto e l’ipotizzato. D: Come ne esce lo Stato italiano dell’epoca dalla vicenda Pinelli R: La vicenda Pinelli fu il primo caso di innocente deceduto per colpa e responsabilità dello Stato che lo aveva in custodia. All’epoca la reazione dell’opinione pubblica fu di incredulità e di paura perché quella morte pareva impossibile solo ad immaginarsi. Lo Stato, nella persona delle istituzioni preposto all’ordine pubblico, si dimostrò incapace di rispondere alla più semplice delle domande: come e perché fosse morto Pinelli. Lo Stato rimosse la questione e liquidò il decesso parlando di suicidio nonostante le evidenze dicessero il contrario. Nel complesso lo Stato italiano ne uscì malissimo preparando l’opinione pubblica all’idea che esso fosse nemico ed ostile. D: Quali sono state le prime reazioni al suo libro? R: A parte casi rari, le reazioni sono state quasi disastrose. Diversi storici e giornalisti, dichiaratosi precedentemente interessati, uno alla volta si sono dileguati anche coloro che si fecero spedire dall’editore il libro. D: Nella prefazione al suo libro, il giudice Guido Salvini scrive che non esistono più dubbi, ormai, che a uccidere Calabresi sia stata Lotta Continua, come del resto ha certificato il relativo processo. Come mai l’omicidio Calabresi ha rappresentato un gigantesco scheletro nell’armadio della storia italiana? R: La ragione dipende dalla circostanza che la campagna di stampa organizzata da Lotta Continua nei confronti del commissario Calabresi aveva trovato ampio e diffuso spazio in moltissima parte dell’opinione pubblica e politica della sinistra. Subito dopo l’omicidio si comprese che la focalizzazione della campagna nei confronti del commissario per la riapertura del caso Pinelli fu sbagliata oltre che ingiusta. La sinistra pertanto scelse di obliare rimuovendo l’iniziale scelta. La morte di Calabresi divenne pertanto argomento scomodo e fastidioso
Meeting Rimini, la Puglia ci sarà con stand istituzionaleRoma, 19 ago. (askanews) – “‘L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile’ è il titolo della 44ma edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si terrà a Rimini da domani 20 agosto fino al 25. La Puglia sarà presente con uno stand istituzionale di 100 mq a cura dell’Agenzia Regionale del Turismo Pugliapromozione in collaborazione conSviluppo Economico, AQP, Comunicazione Istituzionale della Regione Puglia. Alla manifestazione, che lo scorso anno ha registrato 800.000 partecipanti, interverrà il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano nella Sala Ferrovie dello Stato B2. L’argomento al centro dell’attenzione sarà quello delle ‘Comunità energetiche e povertà energetica: la democratizzazione dell’energia’”. La Puglia ha da tempo affrontato il tema oggetto del convegno con leggi regionali e misure che, oltre alle comunità energetiche, sono orientate al contrasto delle povertà energetica delle famiglie ed alla valorizzazione della produzione da fonti rinnovabili per autoconsumo di imprese e pubbliche amministrazioni.
Domani, alle ore 17, sarà possibile seguire il convegno cliccando sul link https://youtu.be/3HiW_F3j8Pk oppure su Askanews, Famiglia Cristiana, Ilgiorno.it, ilrestodelcarlino.it, lanazione.it, quotidiano.net. Nello specifico, insieme al presidente Emiliano, prenderanno la parola Fabrizio Iaccarino, Responsabile Sostenibilità e Affari Istituzionali Enel Italia; S.E. Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo Emerito di Taranto, Delegato Speciale del Santo Padre per i Memores Domini; Mario Antonio Scino, Capo di Gabinetto Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. ModereràGiuliano Frosini, Docente Luiss Business School. In questo incontro ci si confronterà sul ruolo delle comunità energetiche nella promozione dell’accesso equo all’energia e nella lotta alla povertà energetica. Verranno condivise conoscenze e prospettive sulle comunità energetiche come strumento per democratizzare l’energia, favorendo la partecipazione attiva dei cittadini e la produzione decentralizzata di energia rinnovabile. Inoltre, verrà affrontata la questione della povertà energetica esplorando soluzioni innovative per garantire l’accesso all’energia a tutti, con un’attenzione particolare alla sostenibilità e alla giustizia sociale: l’obiettivo è quello di raggiungere un sistema energetico più equo, inclusivo e sostenibile. L’evento ha il sostegno di Isybank, Enel, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Regione Puglia e Italian Exhibition Group.
Il contesto di valore del Meeting di Rimini è, come tema del 2023,un invito a scoprire o a riscoprire l’amicizia nel suo significato profondo, nella sua forza generativa, nelle sue origini e nelle sue prospettive per l’esistenza di ogni uomo e per la costruzione di una nuova socialità. Nella giornata conclusiva del 25 agosto è prevista la presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Meloni: ho pagato io il conto degli italiani fuggiti dal ristorante in AlbaniaRoma, 19 ago. (askanews) – Giorgia Meloni è tornata sull’episodio del conto di un ristorante albanese saldato dall’ambasciata italiana a Tirana. “Mentre mi trovavo in Albania – ha scritto la presidente del Consiglio su X – il primo ministro Rama mi racconta la storia di 4 italiani che in un ristorante del posto erano scappati senza pagare il conto. Il ristoratore, dopo che le immagini della fuga erano diventate virali, aveva detto che era comunque felice perché i nostri connazionali avevano mangiato bene ed erano rimasti contenti. Mi sono vergognata, perché l’Italia che voglio rappresentare non è una Nazione che fa parlare di sé all’estero per queste cose, che non rispetta il lavoro altrui, che pensa di essere divertente fregando gli altri. Allora ho deciso di chiedere all’ambasciatore di andare a saldare il conto, che ho pagato personalmente. Niente di che, infatti io non ne ho neanche dato notizia”. “Eppure anche questo – ha aggiunto – in Italia ha creato polemica, da parte di un’opposizione che evidentemente preferisce un’altra immagine dell’Italia. Me ne dispiace perché speravo che almeno su una cosa così banale si potesse essere tutti d’accordo”, ha concluso Meloni.